Disquizioni intorno alla musica colta, con particolare riferimento alla realtà contemporanea.
venerdì 15 aprile 2011
Il teatro lirico non è morto!
Anzi è più vivo e vegeto che mai! Solo che qui da noi ci se ne accorge poco o nulla! Periodicamente, quando mi capita di fare un'affermazione del genere con qualche interlocutore, quest'ultimo il più delle volte se ne meraviglia. Qui da noi sopravvive ancora il luogo comune che il teatro lirico sia morto con la "Turandot" di Puccini, rappresentata nel 1926, mentre non solo è proseguito tranquillamente in tutto il mondo con la creazione di nuovi lavori, ma anche il melodramma all'italiana ha avuto parecchi continuatori in seguito, come per esempio Nino Rota e Giancarlo Menotti. Purtroppo attualmente qui da noi se ne produce poco e spesso per i nostri compositori è più facile ottenere commissioni di nuovi lavori all'estero che in patria; se si pensa che il nostro paese è la patria del teatro lirico (credo che l'anno di nascita ufficiale sia il 1596, con la rappresentazione della "Dafne" di Jacopo Peri), c'è di che recriminare. Ma purtroppo basta scorrere i cartelloni dei teatri per rendersi conto di come l'opera lirica sia diventata da noi roba da museo delle cere, ulteriormente acuito dall'attuale crisi economica: in prevalenza ci sono i soliti titoli arcinoti riproposti fino alla nausea, ad uso e consumo di un pubblico formato in prevalenza di vecchie mummie incartapecorite! Per contro nelle aree anglosassone, scandinava, slava soprattutto, ma anche in quelle germaniche, francofone, ispaniche, le novità non mancano, che poi si rivelino tutte valide, questo è un altro paio di maniche, ciò non toglie che, per esempio in area anglosassone, ossia in Inghilterra e negli Stati Uniti, il livello medio delle nuove proposte sia più che buono, con diverse punte di eccellenza, così come anche nell'area scandinava non si scherza affatto! Insomma l'aria che si percepisce all'estero non è così muffa e stantia come da noi! E certamente quella manciata di lavori nuovi commissionata per l'anniversario dell'unità d'Italia, non cambia più di tanto il quadro generale della situazione, tanto più pensando al livello non esaltante di lavori come il già citato "Risorgimento" di Lorenzo Ferrero, la cui contemporaneità è solo cronologica, poichè segue strade ampiamente risapute, senza alcuna originalità; c'è da augurarsi che il livello degli altri nuovi lavori proposti sia un pò più elevato di questo, ma visto il clima generale, temo che non sia così e che si tenda troppo a indulgere al facile ascolto, per motivi di cassetta. Il discorso prosegue.... Gabriele Evangelista
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