giovedì 7 marzo 2013

Il papavero è anche un fiore!

(Continua) La trama del balletto "Il papavero rosso" di Gliére, alquanto esile e banalotta, ambientata in un porto cinese, è la seguente: la giovane ballerina cinese Tao-Hoa, che lavora in un ristorante, s'innamora del capitano di una nave mercantile sovietica, facendogli dono di un papavero rosso. Li-Shan-Fu, il suo datore di lavoro, complotta per uccidere il capitano imponendole di offrirgli del tè avvelenato, ma lei rifiuta sdegnosamente. In seguito, durante una sommossa dei lavoratori portuali, Tao-Hoa salva la vita al capitano, ma viene successivamente uccisa, durante un'ulteriore rivolta dei portuali, da un sicario di Li-Shan-Fu, desideroso di vendicarsi. A questo punto, nel momento della morte, consegna nelle mani di una bambina cinese, un papavero rosso, simbolo di fratellanza e di libertà. Il colore, ovviamente, simboleggia il comunismo, come viatico di libertà per gli oppressi e sinonimo di speranza in un mondo migliore. Naturalmente sappiamo tutti benissimo, come la realtà sia stata assai diversa, ma è notorio che di buone intenzioni sono lastricate le strade dell'inferno! L'ambientazione orientaleggiante induce Gliére a fare un ampio uso di melodie pentatoniche, al fine di dare il giusto tocco di esotismo, per contro la trama del balletto lo induce anche a ricalcare moduli espressivi della cosiddetta musica borghese occidentale, volendo anche sottolineare la componente cosmopolita della clientela del ristorante in cui è ambientata in parte la vicenda (come nel valzer bostoniano al n.6 della partitura, atto 1°, o nel charleston che apre l'atto 3°, al n.24). Inoltre, in 2 numeri del balletto, viene citata anche l'Internazionale di Potter-Degetyer e precisamente nella scena di Tao-Hoa al n.8, atto 1° e in maniera più evidente nell'apoteosi finale, al n.36, atto 3°, dove peraltro il tono della musica, scade un pò in bolsa retorica, ma questo non inficia più di tanto la piacevolezza complessiva della partitura. Tra l'altro, proprio in epoca di disgelo krusceviano, nel 1957, il titolo del balletto venne mutato ne "Il fiore rosso", poichè il regime almeno ufficialmente non gradiva le suggestioni lisergiche associate al papavero. La sequenza onirica ambientata in una fumeria d'oppio nel 2° atto, con la protagonista in preda a una serie di visioni mistiche, è uno dei momenti più riusciti musicalmente, con delle armonie che a tratti ricordano il "Poema dell'estasi" di Alexander Scriabin, come nella visione di Tao-Hoa, al n.18. Il brano più celebre del balletto, in sede concertistica e discografica, è la danza dei marinai russi, al n.11, finale atto 1°. (Continua)

E' in ballo la lotta di classe!

Fra il 1926 e il 1927, il compositore russo di origine belga Reinhold Morisseievic Gliére (1875-1956), scrisse quello che divenne il suo lavoro musicale più noto, ovvero il balletto in 3 atti "Il papavero rosso", considerato sin da allora il balletto sulla lotta di classe per antonomasia. Rappresentato in prima assoluta al Teatro Bolshoi di Mosca, il 14 giugno del 1927, con un buon successo di pubblico, venne ufficialmente ritenuto un lavoro innovativo, con un chiaro e adeguato messaggio politico, soddisfacente gli obiettivi dell'ambiente culturale ufficiale e ovviamente del regime sovietico dell'epoca. In realtà, il linguaggio musicale adottato dal compositore, in questo come in tutti i suoi altri lavori, non aveva proprio alcunchè d'innovativo, inscrivendosi tranquillamente nel solco della tradizione musicale russa di stampo tardoromantico, chiaramente debitrice sia nei confronti di Nikolai Andreevic Rimski-Korsakov, che nei confronti di Piotr Ilich Ciaikovski, ovvero un linguaggio fortemente occidentalizzato in barba ai proclami del regime, caratterizzato da un'orchestrazione sgargiante e un'accattivante vena melodica, che non metteva certo in crisi i burosauri dell'epoca, sempre guardinghi e sospettosi nei confronti di eventuali arditezze armoniche ed eccessive complessità stilistiche, che sfuggivano alle loro limitatissime capacità di comprensione. Si trattava perciò di musica che doveva essere semplice e diretta, di chiara comprensibilità alle masse, di presa immediata, rispondente quindi in pieno ai canoni estetici imposti dal realismo socialista di stampo staliniano allora imperante, ma nonostante l'epigonismo insito in un simile atteggiamento, sarebbe ingiustamente sommario liquidare compositori come Gliére o Dimitri Borissovich Kabalevski, alla stregua di abili ma tutto sommato banali mestieranti, stante la sorgiva spontaneità della loro vena melodica oltrechè la solidità del loro artigianato musicale, nonostante che l'eventuale ricorso a elementi folclorici o autoctoni, sia generalmente un pò manierato, oleografico, tendente al bozzettismo e non vi sia traccia di alcuna seria ricerca etnomusicologica dietro tutto quanto. Certo la loro personalità stilistica era assai meno marcata, rispetto a quegli "scavezzacolli" di Sergei Porfirievic Prokofiev e di Dimitri Dimitrievic Shostakovich, che nondimeno procuravano non pochi grattacapi ai burocrati del regime, con la loro "nefasta" tendenza a "deragliare" dai sani canoni del realismo socialista! La musica di compositori come Gliére, insomma, è di robusta struttura e pienamente godibile, nonostante un certo accademismo di fondo, anche se non sempre ci si trova al cospetto di autentici capolavori; purtuttavia, trattasi di lavori meritevoli di essere rappresentati in pubblico e di essere portati a conoscenza assai di più di quanto non capiti solitamente. Forse il rappresentante più autorevole di questa corrente tradizionalista (ovvero "formalista") è Alexander Glazunov, importante anche come docente e didatta (se non erro, tra i suoi allievi di composizione, ha avuto proprio Shostakovich), autore di parecchi capolavori assoluti, come la quinta sinfonia, il poema sinfonico Stenka Razin e i balletti "Raymonda" e "Le stagioni", tra l'altro leggenda vuole che fosse anche dotato di memoria prodigiosa, il che però non gli impedì di combinare un atroce "scherzo" a Rachmaninov, dirigendogli in pubblico in prima assoluta la sinfonia n.1 di quest'ultimo, completamente ubriaco fradicio, contribuendo senz'altro ad affossargliela e a causargli quella gravissima crisi depressiva, dalla quale comincerà lentamente a riprendersi parecchio tempo dopo, col successo incontrato dal suo secondo concerto per pianoforte e orchestra. Se comunque, degnerete della vostra attenzione la musica di questi compositori, vi dovreste accorgere anche di quanto gli siano debitrici, nel linguaggio, così come nell'orchestrazione, parecchie colonne sonore hollywoodiane! (Segue)