venerdì 24 gennaio 2014

Il coraggio.

Ripensando a "L'Africaine" di Meyerbeer (il cui vero titolo sarebbe, assai più propriamente "Vasco De Gama", ma purtroppo essendo l'autore morto subito dopo averla composta, ci pensò il musicologo François-Joséph Fétis a farla portare in scena l'anno dopo, nel 1865, al prezzo non solo del mutamento del titolo, ma anche di tagli, alterazioni e stravolgimenti assurdi), radiotrasmessa in diretta nel novembre scorso dalla Fenice di Venezia, durante uno degli intervalli, veniva intervistato dall'inviato di Radiotre, il sovrintendente del teatro, definito persona coraggiosa per 'l'originalità' di tale scelta nel cartellone, che inaugurava l'attuale stagione del teatro. Ma quale coraggio nello scegliere un lavoro del 1864 (oltretutto nemmeno nella recente edizione critica di circa 4 ore effettive di musica, a cura di Juergen Schlaeder, senz'altro più fedele all'autografo meyerbeeriano, messa in scena all'inizio del 2013 alla Chemnitz Stadt Oper e presto su cd per conto della Cpo, ma, al contrario, nella consueta versione spuria realizzata da Fétis, probabilmente per risparmiare sui diritti d'autore spettanti in questo caso al revisore, sia pure con lo schizofrenico criterio di riaprire qualche taglio qui, per tagliare indiscriminatamente qua, tanto per salvare maldestramente la faccia), mica stiamo parlando di un'opera contemporanea in prima assoluta, vogliamo scherzare? Semmai è una vergogna che simili lavori siano rappresentati di rado nei teatri sparsi per il mondo, soprattutto quasi mai in forma integrale, ma di regola pesantemente amputata per biechi motivi di natura economica e in casi come questi a farne le spese, trattandosi di grand-opèra, sono il più delle volte, le sequenze di balletto, quasi sempre estromesse del tutto o, nella migliore delle ipotesi, ridotte a risibili tronconi, tanto per salvare la faccia (ma vi sembra giusto che un sovrintendente di un teatro nostrano guadagni da 1000 a 3000 euro al giorno, con l'aggiunta di auto blu, appartamento, vitto, lavatura e stiratura e benefici vari a carico del contribuente, mentre lo stipendio medio di un orchestrale dello stesso teatro, senza alcun 'benefit' aggiuntivo, si aggira intorno ai 1000 euro al mese, come giustamente stigmatizzato sul mensile 'Musica', tenuto conto che i sovrintendenti che si avvicendano nei teatri italiani, sono sempre i soliti noti, facenti parte di quella conventicola politico-massonica alla quale si riferì a suo tempo, Enrico Stinchelli, sempre sulla rivista 'Musica'; e poi ci si lamenta dei tagli ai finanziamenti per la cultura, una bella faccia tosta, non c'è che dire! Va da sè che, con l'abolizione di simili assurdi privilegi, si troverebbero più facilmente fondi per gli spettacoli!). Durante l'intervista summenzionata, inoltre, il sovrintendente della Fenice, ha mentito spudoratamente, quando ha affermato che, la versione dell'opera che stava andando in scena, era quella da 4 ore complessive che, se così fosse stato, sarebbe stata pressochè integrale, mentre in realtà il sottoscritto ha cronometrato non più di circa 2 ore e 49 minuti totali effettivi di musica, col balletto ovviamente ridotto a un miserrimo lacerto, svilendolo a semplice interludio strumentale, in aggiunta a sforbiciamenti vari senza costrutto qui e là, col direttore d'orchestra che, anche lui intervistato durante gli intervalli, si arrampicava ignominiosamente sugli specchi, per giustificare un simile aborto testuale! Ma da quando in qua, nel computo della durata complessiva di uno spettacolo, si inseriscono anche gli intervalli e i cambi di scena all'interno dei singoli atti di un'opera, perchè non la smettete di prenderci sfacciatamente per i fondelli? A maggior ragione del persistere di questa pratica indecente dei teatri che, quando decidono di mettere in scena simile repertorio, regolarmente le partiture ne vengono stuprate, il mondo discografico, a conforto del semplice appassionato, avrebbe dovuto contrastare tale nefandezza, immettendo sul mercato delle edizioni assolutamente integrali e attendibili, soprattutto le grosse case discografiche, che avevano i mezzi finanziari per poterselo permettere. E invece ciò non è avvenuto che in minima parte, tant'è che, per esempio, delle pochissime edizioni esistenti  de "L'Africaine" di Meyerbeer, non ce n'è una che sia minimamente attendibile e integrale, nemmeno in riferimento alla versione approntata da Fétis, mentre, rimanendo nell'ambito dello stesso autore, lo stesso discorso vale per "Robert le diable", titolo importantissimo in quanto è proprio con questo lavoro che il compositore, ufficialmente, inventa un genere nuovo, ossia il "Grand-Opèra"; inoltre abbiamo 2 sole edizioni integrali di "Le profète", entrambe dirette da Henry Lewis, una di studio della Cbs/Sony, l'altra derivante da una registrazione Rai, pubblicata da varie etichette tra cui l'Arkadia; 2 sole edizioni pressochè integrali de "Les Huguenots" (Richard Bonynge/Decca, Cyril Diederich/Erato). Passando a Gounod, 2 sole edizioni pressochè integrali del suo titolo più noto, il "Faust" (Michel Plasson/Emi, Carlo Rizzi/Teldec), una sola edizione veramente integrale di "Romèo et Juliette" (la seconda incisione di Michel Plasson per la Emi, quella con Roberto Alagna come protagonista), una di "Mireille" (Michel Plasson/Emi). Quanto a Thomas, una di "Mignon" (Antonio De Almeida/Cbs-Sony) e solo una di "Hamlet" (sempre diretta da Antonio De Almeida per la Emi). Purtroppo nessuna delle edizioni disponibili de "La juive" di Halèvy è attendibile e integrale, almeno a quanto mi risulta, così, a volo d'uccello, salvo scherzi della memoria (per ulteriori approfondimenti rimando alla nota guida di Elvio Giudici). Come si evince da tutto ciò, il mondo videodiscografico ha supplito in maniera insufficiente a questa lacuna (per me è come se si trattasse di un diritto negato), stante il fatto che la maggioranza delle edizioni disponibili sul mercato sono, dal punto di vista testuale, amputate e inattendibili, come già rilevato in precedenza. Si è preferito saturare il mercato di inutili barbieri, rigoletti, trovatori, traviate, tosche, bohème, butterfly, turandot, don giovanni,boiate barocchiste e cavoli vari per fare da cassa di risonanza ai divetti plasticosi di turno, pratica non ancora cessata nemmeno nei tempi attuali di crisi, sprecando così le potenzialità culturali dello strumento discografico, in nome di non si sa quali benefici, il che rappresenta la norma, tanto per cambiare! E anche costoro hanno il coraggio di lamentarsi se poi i dischi si vendono sempre meno, è già un miracolo, con simili presupposti, che ancora se ne vendano! / Anche di Spontini, una sola edizione integrale de "La vestale" (Riccardo Muti/Sony) e mi pare anche una di "Agnes von Hohenstaufen" (mi sembra con lo stesso direttore con identica casa discografica), ma prendetela con beneficio d'inventario, intendo verificare tutto ciò poichè non ne sono sicuro; due edizioni della "Lodoiska" di Cherubini (Muti/Sony, Jérémie Rhorer/Ambroisie-Naive). Tutti titoli anche questi che dovrebbero essere assimilabili al genere del "Grand-Opèra", se non erro. Ecc. ecc. /  Nuovamente in tema di 'coraggio', a proposito del recente "Parsifal", andato in scena all'Orinale di Bologna, del quale ho ascoltato la diretta radiotrasmessa il 16 scorso, vi avevo già detto che, sulla base delle dichiarazioni fatte dal direttore artistico Nicola Sani, intervistato tempo addietro su Radiotre, temevo fortemente che l'allestimento scenico fosse funestato da 'registate' varie. Il resoconto che ho sentito durante gli intervalli dello spettacolo, dell'inviato di Radiotre, riguardo alla parte visiva dello spettacolo, sembrerebbe, ahimè, confermare tristemente tutto ciò. Si è parlato di un autentico pitone bianco presente nei primi 2 atti (dov'è l'ente che si occupa della protezione degli animali?), di fanciulle-fiore in tenuta sadomaso con parrucche nel 2^ atto, di immagini di una discarica di rifiuti e di una periferia urbana nel 3^ atto, di riferimenti pseudo-sessuali sparsi qui e là nel corso dell'intero spettacolo, insomma sembrerebbe il tipico trovarobato postmodernista, i consueti cascami pseudo-avanguardistici, con cui ci hanno ripetutamente spappolato i testicoli fino alla nausea, questi cialtroni che, con la loro presunta originalità, mascherano ridicolmente, la loro totale mancanza di idee originali, correlata alla loro miseria d'animo. E tutto questo ridicolo circo dei miracoli, finanziato anche con soldi pubblici, non dimentichiamolo! In questi casi considero un privilegio, attraverso la radio, il poter ascoltare senza doversi sciroppare simili obbrobri, anche perchè, da perfetto idiota, mi sorge spontanea una domanda: ma cosa ci azzecca tutto questo con il "Parsifal"? C'era bisogno d'importare una simile puttanata dall'estero? Continuiamo ipocritamente a lamentarci dei tagli alla cultura!!!! Quanto all'esecuzione, ho trovato la direzione di Roberto Abbado complessivamente buona, ma a tratti ancora un poco acerba e superficiale, coro e orchestra discreti ma con dei limiti di compattezza, si avvertiva insomma che non ci si trovava a Bayreuth, cantanti un poco discontinui ma complessivamente validi. Occorre per onestà rammentare che essendo il "Parsifal" un'opera pensata dal suo autore esplicitamente per la particolare acustica della Festspielhaus di Bayreuth, il metterlo in scena altrove, comporta generalmente delle difficoltà aggiuntive a qualunque ente lirico si accingesse all'opra. / Ho acquistato, il mese scorso, il terzo volume dei lavori orchestrali di Nino Rota, facente parte di un ciclo inciso per la Decca, dall'Orchestra Sinfonica di Milano "Giuseppe Verdi" diretta da Giuseppe Grazioli, un doppio cd contenuto in un'indecente confezione cartonata che, oltre a essere scarsamente protettiva, presenta demenzialmente nella prima tasca il cd inserito insieme al libretto, il che rende praticamente impossibile non rigarlo all'atto dell'estrazione (lo stesso discorso vale per i 2 precedenti volumi del ciclo), inducendomi a inserire i 2 cd e il libretto in uno slim-box, nella speranza di prevenire ulteriori danneggiamenti. Sapete a chi si deve la realizzazione di un simile obbrobrioso confezionamento, o come direbbero i cretini provinciali à la page, "packaging"? Guardando il retrocopertina, così come il libretto allegato, si scopre che si tratta dello Studio "Punto e Virgola" di Bologna! Veramente complimenti! Sono fiero di constatare che gli ideatori di un simile confezionamento demenziale si trovano proprio qui, nella città in cui sono nato e, ahimè, risiedo! Ma quegli idioti della Universal italiana, non potevano rivolgersi altrove? Inoltre nel doppio cd in questione, le musiche per la commedia-balletto di Maurice Bèjart "Le Molière imaginaire", vengono indicate come in prima registrazione assoluta. Affermazione mendace, secondo me, risultandomi già incise nel 1976, in un disco in vinile della Deutsche Grammophon, siglato 2536 280, eseguito dall'Orchestre du Theatre de La Monnaie-Opèra National de Belgique, diretta da Elio Boncompagni, inoltre mi ricordo che, nel catalogo della casa svedese Bis, esiste un'incisione della suite dal balletto. Siccome attualmente, proprio l'etichetta Deutsche Grammophon, fa parte del gruppo Universal, come mai detto titolo, attualmente da tempo immemorabile fuori catalogo, non è mai stato rieditato su cd? Gradirei senz'altro una risposta in proposito, quel che è certo è che, per l'ennesima volta,  questi discografici si confermano per l'ennesima volta dei pagliacci e degli ignoranti incommensurabili! / Quanto a coraggio, anche la Rai, con i suoi spot per indurre al pagamento del canone, sempre più stupidi, idioti e offensivi, ma se la smettesse mai di buttare soldi pubblici in tali scempiaggini, soprattutto ogni volta che vedo quello con quei bambinelli mocciosetti anzichennò, mi verrebbe voglia di stuprarli all'istante!!!! / La prossima metamorfosi di Claudio Abbado? Da defunto si trasformerà in una serie di cofanetti commemorativi, con i quali gli asfittici discografici, ricicleranno in varia maniera le sue arcinote incisioni (già m'immagino i titoli: "The best of...", "The art of...", "Abbado Modern" e via scempiando, cosa del resto già ampiamente accaduta con lo stesso Abbado e altri celebrati interpreti, quando ancora erano in vita; prepariamoci anche all'uscita di qualche insulso libro commemorativo, pieno di banali ricordi di questo o di quello, concernente il "caro estinto"). Già ho visto nella vetrina de "La Feltrinelli" di via dei Mille, esposti alcuni dei suoi vecchi titoli in cd, a prezzi ribassati. Tutto sempre nella norma, no? / Mi ricordo che nell'edizione italiana della rivista "Penthouse", c'era un'interessante rubrichetta intitolata "Il buco di culo del mese" (una volta venne giustamente e meritatamente dedicata al "fido" Biagio Agnes"), omologa della corrispondente rubrica dell'edizione americana intitolata "The ass-hole of the month". Sto pensando di ripristinarla all'interno del mio blog, visti i tempi... / Per il momento è tutto qua, dalla 'penisola dei morti' (avete mai fatto caso che scomponendo a metà la parola 'penisola', se ne creano altre 2, ovvero 'peni' e 'sola'? Non è che questo significa, per caso, che siamo un branco di teste di cazzo, impegnate a fregarci a vicenda? E' una mia impressione sbagliata? Mah!). / Post scriptum: ovvero per la serie "ve l'avevo detto", ecco che quegli stupidi avvoltoi del giornale "La Repubblica", hanno vomitato in questi giorni, nelle edicole, a tambur battente e col cadavere ancora caldo, il primo di una serie di cd "dedicati" ad Abbado, comprendenti una parte delle sue più celebri incisioni discografiche, in stragrande maggioranza già precedentemente proposte in edicola proprio dalla suddetta testata giornalistica, ma che originali, d'altronde è tutto sempre nella stramaledetta norma, vero? E state pur certi che non saranno gli unici!.... Così vanno le faccende nella 'terra dei cachi'. E poi c'è anche il "concerto commemorativo" dal(la) (sotto)Scala, con Barenboim a dirigere la filarmonica nella 5^ di Mahler, trasmesso in diretta televisiva lunedì prossimo su Rai 5, potenza dei defunti!