martedì 16 aprile 2013

Tutto nella norma!

Ieri sera Radiotresuite ha trasmesso, in differita, un concerto ripreso il 16 marzo scorso al teatro Manzoni di Bologna, con l'orchestra sinfonica della Radio Svedese diretta da Daniel Harding, nell'ambito della rassegna Bologna Festival 2013. Il programma, comprendente anche l'arcinota 5^ sinfonia di Mahler, era preceduto da una pagina breve e di rarissimo ascolto, del compositore tedesco del 18° secolo, Joseph Martin Kraus, ovvero una breve sinfonia funebre scritta per commemorare la morte di Re Gustavo III di Svezia, avvenuta per mano di congiurati, a cui il Kraus, oltrechè esserne il musicista di corte, era legato da profonda amicizia (è proprio quello stesso Gustavo III che, in futuro, fornirà lo spunto iniziale a Verdi per l'omonima opera, poi profondamente mutata, per motivi di censura oltrechè di opportunità politica, nel celebre "Un ballo in maschera", con un cambio radicale di ambientazione da Stoccolma a Boston, come è noto). Questo brano è stato per me una piacevolissima scoperta, stante il fatto che non conoscevo per nulla il compositore in questione e tenendo conto che la musica del '700 non rappresenta il mio territorio di elezione, costituendo anzi, secondo il mio modesto parere, la parte più interessante del concerto, poichè la 5^ di Mahler, pur piacendomi enormemente, l'ho sentita talmente tante volte da conoscerla letteralmente a memoria fin nei minimi dettagli, per cui mi esce letteralmente dalle orecchie! Inoltre, l'interpretazione quivi datane, pur buona nel suo complesso, mi pareva a tratti viziata da qualche manierismo ed effettismo di troppo, soprattutto quella accelerata nelle ultimissime battute del movimento finale, non trovandola alla fine particolarmente rivelatrice, ma proprio per questo non mi aspettavo granchè in tal senso. Penso comunque di non essere stato l'unico a rimanere positivamente colpito dal brano di Kraus, perciò mi ha dato enorme fastidio quando, al termine della differita, il conduttore di Radiotresuite, ha letto, fra gli altri, anche l'sms mandato da un certo Duccio di Bologna, il quale affermava che la composizione di Kraus gli sembrava ancora più noiosa in radio di quanto non gli fosse risultata assistendo al concerto in sala! D'accordo che i gusti sono soggettivi, però questo mi conferma la mia impressione su quanto i melomani bolognesi siano chiusi e provinciali, stante la loro scarsa propensione a qualsivoglia novità. Perchè, caro Duccio, mi devi continuare a far vergognare di essere nato proprio in questa città, stante il fatto che il brano in questione era certamente ben più orecchiabile di tanta musica contemporane che vi manda fin troppo facilmente in crisi? Perchè devo continuare a sentirmi letteralmente un pesce fuor d'acqua? Che ho fatto di veramente male per meritare tutto ciò? Poi non ci si risenta se dico che bolognesi fa rima con cerebrolesi, purtroppo l'atteggiamento di quelli come Duccio, rappresenta la norma (peraltro anche quella di Bellini si conclude tragicamente con un rogo in cui periscono i 2 protagonisti), non c'è proprio niente da fare, ahinoi!

Dischi veramente fetenti!

I dischi Joker, forse i più scadenti in assoluto, erano ovviamente prodotti in Italia e non poteva essere altrimenti, vista la nostra vecchia tradizione in tal senso (generalmente variabili dal mediocre al catastrofico erano anche le stampe delle succursali italiane della Cbs, Emi ed Rca, tacendo poi di quelle penosissime della Fonit Cetra, ecc. ecc.). Ma chissa perchè nei primi anni recavano le copertine e le etichette scritte esclusivamente in tedesco, salvo in anni successivi alternare a quest'ultima sia l'italiano, che l'inglese e il francese. Inoltre, a volte le etichette, che all'inizio erano nere o grigio scuro, talvolta sembravano scimmiottare quelle della Capitol americana, caratterizzate dal logo "Fds", che stava a significare Full Dimensional Sound per i dischi mono e Full Dimensional Stereo per quelli stereofonici. Le etichette Capitol, scure anch'esse, avevano la caratteristica di una vivace fascia colorata sul bordo, simile a quella che talvolta compariva anche sui dischi Joker (attenzione che esistono dei Capitol Fds stampati anche in Italia, pressochè simili agli originali, ma comunque distinguibili se osservate bene il retrocopertina, dove è indicato l'effettivo stabilimento di fabbricazione. Gli originali venivano stampati in una fabbrica a Scranton, in California e a volte ristampati anche dalla Emi inglese.). Le copertine, inoltre, con una grafica che ambiva forse a essere raffinata ma che io trovavo alquanto greve, avevano inizialmente la superficie lucida, divenendo poi successivamente opaca. All'iniziale etichetta scura sulle facciate dei dischi, ne succedette negli anni '70, una gialla caratterizzata da un nuovo logo "Joker International", presente anche sulle copertine, scimmiottante quello della Dgg. Le incisioni che proponevano nel loro catalogo di classica talvolta provenivano anche da case come Remington, Everest, Saga, Musidisc, ma molte erano di dubbia provenienza. Probabilmente il belletto grafico a cui erano sottoposti aveva il solo scopo di dare del fumo negli occhi, all'acquirente tipo, generalmente neofita, dandogli l'illusione di comprare a poco prezzo, un prodotto di prestigio. La qualità dello stampaggio variava dal mediocre al catastrofico, la qualità sonora dal miserrimo all'ectoplasmico e quella interpretativa dallo scadente al discreto, salvo sporadiche eccezioni. Anche quando gli interpreti del disco erano nomi celebri, il tutto veniva comunque vanificato dalla scadentissima resa del supporto fonografico. Sono dei dischi-zombie, dei titoli da Helza-Poppin! Con l'avvento del cd, questo catalogo ne è stato almeno parzialmente riversato, io però me ne sono tenuto alla larga, saggiamente. Va da sè che le versioni in musicassetta di questi titoli siano, se possibile, ancora più obbrobriose, perciò gettatele direttamente nel cassonetto: le uniche che salvo, anche se non c'entrano per niente con la musica, sono quelle contenenti i vecchi monologhi del cabarettista romagnolo noto con lo pseudonimo di Sgabanaza, perchè almeno sono divertenti e la qualità sonora è meno critica in questo caso, però è un po' poco per mutare di opinione generale. Ovviamente le mie osservazioni in materia di collezionismo discografico, sono riferite massimamente all'ambito della musica classica, con la leggera e gli altri generi, il discorso cambia. Ricordo di aver letto, per esempio, che nel caso dei dischi di Elvis Presley, stampati all'epoca, varrebbero di più collezionisticamente gli esemplari fabbricati in Italia, rispetto agli originali provenienti dagli Stati Uniti, in quanto i primi avrebbero avuto una tiratura complessiva inferiore a questi ultimi, ma la cosa mi fa sorgere dei dubbi sulla sua attendibilità, essendo le stampe italiane non molto considerate in generale, stante la loro intrinseca qualità, di norma non esaltante. Tutto è possibile però!

Dischi come l'aids (ovvero, se li conosci, li eviti come la peste bubbonica, garantito al limone!).

Prima di entrare nello specifico, ancora 2 parole sui Dg "italiani": il timbro S.I.A.E. talvolta era impresso sul lato 1 anzichè come usuale sul lato 2 dell'etichetta del disco, mai però su ambedue le facciate. Inoltre, a volte i titoli Philips stampati in Olanda, venivano esportati a volte direttamente negli Stati Uniti; in questo caso, in evidenza sul fronte della copertina compariva un bel bollino dorato, in genere situato nell'angolo in basso a destra, con la dicitura, in caratteri neri: "Imported from Europe/Manufactured in Holland". Detto questo, adesso passiamo a trattare dei dischi forse più sciamannati in assoluto, secondo lo scrivente: i Joker/Saar, croce e delizia della mia infanzia e adolescenza, poichè all'epoca, fra la seconda metà degli anni '60 e i primissimi '70, erano purtroppo gli unici ad avere un prezzo abbordabile, si reperivano anche nei grandi magazzini tipo Upim e Standa (a Bologna, li potevi trovare anche all'Omnia di via Marconi, nella stessa sede in cui attualmente è situata l'Oviesse), ovvero anche in punti vendita diversi da quelli canonici ed erano reperibili anche nelle cittadine come Cesena; il catalogo era ampio, comprendente in pratica tutti i generi musicali e non, comprese le fiabe per bambini, in un insieme estremamente eterogeneo. Erano dischi estremamente popolari e diffusissimi. Inizialmente costavano 650 lire dell'epoca, ma già quelli che iniziò a comprare mia madre erano aumentati a 950 lire. Per darvi dei termini di raffronto, gli economici dischi della Rca Victrola italiana, costavano 1800 lire per i monofonici e 1980 lire per gli stereofonici, in ambedue i casi tasse escluse (allora vigeva la cosiddetta IGE, antenata dell'attuale IVA, oltrechè percentualmente assai meno gravosa di quest'ultima), i Dgg a prezzo intero arrivavano alle 4000/4500 lire, a seconda degli interpreti coinvolti (e difatti i dischi incisi da Herbert von Karajan erano naturalmente i più costosi), costituendo il sogno proibito della maggior parte di noi appassionati (rammento ancora, nei primi anni '70, nella vetrina del poi defunto negozio di dischi "Nannucci" in via Oberdan a Bologna, l'esposizione con grande evidenza di un Dgg inciso da Karajan, in offerta speciale a 2500 lire!). Nel 1963, un disco monofonico ad alto prezzo della Rca italiana, costava la bellezza di 3900 lire (di cui 360 di tasse, come specificato nel retrocopertina). Negli anni '50, in Germania, un Dgg a prezzo intero, costava 24 marchi, quando lo stipendio medio di un lavoratore era di 350! In effetti, il formato ridotto da 25 cm. di diametro, era stato introdotto per consentire a un pubblico più ampio di poter acquistare un disco, stante la sua maggiore economicità, anche se poi venne progressivamente abbandonato dalle case discografiche (la Dgg ne produsse solo fino al 1962), sopravvivendo ancora per un certo numero di anni, nelle collane destinate alla diffusione tramite le edicole, venendo poi successivamente soppresso anche in quell'ambito. Per cui non lamentiamoci più di tanto del caro-disco attuale, poichè non c'è nulla di nuovo sotto al sole! O mondo ladro, o mondo rubaldo! Ritorniamo ai Joker, di cui accenna anche Roberto Diem-Tigani nel suo interessante libro "Custodi del suono. Un secolo e mezzo di storia della riproduzione sonora.", uscito l'anno scorso per la casa editrice Zecchini. Secondo me, ne dà un giudizio persino troppo tenero, poichè la quasi totalità dei titoli pubblicati non sarebbero buoni nemmeno per giocarci a frisbee! Altro che dischi volanti, autentica spazzatura, sono. Non dovrebbero nemmeno trovarsi nei mercatini dell'usato, a rigor di logica: va da sè che mi sono letteralmente sbarazzato di questi dischi con grande sollievo, sbolognandoli gratis a suo tempo, al primo malcapitato; non li vorrei nemmeno se me li regalassero, figuriamoci se li acquisterei alla bellezza di 5 euro, il prezzo a cui li si può fin troppo facilmente trovare nei mercatini. Il discorso prosegue nel prossimo scritto...