sabato 18 giugno 2011

Nemo propheta in patria.

Sul numero di giugno del mensile BBC Music Magazine (Vol.19, n.9), a pag. 18, c'è una rubrica intitolata: "MUSIC TO MY EARS" (ovvero musica per le mie orecchie), avente come sottotitolo "What the classical world is listening to this month" (cosa ascoltano i musicisti in questo mese), in cui viene chiesto ai medesimi quali siano i loro gusti musicali. Quello che mi ha colpito favorevolmente è che uno degli intervistati, il direttore d'orchestra e compositore anglosassone Ronald Corp, a un certo punto dichiara, a proposito dei suoi ascolti più recenti: "I have an obsession with opera, and have a collection of almost every one that has ever been recorded. Smareglia's 'Nozze Istriane' is just wonderful. Written in 1905, it's very like Puccini but reminds me much more of Mascagni in a way. There's no reason at all why we don't know this piece and aren't all performing it, but for some reason it has got lost over time." (Ho un'ossessione per l'opera, e posseggo una discoteca comprendente quasi tutto quanto sia mai stato inciso. L'opera 'Nozze Istriane' di (Antonio) Smareglia è proprio una meraviglia. Composta nel 1905, è molto influenzata da Puccini come stile, ma mi fa pensare assai di più a Mascagni, per un certo verso. Non c'è affatto alcuna ragione affinchè non si possa conoscere questa musica e non si possa eseguirla integralmente, ma per chissà quali ragioni  essa è caduta nel dimenticatoio, col trascorrere del tempo.) Parole sante che fanno un pò di giustizia a una figura di musicista nostrana ingiustamente dimenticata, ammirata anche da Arturo Toscanini e che dovrebbero fare impallidire di vergogna tutti gli addetti ai lavori nostrani, a cominciare dai responsabili artistici delle stagioni teatrali fino agli stessi musicisti. Se si pensa inoltre che, su qualunque supporto audiovisivo, nulla è attualmente reperibile di questo autore (le uniche edizioni in cd di 'Nozze Istriane' diretta da Manno Wolf-Ferrari e de 'La Falena' diretta da Gianandrea Gavazzeni, pubblicate ambedue a suo tempo da Bongiovanni, temo che siano fuori catalogo), preferendo il mercato video-discografico ammanirci inutili nuove incisioni o riedizioni di ennesime 'Traviate', 'Bohème', 'Barbieri di Siviglia', 'Madame Butterfly' e via di questo passo, solo per limitarci all'opera italiana, con tutto il rispetto possibile per questi autentici capolavori, ma che proprio per il fatto che sono troppo inflazionati, mi escono veramente dalle orecchie, insomma ci sarebbe veramente di che indignarsi. Mi ricordo solo che, tantissimi anni fa, fra gli ospiti di una puntata del 'Maurizio Costanzo Show', ci fu una persona, di cui non ricordo il nome, che cercò di perorare la causa del musicista triestino. A parte questo, non è la prima volta che musicisti e appassionati stranieri ci danno delle autentiche lezioni in tale ambito, che ovviamente continuano a rimanere completamente ignorate dalle nostre parti. Sempre rimanendo in Inghilterra e sempre a proposito di compositori italiani, non si può ignorare che il defunto direttore d'orchestra Edward Downes, ha inciso a suo tempo 4 cd per la Chandos di musiche di Ottorino Respighi, poco conosciute anche se valide, come la Sinfonia Drammatica, il Concerto Gregoriano, il Poema Autunnale, la Ballata delle Gnomidi, il Concerto in Modo Misolidio e altro ancora, essendo stato oltretutto noto in patria come alfiere delle opere di Giuseppe Verdi, finendone col dirigerne ben 25 sulle 28 da lui composte (credo ben più di qualunque direttore verdiano delle nostre parti). Inoltre, sempre in Inghilterra, è da parecchio tempo attiva la 'Donizetti Society', che molto ha fatto per ampliare la conoscenza delle opere del compositore bergamasco, collegata con la nota casa discografica Opera Rara, che altrettanto sta facendo nella riesumazione di titoli desueti del nostro melodramma e non solo, in barba alla nostra assurda esterofilia. Quanti autori nostrani, oltre ad Antonio Smareglia, aspettano inutilmente di essere riscoperti o essere eseguiti assai più spesso di quanto non siano come Riccardo Pick-Mangiagalli, Renzo Rossellini (fratello del più celebre regista Roberto, di cui realizzò, tra l'altro, le musiche per il film 'Roma città aperta'), Franco Alfano, Franco Mulè (fratello dell'attore Francesco Mulè), Gian Carlo Menotti, Lodovico Rocca, Alberto Franchetti, Ermanno Wolf-Ferrari, Giorgio Federico Ghedini, Mario Peragallo, solo per fare alcuni nomi a casaccio. Ma è tutto inutile, temo. A fare questi discorsi ci si sente proprio delle mosche bianche. Vox clamantis nel deserto!

Uno, nessuno, centomila.

Ho notato spesso che molte discrepanze riguardo alle opinioni su un qualsivoglia spettacolo teatrale o manifestazione artistica, non sono dovute unicamente ai nostri gusti soggettivi, ma anche e soprattutto alla diversa modalità di fruizione del medesimo da parte dello spettatore o ascoltatore. Nel caso per l'appunto di una rappresentazione di un'opera lirica o di un concerto di musica colta, l'impressione soggettiva muta considerevolmente, a seconda che si assista allo spettacolo o nel medesimo luogo in cui si sta svolgendo (e all'interno di esso, a seconda della posizione che ci si trova a occupare, ovverosia se si è seduti in platea o nei palchi, oppure ci si trovi in piedi, se si è nelle prime o nelle ultime file, o addirittura in fondo alla sala, ecc.), o lo si guardi in televisione, o lo si vada a vedere nelle sale cinematografiche che si collegano in diretta coi teatri, o che lo si visioni dallo schermo gigante posto in piazza, o collegandosi su un sito internet e osservandolo attraverso le riprese effettuate da una webcam, oppure fruendone successivamente attraverso un qualsivoglia supporto audiovisivo, o ascoltandolo semplicemente alla radio. Insomma a tante modalità di fruizione di uno spettacolo, corrispondono altrettanti approcci diversificati da parte delle persone che ne fruiscono, che assieme ai gusti soggettivi connaturati in ciascuno di noi, hanno la loro importanza nel determinare l'opinione complessiva che ognuno di noi può avere su una determinata rappresentazione musicale. La diversa modalità di fruizione, può anzi portare a una tale divaricazione di opinioni personali su un dato spettacolo, che è come se ogni individuo avesse assistito a uno spettacolo completamente diverso rispetto alle altre persone che vi hanno presenziato. Per esempio, la radio, per sua stessa natura, porta ovviamente a concentrarsi in esclusiva sull'aspetto uditivo, il che enfatizza eventuali pecche esecutive, che possono passare del tutto inosservate a chi assiste alla medesima rappresentazione in teatro, dove soprattutto nel caso di un'opera lirica, l'elemento visivo distoglie parzialmente l'attenzione dello spettatore da quello uditivo e dove anzi conta assai di più l'interazione complessiva fra quello che si ascolta e ciò che si vede. Così come eventuali limiti di capacità attoriali ossia recitative da parte dei cantanti lirici, ed eventuali mende nei costumi, nelle scenografie e nella regia, possono essere avvertite in maniera diversa, a seconda della posizione che ci si trova a occupare nel luogo in cui si svolge lo spettacolo. Nel caso poi di una ripresa in video di detto spettacolo, entra in ballo anche la bravura e la competenza del regista preposto a tutto ciò (talvolta è la stessa persona che si occupa anche della regia teatrale, ma nella stragrande maggioranza dei casi trattasi di 2 soggetti distinti e spesso in contrapposizione), la  sagacia nella scelta del numero e della disposizione delle telecamere, la qualità intrinseca della ripresa stessa, tanto che, se una pessima regia video può arrivare a svilire una componente visuale all'origine valida, per contro una regia particolarmente efficace può arrivare a rendere quanto meno accettabile se non addirittura far sembrare bello uno spettacolo caratterizzato all'origine, anche da pecche vistose sul piano visivo (insomma, a volte può operare quasi un miracolo, come testimoniato da diverse regie del maestro assoluto in questo campo, ovvero Brian Large, un nome, una garanzia!). Discorso simile per quanto concerne la ripresa dell'audio, dove ovviamente conta in primis, la bravura del tecnico del suono, il numero e la disposizione dei microfoni nella sala, la bontà intrinseca della catena di registrazione e via di questo passo. In più c'è da aggiungere che l'impressione muta considerevolmente se si assiste a una ripresa in diretta o in differita, poichè nel primo caso i suoni e le immagini, pur con le inevitabili imperfezioni, hanno una freschezza e un'immediatezza che si perdono nel caso di una trasmissione in differita, dove per quanto possibile, il tutto viene ripulito e riaggiustato e quindi eventuali imperfezioni vengono eliminate o grandemente ridotte (soprattutto attraverso il montaggio dei momenti migliori delle singole rappresentazioni di uno stesso spettacolo - stante il fatto che ogni lavoro in cartellone viene rappresentato più volte nell'arco di una stagione teatrale, nella maggior parte dei casi), ma ovviamente a discapito di quella sensazione di freschezza e immediatezza propria di una ripresa in diretta, anzi, in certi casi, finendo col produrre un effetto complessivo di eccessiva asetticità. Per giunta l'impressione complessiva su una rappresentazione lirica o un concerto strumentale può ulteriormente mutare qualora il tutto finisca su un qualsivoglia supporto audiovisivo ai fini di una sua diffusione commerciale, poichè il segnale audiovisivo può subire ulteriori rielaborazioni, ripuliture e aggiustamenti di varia natura che ne possono alterare anche notevolmente l'essenza. Ho personalmente constatato che, se ascolto uno stesso concerto sinfonico su un cd o un dvd, l'impressione complessiva muta parecchio (lo affermo pur sapendo di correre il rischio di risultare lapalissiano), per cui la domanda mi sorge spontanea: qual'è il vero spettacolo teatrale? Quello a cui si assiste in teatro o quello che si guarda in televisione o si ascolta alla radio, per esempio? Tutti o nessuno? L'unica risposta che arrivo a dare è UNO, NESSUNO, CENTOMILA. Ma proviamo a guardare alla faccenda anche da un'altra prospettiva, ossia quella dei musicisti, ovvero degli esecutori, in particolare riferendomi al direttore d'orchestra (o maestro concertatore e direttore d'orchestra, nel caso delle opere liriche). Egli deve cercare di fare in modo che gli equilibri fra le varie famiglie strumentali di un complesso strumentale  e fra queste ultime e le voci che riesce a ottenere dal podio e che si odono nel palcoscenico e nella fossa orchestrale, siano i medesimi che possa percepire il pubblico in platea e nei palchi, ossia in ogni angolo nella sala, tenendo anche conto che l'acustica complessiva della medesima, muta considerevolmente a seconda che sia piena, semivuota o del tutto vuota e deve avere ben presente tutto ciò anche durante le prove che precedono lo spettacolo che, a parte il caso della prova generale sovente aperta al pubblico, normalmente si svolgono col teatro vuoto. Insomma deve avere una sensibilità, un acume ed un intuito eccezionali, poichè non credo che queste cose si possano imparare in alcuna scuola, ma occorra maturarle sul campo. Forse non sapete che la tanto decantata acustica del teatro di Bayreuth ha una singolare caratteristica che rende più difficoltoso il lavoro del direttore d'orchestra, ossia un certo ritardo del suono dei cantanti rispetto a quello dell'orchestra, che obbliga il direttore a dare la battuta a questi ultimi con un certo anticipo, per far sì che il tutto risulti il più possibile in sincronia. Stante il fatto che la Bayreuth Festspielhaus venne voluta e progettata appositamente dallo stesso Richard Wagner come ambiente ottimale per la rappresentazione delle sue opere comprese fra "Der fliegende Hollander" e "Parsifal" (caso credo unico nella storia della musica di un compositore che riesce a coronare il sogno di vedere realizzato un luogo deputato unicamente alla rappresentazione delle proprie opere), mi sono sempre chiesto se, questa singolare caratteristica acustica sia stata voluta dal musicista medesimo (e in tal caso mi piacerebbe conoscerne il motivo) oppure se sia del tutto accidentale. Fu proprio lo stesso Wagner a introdurre nel teatro lirico la cosiddetta fossa orchestrale o buca (da lui enfaticamente definita golfo mistico), mentre prima l'orchestra era posizionata sullo stesso livello del palcoscenico, risultando perciò più disturbante per la visione complessiva. A riprova di quanti elementi concorrano a rendere influenzabile l'acustica di un teatro, mi ricordo che, per la celeberrima incisione della "Tosca" di Giacomo Puccini, con Maria Callas, Giuseppe Di Stefano e Tito Gobbi nei ruoli principali, coi complessi della Scala diretti da Victor De Sabata, realizzata per la Emi nel 1953, in studio (ovvero col teatro vuoto), il produttore discografico Walter Legge, volle che, durante le sessioni di registrazione, tutti gli ordini di palchi, venissero chiusi con delle assi in legno, al fine di ottenere una maggiore presenza e brillantezza del suono in sala, ai fini ovviamente di una migliore ripresa audio in fase di registrazione. Una delle storture attuali del teatro lirico, secondo me, è l'eccessiva preponderanza che ha assunto la figura del regista teatrale, mentre invece non ci si dovrebbe mai dimenticare che il motore principale, il propulsore di tutta la faccenda, resta e non può essere che la musica, a cui tutte le altre componenti si dovrebbero subordinare e garante di tutto ciò, dovrebbe essere, per l'appunto, il cosiddetto maestro concertatore e direttore d'orchestra. Sfortunatamente troppo spesso avviene il contrario, con una serie di nefaste conseguenze. Non dimentichiamoci che fra i più quotati registi di opere liriche, troviamo anche un certo Luchino Visconti, tra l'altro diplomato anche in violoncello, guarda caso! Mi ricordo anni fa, trovandomi nel negozio di dischi 'Nannucci' di Bologna, di avere sentito un idiota vantarsi con un commesso di essere stato a Londra a 'sentirsi le "Nozze di Figaro" di Vick'. Mi sono trattenuto a stento dall'apostrofarlo, avendo una voglia matta di dirgli che lui in realtà era andato a 'vedere "Le nozze di Figaro" di un certo Wolfgang Amadeus Mozart, con la direzione d'orchestra di un certo Sir Charles Mackerras e infine con la regia teatrale di un certo Graham Vick!'. Ma l'esperienza m'insegna che, con simili trogloditi, purtroppo non c'è più nulla da fare, alla fine se avessi parlato avrei ottenuto d'inimicarmi anche il commesso, ossequioso verso un cliente così danaroso, per cui è stato giocoforza tacere. Ho citato questo fatterello per dimostrare una delle tante conseguenze nefaste prodotte attualmente sul pubblico degli appassionati, dallo strapotere registico nel teatro d'opera. A tal proposito mi riservo di fare ulteriori riflessioni sull'argomento, sul quale mi piacerebbe di raccogliere le più svariate opinioni, alla prossima occasione, sperando almeno di avere fornito ai miei 23 lettori, qualche spunto di riflessione e discussione.