giovedì 10 aprile 2014

Binario triste e solitario.

Non era certo un amante del treno, Gioachino Rossini (1792-1868), quando compose la raccolta, composta da una decina di brevi pezzi pianistici, preceduti da sintetiche, sapide didascalie, talvolta declamate dal solista, in concerto, prima di attaccare ciascun brano (come fece per l'appunto Bruno Canino, durante un'esibizione pubblica, in diretta radiofonica, mi ricordo in particolare le ultime 2: "arrivo a destinazione" e "commiato dei parenti"), intitolata ironicamente "Un petit train de plaisir" (contenuta nel 10° volume dei tardi "Péches de vieillesse"), ma bisogna capirlo, all'epoca, un viaggio in treno, rappresentava veramente un'avventura piena di incognite ed il pesarese era reduce da un tragitto particolarmente disastroso, che ne aveva squassato l'animo (di questo breve ciclo pianistico, il compositore milanese Azio Corghi (1937), ne curò di recente  una gustosissima versione per 2 pianoforti, percussioni, comprendente anche un fischietto da capostazione, ascoltata un paio di anni fa, durante un concerto gratuito che si svolse nella chiesa di Santa Cristina, a Bologna). Ben diverso l'atteggiamento del compositore svizzero Arthur Honegger (1892-1955), al contrario grande appassionato di ferrovie, che vi dedicò quello che è forse il suo brano più noto, il movimento sinfonico "Pacific 2-3-1", composto nel 1923 ed ispirato all'omonima famiglia (o gruppo) di locomotive a vapore, diffusissime all'epoca, sia in Francia, che in Svizzera. Avvalendosi unicamente dell'organico di una grande e moderna orchestra sinfonica, ovviamente con le percussioni particolarmente impegnate, facendo ampio uso di accordi politonali, il compositore riesce, in pochi minuti,  a rendere efficacemente l'idea dell'avvio graduale della vaporiera, la sua progressiva accelerazione, persino, durante il tragitto, l'attraversamento di un passaggio a livello, la susseguente decelerazione e l'arrivo a destinazione, con tanto di effetto di frenata, fischio e sbuffi di vapore! Niente male! Ma bisogna tenere conto che, rispetto all'epoca di Rossini, parecchia acqua era già passata sotto i ponti e il progresso tecnologico, in tale ambito, era stato enorme e quindi il moderno mezzo di trasporto ne aveva beneficiato parecchio, in termini di affidabilità! Pochi anni dopo Honegger, anche il compositore brasiliano Heitor Villa-Lobos (1887-1959), sull'esempio del suo collega svizzero, aveva dedicato un vivido ritratto musicale ad una locomotiva a vapore, precisamente nel 4^ ed ultimo brano di cui si compone la sua "Bachiana Brasileira" n.2, per orchestra da camera, creata nel 1930, quello intitolato "O trenzìno do Caipira" (il piccolo treno dei contadini), in forma di toccata, nel quale ci si riferisce a uno di quei convogli che transitavano, all'epoca, nell'entroterra del nord-est del Brasile, treni variopinti e sgangheratissimi, che sembravano sfidare ad ogni piè sospinto le leggi della fisica, sovraccarichi di varia umanità, che percorrevano questi tragitti tortuosi, ripidi, con grande sforzo e che la musica di Villa-Lobos rende in maniera straordinariamente pittoresca, superando, come esito, persino il movimento sinfonico di Honegger e rivelantesi come uno dei risultati migliori in assoluto, del prolifico musicista brasiliano. Più di mezzo secolo dopo, sarà l'americano Steve Reich (1936), fra gli esponenti di punta della corrente minimalista, a firmare, nei primi anni '80, una composizione alquanto singolare, sempre di argomento, per così dire, ferroviario, ovvero "Different trains", per quartetto d'archi e nastro magnetico, successivamente arrangiato, dal medesimo, per orchestra d'archi e nastro magnetico. Lo spunto di partenza di questo capolavoro assoluto, viene dall'infanzia stessa di Reich, di origine ebraica, i cui genitori, all'inizio degli anni '40, avendo divorziato, ed essendosi successivamente trasferiti, col padre che risiedeva a Los Angeles e la madre a New York, affinchè il ragazzino potesse trascorrere alternativamente dei periodi sia con l'uno che con l'altra, doveva per forza viaggiare frequentemente in treno, per potersi spostare dall'una all'altra delle 2 località. Anni dopo, divenuto adulto, ed essendo nel frattempo venuto a conoscenza degli orrori dell'Olocausto, provò ad immaginare che, se anzichè nascere negli Stati Uniti, fosse nato in Europa, in quanto ebreo, sarebbe stato costretto a salire in treni di ben altro genere e per ben diverse destinazioni. Pensando quindi a questo suo ipotetico, immaginario alter-ego europeo, gli venne l'idea di creare "Different trains", con il nastro magnetico, nel quale sono incise voci di passeggeri, del capostazione e di rumori ambientali di stazione, ma anche frasi lasciate scritte dai deportati sulle pareti dei campi di concentramento, che fa da tappeto al suono degli strumenti ad arco. In tempi ancora più vicini ai nostri, credo all'inizio degli anni '90, il compositore inglese Michael Nyman (1944), scrisse un brano per orchestra intitolato MGV (Musique à Grande Vitesse), credo commissionato proprio dalle ferrovie francesi, per l'inaugurazione di una nuova linea ferroviaria per l'alta velocità, progettata proprio per i loro notissimi convogli superveloci, i TGV (Train à Grande Vitesse), questa composizione venne anche incisa su un disco della Argo/Decca. Un paio di anni fa circa, rammento anche di aver ascoltato una differita di Radiotre, mi pare proveniente dall'Accademia Filarmonica Romana, comprendente oltre al breve atto unico "Partita a pugni" (1950) di Vieri Tosatti, anche una altrettanto breve "cantata ferroviaria" (su libretto di un sedicente "Etierre Seicento", ma guarda un pò! Forse il musicista medesimo che ha voluto firmare il testo del suo lavoro con questo bizzarro pseudonimo, coincidente con la sigla degli elettrotreni costituenti, assieme ai loro predecessori - Etr500 - la flotta dei convogli "Frecciarossa" di Trenitalia?) dal titolo di "Frecciarotta" (febbraio 2012) del compositore vivente Riccardo Panfili (1979) che, pur non essendo un capolavoro assoluto, risultava gradevole e divertente, in particolare all'inizio, quando una voce fuori campo (o meglio da un altoparlante), dalla banchina di un'ipotetica stazione ferroviaria, dopo aver annunciato inizialmente la prossima partenza del rapido "Frecciarotta", in viaggio inaugurale, invitando i passeggeri a prendervi posto, successivamente contrapponeva un altro annuncio nel quale la stessa voce dichiarava che: "Per motivi tecnici imprecisati e non dipendenti da Trenilandia, la partenza del rapido Frecciarotta, subirà un ritardo indefinito". Immediatamente, il coro misto, in fortissimo, con una seriosità degna di un corale luterano preso di pacca da una passione bachiana, intonava all'unisono la frase: "Li mortacci tuoi!", all'interno di una trama volutamente surreale in cui compaiono il presidente di una fantomatica Trenilandia, che nonostante tutto cerca di magnificare le presunte doti del treno "Frecciarotta", spacciandolo per un gioiellino della tecnologia, la presidentessa della compagnia ferroviaria rivale "Russki Deraglia" che, approfittando di una fermata fuori programma in aperta campagna del convoglio (precedentemente mossosi dalla stazione di partenza), poco prima di giungere alla stazione di Milano (con relativa fuga del macchinista), strapperà, per un tozzo di pane, facendogli firmare un contratto truffaldino, "Trenilandia", al suo presidente, licenziandolo in tronco e un controllore opportunista e servile, ovviamente prontissimo a mettersi ai servigi della nuova padrona, col treno che misteriosamente riparte proprio in quel momento, per giungere finalmente a destinazione. Fin troppo facile vedervi una bonaria satira delle ferrovie nostrane! / Al di fuori dell'ambito della musica classica, ci sarebbe da citare anche lo splendido disco di John Coltrane, "Blue train" del 1957 (Blue Note) e "Chattanooga Choo Choo" di Glenn Miller (augurandomi di non aver detto delle corbellerie). / Chiaramente questo breve excursus inerente musiche ispirate dall'ambito ferroviario, messo lì alla buona, non ha alcuna pretesa di completezza ed esaustività, essendo certamente molto lacunoso al riguardo, ma al momento rappresenta tutto quel poco che conosco riguardo a tale argomento.