martedì 18 marzo 2014

A tarallucci e vino.

Com'era ampiamente prevedibile, alla fine, il "caso umano" Beppe Maniglia, si risolverà in un nulla di fatto, nel senso che il plantigrado potrà continuare, totalmente "indisturbato" a squassare (pardon, a deliziare) i timpani della cittadinanza bolognese, per la grande gioia dei suoi ammiratori che parrebbero esser numerosi anzichennò (chissà com'è però che quando, anni fa, come rammentavo, si candidò a sindaco della città felsinea, alla fine si beccò soltanto una ridicola manciatina di voti!), come si desume anche leggendo un sapido articoletto di tal Mauro Giordano, comparso sul "Corriere di Bologna" di domenica scorsa." Maniglia resiste e suona: "Non si arresta un mito", questo il titolo e così si autodefinisce il bietolone, evviva la modestia! In effetti, nella foto a corredo dell'articolo, si vede il "mito", circondato dal suo folto (?) pubblico di estimatori, nella giornata di sabato pomeriggio (la didascalia difatti recita: "Il suo pubblico. Molta gente ... Ohibò!). Una persona che è passata in piazza domenica, mi ha detto però che, pur essendo il plantigrado piazzato come di consueto nel suo luogo abituale, non stava affatto "suonando" nè si sentiva alcuna base "musicale" di sottofondo (che fosse in pausa?), ad ogni buon conto gli sarebbero state appioppate un paio di multe da 400 eurini cadauna (troppo poco!), anche se dubito fortemente che le paghi! Certo che, anche se a suo dire il bifolco limiterebbe le sue "mitiche" esibizioni ad un paio di volte la settimana, ogni sabato e domenica per circa un'ora e mezza ciascuna, disquisire, nel suo caso, di musica e di repertorio, come si fa anche all'interno dell'articoletto, mi sembra proprio una questioncella di lana caprona (non è un refuso!), inoltre, ha pure avuto il coraggio di affermare di avere pagato di tasca propria, uno studio d'impatto ambientale riguardo alle sue esibizioni, affidato ad una società di Modena, da contrapporre ai dati prodotti dall' "Arpa", organismo regionale preposto alle misurazioni del tasso d'inquinamento (in questo caso, acustico), ma mi sembra soltanto un patetico arrampicarsi sugli specchi da parte del rintronato in questione. Se è proprio vero, come si legge in questo articolo, che ci sono persone che lo ritengono veramente come il secondo "Gigante" di Bologna, dopo la statua della "Fontana del Nettuno" ovviamente, con la quale al massimo può avere in comune una certa rigidezza e "sordità", anche Beppe Maniglia allora diventa una cartina di tornasole della pochezza intrinseca dell'essenza di questa città, se un idiota come lui si sente di assurgere a mito per eccellenza della bolognesità, se ci sono altri, ancora più idioti di lui (sembra veramente incredibile che ce ne possano essere, eppure pare proprio di sì!) che lo inducono a pensarlo, se Bologna non è capace di trovare simboli migliori di questo (tenuto conto che il buffone imperverserebbe da almeno 35 anni, cioè dal 1979, sempre stando all'articolo. Per giunta qualcuno mi disse a suo tempo che il pagliaccio, all'inizio usava un'amplificazione persino molto più potente dell'attuale, che si sentiva fin dall'inizio di via dell'Indipendenza, lato autostazione, cioè all'estremità opposta rispetto al "Gigante", sorbole bén!), allora io sono proprio un povero illuso, un pesce fuor d'acqua, anche da una simile bazzecola si evince che qui ci si è inoltrati in una decadenza senza fine. Simbolo della bolognesità di ben altra caratura, veramente per grandi e per piccini, poteva essere il compianto Dino Sarti, col suo concerto di ferragosto in Piazza Maggiore, regolarmente trasmesso in televisione; di lui, che certamente non si atteggiava a mito, quest'ingrata città sembrerebbe essersi dimenticata, a tutto vantaggio di quell'altro cialtrone invadente. Altro che "l'angolo degli imbezél"! Trovo comunque preoccupantemente blando l'atteggiamento tenuto dall'amministrazione comunale nell'occasione, addirittura timorosa di una sollevazione popolare (ma come siamo ridotti? Con tutti i problemi gravissimi che ci attanagliano, saremmo capaci di provocare una sommossa soltanto nel caso che ci tocchino il "dio pallone" e il "mitico" Beppe Maniglia, vogliamo scherzare?), sempre secondo l'articolo del giornale, la quale si è premurata di fargli sapere che non solo non lo vorrebbe cacciare, ma financo gli promette l'esenzione dalla tassa d'occupazione del suolo pubblico, purchè si metta in regola e moderi il volume sonoro, ma chi ci crede! A parte l'uso e l'abuso, anche in questo frangente, della parola "mito" e dell'aggettivo "mitico", completamente svuotati di qualsivoglia significato! Per giunta l'altra sera, passando nei paraggi del Manzoni, ecco che ti rivedo all'esterno, il consueto assembramento di mummie agghindate, acchittate, inamidate, impettite, fossilizzate e incartapecorite, che costituiscono il tipico pubblico dei melomani frequentanti i concerti di musica colta, in attesa di varcare l'ingresso per assistere allo spettacolo. Insomma, da un lato il becerume di Beppe Maniglia, dall'altro l'atmosfera da museo delle cere che mi sembra caratterizzare il Manzoni (così come il Comunale e tutti gli altri luoghi cittadini deputati alla musica colta), due estremi riguardo ai quali non saprei proprio dire quale sia il più deprimente, ma è tutto assolutamente nella norma. Chissà perchè, pensando al primo, mi viene in mente anche il famoso scambio di battute fra John Cage, al termine della sua partecipazione a "Lascia e raddoppia" e Mike Bongiorno, con Cage che proferisce: "Io vado, ma la mia musica resta." e Bongiorno che replica: "Avrei preferito l'incontrario!"; anche nel caso del "maniglione", auspicherei l'incontrario; il bello è che lui invece afferma: "Quando ho iniziato, nessuno faceva uno spettacolo del genere." Sic transit gloria mundi! E visto che è scientemente impossibile anche soltanto il pensare di poter rivoluzionare il contesto ambientale in cui ognuno si trova a dover condurre la propria esistenza (e a Bologna, senz'altro, una simile speranza, uno proprio se la sogna!), mi accontenterei, mestamente, per quel che mi riguarda, di riuscire almeno a rivoluzionare un pochettino, la mia sgangheratissima esistenza, anche perchè, in questo momento, intravvedo qualche flebile speranza in tal senso, che spero la sorte non voglia disattendere per l'ennesima volta, per carità, alla facciaccia del plantigrado e dei suoi aficionados (che per qualche tempo mi erano sembrati progressivamente diradarsi, ennesima illusione fallace)! Insomma, torniamo ad occuparci di cose ben più serie, anche perchè a parlare troppo di simili esimi personaggi, gli si fa soltanto una grande pubblicità immeritata, alla fine, gli si fornisce un'ulteriore cassa mediatica, assolutamente (in)degna di un personaggio così "mitico", o piuttosto, "stitico"! Anche perchè, alla fine, mi sono accorto, sondando diverse persone, la maggior parte delle quali non gliene poteva fregare di meno, che parrebbe trattarsi fortunatamente di un "mito" alquanto relativo, in contrasto con certe affermazioni lette sulla stampa locale! Il bello è che qualcun'altro, volendomi dare del retrogrado per via del fatto che non lo apprezzo per nulla, mi ha paragonato all'uomo di Neanderthal, ignorante del fatto che quest'ultimo, come scientificamente dimostrato, disponesse di una massa cerebrale alquanto superiore a quella di noi omuncoli odierni iper-tecnologicizzati e iper-vitaminizzati ed altrettanto rincitrulliti, facendomi, senza volerlo, un grandissimo complimento! Grazie veramente, di tutto cuore! / Sempre per la serie "Sono sempre i migliori, coloro che se ne vanno!", muore lo scrittore, intellettuale, linguista, bibliofilo ed uomo di cultura, Ezio Raimondi, figura di spicco in tale ambito, la cui notorietà travalicava i confini bolognesi, regionali e nazionali. Invece, sempre per la serie "L'erba cattiva non muore mai!", Beppe Maniglia, la cui notorietà sarà, se va bene e volendo essere generosissimi, (s)confinata al massimo in ambito regionale a dir molto, in barba al presunto "mito", è al contrario vivo e vegeto (anche se direi più allo stato vegetativo che vegeto!), appunto! Avrei voluto vivere a Bologna all'epoca di Ottorino Respighi ed invece mi ritrovo a sopravvivere in questa città, sotto l'egida di Beppe Maniglia, ohi! Coraggio!