giovedì 28 febbraio 2013

Sante parole!

In un'intervista concessa tempo addietro a Radiotre, durante le prove per il "Romèo et Juliette", sinfonia drammatica di Héctor Berlioz, rappresentato in forma di balletto (!), sia pure con la presenza di soli, coro e orchestra, avvenuta qualche mese fa al Teatro alla Scala di Milano, il direttore americano James Conlon, ad un certo punto del colloquio, ha fatto una di quelle affermazioni che mi piacerebbe di sentire sempre più spesso, proprio concernenti il repertorio da proporre al pubblico dei melomani, argomento che, come si sarà capito fino alla  nausea, mi sta particolarmente a cuore. Conlon ha dichiarato all'intervistatore, che pur dirigendo con immenso piacere, è ovvio, le sinfonie di Mozart, in concerto e pur auspicando di poterlo continuare a fare sovente (e su questo non ci piove!), lui si sente più utile, nella sua missione di musicista, nei riguardi del pubblico, quando propone musiche di autori ingiustamente misconosciuti, tipo Alexander von Zemlinsky, ma che ritiene meritevoli di una maggiore conoscenza, da parte del grande pubblico. E in effetti il suo encomiabile apostolato per quest'ultimo, è testimoniato da una messe di incisioni effettuate proprio per la Emi (sic!); speriamo che, viste le sorti di questo gruppo discografico, non spariscano dal mercato, sarebbe veramente una grande perdita, visto il livello notevolissimo di queste musiche, con esecuzioni all'altezza della situazione! Certo, rimanendo nel catalogo Emi, plaudo di più a una iniziativa come questa di Conlon, piuttosto che alle incisioni di Antonio Pappano, prevalentemente dedite alla solita minestra e non sempre all'altezza della sua fama, come risultati interpretativi; che dire poi di certi arbitrii, tipo un "Don Carlos" verdiano che era un assurdo pateracchio fra la versione francese e quella italiana, e un "Guillaume Tell" di Rossini, che se da un lato dichiarava di seguire la nuova edizione critica realizzata da Elisabeth Bartlett, dall'altra sforbiciava disinvoltamente una buona mezz'ora di musica, la qual cosa mi sa di decisa presa per i fondelli, dire che il suo apporto discografico sia stato prevalentemente pleonastico, è un gentilissimo eufemismo! Giustamente Conlon, al contrario, aggiungeva nell'intervista succitata, che questa musica misconosciuta rappresenta un capitale culturale e come tale va fatta circolare, poichè tutto questo, aggiungo io, non può che rappresentare un'occasione di arricchimento collettivo! Sante, santissime parole, esimio Maestro James Conlon, peccato che la maggioranza dei suoi colleghi, continui a fare orecchie da mercante! Per questo enorme, immenso capitale culturale, dovrebbe valere la stessa legge che dovrebbe essere applicata ai capitali economici, ossia farli circolare il più ampiamente possibile, ma mentre nel caso dei capitali economici, il sistema bancario agisce da elemento frenante, con le nefaste conseguenze sull'intero sistema economico che sono sotto gli occhi di tutti, nel caso dei capitali culturali ci pensano quelle stesse istituzioni che dovrebbero avere come obiettivo precipuo la loro diffusione, a svolgere lo stesso ruolo frenante e castrante delle banche in ambito economico (nel caso della musica teatri e istituzioni concertistiche, sempre più ammuffiti musei delle cere per un pubblico mummificato), con l'ovvio e costante impoverimento del panorama culturale e musicale mondiale e in particolare nostrano! Coraggio!

Tutto il mondo è paese.

Ho citato più volte ultimamente il mensile "BBC Music Magazine" che esce in edicola da poco più di una ventina d'anni e che vanta il fatto di essere il mensile musicale colto più venduto nel mondo, ed è il maggior concorrente della più antica rivista discografica del mondo, ossia l'inglese "Gramophone" che credo risalga all'incirca al lontano 1927, anno più anno meno, ininterrottamente sulla breccia fin d'allora. Peccato che, secondo me, per ottenere il primato di per sè invidiabile, di essere la rivista musicale più venduta al mondo, sia scesa a troppi compromessi sul piano qualitativo, sia per ciò che concerne i contenuti editoriali del periodico, con eccesso di frivolezze, banalità e pettegolezzi, ma ancora di più per ciò che riguarda il contenuto musicale del cd ad essa allegato fin dal primo numero. Troppo spesso, come nel caso del numero attualmente in edicola, il disco allegato appartiene a quella categoria che definirei "cd della mutua", ossia contenenti la solita minestra, ovvero il repertorio più trito e ritrito, in questo caso 2 delle suites orchestrali di Bach, con tutto il rispetto per quest'ultimo! Nondimeno il numero di gennaio, dedicato principalmente e giustamente al centenario della nascita di Benjamin Britten, ha proposto nel disco allegato il suo arcinoto capolavoro che é il War Requiem, anzichè andare a pescare, approfittando dell'occasione, nei suoi lavori meno noti, tipo quelli cameristici, o vocali, solo per fare qualche esempio, o proporre magari dei lavori inediti, come già fatto in passato dalla stessa rivista, in tempi evidentemente migliori degli attuali. Anzi, a questo proposito, aggiuungerei che mi sento particolarmente deluso, poichè da una rivista britannica, mi aspetterei una maggiore attenzione al loro immenso patrimonio di compositori inglesi di talento misconosciuti, tipo Elisabeth Mackoncy, Humphrey Searle, George Lloyd, Elisabeth Lutyens, Robert Simpson, John Mc Cabe, Alexander Mackenzie, George Butterworth, Constant Lambert, Lord Berners, Granville Bantock, Gerald Finzi, Brian Easdale, Frank Bridge e tanti altri, non dovrei essere io, uno straniero, nella fattispecie un italiano, a suggerirglielo, si dovrebbero proprio vergognare e dovrebbero, al contrario, considerarlo il loro obiettivo principale! Ma evidentemente tutto il mondo è paese e il loro atteggiamento ricalca quello nostrano per quello che concerne la diffusione e la conoscenza del nostro repertorio, strumentale e non, che non si limiti alle solite musiche dei soliti noti. Se penso che, in anni passati nei dischi allegati a questa rivista, si trovava sovente della musica rara non solo del '900 storico, ma anche brani contemporanei se non addirittura delle prime assolute, in certi casi commissionate dalla rivista medesima, non posso non deplorare l'attuale andazzo populista nel senso più deteriore del termine. Per giunta limitare le sempre più rare incursioni nel repertorio britannico ai soliti nomi, tipo Britten, Elgar, Vaughan-Williams, Delius, per giunta in prevalenza nei loro lavori più arcinoti, per quanto li apprezzi enormemente, mi sembra proprio denotare una mentalità bassamente commerciale, nei responsabili di questo periodico. A parte che, essendo l'attuale direttore della nostra più importante e anziana rivista discografica, "Musica", un inglese rispondente al nome di Stephen Hastings (la nostra benedetta esterofilia!), come legge del contrappasso sarebbe giusto casomai, mettere alla direzione di "Gramophone" un italiano, in tal caso, essendo disoccupato, mi candido sfacciatamente! Tornando al periodico della BBC, trovo che quest'ultimo si stia riducendo al rango di rivista per signorinelle snob e che necessiterebbe di una bella iniezione di testosterone! Una volta, quando le scelte musicali inerenti il contenuto dei dischi allegati, erano più coraggiose e originali, la acquistavo regolarmente, adesso, quasi sempre, mi limito a darci una rapida scorsa in edicola; del resto, ritengo di non essere il solo a pensarla così, poichè noto che, in genere, quando vi è allegato un "cd della mutua", vende meno copie di quando vi è incluso un titolo più interessante, almeno così mi pare, girando per le edicole della città! Svegliati, perfida Albione!