lunedì 30 maggio 2011

Restaurazione anzichè rivoluzione.

Nella 12° sinfonia, Shostakovich non fa più uso di canti rivoluzionari, nè come base tematica e nemmeno come semplice citazione, ma utilizza motivi interamente di suo pugno. Eppure, sarà perchè il tema della rivoluzione d'ottobre era già stato da lui trattato in altre composizioni, in più non essendoci nemmeno l'influsso di qualche onda emotiva causata da eventi tragici come i fatti d'Ungheria del '56, questa composizione appare decisamente meno sentita dall'autore, senza alcun segno dei tormenti personali dell'artista, caratteristici della sinfonia che precede l'11°, ovvero la 10°, iniziata nel 1948, quindi poco dopo aver subito la seconda purga ideologica ed essere stato costretto per la seconda volta a fare pubblicamente autocritica, ma terminata ed eseguita nel 1953, l'anno della morte di Stalin (si dice che il 2° movimento di questa sinfonia, breve e dal carattere rabbioso, costituisca un ritratto musicale del dittatore georgiano, ma Shostakovich ha sempre negato pubblicamente tutto ciò), tormenti che, probabilmente qualche eco, sia pur flebile, avrebbero fra le pieghe dell'11°. Per tacere del tormentato 8° quartetto per archi, pieno di autocitazioni, uno dei suoi migliori lavori da camera. La 12° sinfonia appare come il lavoro più retorico e pomposamente celebrativo di Shostakovich e forse il fatto di non seguire un preciso programma accentua la sensazione di episodicità e di minor coesione formale di questa musica. Il 1° movimento costituisce un pò una singolarità nell'ambito delle musiche di Shostakovich, poichè è in forma regolare di allegro-sonata, aprendo con un ampio tema meditativo dal carattere folclorico ma interamente di pugno del compositore, prima del brusco avvio dell'allegro propriamente detto; questo movimento gioca sui contrasti di 2 temi contrapposti che ricompaiono anche negli altri 3 movimenti, il che se da un lato cerca di dare unitarietà alla composizione, evidenzia anche una certa povertà tematica. A questo movimento in forma sonata, fa seguito un adagio meditabondo ed espressivo, in cui è rilevabile un prosciugamento delle sonorità orchestrali rispetto agli altri movimenti che sembrerebbe preludere al tardo stile di Shostakovich, ma anche qui il materiale tematico appare scarno e nuovamente basato sui temi già uditi nel 1° movimento; peraltro, questo mi sembra forse il movimento meno artefatto di tutta la sinfonia, in cui qualche atmosfera desolata e assai poco celebrativa faccia capolino, almeno a tratti. Il 3° movimento risulta incredibilmente breve, visto l'episodio storico a cui si riferisce, risultando poco più che una sbrigativa colonna sonora banalmente descrittiva che sfocia in un ultimo movimento considerato uno dei finali più deludenti fra quelli realizzati dal compositore, con un tema d'apertura poco incisivo e riducendo le battute finali a una costante ripetizione di un motto banale, che ne rende un pò troppo retorico e pomposo il tono giubilante e ottimistico, facendo addirittura temere che il compositore avesse definitivamente perso la sua vena creativa e si fosse inaridito completamente, cosa che, per fortuna, verrà smentita dalle 3 sinfonie successive e da altre sue opere del tardo periodo. Eppure anche questo finale così apparentemente vuoto ed enfatico, qualche sprazzo di sinistra inquietudine lo rivela, secondo me, con un'interpretazione adeguata. Perchè malgrado tutti gli innegabili difetti, le convenzionalità e gli eccessi di retorica, questa musica reca nonostante tutto il forte segno della personalità dell'autore, per cui se l'interpretazione di questa partitura è misurata ed accorta, alla fine la pagina ottiene comunque un buon effetto finale. Anzi mi azzardo a dire che se, anzichè Shostakovich, l'avesse scritta un altro compositore di minor rilevanza, probabilmente il giudizio finale sarebbe stato assai meno severo. Secondo me, nell'interpretare le sinfonie di Shostakovich a più alto rischio di retorica come questa, gli interpreti  occidentali partono teoricamente avvantaggiati rispetto a quelli di area slava, proprio perchè, in virtù della provenienza geografica, sono portati ad avere un atteggiamento più critico e distaccato e quindi a non enfatizzare più di tanto gli eccessi di retorica di questa musica, a tutto vantaggio della resa espressiva nel suo complesso, mentre gli interpreti di area slava, proprio in virtù della loro maggiore idiomaticità intrinseca e visceralità, possono trovarsi in maggiore difficoltà a dominare questi eccessi di enfasi, col risultato di evidenziare ancora di più le debolezze strutturali di queste musiche, a discapito della resa espressiva nel suo insieme. Ovviamente possono esistere delle eccezioni a questa regola, ma, guarda caso, una delle migliori esecuzioni, se non la più bella in assoluto, della 12° sinfonia che ho ascoltato è quella con l'orchestra della Sala Reale dei Concerti di Amsterdam, diretta da Bernard Haitink e incisa ottimamente nella prima metà degli anni '80, dalla Decca, accorta e misurata nella scelta delle agogiche e degli accenti, con tempi più ampi della media (e con un minutaggio complessivo di circa 43', contro i 36-37 usuali), eseguita, guarda caso, da interpreti olandesi, ovvero occidentali. Purtroppo temo che questa incisione non sia più disponibile come cd singolo, ma soltanto all'interno del cofanetto che raccoglie tutta l'integrale sinfonica di Shostakovich, diretta da Haitink. Concludendo, si tratta comunque di un brano che merita l'ascolto e tutt'altro che indegno di essere eseguito pubblicamente nelle sale da concerto, anche più spesso di quanto non avvenga già: come ho già detto, se tutta la cosiddetta brutta musica da cui siamo, volenti o nolenti, aggrediti al giorno d'oggi, fosse di livello anche solo lontanamente paragonabile alla 12° sinfonia di Shostakovich, ci sarebbe da stare molto più allegri. Purtroppo, ahimè, le cose stanno ben diversamente!

Una sinfonia assai poco rivoluzionaria.

Subito dopo avere composto l'11° sinfonia Shostakovich scrisse: "L'attività creativa è infruttuosa se lo scrittore, il pittore e il compositore, non sono fortemente in sintonia con la vita del popolo. Soltanto coloro che percepiscono i battiti del cuore della gente e lo spirito del tempo possono veramente dare espressione ai pensieri del popolo. Nessun grande lavoro di arte realistica è possibile a prescindere da queste condizioni." E mentre era impegnato nella realizzazione della 12°, disse durante un discorso pubblico all'Unione dei Compositori Sovietici: "Il ruolo positivo della musica a programma nell'educazione musicale è ben noto, essendo questa musica facilmente comprensibile alle masse di ascoltatori." Attenzione però: il burocratese con cui Shostakovich si esprime nei suoi discorsi e nei suoi scritti pubblici è sempre da prendersi con beneficio d'inventario, non corrispondendo, se non, nel migliore dei casi, che in minima parte, ai suoi reali pensieri e intendimenti. In privato, il più delle volte, se ne vergognava, tanto più che molti di questi discorsi, scritti, dichiarazioni pubbliche, non erano in realtà farina del suo sacco, ma venivano stilati da altra mano e da lui soltanto firmati o sottoscritti, spesso senza nemmeno leggerli, facendo ciò solo per motivi di opportunità politica, se non di mera sopravvivenza, cosa di cui ancora oggi, troppi musicologi anche occidentali, sembrano non tenere conto alcuno, nell'analisi della sua vita e delle sue opere, rischiando così di giungere a conclusioni affrettate e fuorvianti. Il compositore aveva già subito l'onta di due purghe ideologiche, una del '35, dopo il clamoroso successo dell'opera "La Lady Macbeth del distretto di Mcensk" e l'altra nel '48, che lo avevano costretto a smussare il suo stile, confinando le sperimentazioni armoniche e le riflessioni più intime alla musica da camera, alla quale il regime sovietico prestava assai minore attenzione. Ma nemmeno durante il disgelo krushoviano, la sua esistenza sarà del tutto priva di grane, se pensiamo ai problemi di censura in cui incorrerà con la 13° sinfonia, del 1963, per via dei testi su cui è basata, il cui autore è il poeta ex dissidente Yevgeni Genia Yevtushenko, soprattutto per quello del 1° movimento, rievocante l'eccidio antisemita compiuto dalle truppe sovietiche nella fossa comune di Babi Yar. Insomma, così come gli scritti ufficiali di Shostakovich andrebbero letti fra le righe e i suoi discorsi pubblici presi con le molle, così gran parte della sua musica va valutata andando ben oltre la superficie, alla ricerca dei significati più reconditi che si nascondono fra le pieghe delle note, ben diversi da come possano risultare a un'analisi frettolosa. Come ho già detto, riguardo all'11° sinfonia, ci sono giudizi contrastanti sul fatto che vi sia un'eco dei tragici fatti ungheresi; secondo il discusso musicologo Solomon Volkov (coautore di una celeberrima e discutibilissima autobiografia sul compositore) e i suoi seguaci, sarebbe in realtà quest'ultima la molla che avrebbe fatto scattare l'ispirazione al compositore. Perfino il figlio del musicista, il direttore d'orchestra Maxim Shostakovich, solitamente in disaccordo con le idee revisioniste di Volkov sui lavori musicali di suo padre, ha ricordato che, durante la prova generale dell'11°, fece a Shostakovich questa domanda: "O padre, e se t'impiccassero per tutto questo?" Altri ritengono invece che, dato che fra i 9 canti rivoluzionari ivi utilizzati non ve ne è alcuno di ungherese, questa tesi non abbia alcun valore. Ma come si fa a dirlo con tale certezza, quando si ha a che fare con l'opera di un simile artista, aduso a dissimulare abilmente i suoi reali intendimenti, adoperando svariati stratagemmi? Il rischio di cadere nel luogo comune sbrigativo con Shostakovich, sta dietro l'angolo, per cui occorre sempre una valutazione attenta nel giudicare questo musicista. Sono riuscito a identificare almeno 3 dei 9 canti rivoluzionari da lui utilizzati in questa sinfonia: nel 1° movimento ne utilizza 2, precisamente "Slushai, slushai" ("Ascolta, ascolta") e "Arestant" ("Il prigioniero"), mentre quello alla base del 3° movimento s'intitola "Vy zhertvoyu pali" ("Voi cadete come vittime"), è un canto proprio dell'anno 1905, dall'andamento di marcia funebre, che venne intonato da Lenin e compagni in esilio, quando gli arrivò la notizia dei tragici fatti del 9 gennaio di quell'anno; questo stesso canto rivoluzionario fu intonato anche durante i funerali dello stesso Lenin. Nel 2° movimento, il compositore prende 2 temi da una sua precedente opera, ovvero i 10 poemi corali su testi rivoluzionari, per coro misto a cappella, op.88 (1951) e precisamente all'interno di quest' opera, dal gruppo di 6 pezzi intitolato "Il 9 gennaio". I 2 temi sono presi rispettivamente da "Obnazhite golovy" ("Scopritevi il capo") e da "Goy ty, tsar nash, batyushka" ("O tu, nostro zar, piccolo padre"), quest'ultimo nella prima parte del movimento, i cui primi versi recitano: "O tu, nostro zar, piccolo padre/Guardati intorno/La vita è impossibile per noi a causa dei tuoi servitori,/contro i quali siamo senza aiuto." Di questa sinfonia, terminata dal compositore il 4 agosto del '57 nella sua dacia affacciata sul golfo di Finlandia, esiste come già detto anche una riduzione per 2 pianoforti, realizzata dal compositore ed arrangiatore Mikhail Meyerovich su autorizzazione del medesimo Shostakovich, ed eseguita poco tempo dopo alla Casa dei Compositori di Mosca. Certo è che il divario qualitativo fra l'11° e la 12° sinfonia appare evidente anche a un primo ascolto, pur non essendo personalmente d'accordo con certi drastici giudizi apposti da alcuni addetti ai lavori. La 12° sinfonia del 1961, porta la dedica "Alla memoria di Vladimir Ilich Lenin" e sul frontespizio della partitura reca l'iscrizione "L'anno 1917". Analogamente all'11°, fu scritta per commemorare una ricorrenza, in questo caso la rivoluzione d'ottobre del 1917. Fu proprio nell'aprile di quell'anno che il compositore, che all'epoca aveva poco più di 10 anni, assistette in prima persona all'arrivo di Lenin nella stazione ferroviaria di Finlandia a San Pietroburgo. Ma ci fu un altro evento, qualche settimana più tardi, che incise più profondamente nel suo giovane animo: quando un gruppo di soldati cercò di disperdere con la forza una folla di manifestanti e un cosacco uccise un ragazzo con un colpo di spada. Questo tragico episodio fu commemorato in seguito, dal compositore, in un suo pezzo pianistico intitolato significativamente "Marcia  funebre per le vittime della rivoluzione". Anche la 12° sinfonia rientra ovviamente nella categoria dei quadri musico-storici secondo la nota definizione di Asafiev; com'è noto il compositore aveva già concepito in precedenza dei lavori dedicati a questo evento storico, tra cui la sinfonia n.2 per coro e orchestra del 1927, recante il sottotitolo "Al mese di ottobre, una dedica sinfonica", concepita come una consacrazione sinfonica agli eventi rivoluzionari e terminante con un omaggio al "Mese di Ottobre, alla Comune, a Lenin". Circa 11 anni più tardi, ovvero nel '38, egli progettò un lavoro su vasta scala per soli, coro e orchestra, da dedicarsi nuovamente alla memoria di Lenin, che però abortì di lì a poco. Echi di questo progetto li si può rintracciare nel 1° movimento della coeva sinfonia n.6 (scritta però per sola orchestra), dall'andamento cupo e maestoso, contrastante decisamente con gli altri 2 movimenti seguenti, oltrechè di una durata complessiva superiore alla somma degli altri 2. Seguirà successivamente la composizione del poema sinfonico "Ottobre" anch'esso per sola orchestra. Per cui il progetto del '38 di dedicare una vasta composizione alla memoria di Lenin si concretizzerà solo nel 1961, con la 12° sinfonia per l'appunto, anch'essa però puramente strumentale. La formula é sostanzialmente la stessa dell'11°, ovvero con i 4 movimenti susseguentesi senza interruzioni per una durata complessiva di circa una quarantina di minuti in media, contro l'ora circa di durata media dell'11°. Anche qui ciascun movimento reca un titolo: il 1° è intitolato "Pietrogrado rivoluzionaria", il 2° "Razliv", ovvero la bella località di campagna a una sessantina di chilometri da Pietrogrado, dalla quale Lenin diresse le sue attività rivoluzionarie, rimanendo nascosto in una capanna di contadini, divenuta il suo quartier generale; il 3° movimento è intitolato "Aurora", ovvero il nome dell'incrociatore ancorato al largo del porto di Pietrogrado,  che diede il segnale d'inizio della rivolta, sparando il primo colpo alle vetrate del Palazzo d'inverno, il 4° è pomposamente denominato "L'alba dell'umanità". L'organico orchestrale è vasto anche stavolta, comprendendo almeno 64 archi e una vasta batteria di percussioni. La prima esecuzione assoluta si ebbe a Leningrado, con la locale orchestra filarmonica diretta da Yevgeni Mravinski, nell'ottobre (per l'appunto) del 1961. Ma l'esito complessivo e il successo esecutivo della partitura risultarono decisamente inferiori a quello della sinfonia che la precede, per varie ragioni che sviscererò in seguito.