lunedì 15 aprile 2013

Cenni sommari sui dischi Philips.

I dischi Philips, sono stati anch'essi prodotti in varie parti del mondo, ma in questo caso, sono tutti chiaramente riconoscibili già anche da un semplice esame della loro custodia, poichè la loro provenienza è esplicitamente dichiarata, anzi nel caso di quelli italiani, francesi e tedeschi, tutte le scritte sulla custodia sono nella lingua di provenienza. La faccenda più curiosa riguarda la variabilità del colore delle etichette, poichè, per esempio quelli olandesi avevano delle etichette inizialmente rosse, seguite da una tonalità di marrone rossiccio molto simile a quella dei dischi Mercury, ma talvolta mi sono imbattuto anche in esemplari con etichette di colore blu elettrico o violetto; quelli francesi avevano generalmente un blu scuro, i tedeschi erano arancioni, gli italiani neri, gli statunitensi grigi, mentre nulla so dei giapponesi, non essendomene mai capitati a tiro. Collezionisticamente, credo che valgano di più le stampe olandesi, ma al momento non saprei essere più preciso al riguardo. Ovviamente, mi sto riferendo soprattutto alle collane a prezzo intero, essendo poco pratico di quelle a medio prezzo ed economiche, salvo quella denominata "Fontana serie Argento", stampata anche qui in Italia e dal valore collezionistico scarsissimo. Valore modesto presenta anche la collana "Mercury Golden Imports", presente soprattutto in area anglosassone e stampata in Olanda, che comprendeva ovviamente titoli tratti dal catalogo della prestigiosa etichetta, ma con una qualità sonora variabile che non sempre rendeva giustizia alle incisioni originarie, anzi quelle monofoniche venivano persino stereofonizzate artificialmente, con esiti ovviamente nefasti, quindi evitatele come la peste! A parte che alcune incisioni della stessa Mercury sono state ristampate anche qui da noi, con esiti se possibile anche peggiori, proprio nell'ambito della collana "Fontana serie Argento", da prendere eventualmente in considerazione solo se a prezzi stracciatissimi, ovviamente. I dischi originali Mercury erano stampati inizialmente negli Stati Uniti, dalla Rca americana, poi successivamente da un proprio stabilimento con sede a Richmond; quelli inglesi erano stampati dalla Emi, quelli francesi e tedeschi, dalle rispettive succursali della Philips. Per saperne di più al riguardo, rimando al libro di Stefano Rama "I dischi dell'età dell'oro", edizioni Voltaire 1995, che mi ha fatto letteralmente da apripista. Peccato che non ne sia mai stata realizzata una seconda edizione, anche perchè è l'unico testo in lingua italiana sull'argomento. Collezionisticamente parlando, c'è un'altra collana da cui dovreste stare decisamente alla larga, venduta nell'ambito dell'usato a prezzi un tantinello assurdi: i dischi Joker/Saar, che sono come l'aids, ovvero se li conosci, li eviti! Alla prossima (continua).

I dischi Deutsche Grammophon "italiani", ovvero: se li conosci, li eviti!

In realtà, questa vuole essere una battuta provocatoria, al fine di catturare l'attenzione. Voglio dire che, anche se doveste imbattervi in questi esemplari, stante la qualità leggermente inferiore del loro stampaggio, non è che siano da evitare a priori, anzi tutt'altro, purchè li si trovi in vendita a prezzi ragionevoli, ovvero secondo la mia stima, a non più di una decina di euro, nel caso siano in ottime condizioni. Chiedere di più da parte del venditore, sarebbe quantomeno discutibile e arbitrario, anche se ognuno può ovviamente regolarsi come più gli aggrada. Come ho già affermato in precedenza, poichè le custodie, gli involucri esterni, eventuali libretti, le buste interne, di codesti dischi, sono comunque prodotte in Germania e quindi identiche agli originali, in tutto e per tutto, per riconoscere questi titoli, occorre esaminarne attentamente l'etichetta, che può apparire facilmente, a un esame superficiale, pressochè identica a quella del corrispettivo tedesco, poichè anche in questo caso, la totalità delle scritte riportatevi, resta in lingua tedesca. Le lievi differenze risiedono nella zona centrale dell'etichetta, dove c'è un riquadro, suddiviso in 3 sezioni. Se mettiamo a confronto visivo due esemplari degli anni '70, uno "tedesco" con un altro "italiano", sul tedesco troviamo generalmente: nella 1^ sezione del riquadro, all'estrema sinistra, la sigla "D. P.", nella 2^ sezione, ovvero quella di mezzo, a sinistra del foro centrale, troviamo la scritta "Made in Germany" o talvolta "Made in West Germany", mentre a destra del foro centrale è allocato il numero di catalogo, composto generalmente da 3 o 4 cifre, seguite dopo breve spaziatura, da altre 3 (0000 000); nella 3^ sezione, all'estremità destra, appare la scritta "STEREO 33". Sull'italiano, nella 1^ sezione, rarissimamente troviamo, sotto la sigla "D. P.", la scritta piccolissima SIAE, ma nella stragrande maggioranza dei casi, come nelle copie tedesche, troviamo solo la sigla "D. P."; invece, nella 2^ sezione, quella a sinistra del foro centrale, non ci sta scritto alcunchè! A destra del foro centrale, così come nella 3^ sezione, tutto risulta assolutamente identico agli esemplari germanici. Inoltre, quasi sempre solo sull'etichetta del lato 2 del disco, ma a volte nemmeno lì, è presente il timbro, regolarmente slavatissimo e quasi invisibile, della S.I.A.E., che sembrerebbe collocato a casaccio, stante l'estrema variabilità di posizionamenti dal sottoscritto riscontrati in diversi dischi, nel corso degli anni. Tra l'altro, mi sovvengo vagamente, di alcuni esemplari recanti una strana dicitura, il cui significato mi pare fosse: "fabbricati in Germania per conto del mercato italiano", salvo scherzi della memoria. Ribadisco che, essendo la casistica molto varia al riguardo, qualcosa potrebbe anche essermi sfuggito, tacendo del rischio di essermi preso dei colossali abbagli. Per cui, acquistate soltanto quei dischi usati, di cui potete visionare anche l'etichetta, poichè il solo esame della custodia e della busta interna, spesso diversa da quella originale, può essere fuorviante, come giustamente rilevato anche dai massimi esperti del settore. In caso contrario diffidate, poichè la fregatura ha serie probabilità di stare dietro l'angolo, o tutt'al più rischiate solo se il prezzo di vendita, risultasse decisamente stracciato. Per concludere, dirò che, generalmente, i titoli Dgg a minor rischio di "italianizzazioni", sono quelli in prevalenza dediti alla musica del '900 e contemporanea, anche quando riguarda autori nostrani come Berio, Bussotti, Maderna, Manzoni, Nono, Rota, così come quelli inerenti compositori come Henze, Hindemith, Stockhausen, Holst, Schoenberg, Berg, Webern, Orff, Busoni, Honegger, ecc., anche se pure in questi casi ho riscontrato eccezioni; per esempio, a distanza di anni mi sono accorto che la mia copia del disco in cui Claudio Abbado dirige, a capo dell'orchestra sinfonica di Chicago, la Suite scita e la suite dal "Tenente Kijè" di Prokofiev, era "italica", mentre invece un altro disco contenente musiche di Berg, (3 pezzi per orchestra, Altenberg lieder e Lulu suite), diretto sempre dal medesimo, era un originale tedesco. E potrei continuare con altri esempi, ma rischio di tediarvi, per cui vi invito sempre a verificare per bene, prima di procedere a qualsivoglia acquisto (continua).