sabato 30 aprile 2011

Le relazioni pericolose.

Il titolo si riferisce all'omonimo romanzo di Pierre Francois Armand Choderlos de Laclos, da cui il drammaturgo Heiner Muller trasse nel 1981, liberamente ispirandovisi, un lavoro teatrale oggetto della nuova opera di Luca Francesconi, "Quartett", andata in scena alla Scala di Milano martedì 26 aprile in prima assoluta e radiotrasmessa in diretta. Anche qui l'impressione complessiva del solo ascolto radiofonico è stata più che notevole, nonostante la cerebralità del libretto, caratterizzato da atmosfere ora claustrofobiche, ora oniriche e un linguaggio musicale più ostico e meno immediato rispetto al lavoro di Bolcom, ma che proprio per questo motivo, aveva il grande merito di rifuggire dalle soluzioni più ovvie e scontate, tenendosi saggiamente alla larga dai criteri del facile ascolto pur di accattivarsi il pubblico, contrariamente a quanto hanno fatto sia Lorenzo Ferrero col suo dimenticabile "Risorgimento!" che Daniel Catàn col suo ancor più stantio "Il postino", tanto per citare i 2 esempi più recenti in cui mi sia imbattuto in radio. Per fortuna, stavolta anche in terra nostrana si è avuta una prima assoluta degna di tal nome, se solo capitasse più spesso! Peccato solo che il lavoro articolato in un atto unico e suddiviso in 13 scene, sia persino troppo breve, per complessivi 81 minuti circa di musica. Chissà che il fatto di essere stato commissionato congiuntamente dalla Scala e dalle Wiener Festwochen, oltrechè di non essere minimamente legato ad alcuna ricorrenza patriottarda, non abbia influito positivamente sull'esito complessivo. Lo stile di questo lavoro di Francesconi (classe 1964) mi ricorda sotto un certo aspetto quello di Luigi Nono nel suo periodo centrale, ossia quello dell'impegno politico e civile ( che secondo me è stato quello più fecondo e migliore), ovvero l'alternanza di momenti parossistici di estrema violenza fonica ad altri di altrettanto estrema dolcezza rarefatta, per il resto essendo 2 stili completamente differenti. Questo lavoro usufruiva per la sua particolare conformazione di una suggestiva spazializzazione informatica del suono a cura dell'Ircam, poichè in buca era presente un complesso da camera e sul palcoscenico c'erano solo 2 cantanti, mentre in sala prove era presente un'orchestra al gran completo con altri 2 cantanti il cui suono veniva mediato e diffuso dall'apparato informatico dell'Ircam, il che richiedeva la presenza di 2 direttori d'orchestra ciascuno alla conduzione del proprio complesso strumentale; questo tanto per dare una vaga idea della complessità dei piani sonori su cui si articolava la trama musicale. L'opera è stata data in lingua inglese e l'autore ne ha motivato la scelta dicendo che l'inglese, in quanto lingua neutra diffusa in tutto il mondo, ossia una "lingua da aeroporto", a differenza dell'italiano e del tedesco, non evoca nell'ascoltatore stilemi operistici predeterminati, concedendo più libertà espressiva al compositore; personalmente mi chiedo se, in tale scelta non abbia influito anche il fatto che quest'opera non sia destinata anche a una ribalta internazionale. La regia dello spettacolo era di uno degli esponenti del gruppo catalano La Fura de Baus e anche stavolta il numeroso pubblico ha risposto più che positivamente con applausi calorosi al termine del lavoro. Per ovvi motivi non mi posso pronunciare sulla parte visiva di questo come dell'altro spettacolo di cui ho parlato in precedenza, ma da quel che ho letto e sentito, direi che in ambedue i casi doveva senz'altro essere quantomeno all'altezza della situazione, il che non è affatto poco! Anche col lavoro di Francesconi si conferma ulteriormente il fatto che di fronte a una proposta valida, persino in un paese retrogrado come il nostro, le paure del pubblico rispetto al contemporaneo talvolta svaniscono per fortuna! Dimenticavo di aggiungere che sia la resa esecutiva di tutti gli interpreti, che la regia sonora sottesa a simile architettura musicale, sono risultate anche in radio impeccabili e suggestive, a riprova ulteriore che uscire dai sentieri più ribattuti fa bene anche agli stessi artisti coinvolti nell'impresa! Ma il discorso sul teatro lirico contemporaneo è destinato a continuare all'infinito. Alla prossima occasione!