sabato 5 ottobre 2013

Percussioni gloriose.

Sofia Gubaidulina fa parte di quella schiera di compositori aventi la rimarchevole capacità di mantenere una forte immediatezza espressiva, pur senza rinunciare alla complessità del linguaggio, nè tantomeno d'indulgere in ruffianerie alla maniera di un Giovanni Allevi, tanto per fare un nome a caso, sa coniugare a meraviglia ricerca ed espressività, la sua musica insomma è di quelle che parlano al pubblico, che non si perdono in masturbazioni narcisistiche sterili ed autoreferenziali, come gran parte delle composizioni di un Sciarrino o dell'ultimo Nono. Se ne è avuta l'ennesima dimostrazione nel concerto radiotrasmesso iersera, nell'ambito della Biennale Musica di Venezia, dove si è avuta la prima italiana di una sua composizione, "Glorious percussions", per percussioni e orchestra, originariamente commissionatela dall'orchestra sinfonica di Goeteborg diretta da Gustavo Dudamel, sorta di lungo poema di grande intensità drammatica, qui eseguito da Les Percussions de Strasbourg accompagnate dall'orchestra de La Fenice ben diretta da John Axelrod. Trovo quindi alquanto eccessivi i rilievi fatti da Mario Messinis durante l'intervallo, con osservazioni un po' troppo da musicologo supercilioso, pur parzialmente condivisibili, riguardo al fatto che la ricerca timbrica della Gubaidulina emerga meglio nelle sue composizioni da camera, mi sembra che questi soloni della musicologia abbiano sempre un po' troppa puzza sotto al naso, riguardo alle musiche che riescono a mantenere una evidente pregnanza espressiva, tanto più essendo cascato in una clamorosa svista, quando ha affermato che questa composizione le era stata commissionata dall'orchestra di Chicago diretta da Solti, tra l'altro defunto diversi anni fa, sottintendendo che sia scesa a qualche compromesso per accontentare tali committenti ed accusando la composizione di qualche squilibrio formale, confondendola decisamente con la terza sinfonia di Lutoslavski, quella sì commissionata da Solti e dal complesso di Chicago, nei primi anni '80, brano costituente la seconda parte del concerto veneziano, ben diretto anch'esso ma eseguito dall'orchestra de La Fenice, con qualche debolezza e smagliatura soprattutto nella sezione degli ottoni. Quel che mi sembra evidente che, comunque, il lavoro della Gubaidulina non sfigurava affatto con quello di Lutoslavski, caratterizzato da sezioni di alea controllata pur nell'ambito di una salda tenuta formale, anzi ne evidenziava il tratto comune di saper parlare al pubblico, come ho già detto, pur adottando un linguaggio complesso e non facile, per cui direi che il premio conferito, poco prima dell'inizio del concerto, alla compositrice russa, sia ben meritato, una volta tanto. Purtroppo per parecchi versi deprimenti i ricordi dello stesso Messinis riguardo alle edizioni passate della Biennale Musica, con particolare riferimento alla cosiddetta 'Biennale del dissenso' avutasi nei primi anni '70, dai quali si aveva l'ennesima conferma di quanto la sporca politica nostrana, abbia sempre esercitato il suo nefasto influsso nell'andamento delle manifestazioni culturali in genere, fin dal tempo dei tempi, nel nostro sciaguratissimo paese e che, per entrare nella cerchia degli addetti ai lavori, la condizione principale sia quella di possedere una dannatissima tessera di partito, il chè significa ovviamente che tutti i nostri 'illustri' critici e musicologi, compreso lo stesso Messinis, per poter esercitare il loro mestiere, si son dovuti svendere a qualche carrozzone politico. Per carità, è la scoperta dell'acqua calda, è tutto nella norma, però che tristezza! Aveva ragione quel lettore che, scrivendo al 'Carlino' una quarantina di anni fa, affermò che mentre ai tempi di Mussolini, per lavorare, occorreva la tessera del 'Fascio', adesso, in democrazia, per lavorare, ti necessita un 'Fascio' di tessere! Sacrosante parole! - P.S.: la rivoluzione è diventata come il sesso, ovvero se ne parla tantissimo, anche troppo, pur di non metterla mai in pratica, anzi semmai lo scopo effettivo, è quello di svuotarla completamente di significato, non vi sembra?