martedì 14 giugno 2011

Analogie.

L'approssimarsi di sabato 18 giugno, giorno in cui al Museo Internazionale e Biblioteca della Musica, sito in Palazzo Sanguinetti, strada Maggiore 34, a Bologna, prenderà il via la rassegna "VinileFuturoAnteriore", mi offre il destro per alcune riflessioni sull'eterna diatriba fra suono analogico e suono digitale, anche se, a voler essere pignoli, il suono digitale in senso letterale, non esiste affatto, per la semplice ragione che, in natura, i suoni che vengono emessi sono caratterizzati da una forma d'onda analogica, che per essere registrati da apparecchiature digitali (anche se linguisticamente sarebbe più esatto usare l'aggettivo numerico, o forse meglio ancora numerale, poichè in questo caso digitale è in realtà un inglesismo da supermercato, essendo derivato dalla parola inglese digit, cioè cifra, mentre nella nostra lingua la parola digitale come sostantivo ha il significato di fiore, o veleno e come aggettivo si riferisce alle dita della mano - per esempio, il tocco digitale di un pianista, ecc.), necessitano di un dispositivo, detto convertitore, che muta per l'appunto il segnale analogico in ingresso, in un segnale digitale in uscita, che viene successivamente trattato dalle apparecchiature di registrazione, dopodichè necessita di una seconda riconversione che ritrasformi il segnale digitale in ingresso, in un segnale analogico in uscita, per l'altrettanto semplice ragione che, le nostre obsolete e dispettosissime orecchie, si ostinano a voler udire i suoni unicamente in formato analogico, che ci volete fare ragazzi! Ma per comodità di convenzione è ovviamente più semplice parlare di suono analogico e suono digitale. C'è da aggiungere un'altra considerazione: che il supporto che normalmente viene usato come riferimento per l'audio analogico, quello che ai miei tempi si chiamava semplicemente disco, o 33 giri, o LP (Long Playing, ovvero lunga durata) e che adesso viene pomposamente chiamato vinile dagli spocchiosi, non sarebbe affatto, secondo gli esperti, il non plus ultra in tale ambito, essendo in realtà una pallidissima copia del supporto analogico per antonomasia, ovvero il nastro magnetico in bobina. Personalmente, non essendomi imbattuto in alcun registratore a bobina, per via del suo alto costo e della sua scarsa reperibilità (mi riferisco ovviamente ai modelli pensati per l'alta fedeltà e non certo al famoso, all'epoca, "Gelosino"), non ne ho esperienza diretta, ma, in casa, possiedo qualcosa che, quantomeno, ci si avvicina molto, ossia il videoregistratore Vhs Hi-Fi, che se usato soprattutto in modalità solo audio, per esempio volendovi registrare una trasmissione radiofonica, ha una qualità sonora eccellente, poichè in questo caso, registrando il solo segnale audio, tutti i difetti normalmente attribuibili all'audio delle videocassette, a cominciare dai frequenti rumori impulsivi, spariscono del tutto, con una grande silenziosità e pulizia e con un drastico miglioramento di tutti i parametri sonori, anche usando videocassette economicissime, che rendono la registrazione praticamente indistinguibile dall'emissione originale, peccato solo per la scarsa praticità e deteriorabilità nel tempo del supporto. Insomma, se usato in questa modalità, il videoregistratore Vhs Hi-Fi, avrebbe una qualità sonora vicinissima a quella di un registratore a bobine professionale, come mi ha anche confermato un mio amico ex disc-jockey e tecnico del suono. Infatti ogni volta che ho effettuato registrazioni dalla radio con questo sistema, il risultato era sempre notevolissimo dal punto di vista della qualità sonora, in questo caso lo posso proprio confermare personalmente. Il disco o vinile che dir si voglia, resta comunque il supporto analogico più diffuso e abbordabile e anche questo ha senz'altro contribuito a farne un riferimento in ambito analogico. Ciò non toglie che talvolta venga troppo mitizzato. Il sottoscritto, possedendo sia il vinile che il cd, lo ha constatato personalmente. Di per sè l'audio analogico rispetto a quello digitale (o meglio trattato digitalmente) ha una maggiore rotondità musicale, che si traduce in una minore fatica d'ascolto, delle basse frequenze più articolate ma meno profonde e potenti, degli acuti più morbidi con una migliore riproduzione degli armonici, ma con una gamma dinamica leggermente inferiore e un'immagine sonora leggermente superiore, questo almeno in teoria. L'audio digitale ha una maggiore rigidità armonica, che si traduce in una fatica d'ascolto più pronunciata, delle basse frequenze più profonde e potenti ma meno articolate, degli acuti tendenzialmente più taglienti, ma una gamma dinamica superiore e un'immagine sonora di poco inferiore, sempre in teoria. Questi, molto in sintesi, i pregi e i limiti di ambedue i sistemi; in effetti l'ideale sarebbe avere un sistema con i pregi di ambedue senza averne i difetti, ovvio, cosa che si è tentata con l'SACD e il DVD-AUDIO, senza successo, che si sta ritentando anche con il BD-AUDIO (vedremo poi come andrà a finire anche stavolta). Mi sia consentito di aggiungere una considerazione personale: secondo me il digitale ha una maggiore capacità di contenimento fisico di opere musicali per vasto organico, tipo la sinfonia n.8, ovvero la cosiddetta sinfonia dei mille, di Gustav Mahler, rispetto all'analogico che in questi casi viene messo alle corde, almeno questa è la mia impressione uditiva. Tornando al vinile, purtroppo quest'ultimo, stante la qualità di stampa spesso scadente, ha dei difetti che ne minano parecchio le potenzialità sonore, a cominciare da rumori impulsivi, fruscii, soffi, crepitii, ondulazioni, eccentricità, distorsioni da tracciamento, spesso, nel caso della musica classica, caratterizzata da dislivelli sonori più pronunciati rispetto agli altri generi musicali, i passaggi in pianissimo risultando sommersi dal rumore di fondo, mentre i fortissimo sono funestati dalla distorsione. Il supporto digitale ha un altro vantaggio rispetto al vinile, quello di avere un minutaggio ben più ampio rispetto a quest'ultimo (il massimo minutaggio di una facciata di vinile è stato di circa 45 minuti, ma a prezzo di notevoli compromessi qualitativi, per varie ragioni tecniche) che consente l'ascolto ininterrotto, o con un minor numero di cambi di facciate, di opere musicali di ampio respiro, a tutto vantaggio della continuità musicale. Certo, con le cosiddette stampe speciali, i difetti di rumorosità del vinile si attenuano pur non sparendo completamente, ma c'è da rilevare che questi dischi particolari, costano spesso un bel pò, per non dire proprio troppo. Ragioni di tempo mi inducono a sospendere momentaneamente questo discorso che intendo riprendere quanto prima.

Radiotre fa senso.

Ovvero fa proprio schifo! Nel senso che, sabato 11 giugno alle ore 20, doveva esserci la messa in onda in differita, dell'opera in un prologo e 3 atti "Senso" di Marco Tutino, tratta dall'omonimo romanzo di Camillo Boito e commissionata dal Teatro Massimo di Palermo, sempre in virtù della ricorrenza del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, preceduta da una breve intervista telefonica in diretta al compositore medesimo. Senonchè, dopo avere trasmesso il prologo seguito dal 1° atto dell'opera, il conduttore di Radiotre, Guido Zaccagnini, annuncia che, per non meglio specificati motivi tecnici, i restanti 2 atti non sarebbero stati trasmessi, sostituiti quindi dalla trasmissione di un concerto pianistico lisztiano con Daniel Barenboim, registrato qualche mese fa dal Teatro alla Scala di Milano, scusandosi di tutto ciò, oltre che coi radioascoltatori, anche con Tutino medesimo (e ci mancherebbe proprio!), rinviando la riproposta dell'intera opera a data da destinarsi. Potete immaginarvi le bestemmie e le imprecazioni del sottoscritto, che aveva programmato il proprio apparecchio per la registrazione di tutto ciò, che una volta ritornato a casa, si è ritrovato con questa bella sorpresa! Tanto più che a giudicare dall'ascolto del prologo e del 1° atto, il lavoro prometteva bene, a mio modesto parere! Speriamo quindi che, per la riproposta dell'intera opera, non ci facciano aspettare le calende greche, o peggio ancora, non la cancellino definitivamente, poichè dai soloni di Radiotre ci si può aspettare veramente di tutto! Comincio anzi a pensare che il titolo "Senso" porti anche iella, stante che, l'estate scorsa, in Piazza Maggiore, qui a Bologna, durante la consueta rassegna dedicata al cinema ritrovato, ossia ai vecchi film restaurati, la sera in cui era in corso la proiezione del film "Senso" di Luchino Visconti, tratto ovviamente dal medesimo soggetto, la pellicola si bloccò ben 3 volte, facendo stare il pubblico per altrettante col fiato in sospeso, inoltre la 3° volta, la pellicola ripartì da una sequenza successiva rispetto a quella in cui si era verificata l'interruzione. Per giunta, l'opera di Tutino, che avrebbe dovuto avere la prima assoluta il 14 gennaio scorso, venne rinviata al 28 dello stesso mese, a causa dello sciopero delle maestranze del teatro, proclamato per protestare contro il decreto che prevedeva i tagli al Fondo Unico per lo Spettacolo (in effetti la data del 20 gennaio dichiarata dal conduttore di Radiotresuite per la registrazione dell'opera, non mi torna, ma può essere che la mia memoria m'inganni). Quando, finalmente, le rappresentazioni dell'opera hanno avuto corso, ciascuna di esse era sempre e comunque preceduta da qualche comunicato sindacale, in un'atmosfera che rimaneva tesa in ogni caso. Sarà una coincidenza, ma ricordo che, proprio in quel periodo intravidi Marco Tutino al tavolo del bar di una nota libreria del centro storico di Bologna, in compagnia di una ragazza dai tratti orientali, notando che, quella sera, il compositore sembrava avere un'espressione affranta sul volto, tenuto anche conto che, nel settembre dell'anno scorso si era dovuto dimettere dalla carica di sovrintendente del Teatro Comunale di Bologna, fra mille polemiche. Adesso, come ciliegina sulla torta, ci aggiungiamo lo scherzetto fattogli da Radiotre sabato scorso, con la mancata trasmissione integrale della sua nuova opera e a questo punto ci sarebbe solo da fare gli scongiuri! Peccato, perchè intendevo riportarne le mie personali impressioni in questa sede, sinteticamente, poichè essendone già state recensite le rappresentazioni sulle principali riviste specializzate nel frattempo, non era comunque il caso di dilungarsi eccessivamente, proprio per non cadere nel rischio del risaputo. Ma, per fortuna, i grandi mascalzoni di Radiotre, mi hanno brillantemente risolto il problema, per cui rimando il tutto a un'eventuale ritrasmissione completa dell'opera (almeno si spera). Viva la Rai!