Disquizioni intorno alla musica colta, con particolare riferimento alla realtà contemporanea.
giovedì 18 aprile 2013
Qualche altra considerazione sul collezionismo vinilico.
Proprio oggi ho acquistato in edicola il sesto numero di "Classica in vinile" della De Agostini, rilevando subito il fatto che la copertina del disco sembra clonata direttamente da una copertina originale d'epoca, con i tipici segni di usura sui bordi, viste certe piccole imperfezioni grafiche, che ho già rilevato un refuso nel fascicolo allegato e che le etichette del disco sono un pò troppo grossolane, cosa che sembrerebbe tradire una certa frettolosità e trascuratezza di realizzazione. Inoltre, anche questa volta, i dati inerenti la registrazione, sono nuovamente troppo scarni, come da inveterata "tradizione", ahimè! Ovviamente ne riferirò in dettaglio prossimamente, però non posso esimermi dal rinnovare il mio invito ai responsabili editoriali, di non incorrere mai più in simili grossolanità, facilmente evitabili con un minimo di attenzione. Avendo appena navigato nel sito di "AS-Extra", nonostante gli errori di visualizzazione di Windows, ho notato con piacere che, nell'elenco delle prime 25 uscite, ci sono ancora i titoli Decca, anche se con un diverso ordine, per cui speriamo bene che le sorprese siano terminate! A proposito sempre della collana De Agostini, mi chiedo come mai, i 3 portadischi compresi nell'offerta riservata a coloro che ordinano la collana per posta, abbiano ciascuno una capacità dichiarata di 16 dischi, quando i titoli della collana sono 50. Visto che, se la matematica non è un'opinione 16x3=48, gli altri 2 dischi dove li si dovrebbe collocare? Oddio, non in quel posto, non siate volgari, per favore, eh! Tornando ai dischi in vinile che si trovano nell'ambito dell'usato, vi ho già parlato dei famigerati Joker/Saar, dimenticandovi di dire che, oltre ad aumentare di prezzo, nel corso degli anni, arrivando se non sbaglio a costare anche 2500 lire nei negozi, la qualità del loro stampaggio, se possibile divenne ancora più scadente, a riprova che al peggio non c'è mai fine, per cui quelli con l'etichetta gialla sono ancora più schifosi di quelli con l'etichetta scura. Inizialmente, nonostante l'aria pretenziosa, la veste editoriale di questi dischi era ovviamente in linea con l'effettiva qualità intrinseca del prodotto, essendo totalmente priva di qualsiasi cosa che assomigliasse anche lontanamente a delle note di copertina, impossibile avere poi la più pallida idea di quale fosse l'epoca effettiva delle incisioni proposte; sul retrocopertina era presente soltanto un elenco degli altri titoli disponibili nella collana, dapprincipio anche illustrato. In seguito, le cose cambiarono di poco,con la saltuaria comparsa di note di copertina che il più delle volte erano in lingua straniera anzichè in italiano. Per quanto concerne i vecchi Rca italiani, sbiadita copia in genere degli originali americani, rispetto a questi ultimi erano peggiori anche a livello di grafica, sia per ciò che concerne le copertine, che le etichette sul disco, decisamente più spartane rispetto a quelle coeve statunitensi, spesso piuttosto belle esteticamente. Sono dischi da prendere in considerazione soltanto se si è più interessati al lato interpretativo, stante la bontà intrinseca del catalogo, che a quello della qualità sonora, da comprare solo se il loro prezzo non supera i 5 euro, almeno secondo la mia modesta opinione, anche se c'è chi ha provato a venderli al doppio, con scarso successo, almeno per quello che ho potuto constatare. Conosco non più di 2 o 3 eccezioni alla regola, ovvero titoli nostrani con qualche particolarità che li renderebbe un pò più appetibili, anche se comunque non a livello eclatante, ma guarda caso, fino adesso, non mi ci sono mai imbattuto. Discorso simile anche per gli Emi italiani...
Classica in vinile 5ter.
(Segue) Ricordo che il disco in esame comprende musiche di Mussorgski (Quadri di un'esposizione; estratti dalla "Kovanchina"), eseguiti dall'orchestra sinfonica di Minneapolis diretta da Dorati, ed è stato inciso originariamente per la Mercury. Veniamo finalmente al lato interpretativo del titolo in questione: secondo me, il suo limite è simile a quello che avevo già rilevato in precedenza, riguardo alla "Symphonie fantastique" di Berlioz, diretta da Paray sempre per la Mercury. Ovvero che se l'essere aliena da effettismi di qualsivoglia natura, la mette al riparo da volgari sottolineature spettacolari fini a sè stesse, dall'altro lato ha, come contropartita, una certa perdita d'incisività e personalità che la rendano comunque identificabile fra tutte le altre, associata a tratti a un'eccessiva sbrigatività prossima a una frettolosa superficialità, in aggiunta a degli oggettivi limiti tecnici dell'orchestra, con legni forse un pò troppo nasaleggianti e un'intonazione incostante e degli ottoni un pò debolucci, soprattutto nel quadro n.8a, Catacombae, ed anche nella parte finale del n.10 La grande porta di Kiev. Più convincenti i 2 estratti dalla Kovanchina, anche se pure qui l'oboe, soprattutto nel preludio, ha un'intonazione precaria e l'esecuzione della danza delle schiave persiane è meno convincente di quella che, parecchi anni dopo, la stessa orchestra in forma assai migliore e con la dicitura attuale di 'Minnesota Orchestra', inciderà col direttore Eijii Oue, per l'etichetta Reference Recordings. Insomma si tratta, nel complesso di letture senz'altro attendibili e di buon livello, viziate però da un eccesso di ritegno, quindi non certamente di riferimento, all'interno di una discografia vastissima. Concordo con quanto affermato all'interno del fascicolo d'accompagnamento, riguardo all'interpretazione datane da Arturo Toscanini e della qualità sorprendentemente buona per l'epoca di questa registrazione monofonica del 1953, con l'unica avvertenza che, il direttore parmense, si concede un piccolo arbitrio, rispetto all'orchestrazione di Ravel, ovvero l'aggiunta di suo pugno di una rullata di timpani verso la fine de La grande porta di Kiev. Contrariamente ai luoghi comuni, simile arbitrio rispetto alla fedeltà della lettera della partitura, non è affatto l'unico che il maestro si concesse, qualcosa di simile lo fece anche nella parte finale dell'ultimo movimento della prima sinfonia di Brahms, per tacere di alcuni piccoli cambiamenti nei tre poemi sinfonici 'romani' di Respighi e di arbitrii ben più rilevanti che, ahimè, si permise nel Manfred di Ciaikovski, solo per fare alcuni esempi. Tornando al nostro disco, note ben più liete, vengono dalla qualità sonora dell'incisione, decisamente ottima, per l'epoca. Non per niente Stefano Rama, nel suo libro da me ripetutamente citato, gli assegna un punteggio complessivo di 90/100. In buona parte concordo con quanto affermato nel fascicolo interno, in effetti la dinamica è buona, i bassi hanno una discreta estensione, l'immagine è quella tipica della casa discografica ovvero un pò ravvicinata e non profondissima e l'acustica un pò secca, con qualche limite nell'estremo acuto. Il master è un pò rumoroso e disturbato, tra l'altro, a tratti, sono chiaramente udibili alcuni incitamenti del direttore all'orchestra, soprattutto uno verso la fine dell'ultimo quadro. La qualità complessiva della stampa è accettabile, anche se non impeccabile, almeno nella mia copia, un pò rumorosa, crepitante e frusciante a tratti. La ripresa sonora venne effettuata con l'impiego di 3 microfoni valvolari Telefunken M201. In effetti, a proposito delle catene di registrazione valvolari, in uso all'epoca, ho sempre notato in tutte le registrazioni del periodo, una certa eufonicità, ossia colorazione timbrica, che tende ad arrotondare, a smussare, a rendere ancora più dolciastra e nasaleggiante di quanto non sia in natura, la timbrica di certe famiglie di strumenti, in particolare legni ed ottoni, cosa che ovviamente non riscontro nelle riprese effettuate con catene di registrazione transistorizzate, che per certi versi sembrerebbero in grado di restituire un quadro sonoro più veritiero dell'evento originale,con buona pace degli estimatori ad oltranza dei tubi elettronici, tendenti forse a delle sonorità eccessivamente zuccherose. Il discorso resta aperto...
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