Disquizioni intorno alla musica colta, con particolare riferimento alla realtà contemporanea.
mercoledì 28 settembre 2011
Ritorni di fiamma.
Circa 3 settimane fa mi sono sentito improvvisamente ringiovanire: dopo una trentina di anni almeno, ho rivisto il vinile in edicola! Quasi non credevo ai miei occhi! Anche se, a pensarci bene, i presupposti non mancavano, visto il risveglio di interesse nei confronti di questo supporto e di tutto quanto gli faccia da contorno, in barba a coloro che, imprudentemente, ne decretarono la morte prematura. Mi riferisco, per chi non lo sapesse, a quella collana di ristampe speciali di titoli importanti di musica jazz della De Agostini, attualmente giunta al secondo numero e composta da un totale di 40 uscite; non mi meraviglierei se la faccenda venisse estesa in futuro ad altri generi musicali. Essendo, come prassi usuale in questi casi, il primo numero in vendita ad un prezzo molto invogliante, pur non essendo il jazz il mio genere musicale di elezione, ho acquistato la mia copia di "A kind of blues" di Miles Davis. Il giudizio complessivo su questo primo numero è senz'altro positivo nel suo insieme, la qualità di stampa del disco così come la qualità della registrazione sono senz'altro più che buone, il fascicoletto allegato mi sembra sufficientemente ben fatto, però da pignolo qual sono non posso non rilevare qualche aspetto migliorabile. Riguardo alle caratteristiche dello stampaggio del disco ci si limita a dichiarare genericamente l'utilizzo di vinile vergine da 180 grammi, senza però specificare in quale stabilimento di produzione vengano fabbricati questi supporti, sull'etichetta del disco ho rilevato soltanto una generica indicazione "Made in EU" che starebbe a significare una produzione europea, per contro sull'involucro esterno della pubblicazione, ho rilevato la dicitura "Made in China", per cui va a capire come stanno le cose! Ancora più grave, nulla in pratica viene detto riguardo ai criteri seguiti per le rimasterizzazioni, alle apparecchiature impiegate, ai tecnici responsabili, ai luoghi dove sono avvenute, limitandosi a dichiarare troppo genericamente che, ove possibile, si è fatto ricorso ai nastri originali! E cosa si vorrebbe intendere con l'espressione "ove possibile"? Sappiate che diverse delle ristampe in vinile reperibili negli esercizi commerciali, sono in realtà tratte dagli stessi master digitali usati per realizzare i compact disc! Sperando che questo non sia il caso, certe reticenze suonano quanto meno sospette! Nel fascicolo di accompagnamento pur venendo date diverse notizie riguardo le sessioni di registrazione, come data, luogo, produttore, tecnico del suono, nulla viene detto riguardo le apparecchiature e i microfoni impiegati. Insomma, a costo di risultare pedante, ribadisco il concetto che quando si decide di immettere in un settore già saturo, una pubblicazione di questo genere, o la si cura veramente come si deve, altrimenti se ne svilisce in partenza il valore editoriale e culturale. Effettivamente uno dei lati negativi di questo ritorno di fiamma nei confronti del cosiddetto vinile, è averlo reso un oggetto di moda, di culto, aprendo la strada a pressapochismi, ciarlatanerie, cialtronaggini e speculazioni varie, che hanno come effetto collaterale quello di mitizzare eccessivamente questo supporto, glissando troppo facilmente sui suoi limiti e difetti intrinseci, pur non volendone negare le indubbie qualità, poichè essendoci praticamente cresciuto con questo supporto, c'è anche da considerare un certo valore affettivo e nostalgico (non per niente attualmente posseggo 5 giradischi e diverse testine e accessori per la cura e la manutenzione di supporti e apparecchi), ma questo non mi impedisce di essere estremamente critico nei suoi confronti, così come lo sono nei confronti dei supporti digitali, beninteso. Tra i lati positivi di questo riaccendersi d'interesse, vi è l'aumentata disponibilità di giradischi, testine e accessori, tra l'altro pensati persino per le lacche a 78 giri, che rendono le cose più facili (quattrini permettendo!) a chi come il sottoscritto, intende continuare a godere della propria, cospicua collezione, oltre che di periodiche acquisizioni anche nell'ambito dell'usato. Certo che, se penso ai tempi della mia giovinezza, quando i dischi reperibili in edicola avevano generalmente una qualità che variava dal mediocre al pessimo disastroso, pur costando poco (qualcuno si ricorda ancora di quei dischi del diametro di 25 centimetri?), la differenza qualitativa con l'attuale collana immessa dalla De Agostini è enorme, ma anche il prezzo di vendita cresce in proporzione, ovviamente. Tirando le somme, molte luci con qualche ombra. Comunque il discorso sulla diatriba fra digitale e analogico sicuramente non si conclude qui e anzi invito gli eventuali lettori a inviarmi le loro riflessioni e opinioni al proposito. Alla prossima occasione!
Iscriviti a:
Post (Atom)