sabato 29 novembre 2014

Bufale.

La sinestesia, questa sconosciuta. Sto conducendo una sorta di piccola inchiesta, chiedendo a tutti i musicisti che incontro, se sono dotati di sinestesia. Niun tema, non trattasi affatto di stramba malattia o malformazione, soltanto di una caratteristica, ovvero una particolare predisposizione mentale, che porterebbe il soggetto che ne sia dotato, ad associare automaticamente un dato suono ad un certo colore, insomma a 'visualizzare' nel suo cervello, una sequela di colori, durante l'ascolto di qualsivoglia brano musicale. C'è stato un periodo che, sui mass-media, se ne parlava abbastanza di frequente, tant'è che persino musicisti famosi la decantavano persino come la conditio sine qua non, per potersi addentrare in pieno nei meandri dell'arte musicale, per cui se non ne eri dotato, ti veniva persino il dubbio di essere una sorta di menomato, al quale fossero perciò precluse in partenza le porte che ti spalancassero la piena comprensione dell'universo musicale. Tutto ciò è anche frutto di quell'odiosissimo, tipico atteggiamento da sommi sacerdoti officianti un rito esclusivo, depositari unici di chissà quali presunti segreti, tipico di molti musicisti di professione, per montarsi la testa dandosi un'aura di presunta divinità, atteggiandosi da iniziati, per far sentire noi comuni mortali, in condizioni psicologiche d'inferiorità, cercando di farci credere che senza la loro imprescindibile intercessione, da soli non saremmo in grado di capirne un'acca; è il solito atteggiamento spocchiosamente elitario, dannosissimo alla corretta divulgazione del verbo musicale, poichè mira ad intimidire e ad inibire anche persone altrimenti potenzialmente interessabili. Il sospetto che fosse una cosa gonfiata ad arte, buona soprattutto per coloro che vogliono gettare fumo negli occhi, ce l'ho sempre avuto, peraltro. Infatti, quello che mi diverte, è la constatazione che, a tutti coloro ai quali ho rivolto questa domanda, la faccenda risultasse totalmente sconosciuta, per non dire che cascavano letteralmente dalle nuvole, al massimo mi dicevano che i suoni gli suscitavano immagini indistinte a livello di psiche (esattamente quel che succede anche a me) e nient'altro, meno che mai colori precisi. Personalmente ricordo, parecchi anni fa, di aver sentito in televisione, un noto pianista italiano, credo fosse Michele Campanella ma potrei anche sbagliarmi, dichiarare di averla posseduta da giovane, avendola però progressivamente persa con l'avanzare dell'età. Per contro, la sopravvalutatissima pianista francese Helène Grimaud, dichiara di avercela, ma guarda caso! E' pur vero che, nel corso della storia della musica, si sono avuti dei tentativi di associare ai suoni determinati colori (così come si sono sempre più di frequente usate espressioni verbali riferibili al 'colore strumentale/orchestrale'), pensiamo innanzitutto al compositore russo Alexander Scriabin (1872-1915) e al suo "Promethée, le poém du feu", op.60, per pianoforte, organo, coro misto e grande orchestra, del 1911. In realtà, negli intendimenti del compositore, il pianoforte da impiegare, sarebbe dovuto essere di una tipologia particolare, tutta da inventare sul momento, precisamente un "clavier à lumiére" secondo la definizione dello stesso, associante a ciascun tasto dello strumento, una luce elettrica colorata (per la nota Do, il rosso; per il Re, il giallo; per il Sol, l'arancione; e via di questo passo). Soltanto che la limitatissima tecnologia disponibile all'epoca, naturalmente, non consentì affatto la concretizzazione di questo ambizioso assunto, così come tentativi successivi, diedero esiti altrettanto fallimentari. Ci si è riprovato anche in epoca più recente, ma con effetti di luce che sembravano scimmiottare maldestramente quelli di una discoteca, per cui, generalmente, in sede di esecuzione concertistica, viene impiegato un normalissimo e 'banalissimo' pianoforte. Comunque sia, Scriabin era decisamente un recidivo, se si pensa che, nell'appena abbozzato "Mysterium", intendeva fondere suoni, luci, colori e financo odori (successivamente questo "Mysterium" sarà rielaborato da un certo Alexander Nemrovich-Danchenko, che lo trasformerà in un 'normalissimo' oratorio in 3 parti, per soli, coro ed orchestra, ne esisteva anche un'incisione Decca, diretta da Ashkenazy). Dopo Scriabin, tra gli altri, c'è da segnalare anche il compositore britannico Sir Arthur Bliss (1891-1975), con la sua "A colour symphony" per orchestra, composta fra il 1921 ed il '22, per il "Three Choirs Festival" di Gloucester, bellissimo lavoro, senz'altro fra i suoi più noti e maggiormente riusciti, i cui 4 movimenti sono 'dedicati' ad altrettanti colori (Purple: andante moderato/Red: allegro vivace/Blue: gently flowing - scorrendo con delicatezza -/Green: moderato). Mi viene in mente anche il francese Olivier Messiaen (1908-1992), con il suo "Couleurs de la cité céleste", per orchestra, però, a questo punto, ad essere proprio sinceri, devo candidamente confessare che, per quanto apprezzi moltissimo queste musiche, il mio 'stupidissimo' cervello, è totalmente incapace di associarle mentalmente a dei colori precisi, durante il loro ascolto, non ci posso proprio fare un bel niente! Gli unici brani che evochino nella mia mente delle vaghe associazioni coloristiche sono la 5^ sinfonia di Ralph Vaughan-Williams, che mi fa pensare alle sfumature ora bronzee, ora dorate, di uno splendido tramonto di fine estate, ed il "Mattutino", primo movimento del "Concerto dell'estate" di Ildebrando Pizzetti, che, prescindendo dal titolo, mi fa pensare, a tratti, al chiarore bianchiccio di un'alba ferragostana (forse potrei anche aggiungervi la 4^ sinfonia di Jan Sibelius -1865/1957- che in effetti mi suscita una serie di sfumature di grigio, nulla a che vedere naturalmente con la famigerata saga erotico-libraria, ma probabilmente sto delirando!), per il resto, nebbia fittissima. La qual cosa mi fa pensare che in tutto ciò, ci possa essere anche una componente fortemente soggettiva, frutto di suggestioni personali (o magari di essersi imprudentemente abbuffati con della bagna cauda o peperonata all'ora di cena). A questo punto, vorrei tanto che si conducesse un serio esperimento, nel quale si radunasse un campione formato da un certo numero di questi individui che si dichiarano 'sinestetici', li si isolasse singolarmente dentro cabine completamente insonorizzate con indosso una cuffia, facendogli ascoltare in contemporanea la medesima miscellanea di brani musicali, chiedendogli di segnare su un foglio (o cliccando su uno schermo), tutta la sequenza di colori, o combinazioni di tinte, presuntamente percepita dal loro cervello, nell'arco dell'intera sessione d'ascolto, Non mi meraviglierei affatto se, in tale contesto, i risultati divergessero del tutto od in parte, da un soggetto all'altro, del campionario preso in esame. Alla fine, se ascoltando qualsivoglia brano musicale, non visualizzate alcunchè, dormite pure sonni tranquilli, non è nè obbligatorio nè tantomeno indispensabile, non siete affatto degli anormali o dei menomati, tutt'altro, potete decisamente infischiarvene di quella che è, assai probabilmente, soltanto una fantozziana "cagata pazzesca"! / Quanto alla Grimaud, ragazzetta ridicola nel suo atteggiarsi già a donna vissuta con tipici atteggiamenti da grande vestale dell'arte musicale, conciata spesso come una vecchia zitella (parrebbe addirittura che il suo 'aggraziato' sembiante venga addirittura paragonato a quello di una pulzella rinascimentale, cose dell'altro mondo!), presuntuosamente dispensanteci 'sani consigli' ed 'esperienze' di 'vita vissuta', nei suoi libercoli, purtroppo stampati anche qui in Italia, oltrechè nelle sue interviste, concesse a cani e porci, notoriamente ertasi financo a paladina ecologista a 'difesa' (???) di quei poveri disgraziati di lupi, i quali, non so fino a che punto, possano essere realmente. contenti del suo presunto interessamento. A tal proposito, ricordo una remota dichiarazione dell'esimia donzella, la quale ci riferiva che, ogni qualvolta suonava (???) il suo strumento nella sua dimora alle pendici delle montagne svizzere, uno dei lupi, (sfortunatamente) aggirantesi nei paraggi, si metteva regolarmente ad ululare, chissà perchè! Io, una certa idea sul motivo di una tale reazione, me l'ero certamente già fatta ma, ovviamente, la graziosissima figliola, non veniva minimamente sfiorata dal dubbio che, probabilmente, l'intelligente bestiola, dall'udito assai più sensibile di quello umano e perciò stesso più fragile e delicato, fosse in preda ad un grandioso e terrificante spappolamento genitale, non tollerando sacrosantemente oltre, l'essere sottoposto a sì tremendo ed ingiustificato supplizio. L'ho già dichiarato in precedenza: propongo una petizione per salvare questi poveri lupi, dalle g(rrr)infie della G(rrrrrr)imaud, sbrighiamoci a raccogliere firme in loro difesa, prima che sia troppo tardi, o lo è di già? Accidenti a lei (e a quell'altro schiacciasassi muso giallo di "Bang Bang" - se almeno fosse "Gang Bang" - sguinzagliato dal "racket del piacere della musica", in questo periodo, ad esibirsi in giro nel nostro già fin troppo agonizzante 'bel paese', sigh!)! So che, naturalmente, ha anche un suo sito internet, bisogna in tal caso che mi decida a visitarlo, per verificare fino a che punto possa avere la sfrontatezza di parlarsi addosso; penso ci siano forti probabilità di trovare 'perle di saggezza' a iosa, vista la soggetta, non me ne meraviglierei affatto; in tal caso, spero almeno di potermi fare qualche risata, sì da alleviare un poco l'atmosfera perennemente uggiosa di queste ingrigite giornate. Anni fa incontrai, in Piazza Maggiore, un bolzanino di mezz'età, contentissimo di aver assistito ad un concerto dell'illustrissima suonatrice elvetica, per la serie "il mondo è bello perchè è vario", oppure no? - P.S.: in effetti ho successivamente visitato il sito ufficiale dell'esimia suffragetta, dopo aver stilato queste facezie, ma non mi è venuto affatto da ridere, anzi l'ho trovato sommamente banale e deprimente, nei suoi toni ostentatamente agiografici, ma forse era prevedibile! / Ma 'la grande bufala Allevi', paragonata tempo addietro dallo sciroccato Rattalino, addirittura al grande Busoni (per me non sarebbe nemmeno degno di essere paragonato ai 'busoni'), veramente, che fine ha fatto? Sono veramente preoccupato per le sorti del boccoluto/moccoluto "artista" (?). Qualche accidente andato finalmente a segno? Peraltro continuo a vedere i suoi 'dischi volanti' ovvero 'da cassonetto', ancora esposti, nel seminterrato del 'Ricordi Media Store', di via Ugo Bassi; ma ci sarà ancora qualche umanoide che li compra, o stanno lì a far le ragnatele? Rammento inoltre che il suddetto si "vantava" anche di possedere, nel suo piccolo appartamento milanese, un modesto pianoforte digitale, il massimo consentitogli dall'esiguo spazio a disposizione, ma comunque motivo certo non sufficiente a giustificarne gli scadentissimi risultati, a livello artistico; inoltre, dopo che i membri (!) della giuria del concorso violinistico "Paganini" di Genova, gli avevano appositamente commissionato un brano da far eseguire al vincitore (purtroppo successivamente immortalato su disco), guardacaso detto concorso si è definitivamente affossato, o così mi pare! Ma  dopotutto, secondo una signora bolognese di mezza età, melomane frequentante l' "Orinale", o meglio, il Comunale, lui sarebbe addirittura un genio (caso mai, un geni-tale, direi io, come più volte ribadito in precedenza), così come, una volta, un giovane e valente chitarrista classico, mi disse che, secondo lui, la 'vera personalità' del talentuoso donzello era in realtà imprigionata da un sistema che lo costringeva a far cose contro la sua natura e che, prima o poi, il 'vero' Allevi (?), sarebbe finalmente emerso in tutta la sua interezza. Infatti sto ancora 'fiduciosamente attendendo' il verificarsi di un tale evento (ma campa cavallo che l'erba cresce!). Oppure, visto il periodo, ci si deve aspettare, da parte sua, qualche altra strenna natalizia dietro l'angolo? Save the children from Allevi! - P.S.: non l'avessi mai scritto, poichè, a distanza di pochi giorni da queste note, ti leggo proprio che a gennaio del prossimo anno, esce il nuovo disco del "moccoluto", a distanza di 4 anni dal precedente disco 'di platino' (gulp! Così recitava il trafiletto), per la serie: lasciate ogni speranza voi che entrate... in Italia! Ben mi sta, così imparo a non starmene zitto e buono, non bisognerebbe mai azzardarsi ad evocare certi mostri! / Ma perchè mettere sulla gogna mediatica, in queste bigie giornate, il malcapitato Beppe Maniglia, per via dell'uso di anabolizzanti? Tanto lo sanno anche i sassi, che è notoriamente un grandissimo "pallone gonfiato", lo è sempre stato fin dalla nascita! Hanno proprio fatto la scoperta "dell'acqua calda"! Ma suvvia, lasciatelo vivere quel povero vecchietto, smunto 'umàrel' (gesù, veramente, vedendolo in video, ma quanto è decrepito, magari potrebbe servire, una volta tanto, per la mezzanotte di San Silvestro in Piazza Maggiore, ma no, ripensandoci, forse la combustione della sua sgangheratissima e putrescente carcassa, produrrebbe miasmi troppo venefici e letali per l'ambiente e le persone, lasciamo perdere che è meglio!), roba da "Villa Baruzziana"! /  Nielsen, questo sconosciuto.Quella di giovedì 7 novembre, all'Auditorium "Toscanini", penso sia proprio stata la prima esecuzione pubblica italiana in assoluto, ad opera dell'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai di Torino, diretta da Corrado Rovaris, della 4^ sinfonia "L'inestinguibile" (Det undslukkelige), del compositore danese Carl August Nielsen (1865-1931), composta intorno al 1915 e quindi in piena "Grande Guerra", autentico inno all'inestinguibilità della vita (da qui il titolo), contrapposta alla barbarie mortifera della guerra, in 4 movimenti senza soluzione di continuità, con frequenti passaggi quasi solistici, soprattutto nell'ultimo tempo, per i 2 timpanisti impiegati, disposti alle estremità della compagine orchestrale e simboleggianti 2 ipotetici eserciti contrapposti (frequentata da interpreti del calibro di Bernstein, Karajan, Mehta, Blomstedt,Vaenskae, per dirne alcuni);  in questa occasione se ne è avuta un'interpretazione complessivamente buona, anche se un poco discontinua, sia da parte dell'orchestra che del direttore, per i quali, senz'altro questo brano rappresentava una novità assoluta, lavoro comunque tra i maggiori dell'insigne musicista, peraltro mi sembra, assai tiepidamente applaudito, in quell'occasione, dal pubblico torinese, od almeno codesta è l'impressione che ne ho ricavato attraverso l'ascolto della diretta radiofonica. Anzi, credo, fino ad ora, che sia stata l'unica volta,che un'orchestra italiana, abbia affrontato una qualunque delle sue 6 sinfonie, in pubblico come in studio di registrazione, non risultandomi null'altro, salvo smentite che ritengo assai improbabili. L'unica altra sortita di un complesso nostrano nel repertorio nielseniano di cui abbia riscontro, è un'incisione di studio del suo concerto per clarinetto ed orchestra, op.57, con Fabrizio Meloni come solista, accompagnato dall'Orchestra Sinfonica Abruzzese, diretta da Giancarlo De Lorenzo, contenuta in un disco uscito nel 2009, allegato al mensile "Amadeus" e comprendente anche gli analoghi brani di Aaron Copland e Jean Francaix. Tutto qui, a quanto mi consti, ennesima dimostrazione dell'enorme ritardo cultural-musicale accumulato nel corso del tempo, dal nostro sciaguratissimo e provincialissimo bel paese, nei confronti di questa, come di altre eminenti ed importanti figure musicali del secolo da poco trascorso, ma è sempre tutto stramaledettamente nella norma! Temo proprio che nessun ente lirico nostrano, tagli o non tagli, si prenderà mai la briga di allestire nemmeno quello che è forse il suo lavoro teatrale più noto, "Maskarade", un vero peccato! Una vergogna! Per fortuna il disco, per chi lo voglia, supplisce in gran parte, a simili deficienze di programmazione da parte delle istituzioni musicali nostrane. La frase più celebre di Nielsen, esplicativa del suo atteggiamento poetico? Eccovela squadernata: "Un'arpa in orchestra, è come un capello nella minestra". Personaggio singolare,senza alcun dubbio! / Che tristezza veder definire, qualche giorno fa, sulle pagine de "Il resto del Carlino", la "Lady Macbeth del distretto di Mcensk" di Dimitri Shostakovich, in scena in questi giorni al "Comunale", una "porno opera" (e allora, cosa si dovrebbe dire anche della quasi coeva "Lulu" di Alban Berg, per non parlare de "Il mandarino miracoloso" di Béla Bàrtòk o della "Carmen" di Georges Bizet?), quando la scabrosità di certe scene non è mai fine a se stessa, ma, al contrario, funzionale all'esemplare drammaturgia di questo autentico caposaldo del 20° secolo. Peraltro, in tempi di sensazionalismo pruriginoso dilagante nei mass-media, non ce ne sarebbe affatto da meravigliarsene. Rispetto al romanzo omonimo di Nikolai Leskov, dal quale questo lavoro è tratto, che ne faceva un personaggio più a senso unico, in una trama originariamente ancora più cruda, comprendente anche un'infanticidio, non inserito nell'opera, il lavoro di Shostakovich, fa della protagonista, Katerina Izmailova, un'autentica antesignana dell'emancipazione femminile, costretta a gesti estremi, pur di potersi ribellare alla grettezza borghese del contesto sociale che la circonda, ovvero la soffoca. In questo lavoro, rappresentato nel dicembre del 1934 (su un libretto scritto a 4 mani dallo stesso compositore in tandem con Alexander Preis), il musicista sovietico si trova in quella particolare fase stilistica, in cui all'esuberanza giovanile, si unisce già una piena maturità stilistica, - se si pensa anche che, di lì a poco, ovvero proprio nel 1936, l'anno famigerato della messa al bando della "Lady Macbeth", per volere di Stalin, si avrà la composizione della sua 4^ sinfonia, ritirata proprio alla vigilia della prova generale, ufficialmente per volontà dello stesso compositore, in realtà su pressioni dall'alto, per via della assurda accusa di "formalismo" (dopo varie traversie, la prima, trionfale, esecuzione pubblica di questa sinfonia si avrà nel 1961, con la Filarmonica di Mosca, diretta da Kiril Kondrashin), lavoro figlio anch'esso della medesima temperie stilistica e culturale (e forse la migliore e senz'altro la più audace delle sue 15 sinfonie), -  la qual cosa si evince dal fatto che conosce a menadito tutti i trucchi del mestiere, sapendoli usare magistralmente, finendo così col comporre una musica straordinariamente complessa ed al contempo accattivante, sfrontatamente esuberante e trascinante come poche (la debordante sensualità di questa musica, lascerà di fatto, letteralmente scioccato il suo collega e rivale Sergei Prokofiev, che, al riguardo, si esprimerà col termine di "pornofonia"). Del resto, il suo enorme talento teatrale, lo aveva già dimostrato, nel 1930, col sublime "Il naso", così come, precedentemente, anche nei balletti "Il bullone" e "L'età dell'oro" (la caratteristica di Shostakovich di saper cavare sangue anche dalle rape, nel senso di creare autentici capolavori, partendo anche da soggetti che facevano aggricciare la pelle, per tanto che fossero intrinsecamente bolsi ed infarciti di retorica di regime, è veramente ragguardevole), ma in quest'ultimo lavoro del 1934, se possibile, riesce anche a superarsi, inoltre aggiungiamoci anche il talento di saper comporre colonne sonore per il cinema (ne scriverà almeno una quarantina), poi pure il fatto che, da giovane studente, si guadagnasse qualche soldo, accompagnando al pianoforte le proiezioni di film muti al cinematografo, caratteristica denotante perciò enormi capacità improvvisatorie oltrechè estrema flessibilità ad adattarsi a condizioni ambientali spesso al limite, trovandosi ad avere a disposizione, strumenti sovente in condizioni tutt'altro che ideali, per cui non ci si può stupire che da un musicista così straordinariamente dotato, sia sortito l'ennesimo capolavoro teatrale (le recensioni dell'epoca furono unanimi nel dichiarare che, dopo la "Dama di picche" di Piotr Ilich Ciaikovski, il teatro lirico russo, non aveva più toccato, fino a quel momento, vertici di tale profondità ed espressività; singolare però il fatto che venisse proprio paragonato a Ciaikovski, musicista verso il quale Shostakovich provava un misto di amore ed odio). Purtroppo, in seguito, a parte l'incompiuto "I giocatori", il balletto "Il limpido fiume" ritirato subito dopo la prima (avvenuta in un teatro defilato di provincia e con il dittatore georgiano che pare vi abbia assistito in incognito) e quella sorta di singolare ibrido fra operetta e commedia musicale, con moderati accenni di satira sociale, costituito da "Mosca, Quartiere dei Ciliegi" (e senza considerare pure il completamento de "Il violino di Rotschild" di Benjamin Fleischmann, suo disgraziatissimo allievo perito nel 2° conflitto mondiale, oltrechè la versione rifatta e purgata, nel 1958, col sostegno dell'amico Mstislav Rostropovich, della "Lady Macbeth...", questa volta col titolo di "Katerina Izmailova"), il suo innato talento teatrale, a causa dei continui "tira e molla" causatigli dal regime sovietico, anche dopo la morte di Stalin, non avrà più molte occasioni per manifestarsi appieno, come, per l'appunto, in questa "Lady Macbeth", il cui immediato successo si riverberò immediatamente oltreoceano, tant'è che, negli Stati Uniti, sia Arthur Rodzinski che Arturo Toscanini, introdussero la breve suite da concerto trattane dall'autore medesimo, nei loro programmi sinfonici. Per cui, quando cadde il bando staliniano, nel 1936 (il dittatore avrebbe assistito, in una sera di gennaio, da un palco di proscenio ad una delle rappresentazioni, rimanendo irritato dal famoso 'intermezzo erotico' nel quale la protagonista viene quasi violentata dal suo rozzo amante, uscendosene immediatamente dal teatro), era già da più di un anno che questo titolo cavalcava baldanzosamente i palcoscenici dei teatri dell'Unione Sovietica, con crescente successo. Ecco quindi, il giorno dopo che il dittatore era andato a teatro, comparire sulla "Pravda" il famigerato articolo "Confusione invece che musica", ufficialmente anonimo, ma in realtà stilato dal noto censore Zdanov, a capo dell'associazione dei compositori russi, avente come immediata conseguenza, quella di far sparire il lavoro dai palcoscenici. Singolare che, dopo tale bando, se ne sia avuta un'ulteriore rappresentazione nel 1948, al "Teatro La Fenice" di Venezia, nell'ambito della "Biennale di Musica Contemporanea", sarei proprio curioso di sapere come abbiano fatto, all'epoca, a procurarsi la partitura originale di un lavoro ufficialmente vietato dal regime staliniano! Che poi, proprio riferendomi al famoso 'intermezzo erotico', mi viene spontaneo affermare che, non avrei mai immaginato che una volgarissima copula sessuale, venisse musicalmente resa in maniera così meravigliosa, nella sua affascinante sguaiataggine grottescamente sfrontata, talmente evocativa che non c'è nemmeno bisogno di vederla in scena, nè tantomeno di conoscere la trama, per 'capire' quel che vi succede, poichè il ritmo progressivamente sempre più forsennato della musica rende a meraviglia la brutalità bestiale e grottescamente meccanicistica di questo seduttore da strapazzo nei confronti della protagonista, arrestandosi quasi di botto al culmine dell'orgasmo, per sottolinearne dopo una brevissima pausa, con toni irridenti, l'improvvisa spossatezza animalesca del rozzo omuncolo. Ma è gran parte della musica di quest'opera ad essere condotta superbamente, come forse solo un'anima russa può fare, sul doppio binario del grottesco e del drammatico, con una trama fortemente connaturata da elementi di critica sociale, d'irrisione e sarcasmo nei confronti dell'autorità costituita, della polizia, mostrata nella sua intrinseca stupidità ed imbranataggine e del clero, mostrato come maneggione ed ubriacone. Soltanto in certi interludi orchestrali ed in particolare, all'inizio (con un canto dei deportati di un soffio epico certamente non immemore del modello mussorgskiano) ed alla fine del 4° atto, quando la protagonista, dopo aver gettato nel baratro il suo ex-amante e la sua nuova fiamma, ci si butta anche lei, prima che le guardie del campo la catturino, la musica diventa scopertamente drammatica, per il resto prevalgono toni grotteschi, irridenti, circensi persino, a parte certi brucianti involi melodici, soprattutto in corrispondenza dei soliloqui della protagonista, con una tensione sommessa all'inizio del lavoro, ma che cresce progressivamente ed inesorabilmente, man mano che l'opera procede. La sua successiva versione purgata, intitolata appunto col nome della protagonista, "Katerina Izmailova", smussata anche nelle asperità orchestrali, ebbe una discreta circolazione anche all'estero, in Russia ne venne inoltre realizzata, con ulteriori tagli e rimaneggiamenti, negli anni '60, una versione cinematografica, edita qualche anno fa anche in dvd. Ma l'anno di volta per il deciso ritorno alla versione originale, senz'altro superiore, è il 1979, quando uscì la celeberrima incisione Emi, diretta proprio da quel Rostropovich che aveva supportato il musicista nella sua successiva revisione purgata (e con l'apporto della stessa protagonista sia della versione cinematografica che della prima assoluta della revisione del 1958, sua moglie Galina Vishnevskaia), ma che, in questo caso, ritornando allo spartito primigenio, rende finalmente al capolavoro di  Shostakovich, piena giustizia; non per niente, parecchi anni dopo, questa realizzazione, mai uscita saggiamente dal catalogo, verrà giustamente inclusa in una collana dedicata alle grandi incisioni del secolo, essendo tutt'ora un'edizione di assoluto riferimento, nonostante ne siano nel frattempo comparse anche delle valide alternative. In quello stesso anno di grazia 1979, se la memoria non m'inganna, ricordo anche la diretta televisiva, in prima serata, su Rai1, dell'inaugurazione del "Festival dei 2 Mondi" di Spoleto, che principiava proprio con questa versione originale dello spartito shostakovichiano, anche se con qualche piccolo taglio ed aggiustamento ed in una discutibile versione ritmica italiana, discretamente diretta da Christian Badea ed altrettanto discretamente eseguita dai cantanti e dai complessi spoletini, non so se la regia teatrale fosse proprio di Gian Carlo Menotti, ma potrei sbagliarmi......... Comunque sia, ma quale "porno opera"! Ma fatemi il piacere! Non siamo certo dalle parti di qualche saga pseudo letteraria erotica, con i suoi scandaletti costruiti a tavolino per fare "cassa" e dal successo bruciante quanto effimero! Qui la sostanza è ben altra, altrimenti non si spiegherebbe affatto la sua presenza sulle ribalte internazionali, ancora a distanza di quasi 80 anni dalla prima assoluta!