giovedì 19 maggio 2011

Diritto d'autore: cui prodest?

E già, alla fine a chi giova questo benedetto diritto d'autore? Agli autori, ai loro eventuali eredi, ai musicisti, agli editori, ai discografici, alle istituzioni musicali, agli addetti ai lavori in generale, o piuttosto a quell'orrido carrozzone succhiasoldi chiamato SIAE? Quanto mi piacerebbe vagliare eventuali pareri da parte dei diretti interessati in materia, essendo un semplice profano in materia, conscio del rischio di proferire corbellerie in tal senso! Purtroppo al momento non mi è ancora successo tutto ciò, per cui, in mancanza di un serio contradditorio, continuerò a proseguire il discorso per mio conto, sperando prima o poi di avere qualche riscontro in tal senso. Attualmente, il diritto d'autore è fissato a 75 anni dalla morte dello stesso, per le opere artistiche, mentre per le registrazioni sia audio che video, il diritto d'autore scade dopo 50 anni, dopodichè queste ultime diventano di dominio pubblico (come, per esempio, i lavori cinematografici). La legislazione non è però identica in tutti i paesi europei, poichè, per esempio, in Olanda, le riprese audiovisive diventano di dominio pubblico dopo soli 20 anni e questo ha, tra le altre conseguenze, il fatto che diverse riprese radiofoniche effettuate dal vivo nei teatri lirici europei da parte delle principali emittenti, Radio Rai compresa, di epoca non certo remota, arrivando tranquillamente a coprire anche gli anni '80 del secolo scorso e quindi non certo di dominio pubblico teoricamente, vengono bellamente piratate, riversate su cd in stabilimenti olandesi, per conto di piccole etichette indipendenti come la Ponto, che con questo stratagemma eludono i diritti d'autore, vengono regolarmente distribuiti in Europa, Italia compresa, con tanto di importatori ufficiali, a prezzi oltretutto non sempre economici e spesso con una veste editoriale indecente, tant'è che li si trova tranquillamente nei normali negozi di dischi, con tanto di famigerato bollino Siae appiccicato sulla custodia! Ma anche negli Stati Uniti, dove i diritti d'autore, sia per le opere, sia per le registrazioni audiovisive, scadono addirittura dopo 95 anni e dove quindi alle case discografiche non statunitensi non viene consentito di diffondere nel paese le loro collane di registrazioni storiche, in quanto non di dominio pubblico secondo la legislazione vigente in loco (per esempio la Naxos, con le sue collane storiche, aveva provato a infrangere questo tabù, ma alla fine è stata costretta a rinunciarvi dopo essere stata portata in tribunale e aver pagato una cospicua penale, tant'è che, se si sfoglia il suo catalogo cartaceo in corrispondenza delle pagine dedicate alle registrazioni storiche, si legge chiaramente l'avvertenza che trattasi di "titoli non disponibili negli Stati Uniti e nel Canada"), usano 2 pesi e 2 misure. Infatti anche loro, per contro, non si fanno alcuno scrupolo, come in Olanda, di piratare sfacciatamente registrazioni provenienti dagli archivi radiofonici europei, compresi quelli nostrani, anche in questo caso di epoca non remota ovvero sovente non certo di dominio pubblico, che vengono per l'appunto riversate su cd in America, per conto di etichette come Opera d'Oro e anche Music and Arts, spedite in Gran Bretagna (nel caso dell'Opera d'Oro precisamente mandate al gruppo Pickwich International e da lì diffuse nel resto d'Europa e nel mondo), importate e distribuite regolarmente anche in Italia ovviamente con tanto di bollino regolamentare Siae sull'involucro e sempre ad un prezzo non propriamente economico, qualità sonora discontinua, veste editoriale altalenante, eludendo il pagamento dei relativi diritti d'autore. Posseggo personalmente alcuni titoli dell'etichetta Opera d'Oro e quindi ritengo di parlare con cognizione di causa. Invece se una casa discografica non statunitense vuole pubblicare una registrazione proveniente, per esempio, dall'archivio del teatro Metropolitan di New York, lo può fare solo al di fuori dell'America e del Canada, se non vuole essere pesantemente sanzionata, visto che con la loro legislazione, ben poche sono attualmente le registrazioni di dominio pubblico! C'è da notare inoltre che il Metropolitan si serviva periodicamente del suo archivio sonoro per l'emissione di costosi cofanetti, deducibili però dalle tasse, che venivano commercializzati all'interno dello stesso teatro, al fine di raccogliere fondi, poichè laggiù le istituzioni musicali si reggono unicamente sulle sovvenzioni private. Per giunta la Sony Classical sta diffondendo sul mercato discografico mondiale, in questo periodo, dei costosi cofanetti di cd comprendenti vecchie registrazioni dal vivo di opere liriche realizzate dalla stazione radiofonica all'interno dello stesso teatro, ovvero ufficialmente riversate dai supporti sonori originali e non da copie degli stessi più o meno fortunosamente trasferite in Europa o altrove, come avveniva in precedenza con le altre etichette. Ovviamente il prezzo di questi cofanetti della Sony Classical è ben superiore a quello, per esempio, dei titoli della Myto o della Naxos Historical, per citare 2 fra le numerose etichette non statunitensi che abbiano in qualche modo attinto dagli archivi del Metropolitan! Ma tralasciando l'argomento discografico, il diritto d'autore ha delle conseguenze anche sotto altri aspetti: per esempio le istituzioni musicali minori nostrane dai bilanci eternamente traballanti o sono costrette a non includere musiche non di dominio pubblico nei loro già scarni programmi concertistici, oppure a ricorrere a stratagemmi per eludere il pagamento dei relativi diritti d'autore. Per esempio, in sede esecutiva, inserendo all'ultimo momento un brano musicale non di dominio pubblico e quindi non indicato nel programma di sala del concerto, a mò di bis ovvero al termine ufficiale del concerto, oppure operando una sostituzione sempre all'ultimo momento ossia eliminando un brano di dominio pubblico indicato nel programma, sostituendolo all'istante con un altro non di dominio pubblico, ovvero non segnato nel programma di sala. Quando poi si tratti per esempio di brano originariamente orchestrale, originariamente di dominio pubblico, ma trascritto in epoca più recente da altra mano per un singolo strumento e quindi rientrante perciò nel campo del diritto d'autore, ecco che per eludere tale balzello si omette di indicare il nome del trascrittore nel programma di sala, ove vi compare soltanto il nome dell'autore originario del brano. Ribadisco che non sono affatto contrario al diritto d'autore in sè, ma che, sulla base di quelle che mi sembrano contraddizioni e storture, questo argomento necessiti seriamente di essere decisamente rivisto e ripensato a livello mondiale da parte dei responsabili.