Disquizioni intorno alla musica colta, con particolare riferimento alla realtà contemporanea.
mercoledì 15 giugno 2011
Analogie digitali.
Il disco in vinile soffre anche di altri difetti, oltre a quelli già summenzionati in precedenza, come eccentricità ed imprecisioni del foro situato al centro dell'etichetta, oltre a essere soggetto facilmente ad ondulazioni e deformazioni che, se particolarmente accentuate, possono renderne impossibile la riproduzione, ossia il tracciamento del solco modulato da parte della puntina. Inoltre, affinchè la qualità sonora sia ottimale, la durata per facciata non dovrebbe superare i 26 minuti circa, pena il ricorso a compromessi qualitativi sempre più accentuati man mano che il minutaggio cresce; effettivamente posseggo alcuni dischi con facciate che sfiorano la quarantina di minuti, anche con una qualità sonora complessivamente ottima, ma a prezzo di un livello d'incisione molto basso, che espone eccessivamente i passaggi musicali più tenui al rumore di fondo proprio del supporto, perchè, come già detto in precedenza, la musica classica, con i suoi dislivelli sonori più pronunciati rispetto agli altri generi musicali, risulta più critica da riprodurre come si deve e risente maggiormente di eventuali difetti di stampaggio del supporto vinilico. Erroneamente molti includono nella categoria del vinile anche i dischi a 78 giri, che sono in realtà delle cosiddette lacche (bachelite o ebanite), la cui produzione è cessata nel 1956 e tralaltro non sono nemmeno dei microsolco. Il vinile è un supporto a lettura meccanica, ossia la puntina della testina fonografica tocca le pareti del solco, ciò che lo rende soggetto a una progressiva usura. Ciò non toglie che un buon disco ben conservato e riprodotto da un apparecchio adeguato, possa durare tranquillamente svariati decenni, così come un cd mal stampato possa deteriorarsi irrimediabilmente anche dopo pochissimi anni (a me purtroppo è capitato di ritrovarmi con alcuni cd "abbronzati" ossia ossidatisi nell'arco di meno di 5 anni). Secondo i miei personali riscontri, l'inalterabilità del supporto a breve e medio termine è maggiore nei dischi a lettura ottica, ossia senza contatto fisico da parte della testina di lettura, come cd, dvd et similia, ma a lungo termine, ossia nell'arco di svariati decenni, è maggiore nei dischi a lettura meccanica, come il vinile. Inoltre, contrariamente a quanto si vuole far credere, quest'ultimo è meno sensibile ai graffi, alle impronte digitali (!) e alla sporcizia, rispetto al cd. Mi sono ritrovato spesso con dei dischi fortemente rigati, che all'ascolto non risultavano affatto disastrosi come temuto, mentre invece cd con segni superficiali o granellini di polvere a malapena visibili a occhio nudo, producevano sfracelli. Un fatto positivo che si è verificato con l'introduzione del cd, almeno per ciò che concerne l'ambito della musica classica, è il progressivo ampliamento del repertorio musicale, che ha reso reperibili un gran numero di composizioni di autori scarsamente o per nulla reperibili in precedenza, quando esisteva soltanto il disco in vinile (mi ricordo personalmente delle mie tribolazioni per riuscire a reperire musiche di autori di area anglosassone, scandinava, slava, ma anche nostrana, come per esempio i compositori della cosiddetta generazione dell'80 - Casella, Malipiero, Pizzetti, Respighi trilogia romana a parte - a causa dei quali mi sono quasi cazzottato con negozianti e commessi somari, che si irritavano enormemente per queste, a loro dire, assurde richieste da parte mia, mentre adesso, nonostante la crisi del mercato discografico globale, si possono reperire con molto maggiore facilità). In questi ultimi anni ci sono stati almeno un paio di tentativi commerciali di produrre degli apparecchi che leggessero i vinili col sistema a lettura ottica, al fine di preservarli dall'usura, ma pare che, a parte il prezzo di vendita elevatissimo, questi dispositivi presentassero tutta una serie di problemi tecnici, proprio perchè il raggio del laser, finendo con il leggere anche il fondo del solco, dove non è presente alcuna modulazione ma soltanto del rumore di fondo, risultasse ipersensibile alla polvere e alle rigature, inoltre anche la qualità sonora necessitava di alcuni filtraggi particolari per divenire accettabile, per cui la faccenda, nel giro di poco tempo, pare sia abortita definitivamente. Se ne deduce che, se un supporto come il vinile è stato progettato per una lettura di tipo meccanico, non possa essere riprodotto correttamente in un'altra modalità. Banalmente si può concludere affermando che l'unica cosa che hanno in comune un giradischi e un lettore cd (inizialmente denominato con l'orrido neologismo di giraDAD) è proprio il fatto che ambedue gli apparecchi supportano un disco che gira. Per cui sono ben contento che, nonostante le cassandre, il disco non sia affatto sparito dal mercato, pur diventando un articolo di nicchia, ma facciamo attenzione a non mitizzarlo snobisticamente, non dimenticandocene i non pochi difetti intrinseci e non demonizzando i supporti digitali come il cd.
Nostalgie.
Il compact disc rispetto al vinile, ha una maggiore praticità e maneggevolezza, ma proprio per questo una più pronunciata asetticità. Mentre il vinile, con tutta la sua ritualità preliminare alla fase dell'ascolto, consistente nel posizionare il disco sul tappetino del giradischi, avviare la rotazione del piatto dopo averne selezionato la velocità, spostare il braccio dalla sua posizione di riposo, poggiare delicatamente la puntina sulle prime spire mute del solco e una volta che quest'ultima è giunta al termine della facciata, ripetendo le medesime operazioni in senso inverso, dopodichè rigirando la facciata e ricominciando daccapo, avrebbe una tattilità più immediata e umana (il quadro cambia in parte se, anzichè possedere un giradischi totalmente manuale come il sottoscritto, si detiene un apparecchio automatico o semiautomatico), aggiungendoci la componente feticistica costituita dalle ampie custodie in cartoncino o dai cofanetti multipli in brossura, con le loro grandi illustrazioni di copertina, tacendo della presenza delle buste interne protettive di carta semplice, di carta di riso o di polietilene, con l'aggiunta a volte di inserti cartacei interni contenenti testi e/o note di commento, suscitano una serie di sensazioni di ben altra natura rispetto alle custodie plasticose dei cd, con le loro foto di copertina troppo piccole e i loro miserrimi librettini interni, dai caratteri lillipuziani, sovente di lettura disagevole. Di tutto questo molti audiofili hanno una forte nostalgia. Per non dire del fatto che la maggior parte dei dj più quotati sulle piazze internazionali, trovano assai più creativo e stimolante giostrarsi col vinile che col cd. Per quel che mi riguarda, in quanto semplice appassionato, acquirente di entrambi i supporti, ascoltare un vinile mi serve sia ad apprezzarne i pregi che a non dimenticarne i suoi difetti, ossia a non mitizzarlo eccessivamente come si fa troppo spesso, anche perchè la ritualità connaturata e di cui ho accennato prima, la trovo alquanto palloccolosa, pur ammettendo che il piacere tattile del maneggiare le loro custodie e quello visivo siano senz'altro maggiori di quelli datimi dal toccare le custodie dei cd, delle quali però apprezzo la maggiore regolarità delle dimensioni e il minore ingombro complessivo. Aggiungiamoci che la difettosità media dei cd, almeno a partire dagli anni '90, è di gran lunga inferiore a quella degli lp, il che significa che è difficilissimo che vi imbattiate in un supporto che manifesti dei difetti fisici tali da comprometterne l'ascolto, mentre col disco in vinile, stante la mediocre qualità della stampa e del materiale utilizzato nella stragrande maggioranza dei casi (e talvolta nemmeno le costosissime stampe speciali ne sono del tutto esenti), ti toccava sovente di dover riportare il titolo appena acquistato al negozio. Mi ricordo in particolare, circa una trentina d'anni fa, quando mi trovavo in Friuli per il servizio di leva, di avere sentito parlare 2 commesse di un negozio di dischi sito nel centro storico di Udine, di un loro cliente particolarmente sfortunato che incappava quasi regolarmente in copie difettose che lo costringevano spessissimo a ritornare al negozio per la sostituzione, ogni qualvolta effettuasse un acquisto. Anche il sottoscritto, pur non arrivando a questi livelli, ha avuto i suoi bei patemi d'animo, nonostante tollerassi in partenza un grado di difettosità che non compromettesse seriamente l'ascolto di ambedue le facciate, mentre invece per certi super pignoli, bastava anche un lieve soffio o crepitio o segnetto superficiale, per decidere immediatamente di riportare indietro il disco al negozio dove lo avevano comprato. In effetti, soprattutto le stampe nostrane e statunitensi, erano sovente di una qualità disastrosa, così come quelle francesi, inglesi e olandesi erano di livello mediocre, tacendo di quelle russe e degli altri paesi dell'est, tant'è che molti dei dischi che posseggo li ho ascoltati una volta soltanto poichè la loro riproduzione costituiva un vero e proprio supplizio di Tantalo per le orecchie di noi poveri tapini che li avevamo pagati a caro prezzo, per la caterva di difetti che manifestavano fin dall'inizio e che funestavano la loro fruizione ad ogni piè sospinto. Le uniche stampe che si salvavano almeno parzialmente erano le tedesche e le giapponesi, ma nemmeno in quei casi vi era di che stare particolarmente allegri. In effetti si potrebbero considerare le cosiddette stampe speciali, talvolta più a parole che nei fatti, vendute a prezzi da rapina, una vera e propria truffa perpetrata nei confronti degli appassionati, poichè la loro maggiore qualità rispetto a quelle cosiddette normali, dovrebbe in realtà rappresentare la norma, se le case produttrici fossero più serie ed oneste. Si tenga conto che, usualmente il peso di un vinile del diametro di 30 cm., varia da circa 120 a 210 grammi nel caso delle stampe speciali, mentre è generalmente intorno ai 60-90 grammi in quelle normali, anche se, essendomi imbattuto in vinili sottilissimi come un'ostia e ovviamente scadentissimi, il peso minimo sia anche notevolmente inferiore. Inoltre non è solo il peso a determinare la qualità del supporto, poichè tanto è maggiore tanto è migliore la sua capacità di assorbimento delle sollecitazioni meccaniche indottegli dal contatto con la puntina, anche la qualità intrinseca del vinile concorre a determinarne la rumorosità intrinseca di fondo e quindi la bontà o meno della riproduzione sonora. Nel senso che, in linea teorica, i dischi dovrebbero essere prodotti unicamente con del vinile vergine, senonchè quest'ultimo viene spesso miscelato variamente con una certa percentuale di vinile riciclato derivante dagli scarti di lavorazione, a tutto detrimento della qualità sonora e ulteriore riprova della scarsa serietà delle case produttrici. Purtroppo ho personalmente rilevato che dei vinili che ho conservato con ogni cura nel corso degli anni, pur essendo di discreta qualità di stampa, riascoltati a distanza di parecchio tempo, manifestavano tali e tanti difetti, a cominciare dagli odiosissimi salti di nota, da renderne disagevole l'ascolto. Per giunta i dischi microsolco, stante la natura del materiale di cui sono fabbricati, cloruro di polivinile, sono particolarmente sensibili alle cariche elettrostatiche, aventi anche quest'ultime delle conseguenze nefaste sulla piacevolezza complessiva dell'ascolto. E per il momento mi fermo qui.
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