venerdì 12 dicembre 2014

L'anno che verrà.

Non bastasse il nuovo "disco volante" del pagliaccio Allevi (stando al suo sito ufficiale, sembrerebbe purtroppo in piena attività anche (s)concertistica, inoltre non sapevo, da perfetto ignorante, anche dell'esistenza del gruppo degli "Alleviani", al quale non mi sono voluto aggiungere, o me meschino; ad ulteriore dimostrazione, qualora non fosse sufficiente, che il peggio non è mai morto, povero me!), interamente costituito da pezzulli di "piano sòla", incentrati, o somma originalità, sul tema dell'amore in tutte le sue declinazioni (certamente, prima del "moccoluto", non ci aveva mai pensato nessuno, o mi sbaglio?) in arrivo il mese venturo (magari nei "migliori" negozi di dischi? Ed allora come la mettiamo coi "peggiori?), apprendo casualmente da Radiotre, per tramite dell'sms mandato da un trombonista, che l'orchestra "Verdi" di Milano, rischia di chiudere definitivamente i battenti, proprio a gennaio, per mancanza di finanziamenti privati (in effetti la sospensione del suo ciclo discografico dedicato a Rota, mi aveva fatto temere un qualcosa del genere). Dopo la triste fine dell'Orchestra Sinfonica di Roma, ad agosto dell'anno corrente e la faccenda tormentata dei complessi del Teatro dell'Opera capitolino, se non sbaglio salvati in extremis, mi chiedo per quanto però e se se lo meritino veramente, dovremo anche piangere la perdita di quest'altra compagine strumentale? Sarebbe veramente un gran disdoro! Ma se Sparta piange, Atene non ride. Sempre stando a Radiotre, l'ente radiofonico pubblico danese, ha già soppresso definitivamente l'Orchestra da Camera della Radio Danese, nonostante il parlamento avesse votato, a larga maggioranza, un'ordine del giorno contrario alla chiusura dell'orchestra. Purtroppo, in giro per il mondo, Stati Uniti compresi (il Metropolitan di New York conta attualmente un deficit di circa 20 milioni di dollari, con un pubblico in calo, ed avendo di recente annullato alcuni collegamenti diretti in video con le grandi sale cinematografiche, tra i recenti allestimenti che ne hanno fatto le spese, anche quello di "The death of Klinghoffer" di John Adams; già questa estate, si è evitata per un soffio la soppressione dell'intera odierna stagione, al prezzo però di un sofferto accordo sindacale che impone pesanti tagli e sacrifici che ricadono ovviamente anche sui musicisti, inoltre, probabilmente in futuro, per ridurre i costi, si dovrà drasticamente abbassare la media attuale di 200 rappresentazioni per stagione), sono parecchi gli organismi e le istituzioni musicali in sofferenza, la stessa orchestra superstite della Rai, non è del tutto esente da questo rischio, già corso anni fa, prima che terminassero i lavori di restauro dell'attuale auditorium "Toscanini", tutto purtroppo nella più tetra, grigia norma! Ma tanto basterà ed avanzerà il "moccoluto" assieme ad altri plasticosi cloni, a tenere alto nell'intero globo terracqueo, il vessillo della somma arte musicale, per cui chi se ne importa di tutto il resto. In questi giorni, parlando con quella melomane bolognese abbonata al "Comunale" ed estimatrice del "genio" del "moccoluto", le ho chiesto se aveva apprezzato il recente allestimento del "Guillaume Tell" di Rossini e se avesse anche assistito ad una recita de "La Lady Macbeth del Distretto di Mcensk" di Shostakovich, in scena i giorni scorsi. Orbene, l'esimia personaggia, con tono tutt'altro che entusiasta, nel primo caso si doleva dell'eccessiva lunghezza dell'opera (con tutto che le ho fatto presente che il direttore avrà tagliato, stando alla differita radiofonica da me ascoltata, all'incirca almeno un buon quarto d'ora complessivo di musica; inoltre, se penso che, a suo tempo, assistette al ben più lungo "Parsifal" di Wagner, diretto da Rpberto Abbado, senza batter ciglio, mi cascano proprio le braccia), salvando giusto, bontà sua, l'ouverture, mentre riguardo all'altro titolo, mi ha detto, inorridita, di essersene andata via già alla fine del primo atto, avendone avuto più che abbastanza! Benessum! Allora continuiamo pure a meritarci un volgarissimo Allevi qualsiasi! Certo che anche questo 2015, promette veramente bene, se il buongiorno si vede dal mattino! Tutto stramaledettamente sempre nella norma (ma non di sicuro quella di Bellini, ohimè!)! Buone feste a tutti quanti! / / / P.S.: A proposito nuovamente di queste regie liriche attualizzatrici e quindi, indirettamente, anche del recentissimo "Fidelio" scaligero, diretto da Barenboim, con la regia tipicamente modernista di tal Deborah Warner, essendo praticamente divenute da tempo immemorabile la prassi su gran parte dei palcoscenici lirici, non solo hanno perso qualsivoglia aspetto innovativo, nè tantomeno rivoluzionario, essendosi inoltre parecchio involgarite e banalizzate nel frattempo, diventando sommamente piatte, sciape, risapute, ripetitive e noiose, ma proprio perchè sono la "norma", per forza di cose, si sono trasformate, esse stesse, in una convenzione e le convenzioni, si sa, esistono per essere superate. Per cui, così come a suo tempo, con questo tipo di regia "moderna", si è voluto abbattere quelle di tipo più tradizionale, stupidamente mi chiedo, per fare finalmente piazza pulita di questa attuale convenzione lirico-registica attualizzatrice, cosa si dovrebbe mai fare? Tornare ai vecchi, cari, fondali dipinti di cartapesta, per riuscire a creare qualcosa di autenticamente nuovo, innovativo e rivoluzionario? Sarebbe veramente il colmo! Mi sa tanto che anche questa sia una "Unanswered question"! Prosit! / / / P.P.S.: A parte il Natale, senza stipendi e tredicesime, anche per gli orchestrali del Comunale di Bologna, già in una situazione retributiva incerta da un semestre, per la tipica serie di storture burocratiche ed amministrative, di norma nel nostro paese, con il concerto del 19 corrente al Manzoni cancellato per via di uno sciopero da parte degli stessi deciso praticamente all'unanimità, con ulteriori scioperi del personale tecnico per domenica 21 e del personale amministrativo il giorno dopo, con un'apertura di stagione (il "Ballo in maschera" di Verdi dell'11 gennaio) ovviamente a rischio, fa specie leggere qualche pagina più avanti, sullo stesso numero del "Carlino" dal quale ho desunto queste 'liete' novelle, del musical (gulp!) di Beppe Maniglia (gasp!) all'Antoniano, col triste umàrel che si esibisce a torso nudo (glurb!) all'Antoniano! E' proprio vero che non c'è più religione! Ma anche l'articolo sul triste natale degli strumentisti del Comunale era contornato, in basso a destra, da un riquadro pubblicitario sul concerto degli stessi il 22 sempre al Manzoni, con Mariotti e sul fianco sinistro da un trafiletto intitolato a Luigi Nono, nel quale però si arrivava ad inneggiare anche all'operato culturale dell'attuale giunta bolognese! Ma quante contraddizioni!   

martedì 9 dicembre 2014

Breve storia della collana "RCA Living Stereo".

Era almeno dal marzo del 1953, che i responsabili della gloriosa casa discografica statunitense, ci stavano pensando, ma fu soltanto il 6 ottobre di quell'anno, che la RCA Victor effettuò le sue prime sessioni sperimentali di registrazione discografica, adottando la cosiddetta tecnologia "binaurale", meglio nota successivamente come stereofonia. Al Manhattan Center di New York, Leopold Stokovski diresse un'orchestra appositamente formata per l'occasione, nella 1^ rapsodia rumena di George Enescu e nel valzer dall' "Eugenio Onegin" di Piotr Ilich Ciaikovski. Nel dicembre dello stesso anno, sempre nel medesimo luogo, vennero effettuate ulteriori prove di ripresa stereofonica, con Pierre Monteux assieme ad elementi della Boston Symphony Orchestra. Dopodichè, nel febbraio del 1954, le pionieristiche apparecchiature di registrazione multitraccia, vennero trasferite alla Boston Symphony Hall, dove la locale orchestra sinfonica, assieme ai solisti vocali ed al coro, tutti sotto la direzione di Charles Munch, stava accingendosi ad incidere "La damnation de Faust" di Héctor Berlioz. In quell'occasione, per la prima volta, i tecnici della RCA, ripresero l'esecuzione in doppia modalità, ovvero contemporaneamente sia in monofonia che su nastro magnetico a 2 tracce. Queste riprese sperimentali condussero, con ulteriori affinamenti tecnologici, a realizzare le prime incisioni stereofoniche ufficiali, effettuate all'Orchestra Hall di Chicago, nel marzo del 1954, con la locale orchestra sinfonica e Fritz Reiner sul podio, impegnati in 2 celeberrimi poemi sinfonici di Richard Strauss: "Ein heldenleben", op.40 (registrato il giorno 6) e "Also sprach Zarathustra", op.30 (inciso esattamente un paio di giorni dopo). Ci sarebbero anche da menzionare, a parte, poichè non certo previste originariamente per un'emissione discografica, le registrazioni stereofoniche degli ultimi 2 concerti pubblici di Arturo Toscanini (radiotrasmessi in diretta però nella allora consueta monofonia, poichè le prime trasmissioni stereofoniche ufficiali in modulazione di frequenza inizieranno anni dopo, precisamente nel 1962), con la Nbc Symphony Orchestra, tenutisi alla Carnegie Hall rispettivamente il 21 marzo (musiche di Gioachino Rossini e Ciaikovski) ed il 4 aprile (musiche di Richard Wagner) di quello stesso anno (ufficialmente, inoltre, ne venne scartata a priori l'emissione discografica, poichè definiti di qualità sonora insoddisfacente, ma, in realtà, penso proprio che il motivo reale della loro mancata pubblicazione fosse dovuto soprattutto ai 2 vuoti di memoria avuti dal direttore parmense nel corso di questi concerti, che si rifletterono nella qualità esecutiva, quella sì non del tutto soddisfacente, dell'orchestra, soprattutto nell'ultimo concerto, quello del 4 aprile. Il primo vuoto di memoria, sia pur lieve, si ebbe, nel concerto del 21 marzo, durante il 2° tempo della "Patetica" di Ciaikovski, l'altro, quello più "celebre" e prolungato, nel concerto del 4 aprile, durante il "Venusberg" dal "Tannhaeuser" di Wagner. Inoltre, ben prima che risuonassero gli accordi finali del brano successivo che concludeva il programma ufficiale, cioè l'ouverture da "I Maestri Cantori di Norimberga", Toscanini, lentamente, aveva abbandonato già il podio, non assistendo quindi agli applausi tributategli dal pubblico in sala. I nastri stereofonici di questi concerti, hanno comunque conosciuto alcune riedizioni "ufficiose", in anni più recenti, soprattutto su cd, dimostrando una volta per tutte che non era certo la qualità sonora originaria ad essere poi così insoddisfacente, anzi!). Sempre nel '54, quella stessa NBC Symphony Orchestra, ufficialmente liquidata dall'ente radiotelevisivo, dopo l'abbandono del podio da parte di Toscanini, ma ricostituitasi di lì a poco col nome di "Symphony of the Air", con cui sopravvisse fino al '63, effettuò altre sedute d'incisione stereofoniche con Leopold Stokovski (una selezione dal "Romeo e Giulietta" di Prokofiev, la suite da "Sebastian" di Menotti e le "Dance Variations" di Morton Gould), nel mese di settembre (incisioni che poi, quando uscirono in disco, inizialmente vennero presentate però con la dicitura "Leopold Stokovski and his Orchestra"). .Poichè all'epoca in cui la RCA effettuò queste riprese multitraccia, la masterizzazione dei dischi, così come la loro riproduzione domestica, avveniva totalmente nel dominio monofonico, inizialmente anche queste nuove incisioni, uscirono in versione monofonica. La casa discografica continuò comunque, in anticipo sui tempi, ad usare le apparecchiature a 2 ed a 3 tracce, per incidere dischi con alcuni dei più grandi interpreti del momento (Jascha Heifetz, Gregor Piatigorski, Fritz Reiner, Charles Munch, Arthur Rubinstein, Arthur Fiedler, Morton Gould, Josef Krips, Jean Martinon, Anatole Fistoulari, Charles Mackerras, Dimitri Mitropoulos, Aaron Copland, Robert Merrill, Alexander Gibson, Erich Leinsdorf, Leonard Warren, Henryk Szering, Anna Moffo, Tullio Serafin, Francesco Molinari-Pradelli, Robert Russell Bennett, Leopold Stokovski, Cesare Valletti, Pierre Monteux, Mario Lanza, Franco Ferrara, Renato Fasano, Julian Bream, René Leibowitz, Robert Shaw, Renata Tebaldi, Jussi Bioerling, Richard Tucker, Ettore Bastianini, Fernando Corena, Seiji Ozawa, Oscar Levant, Zinka Milanov), oltre che con alcune delle orchestre e dei complessi strumentali più prestigiosi (London Symphony Orchestra, Royal Philarmonic Orchestra, New Philarmonia Orchestra, Chicago Symphony Orchestra, Boston Symphony Orchestra, Symphony of the Air, I Virtuosi di Roma), prima quindi che pure la tecnologia di riproduzione domestica, adottasse ufficialmente il sistema stereofonico. Finalmente, l'anno successivo, vennero introdotti sul mercato, i registratori stereofonici a bobine, utilizzanti un nastro magnetico da un quarto di pollice, ad una velocità di scorrimento di 19 cm./sec., cosicchè la RCA realizzò il suo primo catalogo di nastri "ortofonici stereo", attraverso i quali ambiva a ridefinire il concetto stesso di alta fedeltà. Nello stesso 1955, la casa discografica introdusse una nuova consolle di missaggio a 3 canali, progettata e realizzata in proprio. Dal 6 al 16 dicembre 1956, Rubinstein, assieme alla Symphony of the Air (ex NBC Symphony Orchestra) diretta da Krips, incide in stereofonia, il suo primo ciclo completo (del paio da lui registrati) dei concerti beethoveniani. Nel 1958, registrazioni stereofoniche vengono effettuate anche alla Webster Hall di New York. E proprio in quell'anno, la Western Electric Company, produsse l'innovativo tornio d'incisione stereofonico, subito impostosi a livello mondiale, rivoluzionando quindi la tecnica di masterizzazione discografica. Naturale conseguenza di tutto ciò, fu l'introduzione ufficiale, sul mercato, delle prime apparecchiature di riproduzione stereofoniche, in ambito domestico, e l'immissione sul mercato discografico, da parte della RCA, della sua famosa collana "Living Stereo". Da notare, a tal proposito, che i dischi registrati in Inghilterra, erano in coproduzione con la Decca, con cui la RCA ebbe un accordo fino ai primi anni '60, (tra i tecnici del suono il famoso Kenneth J. Wilkinson), così come lo saranno in seguito alcune registrazioni di Herbert von Karajan con i Wiener Philarmoniker, compresa la famosa edizione della "Carmen" di Georges Bizet, con Leontyne Price, Robert Merrill, Mirella Freni e Franco Corelli, nei ruoli principali, registrata nel '63, alla Sofiensaal di Vienna e prodotta da John Culshaw (sia il luogo di registrazione che il produttore discografico, erano un'esclusività proprio della Decca) ed alcune produzioni effettuate in quel di Roma, come "La Gioconda" di Amilcare Ponchielli diretta da Fernando Previtali e l' "Aida" di Giuseppe Verdi, diretta da Georg Solti (inoltre sappiate che il coro e l'orchestra della RCA italiana, che compaiono su alcune realizzazioni del periodo, erano in realtà i complessi di Santa Cecilia, sotto mentite spoglie, avendo un contratto ufficiale d'esclusiva, proprio con la Decca); quanto a Karajan, apro una breve parentesi, poichè reduce da questa serie di registrazioni effettuate in coproduzione Decca/RCA, rimarrà talmente entusiasta soprattutto della filosofia di registrazione adottata in quelle operistiche, coi cantanti e i coristi che venivano fatti muovere, durante le sedute d'incisione, come se fossero in un palcoscenico virtuale, anzichè fissi in posizione da concerto come usuale (la Decca, non per niente, a tal proposito, usava la denominazione "Sonic Stage"), dal pretendere successivamente, quando incise nei mesi di settembre ed ottobre del 1965 per la DGG, con i complessi scaligeri, il celeberrimo dittico "Cavalleria rusticana/I pagliacci", di vederla replicata dai tecnici dell'etichetta tedesca. Al che, questi ultimi, gli risposero alquanto "diplomaticamente" che, pur non potendo venirgli incontro, avrebbero comunque cercato di accontentarlo nel migliore dei modi (!). Ma tornando alla RCA, le prime sessioni di registrazione a 2 tracce, verso la fine del '53 ed agli inizi del '54, vennero effettuate con apparecchiature di propria concezione, RCA RT 21, utilizzanti un nastro magnetico da un quarto di pollice, alla velocità di 38 (15 ips) o 77 (30 ips) cm./sec., collegate ad una coppia di miscelatori monofonici, ciascuno assegnato ad una traccia audio. I microfoni impiegati più frequentemente, erano quelli a condensatore della Neumann, i cardioidi U-47 e gli omnidirezionali M49/50, così come nella sala di controllo erano utilizzate casse acustiche sempre progettate dalla stessa RCA, le LC-1A, con altoparlanti a doppio cono da 15 pollici. Le registrazioni a 3 tracce vennero realizzate su apparecchiature Ampex 300-3, amplificate a valvole, utilizzanti nastri da mezzo pollice, inizialmente alla velocità di 38 cm./sec. (15 ips) ed in anni più tardi anche a 77 cm./sec. (30 ips), successivamente rimissati su nastri da un quarto di pollice a 2 tracce, usati per la masterizzazione (da rilevare che il segnale proveniente dal terzo canale, ovvero quello centrale, veniva utilizzato direttamente per creare la versione monofonica del disco). Nessuna equalizzazione veniva impiegata nelle fasi iniziali delle registrazioni multitraccia; i segnali provenienti dai microfoni, venivano sommati attraverso elettroniche passive ed incisi direttamente sul nastro. Inoltre, nessuna equalizzazione veniva applicata al momento del riascolto delle varie tracce derivanti dalle sedute d'incisione, in sala di controllo, ai fini dell'approvazione da parte dei musicisti medesimi, del risultato finale. Gli uomini che forgiarono il leggendario suono "RCA Living Stereo"? I produttori John Pfeiffer, Richard Mohr, Peter Dellheim e Joseph Habig, assieme ai tecnici Leslie Chase, Mark Donahue, Lewis Layton, Bernard Keville ed Anthony Salvatore. Curiosamente, su alcune copertine dei dischi usciti in questo periodo, veniva evidenziato l'utilizzo di un misterioso, speciale 'ingrediente', nella fabbricazione del vinile, dalle vantate proprietà antistatiche, volte cioè a combattere polvere e cariche elettrostatiche, oltrechè a ridurre il rumore di fondo, almeno a detta della stessa casa discografica. La sigla di questo fantomatico composto era "317X" (veniva talvolta aggiunta anche la pomposa definizione di "miracle surface") e null'altro veniva specificato, molto probabilmente trattavasi di fumo negli occhi, tant'è che successivamente questa menzione sparì completamente dalle copertine. Nel 1963, veniva introdotta anche la discussa tecnologia "Dynagroove", con cui si ambiva di risolvere il problema del progressivo aumento di distorsione del suono del disco, man mano che la puntina si avvicina al centro del disco, a causa dell'altrettanto progressivo aumento dell'errore radiale, intrinseco alla geometria dei bracci imperniati usualmente adottati sui giradischi (tutt'ora gli apparecchi dotati di braccio di lettura tangenziale, costituiscono un'esigua minoranza). L'espediente utilizzato consisteva nell'introdurre artificiosamente, durante il procedimento d'incisione, una sorta di distorsione uguale e contraria, che avrebbe dovuto in pratica, all'ascolto del disco, annullare quella dovuta all'errore radiale. Poichè il giudizio sulle effettive qualità sonore degli "RCA Living Stereo / Dynagroove" dato dagli esperti è controverso (c' è chi li trova validi e chi, al contrario, li trova pessimi), qualcuno ha giustamente notato che detto sistema era comunque tarato sulle caratteristiche tecniche delle testine fonografiche dell'epoca, dotate di puntine aventi prevalentemente una geometria di tipo conico, per cui riproducendoli con puntine odierne più fini ed adottanti geometrie di tipo diverso (ovvero ellittiche e similari), il suono non verrebbe reso in maniera ottimale (personalmente non ho, almeno fino ad ora, esperienze dirette in materia, anche se recentissimamente ho reperito, per una manciata di euro, in un negozio di dischi usati qui a Bologna, uno di questi "Dynagroove" originali, precisamente quello siglato LSC 2661 ed intitolato "Jalousie", comprendente musiche di vari autori, registrato il 19 e 20 giugno del 1962, dalla Boston Pops Orchestra diretta da Arthur Fiedler, ed uscito proprio nel 1963, ma non l'ho ancora ascoltato, singolare che per conoscerne la data d'incisione, abbia dovuto leggere il retrocopertina della sua corrispondente ristampa italiana, trovata nel medesimo negozio, poichè in quella statunitense manca detta informazione; nella busta interna del disco americano, per contro, su di un lato ci sono delle sintetiche note di commento sul programma musicale inciso, sull'altro invece si trova proprio un gran panegirico su questo nuovo sistema d'incisione adottato, a cura di un sedicente grande esperto di alta fedeltà a me, peraltro, totalmente ignoto. Da una prima scorsa, lo scritto mi sembra più fumo che arrosto, però, la qual cosa non mi meraviglia affatto). Credo comunque che questa tecnologia sia stata applicata per non più di un decennio, per poi tramontare definitivamente. La RCA manterrà la denominazione "Living Stereo" su almeno una parte delle copertine dei suoi dischi, fin verso la metà degli anni '70, almeno credo, anche se nel frattempo, l'originaria filosofia che ne era stata la base, verrà progressivamente sempre meno, viste anche le innovazioni tecnologiche caratterizzanti l'intero universo discografico, sia per il passaggio dalle catene di registrazione valvolari a quelle a transistori, avvenuto intorno alla metà degli anni '60, sia per l'introduzione di banchi di miscelazione multicanali, coi quali si passò ad una multimicrofonia sempre più spinta, in aggiunta, nel 1969, all'introduzione del primo sistema di riduzione di rumore di fondo, di tipo professionale, il Dolby A (tacendo anche del passaggio dai controlli manuali sulla qualità della fabbricazione dei dischi, a quelli completamente automatizzati, con esiti ovviamente nefasti, in aggiunta, alla fine degli anni '60, al cambio del logo RCA, assai più prosaico graficamente rispetto al precedente). Sempre agli inizi degli anni '70, vennero introdotti anche i famigerati "Dynaflex", vinili sottilissimi ed estremamente flessibili, ovvero facilmente deformabili, oltre che rumorosissimi, spacciati per giunta come un'autentica miglioria (!), per cui dell'alta qualità sonora, vanto dei migliori "Living Stereo", non rimaneva più alcuna traccia; per fortuna, questa autentica porcheria, sparirà dopo pochissimo tempo. Secondo gli esperti, il periodo dell'uscita di questi dischi speciali, è circoscritto nel breve arco di tempo compreso fra il '58 ed il '65 (a parere di alcuni anzi, non si andrebbe oltre il '63), cosa che vale anche per altre collane similari, come per esempio la "Mercury Living Presence". In quanto prodotti di lusso, ovvero di punta, la cura si estendeva anche alla grafica delle copertine (nel caso della RCA, anche delle etichette dei dischi), spesso particolarmente raffinata, inoltre i controlli di qualità interamente manuali, circa ogni 400/500 dischi, singolarmente esaminati al microscopio, facevano sì che un'intera partita potesse essere interamente distrutta, qualora anche un solo esemplare denotasse il benchè minimo difetto superficiale! Questo dà senz'altro un'ulteriore idea della singolarità di questi prodotti, ma anche il perchè si sia successivamente passati a procedure assai meno accurate, a detrimento della qualità del prodotto finale, però decisamente meno onerose, oltre che naturalmente assai più redditizie, dal punto di vista economico, per le case discografiche medesime. A parte il fatto che, all'epoca di queste incisioni, talvolta, già si perdeva parecchio tempo iniziale alla ricerca di un ambiente di registrazione adeguato (faccio l'esempio della Emi britannica che impiegò, negli anni '60, del gran tempo a cercare in quel di Londra, una chiesa dall'acustica adatta, soltanto per poter fare incidere a Sir John Barbirolli ed agli archi della New Philarmonia Orchestra, la quindicina di minuti complessivi di musica, costituita dalla "Fantasia su un tema di Thomas Tallis" di Ralph Vaughan-Williams, al fine di poterne catturare al meglio, in sede di registrazione, i particolari effetti antifonali caratterizzanti l'interazione fra il quintetto d'archi e la restante compagine strumentale), se si considera che le riprese sonore venivano effettuate con soltanto 2 o 3 microfoni, che si facevano diversi tentativi prima di trovarne il posizionamento ottimale, in relazione all'acustica del luogo, con relativo ulteriore dispendio di tempo oltre che di denaro, mentre con il successivo avvento delle consolle di missaggio multitraccia si sarebbero potuti posizionare frotte di microfoni direttamente di fronte ai singoli strumentisti o gruppi strumentali, provvedendo attraverso i cursori e le manopole del banco di registrazione, a posizionarli artificialmente sul fronte stereofonico (il cosiddetto pan-pot), aggiungiamoci l'uso progressivamente sempre più smodato di riverberatori, equalizzatori, limitatori, compressori di dinamica, riduttori di rumore, sintetizzatori di subarmoniche ed altre diavolerie assortite, tutto ciò accompagnato da un progressivo scadimento della qualità del vinile, composto in percentuale crescente da materiale riciclato da scarti di lavorazione, ed in misura decrescente, da materiale vergine, una minor cura nello stoccaggio, nell'immagazzinamento e nel confezionamento, che se da un lato si abbattevano ovviamente i tempi ed i costi, purtroppo si finiva, sempre più spesso, per sacrificare senz'alcun riguardo l'aspetto qualitativo, confliggente con gli interessi commerciali dei discografici, insomma non ci vuole molto a comprendere il perchè questa "età dell'oro" sia durata così poco (nota: le succinte e senz'altro lacunose notizie, suscettibili di errori ed imprecisioni, riguardo agli "RCA Living Stereo", le ho messe insieme semplicemente partendo da alcuni libretti interni di ristampe commerciali in sacd/cd, da retrocopertine di ristampe speciali in lp, oltrechè dal libro di Stefano Rama, "I dischi dell'età dell'oro", ed. Voltaire, da me più volte citato in precedenza, in aggiunta a piccoli apporti personali, occasionali reperimenti nei mercatini dell'usato, ed informazioni pescate sulle riviste specializzate. Purtroppo il libro di Jonathan Valin, "The RCA bible", testo di riferimento, è praticamente introvabile da alcuni lustri, per quel poco che ne so). - Appendice: pur essendosi parlato degli "RCA Living Stereo" inerenti il repertorio della musica colta, ciò non toglie che detta collana comprendesse anche titoli concernenti generi musicali più popolari (siglati generalmente LSP, con la P che sta per "Popular", anzichè LSC, con la C che sta ovviamente per "Classical", come per quelli di cui si è trattato in questa sede), ma per quel poco che ne so, se simile era la cura grafica delle copertine e la qualità di stampaggio del vinile, rispetto ai loro cugini più blasonati, purtroppo assai più discontinua ne era la qualità artistica ed ancora di più lo era quella sonora; in effetti, a parte alcuni grandi nomi (Elvis Presley, Harry Belafonte, Chet Atkins, Henry Mancini, Lena Horne), la maggior parte dei musicisti coinvolti in queste produzioni, erano di scarso livello e sono giustamente caduti nel dimenticatoio, inoltre i criteri di ripresa sonora adottati erano assai più commercialmente sciatti ed improntati per lo più ad uno stucchevole effettismo, tipo ping-pong stereofonico et similia, proteso a solleticare il pubblico più di bocca buona, ovvero meno esigente in fatto di realismo e verosimiglianza sonica, al quale erano prevalentemente destinati questi titoli, anzi in alcuni casi si trattava persino di riprese originariamente monofoniche, riprocessate elettronicamente in "stereo artificiale" (in questi casi la sigla diventava LSP-e); comunque sia, anche una parte di questi titoli è stata oggetto, in tempi recenti, di ristampe, sia su cd che su vinile speciale. / In Italia, salvo sporadiche, occasionali importazioni di manciate di questi titoli da parte di qualche negozio specializzato nelle città più importanti, gli "RCA Living Stereo", non hanno praticamente circolato nella loro veste originaria, poichè i dischi ritenuti vendibili anche nel mercato nostrano, come già accennato in precedenza a proposito dei "Dynagroove", venivano ristampati, con qualità sia sonora che di stampa, ovviamente di gran lunga inferiore rispetto ai corrispettivi d'oltre oceano (come triste e consueta, ahimè, fin dalle origini, "tradizione" nostrana, anzi, direi che gli Rca italiani, non erano nemmeno i peggiori in assoluto come stampaggio, nel mercato discografico nostrano, rispetto anche agli Emi e soprattutto ai Cbs italici, questi ultimi sì veramente diabolici!) ed anche con delle etichette assai meno suadenti graficamente rispetto a quelle dei dischi americani, ma il motivo di ciò era dovuto in gran parte al fatto che, poichè queste ultime (così come, sovente, anche le relative copertine) recavano accanto alla dicitura "RCA Victor", anche il celebre logo "His Master's Voice", ovvero proprio quello raffigurante il cagnolino (Nipper) che ascolta la voce del suo padrone provenire dalla tromba del grammofono, per il quale la casa americana deteneva i diritti soltanto per gli Stati Uniti ed il Canada, mentre per il resto del mondo, i diritti appartenevano alla Emi inglese e sue succursali, chiaramente per le copertine e le etichette dei dischi fabbricati dalle altre sedi della RCA sparse per il mondo, non si potevano adottare, ovviamente, gli stessi criteri grafici (ciò non sminuisce il fatto, anzi tutt'altro, che le etichette dei dischi RCA americani di quell'epoca siano veramente notevoli dal punto di vista dell'eleganza e raffinatezza estetica, forse fra le più belle in assoluto in ambito discografico, come ho potuto verificare anche personalmente, ed in questo caso la faccenda vale anche per gli esemplari monofonici dello stesso periodo, ed anche di quello precedente). Per la cronaca, gli Rca "locali" venivano prodotti nello stabilimento romano della filiale italiana, inaugurato nel 1950 (con tanto di articolo sul primo numero della rivista mensile "Musica e dischi", recante per giunta anche una foto a colori di Toscanini in copertina) ed originariamente sito al km.12 della via Tiburtina.          

sabato 29 novembre 2014

Bufale.

La sinestesia, questa sconosciuta. Sto conducendo una sorta di piccola inchiesta, chiedendo a tutti i musicisti che incontro, se sono dotati di sinestesia. Niun tema, non trattasi affatto di stramba malattia o malformazione, soltanto di una caratteristica, ovvero una particolare predisposizione mentale, che porterebbe il soggetto che ne sia dotato, ad associare automaticamente un dato suono ad un certo colore, insomma a 'visualizzare' nel suo cervello, una sequela di colori, durante l'ascolto di qualsivoglia brano musicale. C'è stato un periodo che, sui mass-media, se ne parlava abbastanza di frequente, tant'è che persino musicisti famosi la decantavano persino come la conditio sine qua non, per potersi addentrare in pieno nei meandri dell'arte musicale, per cui se non ne eri dotato, ti veniva persino il dubbio di essere una sorta di menomato, al quale fossero perciò precluse in partenza le porte che ti spalancassero la piena comprensione dell'universo musicale. Tutto ciò è anche frutto di quell'odiosissimo, tipico atteggiamento da sommi sacerdoti officianti un rito esclusivo, depositari unici di chissà quali presunti segreti, tipico di molti musicisti di professione, per montarsi la testa dandosi un'aura di presunta divinità, atteggiandosi da iniziati, per far sentire noi comuni mortali, in condizioni psicologiche d'inferiorità, cercando di farci credere che senza la loro imprescindibile intercessione, da soli non saremmo in grado di capirne un'acca; è il solito atteggiamento spocchiosamente elitario, dannosissimo alla corretta divulgazione del verbo musicale, poichè mira ad intimidire e ad inibire anche persone altrimenti potenzialmente interessabili. Il sospetto che fosse una cosa gonfiata ad arte, buona soprattutto per coloro che vogliono gettare fumo negli occhi, ce l'ho sempre avuto, peraltro. Infatti, quello che mi diverte, è la constatazione che, a tutti coloro ai quali ho rivolto questa domanda, la faccenda risultasse totalmente sconosciuta, per non dire che cascavano letteralmente dalle nuvole, al massimo mi dicevano che i suoni gli suscitavano immagini indistinte a livello di psiche (esattamente quel che succede anche a me) e nient'altro, meno che mai colori precisi. Personalmente ricordo, parecchi anni fa, di aver sentito in televisione, un noto pianista italiano, credo fosse Michele Campanella ma potrei anche sbagliarmi, dichiarare di averla posseduta da giovane, avendola però progressivamente persa con l'avanzare dell'età. Per contro, la sopravvalutatissima pianista francese Helène Grimaud, dichiara di avercela, ma guarda caso! E' pur vero che, nel corso della storia della musica, si sono avuti dei tentativi di associare ai suoni determinati colori (così come si sono sempre più di frequente usate espressioni verbali riferibili al 'colore strumentale/orchestrale'), pensiamo innanzitutto al compositore russo Alexander Scriabin (1872-1915) e al suo "Promethée, le poém du feu", op.60, per pianoforte, organo, coro misto e grande orchestra, del 1911. In realtà, negli intendimenti del compositore, il pianoforte da impiegare, sarebbe dovuto essere di una tipologia particolare, tutta da inventare sul momento, precisamente un "clavier à lumiére" secondo la definizione dello stesso, associante a ciascun tasto dello strumento, una luce elettrica colorata (per la nota Do, il rosso; per il Re, il giallo; per il Sol, l'arancione; e via di questo passo). Soltanto che la limitatissima tecnologia disponibile all'epoca, naturalmente, non consentì affatto la concretizzazione di questo ambizioso assunto, così come tentativi successivi, diedero esiti altrettanto fallimentari. Ci si è riprovato anche in epoca più recente, ma con effetti di luce che sembravano scimmiottare maldestramente quelli di una discoteca, per cui, generalmente, in sede di esecuzione concertistica, viene impiegato un normalissimo e 'banalissimo' pianoforte. Comunque sia, Scriabin era decisamente un recidivo, se si pensa che, nell'appena abbozzato "Mysterium", intendeva fondere suoni, luci, colori e financo odori (successivamente questo "Mysterium" sarà rielaborato da un certo Alexander Nemrovich-Danchenko, che lo trasformerà in un 'normalissimo' oratorio in 3 parti, per soli, coro ed orchestra, ne esisteva anche un'incisione Decca, diretta da Ashkenazy). Dopo Scriabin, tra gli altri, c'è da segnalare anche il compositore britannico Sir Arthur Bliss (1891-1975), con la sua "A colour symphony" per orchestra, composta fra il 1921 ed il '22, per il "Three Choirs Festival" di Gloucester, bellissimo lavoro, senz'altro fra i suoi più noti e maggiormente riusciti, i cui 4 movimenti sono 'dedicati' ad altrettanti colori (Purple: andante moderato/Red: allegro vivace/Blue: gently flowing - scorrendo con delicatezza -/Green: moderato). Mi viene in mente anche il francese Olivier Messiaen (1908-1992), con il suo "Couleurs de la cité céleste", per orchestra, però, a questo punto, ad essere proprio sinceri, devo candidamente confessare che, per quanto apprezzi moltissimo queste musiche, il mio 'stupidissimo' cervello, è totalmente incapace di associarle mentalmente a dei colori precisi, durante il loro ascolto, non ci posso proprio fare un bel niente! Gli unici brani che evochino nella mia mente delle vaghe associazioni coloristiche sono la 5^ sinfonia di Ralph Vaughan-Williams, che mi fa pensare alle sfumature ora bronzee, ora dorate, di uno splendido tramonto di fine estate, ed il "Mattutino", primo movimento del "Concerto dell'estate" di Ildebrando Pizzetti, che, prescindendo dal titolo, mi fa pensare, a tratti, al chiarore bianchiccio di un'alba ferragostana (forse potrei anche aggiungervi la 4^ sinfonia di Jan Sibelius -1865/1957- che in effetti mi suscita una serie di sfumature di grigio, nulla a che vedere naturalmente con la famigerata saga erotico-libraria, ma probabilmente sto delirando!), per il resto, nebbia fittissima. La qual cosa mi fa pensare che in tutto ciò, ci possa essere anche una componente fortemente soggettiva, frutto di suggestioni personali (o magari di essersi imprudentemente abbuffati con della bagna cauda o peperonata all'ora di cena). A questo punto, vorrei tanto che si conducesse un serio esperimento, nel quale si radunasse un campione formato da un certo numero di questi individui che si dichiarano 'sinestetici', li si isolasse singolarmente dentro cabine completamente insonorizzate con indosso una cuffia, facendogli ascoltare in contemporanea la medesima miscellanea di brani musicali, chiedendogli di segnare su un foglio (o cliccando su uno schermo), tutta la sequenza di colori, o combinazioni di tinte, presuntamente percepita dal loro cervello, nell'arco dell'intera sessione d'ascolto, Non mi meraviglierei affatto se, in tale contesto, i risultati divergessero del tutto od in parte, da un soggetto all'altro, del campionario preso in esame. Alla fine, se ascoltando qualsivoglia brano musicale, non visualizzate alcunchè, dormite pure sonni tranquilli, non è nè obbligatorio nè tantomeno indispensabile, non siete affatto degli anormali o dei menomati, tutt'altro, potete decisamente infischiarvene di quella che è, assai probabilmente, soltanto una fantozziana "cagata pazzesca"! / Quanto alla Grimaud, ragazzetta ridicola nel suo atteggiarsi già a donna vissuta con tipici atteggiamenti da grande vestale dell'arte musicale, conciata spesso come una vecchia zitella (parrebbe addirittura che il suo 'aggraziato' sembiante venga addirittura paragonato a quello di una pulzella rinascimentale, cose dell'altro mondo!), presuntuosamente dispensanteci 'sani consigli' ed 'esperienze' di 'vita vissuta', nei suoi libercoli, purtroppo stampati anche qui in Italia, oltrechè nelle sue interviste, concesse a cani e porci, notoriamente ertasi financo a paladina ecologista a 'difesa' (???) di quei poveri disgraziati di lupi, i quali, non so fino a che punto, possano essere realmente. contenti del suo presunto interessamento. A tal proposito, ricordo una remota dichiarazione dell'esimia donzella, la quale ci riferiva che, ogni qualvolta suonava (???) il suo strumento nella sua dimora alle pendici delle montagne svizzere, uno dei lupi, (sfortunatamente) aggirantesi nei paraggi, si metteva regolarmente ad ululare, chissà perchè! Io, una certa idea sul motivo di una tale reazione, me l'ero certamente già fatta ma, ovviamente, la graziosissima figliola, non veniva minimamente sfiorata dal dubbio che, probabilmente, l'intelligente bestiola, dall'udito assai più sensibile di quello umano e perciò stesso più fragile e delicato, fosse in preda ad un grandioso e terrificante spappolamento genitale, non tollerando sacrosantemente oltre, l'essere sottoposto a sì tremendo ed ingiustificato supplizio. L'ho già dichiarato in precedenza: propongo una petizione per salvare questi poveri lupi, dalle g(rrr)infie della G(rrrrrr)imaud, sbrighiamoci a raccogliere firme in loro difesa, prima che sia troppo tardi, o lo è di già? Accidenti a lei (e a quell'altro schiacciasassi muso giallo di "Bang Bang" - se almeno fosse "Gang Bang" - sguinzagliato dal "racket del piacere della musica", in questo periodo, ad esibirsi in giro nel nostro già fin troppo agonizzante 'bel paese', sigh!)! So che, naturalmente, ha anche un suo sito internet, bisogna in tal caso che mi decida a visitarlo, per verificare fino a che punto possa avere la sfrontatezza di parlarsi addosso; penso ci siano forti probabilità di trovare 'perle di saggezza' a iosa, vista la soggetta, non me ne meraviglierei affatto; in tal caso, spero almeno di potermi fare qualche risata, sì da alleviare un poco l'atmosfera perennemente uggiosa di queste ingrigite giornate. Anni fa incontrai, in Piazza Maggiore, un bolzanino di mezz'età, contentissimo di aver assistito ad un concerto dell'illustrissima suonatrice elvetica, per la serie "il mondo è bello perchè è vario", oppure no? - P.S.: in effetti ho successivamente visitato il sito ufficiale dell'esimia suffragetta, dopo aver stilato queste facezie, ma non mi è venuto affatto da ridere, anzi l'ho trovato sommamente banale e deprimente, nei suoi toni ostentatamente agiografici, ma forse era prevedibile! / Ma 'la grande bufala Allevi', paragonata tempo addietro dallo sciroccato Rattalino, addirittura al grande Busoni (per me non sarebbe nemmeno degno di essere paragonato ai 'busoni'), veramente, che fine ha fatto? Sono veramente preoccupato per le sorti del boccoluto/moccoluto "artista" (?). Qualche accidente andato finalmente a segno? Peraltro continuo a vedere i suoi 'dischi volanti' ovvero 'da cassonetto', ancora esposti, nel seminterrato del 'Ricordi Media Store', di via Ugo Bassi; ma ci sarà ancora qualche umanoide che li compra, o stanno lì a far le ragnatele? Rammento inoltre che il suddetto si "vantava" anche di possedere, nel suo piccolo appartamento milanese, un modesto pianoforte digitale, il massimo consentitogli dall'esiguo spazio a disposizione, ma comunque motivo certo non sufficiente a giustificarne gli scadentissimi risultati, a livello artistico; inoltre, dopo che i membri (!) della giuria del concorso violinistico "Paganini" di Genova, gli avevano appositamente commissionato un brano da far eseguire al vincitore (purtroppo successivamente immortalato su disco), guardacaso detto concorso si è definitivamente affossato, o così mi pare! Ma  dopotutto, secondo una signora bolognese di mezza età, melomane frequentante l' "Orinale", o meglio, il Comunale, lui sarebbe addirittura un genio (caso mai, un geni-tale, direi io, come più volte ribadito in precedenza), così come, una volta, un giovane e valente chitarrista classico, mi disse che, secondo lui, la 'vera personalità' del talentuoso donzello era in realtà imprigionata da un sistema che lo costringeva a far cose contro la sua natura e che, prima o poi, il 'vero' Allevi (?), sarebbe finalmente emerso in tutta la sua interezza. Infatti sto ancora 'fiduciosamente attendendo' il verificarsi di un tale evento (ma campa cavallo che l'erba cresce!). Oppure, visto il periodo, ci si deve aspettare, da parte sua, qualche altra strenna natalizia dietro l'angolo? Save the children from Allevi! - P.S.: non l'avessi mai scritto, poichè, a distanza di pochi giorni da queste note, ti leggo proprio che a gennaio del prossimo anno, esce il nuovo disco del "moccoluto", a distanza di 4 anni dal precedente disco 'di platino' (gulp! Così recitava il trafiletto), per la serie: lasciate ogni speranza voi che entrate... in Italia! Ben mi sta, così imparo a non starmene zitto e buono, non bisognerebbe mai azzardarsi ad evocare certi mostri! / Ma perchè mettere sulla gogna mediatica, in queste bigie giornate, il malcapitato Beppe Maniglia, per via dell'uso di anabolizzanti? Tanto lo sanno anche i sassi, che è notoriamente un grandissimo "pallone gonfiato", lo è sempre stato fin dalla nascita! Hanno proprio fatto la scoperta "dell'acqua calda"! Ma suvvia, lasciatelo vivere quel povero vecchietto, smunto 'umàrel' (gesù, veramente, vedendolo in video, ma quanto è decrepito, magari potrebbe servire, una volta tanto, per la mezzanotte di San Silvestro in Piazza Maggiore, ma no, ripensandoci, forse la combustione della sua sgangheratissima e putrescente carcassa, produrrebbe miasmi troppo venefici e letali per l'ambiente e le persone, lasciamo perdere che è meglio!), roba da "Villa Baruzziana"! /  Nielsen, questo sconosciuto.Quella di giovedì 7 novembre, all'Auditorium "Toscanini", penso sia proprio stata la prima esecuzione pubblica italiana in assoluto, ad opera dell'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai di Torino, diretta da Corrado Rovaris, della 4^ sinfonia "L'inestinguibile" (Det undslukkelige), del compositore danese Carl August Nielsen (1865-1931), composta intorno al 1915 e quindi in piena "Grande Guerra", autentico inno all'inestinguibilità della vita (da qui il titolo), contrapposta alla barbarie mortifera della guerra, in 4 movimenti senza soluzione di continuità, con frequenti passaggi quasi solistici, soprattutto nell'ultimo tempo, per i 2 timpanisti impiegati, disposti alle estremità della compagine orchestrale e simboleggianti 2 ipotetici eserciti contrapposti (frequentata da interpreti del calibro di Bernstein, Karajan, Mehta, Blomstedt,Vaenskae, per dirne alcuni);  in questa occasione se ne è avuta un'interpretazione complessivamente buona, anche se un poco discontinua, sia da parte dell'orchestra che del direttore, per i quali, senz'altro questo brano rappresentava una novità assoluta, lavoro comunque tra i maggiori dell'insigne musicista, peraltro mi sembra, assai tiepidamente applaudito, in quell'occasione, dal pubblico torinese, od almeno codesta è l'impressione che ne ho ricavato attraverso l'ascolto della diretta radiofonica. Anzi, credo, fino ad ora, che sia stata l'unica volta,che un'orchestra italiana, abbia affrontato una qualunque delle sue 6 sinfonie, in pubblico come in studio di registrazione, non risultandomi null'altro, salvo smentite che ritengo assai improbabili. L'unica altra sortita di un complesso nostrano nel repertorio nielseniano di cui abbia riscontro, è un'incisione di studio del suo concerto per clarinetto ed orchestra, op.57, con Fabrizio Meloni come solista, accompagnato dall'Orchestra Sinfonica Abruzzese, diretta da Giancarlo De Lorenzo, contenuta in un disco uscito nel 2009, allegato al mensile "Amadeus" e comprendente anche gli analoghi brani di Aaron Copland e Jean Francaix. Tutto qui, a quanto mi consti, ennesima dimostrazione dell'enorme ritardo cultural-musicale accumulato nel corso del tempo, dal nostro sciaguratissimo e provincialissimo bel paese, nei confronti di questa, come di altre eminenti ed importanti figure musicali del secolo da poco trascorso, ma è sempre tutto stramaledettamente nella norma! Temo proprio che nessun ente lirico nostrano, tagli o non tagli, si prenderà mai la briga di allestire nemmeno quello che è forse il suo lavoro teatrale più noto, "Maskarade", un vero peccato! Una vergogna! Per fortuna il disco, per chi lo voglia, supplisce in gran parte, a simili deficienze di programmazione da parte delle istituzioni musicali nostrane. La frase più celebre di Nielsen, esplicativa del suo atteggiamento poetico? Eccovela squadernata: "Un'arpa in orchestra, è come un capello nella minestra". Personaggio singolare,senza alcun dubbio! / Che tristezza veder definire, qualche giorno fa, sulle pagine de "Il resto del Carlino", la "Lady Macbeth del distretto di Mcensk" di Dimitri Shostakovich, in scena in questi giorni al "Comunale", una "porno opera" (e allora, cosa si dovrebbe dire anche della quasi coeva "Lulu" di Alban Berg, per non parlare de "Il mandarino miracoloso" di Béla Bàrtòk o della "Carmen" di Georges Bizet?), quando la scabrosità di certe scene non è mai fine a se stessa, ma, al contrario, funzionale all'esemplare drammaturgia di questo autentico caposaldo del 20° secolo. Peraltro, in tempi di sensazionalismo pruriginoso dilagante nei mass-media, non ce ne sarebbe affatto da meravigliarsene. Rispetto al romanzo omonimo di Nikolai Leskov, dal quale questo lavoro è tratto, che ne faceva un personaggio più a senso unico, in una trama originariamente ancora più cruda, comprendente anche un'infanticidio, non inserito nell'opera, il lavoro di Shostakovich, fa della protagonista, Katerina Izmailova, un'autentica antesignana dell'emancipazione femminile, costretta a gesti estremi, pur di potersi ribellare alla grettezza borghese del contesto sociale che la circonda, ovvero la soffoca. In questo lavoro, rappresentato nel dicembre del 1934 (su un libretto scritto a 4 mani dallo stesso compositore in tandem con Alexander Preis), il musicista sovietico si trova in quella particolare fase stilistica, in cui all'esuberanza giovanile, si unisce già una piena maturità stilistica, - se si pensa anche che, di lì a poco, ovvero proprio nel 1936, l'anno famigerato della messa al bando della "Lady Macbeth", per volere di Stalin, si avrà la composizione della sua 4^ sinfonia, ritirata proprio alla vigilia della prova generale, ufficialmente per volontà dello stesso compositore, in realtà su pressioni dall'alto, per via della assurda accusa di "formalismo" (dopo varie traversie, la prima, trionfale, esecuzione pubblica di questa sinfonia si avrà nel 1961, con la Filarmonica di Mosca, diretta da Kiril Kondrashin), lavoro figlio anch'esso della medesima temperie stilistica e culturale (e forse la migliore e senz'altro la più audace delle sue 15 sinfonie), -  la qual cosa si evince dal fatto che conosce a menadito tutti i trucchi del mestiere, sapendoli usare magistralmente, finendo così col comporre una musica straordinariamente complessa ed al contempo accattivante, sfrontatamente esuberante e trascinante come poche (la debordante sensualità di questa musica, lascerà di fatto, letteralmente scioccato il suo collega e rivale Sergei Prokofiev, che, al riguardo, si esprimerà col termine di "pornofonia"). Del resto, il suo enorme talento teatrale, lo aveva già dimostrato, nel 1930, col sublime "Il naso", così come, precedentemente, anche nei balletti "Il bullone" e "L'età dell'oro" (la caratteristica di Shostakovich di saper cavare sangue anche dalle rape, nel senso di creare autentici capolavori, partendo anche da soggetti che facevano aggricciare la pelle, per tanto che fossero intrinsecamente bolsi ed infarciti di retorica di regime, è veramente ragguardevole), ma in quest'ultimo lavoro del 1934, se possibile, riesce anche a superarsi, inoltre aggiungiamoci anche il talento di saper comporre colonne sonore per il cinema (ne scriverà almeno una quarantina), poi pure il fatto che, da giovane studente, si guadagnasse qualche soldo, accompagnando al pianoforte le proiezioni di film muti al cinematografo, caratteristica denotante perciò enormi capacità improvvisatorie oltrechè estrema flessibilità ad adattarsi a condizioni ambientali spesso al limite, trovandosi ad avere a disposizione, strumenti sovente in condizioni tutt'altro che ideali, per cui non ci si può stupire che da un musicista così straordinariamente dotato, sia sortito l'ennesimo capolavoro teatrale (le recensioni dell'epoca furono unanimi nel dichiarare che, dopo la "Dama di picche" di Piotr Ilich Ciaikovski, il teatro lirico russo, non aveva più toccato, fino a quel momento, vertici di tale profondità ed espressività; singolare però il fatto che venisse proprio paragonato a Ciaikovski, musicista verso il quale Shostakovich provava un misto di amore ed odio). Purtroppo, in seguito, a parte l'incompiuto "I giocatori", il balletto "Il limpido fiume" ritirato subito dopo la prima (avvenuta in un teatro defilato di provincia e con il dittatore georgiano che pare vi abbia assistito in incognito) e quella sorta di singolare ibrido fra operetta e commedia musicale, con moderati accenni di satira sociale, costituito da "Mosca, Quartiere dei Ciliegi" (e senza considerare pure il completamento de "Il violino di Rotschild" di Benjamin Fleischmann, suo disgraziatissimo allievo perito nel 2° conflitto mondiale, oltrechè la versione rifatta e purgata, nel 1958, col sostegno dell'amico Mstislav Rostropovich, della "Lady Macbeth...", questa volta col titolo di "Katerina Izmailova"), il suo innato talento teatrale, a causa dei continui "tira e molla" causatigli dal regime sovietico, anche dopo la morte di Stalin, non avrà più molte occasioni per manifestarsi appieno, come, per l'appunto, in questa "Lady Macbeth", il cui immediato successo si riverberò immediatamente oltreoceano, tant'è che, negli Stati Uniti, sia Arthur Rodzinski che Arturo Toscanini, introdussero la breve suite da concerto trattane dall'autore medesimo, nei loro programmi sinfonici. Per cui, quando cadde il bando staliniano, nel 1936 (il dittatore avrebbe assistito, in una sera di gennaio, da un palco di proscenio ad una delle rappresentazioni, rimanendo irritato dal famoso 'intermezzo erotico' nel quale la protagonista viene quasi violentata dal suo rozzo amante, uscendosene immediatamente dal teatro), era già da più di un anno che questo titolo cavalcava baldanzosamente i palcoscenici dei teatri dell'Unione Sovietica, con crescente successo. Ecco quindi, il giorno dopo che il dittatore era andato a teatro, comparire sulla "Pravda" il famigerato articolo "Confusione invece che musica", ufficialmente anonimo, ma in realtà stilato dal noto censore Zdanov, a capo dell'associazione dei compositori russi, avente come immediata conseguenza, quella di far sparire il lavoro dai palcoscenici. Singolare che, dopo tale bando, se ne sia avuta un'ulteriore rappresentazione nel 1948, al "Teatro La Fenice" di Venezia, nell'ambito della "Biennale di Musica Contemporanea", sarei proprio curioso di sapere come abbiano fatto, all'epoca, a procurarsi la partitura originale di un lavoro ufficialmente vietato dal regime staliniano! Che poi, proprio riferendomi al famoso 'intermezzo erotico', mi viene spontaneo affermare che, non avrei mai immaginato che una volgarissima copula sessuale, venisse musicalmente resa in maniera così meravigliosa, nella sua affascinante sguaiataggine grottescamente sfrontata, talmente evocativa che non c'è nemmeno bisogno di vederla in scena, nè tantomeno di conoscere la trama, per 'capire' quel che vi succede, poichè il ritmo progressivamente sempre più forsennato della musica rende a meraviglia la brutalità bestiale e grottescamente meccanicistica di questo seduttore da strapazzo nei confronti della protagonista, arrestandosi quasi di botto al culmine dell'orgasmo, per sottolinearne dopo una brevissima pausa, con toni irridenti, l'improvvisa spossatezza animalesca del rozzo omuncolo. Ma è gran parte della musica di quest'opera ad essere condotta superbamente, come forse solo un'anima russa può fare, sul doppio binario del grottesco e del drammatico, con una trama fortemente connaturata da elementi di critica sociale, d'irrisione e sarcasmo nei confronti dell'autorità costituita, della polizia, mostrata nella sua intrinseca stupidità ed imbranataggine e del clero, mostrato come maneggione ed ubriacone. Soltanto in certi interludi orchestrali ed in particolare, all'inizio (con un canto dei deportati di un soffio epico certamente non immemore del modello mussorgskiano) ed alla fine del 4° atto, quando la protagonista, dopo aver gettato nel baratro il suo ex-amante e la sua nuova fiamma, ci si butta anche lei, prima che le guardie del campo la catturino, la musica diventa scopertamente drammatica, per il resto prevalgono toni grotteschi, irridenti, circensi persino, a parte certi brucianti involi melodici, soprattutto in corrispondenza dei soliloqui della protagonista, con una tensione sommessa all'inizio del lavoro, ma che cresce progressivamente ed inesorabilmente, man mano che l'opera procede. La sua successiva versione purgata, intitolata appunto col nome della protagonista, "Katerina Izmailova", smussata anche nelle asperità orchestrali, ebbe una discreta circolazione anche all'estero, in Russia ne venne inoltre realizzata, con ulteriori tagli e rimaneggiamenti, negli anni '60, una versione cinematografica, edita qualche anno fa anche in dvd. Ma l'anno di volta per il deciso ritorno alla versione originale, senz'altro superiore, è il 1979, quando uscì la celeberrima incisione Emi, diretta proprio da quel Rostropovich che aveva supportato il musicista nella sua successiva revisione purgata (e con l'apporto della stessa protagonista sia della versione cinematografica che della prima assoluta della revisione del 1958, sua moglie Galina Vishnevskaia), ma che, in questo caso, ritornando allo spartito primigenio, rende finalmente al capolavoro di  Shostakovich, piena giustizia; non per niente, parecchi anni dopo, questa realizzazione, mai uscita saggiamente dal catalogo, verrà giustamente inclusa in una collana dedicata alle grandi incisioni del secolo, essendo tutt'ora un'edizione di assoluto riferimento, nonostante ne siano nel frattempo comparse anche delle valide alternative. In quello stesso anno di grazia 1979, se la memoria non m'inganna, ricordo anche la diretta televisiva, in prima serata, su Rai1, dell'inaugurazione del "Festival dei 2 Mondi" di Spoleto, che principiava proprio con questa versione originale dello spartito shostakovichiano, anche se con qualche piccolo taglio ed aggiustamento ed in una discutibile versione ritmica italiana, discretamente diretta da Christian Badea ed altrettanto discretamente eseguita dai cantanti e dai complessi spoletini, non so se la regia teatrale fosse proprio di Gian Carlo Menotti, ma potrei sbagliarmi......... Comunque sia, ma quale "porno opera"! Ma fatemi il piacere! Non siamo certo dalle parti di qualche saga pseudo letteraria erotica, con i suoi scandaletti costruiti a tavolino per fare "cassa" e dal successo bruciante quanto effimero! Qui la sostanza è ben altra, altrimenti non si spiegherebbe affatto la sua presenza sulle ribalte internazionali, ancora a distanza di quasi 80 anni dalla prima assoluta!


martedì 25 novembre 2014

Giramenti.

A parte il fatto che, se provo a digitare il mio nome e cognome sul motore di ricerca, sempre più mi vedo soverchiato da siti che rimandano ad un mio omonimo giovane jazzista, del quale però stranamente non ho alcun riscontro in qualsivoglia altra sede, un'altra cosa che me le sta facendo letteralmente roteare alla velocità della luce, anche se purtuttavia prevedibile dati i tempi, è il fatto che, anche qui a Bologna, capoluogo regionale e non certo piccolo paesello sperduto, gli unici 3 negozi di dischi che ancora si degnino di trattare la classica, si stiano sempre più attestando sulle novità provenienti dai cataloghi dei grossi gruppi multinazionali, titoli che, salvo sporadicissime eccezioni, apparterrebbero, secondo lo scrivente, alla categoria "dischi volanti", ovvero degni al massimo di 'volarsene' direttamente al cassonetto dell'immondizia (se non fosse per i rischi d'inquinamento ambientale, a parte quello acustico, insiti nella faccenda), naturalmente sempre più a discapito delle etichette indipendenti, non solo quelle piccole, ma anche quelle piuttosto importanti come la Naxos (che possono contare, almeno sulla carta, su una distribuzione capillare a livello mondiale), cosa ancor più grave, il cui catalogo ha una vastità tale da far invidia persino a quelli delle multinazionali, la qual cosa mi fa decisamente venire un diavolo per capello! Ma anche fra le novità delle grosse etichette vi sono discriminazioni, avendo visto il recentissimo album del pianista Maurizio Baglini, per la Decca, comprendente lavori di Mussorgski, in tutti e 3 i negozi, mentre sia il coevo disco della moglie violoncellista Silvia Chiesa (accompagnata dall'orchestra sinfonica nazionale della Rai diretta da Corrado Rovaris), inciso per la Sony Classical, con opere di Casella, Pizzetti e Respighi (2 copie), sia il nuovo disco Dg dedicato a lavori per strumenti solisti ed orchestra, della compositrice coreana Unsuk Chin, eseguiti dall'orchestra filarmonica di Seoul diretta da Myun-Whun Chung (1 copia d'importazione), solo per fare un banalissimo esempio, li ho visti soltanto in uno dei 3 negozi, pur facendo attualmente parte, Decca e Dg, dello stesso gruppo (Universal), quindi con la stessa catena distributiva,  ed il motivo, facilmente intuibile, si deve alla scarsa popolarità del repertorio proposto, peraltro non di molto superiore anche nel caso dei lavori pianistici mussorgskiani, eccettuati però gli arcinoti "Quadri di un'esposizione", ovviamente pezzo forte della nutrita antologia! Tutto peraltro mestamente nella norma, solo che la vita di un comune mortale appassionato che non voglia divenire schiavo di Amazon e compagnia bella, siti tutt'altro che convenienti ed affidabili contrariamente a quel che gli ingenui credono e tenendo pure conto del fatto che non tutti si destreggiano con la rete, si sta facendo vieppiù ingrata e difficile, anche se purtroppo prevedibile, Bologna non è certo l'unico posto con questa tara, c'è senz'altro di peggio, ma il rospo, per quel che mi riguarda, resta comunque impossibile da inghiottire, anche perchè ulteriore, piccolo sintomo di un generale 'impoverimento' di questa città, se si pensa che solo quest'anno ho visto anche chiudere definitivamente i battenti la grossa libreria "Feltrinelli International" di via Zamboni, con relativo spostamento e drasticissima riduzione del reparto dedicato alle riviste e pubblicazioni in lingua straniera, alla sede di piazza Ravegnana, sostituito da un banalissimo negozio di una catena danese proponente paccottiglia casalinga, nel mentre, di lì a poco, la "Feltrinelli" di via dei Mille, ha visto la totale soppressione dell'edicola internazionale, con altrettanto drastica riduzione dell'orario d'esercizio, solo per parlare di cose recenti relativamente al solo centro storico, questo però la dice lunga sul clima, sull'atmosfera d'involuzione che permea anche il capoluogo felsineo, ovviamente nell'indifferenza totale dei cerebrolesi concittadini, bamboccioni viziati dal troppo benessere, almeno nella stragrande maggioranza dei casi. Certo la crisi è mondiale, tra l'altro si era anche ipotizzata, a livello discografico, la possibilità della creazione di un'unico distributore o grossista a livello europeo, a cui tutti i negozianti degli stati membri potessero indifferentemente attingere, che garantisse comunque la reperibilità di qualsivoglia titolo in catalogo, nell'arco di un periodo massimo di 2 settimane (o così mi pare), però evidentemente la faccenda è ancora in alto mare, così come il fatto che, almeno in linea teorica, qualunque negoziante nostrano possa, tramite la rete, ordinare titoli anche a distributori stranieri, almeno a livello europeo, anche questa cosa, all'atto pratico, non sembra avere grande efficacia (a parte il fatto che, stranamente, tempo addietro, i prezzi praticati dai distributori stranieri, erano spesso più convenienti, mentre adesso la tendenza sembrerebbe addirittura invertita) probabilmente per un boicottaggio attuato dai lavativissimi distributori nostrani, a suon di possibili ricatti e ritorsioni nei confronti degli stessi negozianti, forse anch'essi sempre più stanchi e demotivati (cose del genere, del resto, le lessi anni fa nel defunto mensile "Musica e dischi"). A proposito di questi ultimi, c'è da notare proprio che l'attuale distributore italiano dell'etichetta svedese Bis, New Arts/Talea, sembrerebbe essere nè carne nè pesce, avendo inutilmente ordinato da tempo alcuni titoli di questa casa al negoziante abituale, che ovviamente, pur non essendo affatto delle novità, non sono mai giunti, almeno fino ad ora, ma quel che mi è stato detto al proposito, non mi spinge di certo all'ottimismo (chiaramente le mie sono ipotesi da non addetto ai lavori, perciò da prendersi con le molle)! Ma se si pensa alla fine che stanno progressivamente facendo in Inghilterra, i negozi della catena "HMV", in particolare la recente chiusura dell'esercizio di Oxford Street a Londra, che con la sua superficie di circa 6000 metri quadrati, era il più grande del mondo, naturalmente non c'è alcunchè di cui meravigliarsi, si sa che i negozi di musica (non soltanto quelli di dischi) sono destinati all'estinzione totale, la tendenza è inesorabilmente quella, lapalissiano, banale, ma è difficile dover accettare questo stato di cose, pur sapendo di non poterci fare assolutamente nulla! Altro che giramenti! / La novità annunciata anche in rete, dell'attuale stagione dell'orchestra sinfonica nazionale della Rai, era quella che, oltre alle dirette radiofoniche su Radiotre, una parte dei concerti avrebbe avuto anche la contemporanea diretta televisiva su Rai5, ma a parte alcune differite, di tutto ciò non sembrerebbe esserci più traccia, anche qui tanto per cambiare, tutto nella norma, come al solito, no? / Anche lo smilzo formato adottato da alcuni mesi dalla rivista "Musica", non induce affatto all'ottimismo, in barba al conclamato aumento di pagine complessive, non particolarmente rilevante, soprattutto se lo si confronta col numero di pagine usuale dei numeri delle annate più remote, sic!   

domenica 16 novembre 2014

Celluloide non di celluloide / Appendice.

Un'altra manciata di titoli, acquisiti successivamente dal sottoscritto, da aggiungere alle mie precedenti, lacunose, discografie e bibliografie succinte, inerenti l'argomento della musica da film: - Nino Rota; lavori orchestrali: vol.1) The legend of the Glass Mountain, suite; Satyricon/Roma, suite; Il Padrino, tema d'amore, per arpa (+Variazioni sopra un tema gioviale; Fuga per quartetto d'archi, organo ed orchestra d'archi; Concerto per violoncello ed orchestra -1925-; Concerti nn. 1,2 per violoncello ed orchestra; Allegro concertante; Concerto per arpa ed orchestra; Sarabanda e toccata per arpa; Il cappello di paglia di Firenze, ouverture) - 2 cd Decca 481 0284; vol. 2) War and Peace (Guerra e Pace), suite; Amarcord, suite; Le notti di Cabiria, suite (+Concerto per trombone ed orchestra; Guardando il Fujiama; Andante sostenuto per il Concerto per corno ed orchestra KV412 di W. A. Mozart; La fiera di Bari, ouverture; Concerto per fagotto ed orchestra; La scuola di guida; Castel del Monte, ballata per corno ed orchestra) - 2 cd Decca 481 0394; vol.3) Prova d'orchestra, suite (+Le Molière Imaginaire, balletto; Rabelaisiana; Concerto in mi magg. per pianoforte ed orchestra 'Piccolo mondo antico') - 2 cd Decca 481 0694; Elena Piva, arpa; Mario Shirai Grigolato, violoncello; Valentina Corradetti, soprano; Paolo Cauteruccio, tenore; Giuliano Rizzotto, trombone; Sandro Ceccarelli, Giuseppe Amatulli, corni; Alarico Lenti, fagotto; Davide Vendramin, fisarmonica; Maria Silvana Pavan, Carlotta Lusa, Simone Pedroni, pianoforti; / Orchestra Sinfonica di Milano "Giuseppe Verdi" / Giuseppe Grazioli, direttore. / Registrazioni di studio effettuate nell'agosto del 2011 all'Auditorium di Milano della Fondazione Cariplo (sede abituale dell'orchestra). - Nota: il progetto del quale fanno parte i presenti cd, tutti usciti nel corso del 2013, a prezzo economico ma dal confezionamento terrificante, prevedeva l'incisione integrale dei lavori orchestrali di Rota, per complessivi 6 volumi, ovvero per un totale di 12 cd; purtroppo, ne ignoro il motivo, trattandosi per giunta di ottime esecuzioni, la faccenda sembra si sia arenata al terzo volume, in rete non ho trovato alcuna delucidazione al riguardo, stessa cosa chiedendo al commesso del negozio di dischi dove vado abitualmente, speriamo che non sia un brutto sintomo, sarebbe veramente un peccato, poichè questi 3 volumi già usciti, comprendono almeno una decina di brani in prima incisione assoluta, tra cui le suites da "Satyricon/Roma" e "Le notti di Cabiria" (non così è invece per il balletto "Le Molière Imaginaire", contrariamente a quanto dichiarato nel retro copertina, del quale esisterebbe l'incisione Deutsche Grammophon uscita nel 1975, con gli stessi interpreti della prima assoluta, ovvero l'Orchestre du Theatre de La Monnaye de Bruxelles, diretta da Elio Boncompagni, attualmente fuori circolazione, faccenda che rammento di aver già menzionato in precedenza). La qualità sonora di questi dischi è buona anche se non particolarmente entusiasmante, caratterizzata da un'immagine un po' troppo costipata e da una ripresa un po' troppo ravvicinata, oltre che da un'acustica secca, penso dovuta anche al luogo di registrazione, con una timbrica a tratti un filino satura ed una dinamica buona, ma non certo da pelle d'oca (non direi sicuramente che si tratti del tipico "suono Decca" degli anni d'oro, anche perchè gli autori di queste riprese sonore, nostrani, non fanno certamente parte dei responsabili 'storici', produttori e tecnici, che hanno forgiato, a suo tempo, il suono peculiare di questa etichetta; oramai, con il progressivo inglobamento di queste case da parte dei grossi gruppi multinazionali, queste etichette hanno visto svilire il proprio prestigioso marchio a mero specchio per le allodole, poichè è andata decisamente a farsi benedire la particolare e personale impronta sonora notoriamente associata alla Decca, come anche nel caso di altre etichette consimili, anche perchè, volendo economizzare risparmiando sul personale, sempre più spesso ci si affida a strutture esterne che, sovente, operano anche per altri gruppi ed etichette discografici, provocando così una crescente omogeneizzazione e spersonalizzazione della qualità sonora complessiva; soltanto una parte delle case discografiche indipendenti è riuscita a mantenere una propria, precisa identità sonica, ahimè, discorso lungo e complesso, senz'altro meritorio di ulteriori approfondimenti futuri). Giuseppe Grazioli, allievo di Franco Ferrara, Peter Maag e Leonard Bernstein, è lo stesso che diresse efficacemente, nel 2008, quel bell'allestimento dell'opera "Napoli milionaria" dello stesso Rota, al Festival di Martina Franca, fortunatamente documentato in un dvd attualmente reperibile, emesso a cura dello stesso festival, ma anche in questo caso con l'indicazione mendace (ma è proprio una mania!) di "prima incisione assoluta". Guarda caso, proprio verso le ore 10 di domenica 2 novembre, Rai 5 ha trasmesso la ripresa televisiva Rai, con immagini a colori, della prima assoluta, avvenuta nel 1977 al Teatro Nuovo di Spoleto, nell'ambito del Festival dei Due Mondi, diretta da Bruno Bartoletti, con una esordiente Giovanna Casolla, nel ruolo della coprotagonista femminile, ripresa della quale il sottoscritto, allora ragazzino, avendola vista in diretta, si ricordava benissimo, tanto più che, anni fa, anche Radiotresuite ne trasmise la parte audio, intervistando telefonicamente, in precedenza, lo stesso Bartoletti! A quando un dvd anche di questo primigenio allestimento? ------ Manuel De Sica (1949): Una vita in musica. - "Una breve vacanza", per viola ed archi; "Il giardino dei Finzi Contini", suite per grande orchestra; Filmusic, per pianoforte ed archi (+In memoriam, per archi; Kojiki, per arpa ed archi; Concerto per violino ed archi) / Floraleda Sacchi, arpa; Maristella Patuzzi, violino; Anna Serova, viola; Michelangelo Carbonara, Marco Attura, pianoforti; - Filarmonica "Arturo Toscanini" / Flavio Emilio Scogna, direttore (assistente: Marco Attura) - Registrazione effettuata il 27 e 28 maggio 2013, al Centro di Produzione Musicale della Filarmonica "Arturo Toscanini", Parma - cd Brilliant Classics 94905 / Nota: in questo bellissimo disco a basso prezzo, uscito nel 2014, dal minutaggio generoso (79' 10"), quello che è senza dubbio il migliore dei 2 figli maschi di Vittorio De Sica, purtroppo essendo anche quello del quale si parla di meno, ovviamente (!), si dimostra un notevolissimo compositore non soltanto nell'ambito delle colonne sonore, ma anche per quel che concerne la musica da concerto, come si evince ampiamente da queste eccellenti esecuzioni, tra l'altro anche ottimamente registrate in maniera piuttosto realistica, sia da rendere l'ampia dinamica, immagine ed estensione della suite da "Il giardino dei Finzi Contini", così come le escursioni più contenute ed intimistiche, negli altri brani presenti nel cd, oltre, in generale, ad un buon equilibrio fra strumenti solisti ed orchestra. Da rilevare che, contrariamente a quanto suggerisce di primo acchito il titolo, il brano 'Filmusic', è in realtà musica astratta, non correlata alle immagini di alcuna pellicola cinematografica, nella forma di un breve concertino in 3 movimenti, per strumento solista ed archi. Nel libretto, succinte ma succose note sul compositore e sulle composizioni, di Sandro Cappelletto e dello stesso Manuel De Sica, oltre ad una sintetica biografia di orchestra e direttore, peccato soltanto siano riportate in traduzione inglese e non anche nell'originale in italiano, chissà perchè! Sempre a proposito del De Sica compositore, qualcuno più si ricorda della bellissima sigla della serie televisiva, degli anni '80, a colori, de "I nuovi racconti del Maresciallo", su soggetto di Mario Soldati, con Arnoldo Foà come protagonista, caratterizzata anche da uno stupendo assolo di tromba? Continuiamo a meritarci un moccoluto (o boccoluto?) Giovanni Allevi, mi raccomando! ------ Sir Peter Maxwell Davies (1934): Suite from "The boyfriend" (1971); Suite from "The devils" (1971); (+Seven in nomine -1965- ; da "The yellow cake revue" -1980- : 2 brani per pianoforte) - gruppo strumentale "Aquarius", diretto da Nicholas Cleobury (brani strumentali); Sir Peter Maxwell Davies, pianoforte. - Registrato nell'ottobre del 1989, agli Emi Studios di Abbey Road a Londra (per i brani strumentali) - T.T. 71' 02'' - cd Naxos 8.572408 - Nota: in questo altro bel disco, sempre a basso prezzo, con incisioni uscite originariamente nel 1990 e nel 1994 per la defunta Collins Classics e riedite dalla Naxos nel 2014, caratterizzato da lavori destinati sia al cinema che al palcoscenico teatrale, abbiamo anche, in esecuzioni impeccabili, un paio di belle suites tratte dalle musiche composte per i 2 omonimi, celeberrimi film di Ken Russel. ------ Aram Kachaturian (1903-1978): "La battaglia di Stalingrado", suite (1949); "Otello", suite (1956); Viktor Simcisco, violino; Jana Valàskovà, soprano; Coro Filarmonico Slovacco di Bratislava; - Orchestra Sinfonica della Radio Slovacca / Adriano - Registrato dal 6 all'8 luglio 1989 e dal 22 al 24 giugno 1992, nella Sala da Concerto della Radio Slovacca, a Bratislava - T.T. 63' 36'' - cd Naxos "Film Music Classics" 8.573389 - Nota: riedizione economica, uscita nel giugno del 2014, di un disco stampato originariamente nel '93 per l'etichetta Marco Polo. Musica trascinante, ottimamente eseguita e ben incisa, di un compositore secondo me ingiustamente sottostimato, stretto com'è tra 2 colossi del calibro di Prokofiev e Shostakovich, suoi contemporanei (il secondo peraltro gli riconosceva una certa superiorità nella vena melodica), arcinoto esclusivamente per la celeberrima "danza delle spade" dal balletto "Gayaneh", ed in misura minore per l'adagio dal balletto "Spartacus", usato anche da Stanley Kubrick nel suo film celeberrimo "2001, Odissea nello Spazio"; musicista senz'altro meritevole di una conoscenza assai più vasta della sua opera (cito soltanto la sua 2^ sinfonia ed i concerti per violino e per pianoforte), di quanto non sia in realtà. Nel caso di questo disco si tratta di un paio di suites sinfoniche tratte dalle musiche scritte per 2 film, il primo dei quali è il tipico prodotto di propaganda di regime, mentre il secondo è una più ambiziosa riduzione cinematografica dell'omonimo dramma shakespeariano. In ambedue i casi, ma soprattutto per il primo titolo, trattasi di pellicole che vengono ricordate soprattutto in virtù della bellissima musica che le riveste (nell' "Otello" tra gli altri vi recitava un "certo" Sergei Bondarciuk, divenuto noto in seguito come regista). ------  Ed ora, per concludere, almeno per il momento, un'altra segnalazione libraria: ---  Gilles Mouellic: "La musica al cinema. Per ascoltare i film" (titolo originale: "La musique de film. Pour écouter le cinéma"; Editions Cahiers du Cinéma/SCEREN-CNDP; 2003), traduzione di Elga Mugellini, redazione a cura di Gabriele Giuliano; 1^ edizione italiana: aprile 2005, collana "Strumenti / Cahiers du Cinéma", Lindau Editore, Torino, pagg. 96, con immagini in b/n, eccetto quella a colori in copertina, euro 12,80). - Nota: "cineasti e musicisti,un secolo d'incontri", "partiture sinfoniche e musiche popolari", "il potere della musica", così "strilla" la copertina di questo ulteriore, discreto, agile e sintetico, anche se non esaustivo, volumetto sulla musica 'di celluloide' ed annesse problematiche ed implicazioni, suddiviso in 2 parti ben distinte, la prima, dove si cerca di tracciare, in una manciatina di capitoletti, una panoramica generale di tutta la questione, la seconda, costituita da una serie di "documenti, testi, testimonianze, analisi di sequenze ed inquadrature", ad opera di vari autori e d'interesse variabile, con, in appendice, anche una utile "bibliografia essenziale". Pubblicazione reperita pesonalmente alla "Fondazione Cineteca di Bologna", piazzetta Pier Paolo Pasolini, 3/B, nei paraggi di via Azzo Gardino, in occasione dell'annuale mostra- mercato, tenutasi nelle giornate de "Il cinema ritrovato", ma dovrebbe essere agevolmente rintracciabile, nonostante non sia certo recentissima, anche nelle normali librerie specializzate, e pure in quelle facenti parte dei grossi gruppi editoriali. Altro dir non so...     

sabato 18 ottobre 2014

I ragazzi del coro.

Dal mese di maggio del corrente anno, sono entrato anch'io a far parte di una delle tante corali amatoriali cittadine, ma una delle poche ancora esclusivamente maschili, trattasi precisamente de "La Tradotta", avente l'attuale sede "operativa" (se così si può dire!), sita presso la parrocchia di Santa Maria della Carità, in via San Felice, in pieno centro storico felsineo. Inizialmente inserito nella sezione dei tenori (o "terrori"?) primi, successivamente spostato fra i secondi poichè a rischio di strangolamento (ma secondo qualcuno sarei più adatto fra i baritoni o "barritoni"), devo dire che l'ambiente in sè non sarebbe affatto malvagio, sennonchè questo coro risulta afflitto da un problema endemico, che rischia seriamente di minarne la sopravvivenza futura. Il problema è innanzitutto di natura anagrafica, stante il fatto che l'età media dei suoi attuali componenti veleggia sui 70-75 anni (del resto la persona che mi ci ha introdotto, Maurizio, è un sessantacinquenne stralunato ex-bancario, con un vocione da basso in perenne lotta senza esclusione di colpi con l'intonazione; fra cantare nel coro e giocare a tennis, suoi principali passatempi, difficilissimo stabilire quale gli venga peggio) e a parte il sottoscritto, prossimo ai 53, ho constatato che, al momento del mio ingresso in formazione, i 2 elementi relativamente più giovanili, erano un quarantacinquenne che si è successivamente defilato ed un trentanovenne, Gilberto (detto "Gibi"), 'scombiccherato' autista-soccorritore del 118, alternante espressioni facciali varianti dal catatonico più assoluto all'isterico uterino, che viene una tantum e che mostra già da qualche tempo dei segni di stanchezza e sul quale dubito si possa contare molto per il futuro; ciò significa che il sottoscritto "rischia" anche di risultare, attualmente, l'elemento "più giovane" -sic!- ovvero meno "rudere" di tutta la compagine e sarebbe veramente il colmo, poichè tutto ciò accentuerebbe ulteriormente la vocazione perigliosamente 'gerontologica' del gruppo (allegria!), essendo un coro con un'anzianità di "servizio" quasi cinquantennale e che ai bei tempi andati contava almeno una quarantina di elementi fra le sue fila, mentre adesso è già un miracolo se si riesce ad arrivare ad almeno 2 o 3, forse, chissà, eccezionalmente anche 4 elementi per singola sezione (tenori - o per l'appunto "terrori" -  primi, tenori / "terrori" secondi, baritoni/"barritoni", bassi/"bassotti"-nel senso proprio di "banda bassotti", purtroppo!), la qual cosa sta a voler significare che difficilmente si supera la quindicina, quando va bene! Praticamente un coro da camera, a voler essere generosi, decimato progressivamente, nel corso degli anni, da una ridda di patologie assortite facilmente immaginabili, arteriosclerosi, sordità e cecità inclusi, che continuano a funestare anche una buona parte degli attuali sopravvissuti (a parte il fatto, cosa alquanto antipatica, che ancora non figuro ufficialmente nell'organico della formazione, non più aggiornato da almeno un triennio, il che significa che sono praticamente un "corista fantasma"). Ma non è nemmeno pensabile, come ci ha fatto presente il suo attuale direttore, Ennio, 'consumato', navigato esperto di queste faccende, di trasformarlo in un coro misto, aprendoci all'apporto muliebre, come altre formazioni in condizioni simili alle nostre hanno già fatto, poichè ciò presupporrebbe un lungo e complicato lavoro di reimpostazione totale del coro che si tradurrebbe in un ulteriore periodo di rodaggio, chè vista l'anzianità della quasi totalità dei componenti, comporterebbe degli sforzi difficilmente sostenibili e un tantinello rischiosetti per degli ingrigiti cantori. E qui si arriva ad un altro punto cruciale della faccenda, innanzitutto il repertorio, costituito da canti popolari, talvolta anche con armonizzazioni raffinate ed interessanti, discretamente complesse e niente affatto prive di dissonanze o di modulazioni particolari, tutt'altro che facili da cantare insomma, ma purtroppo dal carattere prevalentemente cupo, lugubre e drammatico, trattandosi di brani imperniati soprattutto sui temi della guerra, dell'emigrazione, della partenza; ad accentuare il clima uniformemente plumbeo, funereo e cinereo della questione, ci pensano anche le (ovviamente) usurate, limitate capacità vocali della maggior parte di questi attempati "ragazzi del coro", che inducono il nostro direttore ad operare ulteriori aggiustamenti, soprattutto in materia di rallentamenti ritmici e abbassamenti di tonalità, al fine di non rischiare l'incolumità fisica (soprattutto strangolamenti da capponi sgozzati) dei componenti la corale, rischiando per contro, di rendere il carattere di questi canti, ancora più soporifero ed uniformemente triste di quanto già non sia in origine, rendendone la fruizione ad un ipotetico pubblico, senz'altro più ostica del dovuto . A parte il fatto che, attualmente, l'unica speranza di esibizione in vista, sarebbe non prima del giugno del 2015, nell'ambito del "Giugno Corale" dell'Oratorio di Santa Cecilia in via Zamboni (luogo ameno nel quale ci siamo già esibiti proprio nel mese di giugno del corrente anno), nell'ambito per l'appunto della ricorrenza del centenario dall'entrata in conflitto dell'Italia nella Prima Guerra Mondiale, sempre tanto per stare allegri; e a parte Beppe, nostro 'consumatissimo' segretario, sempre alla ricerca di altri possibili, quanto improbabili, abboccamenti, che regolarmente svaniscono come neve al sole, al fine di procacciare al nostro coro nondimeno un fittizio carnet di esibizioni, tanto per salvare almeno le sempre più flebili apparenze! Tra parentesi, in effetti, ero presente all'interno della compagine corale, nelle sue ultime 3 esibizioni, accadute tutte nel mese di giugno, che comprendevano, oltre a quella svoltasi all'Oratorio di Santa Cecilia, un altro paio svoltosi all'interno della stessa parrocchia di Santa Maria della Carità, di cui l'ultima particolarmente breve, dovendo fare semplicemente da apripista ad un'altra formazione corale mista, decisamente più baldanzosa e giovanile; ma la cosa migliore di queste ultime 2 serate parrocchiali, è stato indubbiamente il fatto che, a ciascuna di esse, ha fatto seguito una cena luculliana all'interno dei locali della canonica, riservata ai coristi ed ai loro familiari ed amici, nel corso delle quali, il sottoscritto (che per sua fortuna, non aveva alcuna persona al seguito), non solo si è strafogato di brutto, senza alcun ritegno, ma all'ultima di esse, si è pure riportato a casa una bella teglia di rutilanti, rubizzi fagioli messicani al sugo, coi quali si è abbuffato ad abundantiam pure il giorno seguente, sfogando costì persino la sua anima d'incallito, illanguidito petomane assassino, con 'contorno' di poderosissime, fragorosissime e gagliardissime flatulenze assortite ad libidinum ( tanto ero solo in casa) associate naturalmente ad odorosissime e fragranti emissioni gassose, contrappuntate da qualche sguaiato rutto qui e là, tanto per gradire (dopotutto non si vive di solo spirito, dico bene, anche la pancia ha le sue sacrosantissime esigenze, alla facciaccia della "Kunstlerleben"!), a tutto questo facendo seguito, come di prammatica, una copiosissima e soddisfacente defecazione, a degno coronamento dell'intrapresa! Eh sì, perchè per poterci produrre decentemente nelle nostre esibizioni serali, avevamo la tassativa disposizione di rimanere digiuni come minimo a partire dal primo pomeriggio, affinchè le nostre prestazioni vocali non ne risentissero più di tanto (bah!), per cui, una volta terminato il concerto, non ci si vedeva letteralmente più dalla fame, o almeno il sottoscritto, prossimo, con la bava alla bocca e gli occhi fuori dalle orbite, a manifestare istinti di volgarissimo cannibalismo tribale nei confronti dei suoi più vetusti colleghi coristi, non vedeva praticamente l'ora di abbandonarsi lussuriosamente alla crapula più smodata, svergognata e incontrollata, come dimostrato susseguentemente nei fatti! Altra incognita, tanto per rimanere in tema geriatrico, l'anzianità dell'attuale parroco titolare della parrocchia ove alberga la corale, Don Valeriano, settantaseienne comprensibilmente stanco e desideroso di mettersi un poco e giustamente a riposo, al quale dovrebbe subentrare, all'incirca, forse, ma chissà, entro il 29 di novembre, il suo successore, tal Don Davide, baldo (od almeno così si spera!) "giovincello" trentaseienne, auspicabilmente ben disposto nel continuare a concedere al coro di poter dimorare nell'attuale sede, altrimenti sarebbe proprio un'altra bella gatta da pelare, non bastasse pure il resto! Certo è che l'annuncio messo all'esterno della canonica, per la ricerca di nuovi membri (!) per il coro, obiettivamente non era molto incoraggiante, visto che si richiedeva almeno una media capacità di leggere la musica, la qual cosa, in una nazione come la nostra, dove l'educazione musicale non ha mai fatto parte dei normali programmi scolastici, nemmeno in tempi assai migliori degli attuali, è francamente assai poco realistica, tant'è che sia lo stralunato Maurizio come il rintronato sottoscritto, andiamo praticamente ad orecchio e credo proprio, salvo smentite, che non siamo nemmeno gli unici così (s)combinati; non c'è da meravigliarsi quindi che non si sia mai fatto vivo alcun aspirante, almeno fino ad ora! Ma l'autore dell'annuncio, Giuliano, padre dello "stravolto" Gilberto, risente ancora dei suoi retaggi di ex-sindacalista, con la sua tipica prosa fortemente tendente al 'burocratese', cosa che si evince ancor di più, quando stila le note di commento ai programmi dei concerti, alquanto verbose, retoriche, enfatiche, roboanti, ampollose, non prive di luoghi comuni e stereotipi. Al momento, dopo la prolungata pausa estiva, si prova soltanto una volta la settimana, sia pure in un clima generale da cronicario per malati terminali,  generalmente il mercoledì sera, a cui si aggiunge la serata del lunedì qualora si approssimi un'esibizione pubblica (ma andando di questo passo,campa cavallo che l'erba cresce, oramai!); in effetti, la maggior parte del tempo dedicato alle prove, mediamente un paio d'ore circa, viene occupato da chiacchiere e facezie varie, con sovente una piccola appendice mangereccia a base usualmente di grissini, salame e vino. Se non altro, ci si può consolare pensando almeno che non manchi qualche sia pur modesta occasione di bisbocciare, ovvero chi si contenta gode! A completare, almeno per il momento, il quadro clinico della situazione, ci si è messo pure Mauro, il nostro "dinamicissimo" (almeno nelle intenzioni)  presidente, non certo di primo pelo, che rimarrà assente per alcune settimane, dovendosi far operare per via di un'ernia inguinale (auspicando che la faccenda non abbia, in futuro, imbarazzantissime, nefaste ed inimmaginabili conseguenze trans-genetiche sul suo timbro vocale originario di basso talmente profondo da sembrare un autentico buco nero), sostituito, si fa per dire, nelle sue (dis)funzioni presidenziali, nel frattempo, sempre dal "fido" Beppe, che comincia, in cotal guisa, ad accaparrarsi spudoratamente un po' troppe cariche con gagliarda disinvoltura, il che renderà inevitabile il suo prossimo defenestramento d'autorità, vedremo anche qui gli sviluppi della situazione! Lo stesso Mauro ci ha informato, nella medesima occasione, di essersi precedentemente intrattenuto una sera, premurandosi chissà perchè di specificare che trattavasi soltanto di una banale cena al ristorante (ma basta vederlo con quell'aspetto fisico così sgangheratissimamente male in arnese, praticamente un rottame, già con un piede, se non ambedue, nella fossa, per credergli assolutamente sulla parola; orsù, suvvia, si metta pure tranquillo, requiescat in pace!), con una nostra presunta estimatrice nipponica, una certa Satomi, o qualche cosa del genere, la quale, sorta di stramba Cio-Cio-San, pur facendoci veramente le pulci dal punto di vista vocale, parrebbe che ci trovi, avendoci auscultato ovviamente in pubblico, in qualche misura, capaci d'ingenerare emozioni (certamente non erezioni, come avrei senz'altro preferito, vista la mia non più giovanile età, nessuno fa miracoli, per sfortuna!) veramente profonde in lei, o misteri insondabili dell'anima orientale, ma forse qualcuno dovrebbe prontamente consigliarle una visita accurata dall'otorino o dallo psichiatra, meglio forse entrambi, anzi, mi sovvengono strani sospetti in proposito, oddio, non sarà stata mica la menopausa e/o le ovaie fuori squadra? Un bel dì vedremo! Piuttosto, forse, sarebbe proprio il caso, a questo punto, che qualcuno di noi, si decidesse una buona volta, a rammentare bene a Valter, solerte cassiere dell'associazione culturale (sic!) che starebbe alla base della corale, ogni qualvolta che batte chiodo, di specificare per benino a quale tipo di "cassa" si riferisca, poichè, visto che se l'intera compagine dei "ragazzi del coro" ammesso e non concesso che non sia già con un piede nella fossa, poco ci manca, non ci vuole molto ad intuire che eventuali fraintendimenti in tal senso, stiano letteralmente dietro l'angolo, ohimè! Certo però che l'attuale tassa d'iscrizione fissata a 30 euro (alquanto discutibile il fatto che non venga lasciato uno straccio di ricevuta, limitandosi a una semplice annotazione su un foglio), con la prospettiva anche di dover contribuire per 10 euro a cranio per le eventuali cene che dovessero far seguito a future (????) esibizioni pubbliche dei "Tradotti", rischia di costituire un'ulteriore freno all'ingresso di ipotetici nuovi adepti, almeno secondo la mia (im)modesta opinione; anche qui è proprio il caso di dire: "Chi vivrà (ammesso e non concesso che la sorte benevola gli consenta di campare a sufficienza, data l'età avanzata), vedrà (semprechè non divenga anche orbo nel frattempo, non si sa mai)!". Comunque, questa mia temo breve (stante che, se perdura, come temibile, la situazione attuale, il coro non può certo pensare di sopravvivere oltre il 2015, pure a patto che le cose non peggiorino nel frattempo, com'è stato chiaramente ribadito nell'ultima assemblea, la qual cosa non m'induce di certo all'ottimismo) sortita nel canto corale dilettantesco, mi ha fatto scoprire di possedere una voce non eccessivamente canina, che mi ha consentito di cavicchiarmela quasi passabilmente anche nella triade di esibizioni per così dire pubbliche (fortunatamente, in questo caso, il pubblico non era certo una folla oceanica, inoltre non ho notato persone a me conosciute frammiste ad esso, meno male, poichè ciò avrebbe aumentato sensibilmente il mio disagio), badando soprattutto, almeno nelle intenzioni, a non farmi notare troppo, in barba al mio nervosismo e alla mia totale inesperienza in tale ambito. Indubbiamente, prima di questa avventura, non avrei mai pensato che, anche fra i canti popolari (prevalentemente di provenienza emiliano-romagnola, friulana o comunque settentrionale, almeno nel caso del repertorio della corale in questione, per un totale di circa 56, il cui nome, "La Tradotta", corrisponde proprio al titolo di uno di essi, che costituisce praticamente una sorta di inno della medesima), ce ne potessero essere anche di quelli piuttosto complessi, con armonizzazioni ardite e raffinate, come già dichiarato in precedenza, con un'agogica varia, talvolta perfino con un carattere quasi operistico o d'innodia religiosa, con incastri ritmici fra le varie sezioni piuttosto complicati e dei gran saliscendi di tonalità piuttosto accidentati, persino da una sillaba all'altra del testo cantato, ma evidentemente devo essere stato vittima, fino a non molto tempo fa, come tanti, dei tipici pregiudizi, dell'autentica puzza al naso nutrita nei confronti di un genere forse a torto considerato minore e certamente poco conosciuto, tipica degli appassionati di musica colta! Al contrario, invece, trattandosi proprio, in questi casi, di autentiche bestie nere, irte di difficoltà vocali e ritmiche e proprio per questa ragione, estremamente stimolanti e galvanizzanti, una volta che se ne è finalmente, faticosamente riusciti a venirne a capo in qualche modo; dopotutto se persino un Arturo Benedetti Michelangeli si è preso la briga di armonizzarne alcuni (peccato che non ne abbia acquistato il relativo cd, a suo tempo uscito in edicola), evidentemente una ragione ci sarà pure! Diciamo proprio che mi si è squarciato un piccolo orizzonte in tal senso! Difatti si era accennato brevemente, poco prima della pausa estiva, di realizzare un cd da mettere in vendita a scopo benefico, con estratti di esibizioni pubbliche del coro, ma purtroppo, anche in questa occasione, la faccenda è tramontata sul nascere! Tornando alle mie impressioni, ho scoperto inoltre che è molto più difficoltoso cantare piano, pianissimo e/o a bocca chiusa, piuttosto che a squarciagola, soprattutto a livello di controllo dell'intonazione; purtroppo, sovente, in tal senso, la mia voce si comporta assai peggio di un cavallo imbizzarito, la qual cosa, regolarmente, non sfugge mai al "fido" Beppe, nemmeno nei momenti in cui sono sovrastato dalle voci degli altri componenti (il bello è che riesce  a distinguere benissimo la mia voce fra tutte le altre,  nonostante che mi trovi posizionato generalmente ad una certa distanza da lui, cantando per giunta al contempo egli stesso fra i tenori primi, diavolo d'un Beppe!), dotato, probabilmente a compensazione della sua cecità, di un orecchio sensibilissimo ed attento, al quale non sfugge veramente alcunchè, compresi i miei cali oltrechè le mie autentiche stecche! Ho dovuto pure procurarmi, con l'aiuto sempre dello stralunato Maurizio, la tenuta estiva per le esibizioni pubbliche, costituita da camicia a scacchi, blue-jeans e scarpe marroni (tipo Clarke o similari), mentre lo "schizzatissimo" Gilberto mi ha reperito lo stemma della corale da appuntare sul taschino della camicia, stemma che mi sono prontamente 'prodigato' a smarrire, dimenticandomi 'intelligentemente' di toglierlo poco prima di portare l'indumento alla lavanderia a secco, ma visto il futuro decisamente incerto e nebuloso della corale, penso proprio che alla fine sarà una faccenda irrilevante, così come il dotarmi di un'eventuale tenuta invernale, stante che comunque l'unica esibizione effettivamente prevista si dovrebbe svolgere intorno all'inizio dell'estate, non certo prima, se tutto va bene, come già rilevato in precedenza. Beh, nella peggiore delle ipotesi, vorrà dire che, almeno per un pò, mi son potuto sollazzare e divertire anch'io (e con contorno di saltuarie, salvifiche, salutari pappatorie, per fortuna)! Se dovesse finire, pazienza, la vita continua, o così dovrebbe, no? Qualche segno positivo quest'esperienza me l'avrà lasciato comunque ed, in ogni caso, mi resteranno almeno gli spartiti di alcuni di questi canti, per potermeli provare per conto mio, fra le mura domestiche, di tanto in tanto e senza affliggere sperabilmente le orecchie altrui, la qual cosa è senz'altro meglio di niente! Siamo, insomma, al canto del cigno?

mercoledì 8 ottobre 2014

Il dannato dell'alta fedeltà.

Premesso che l'alta fedeltà per me non è null'altro che una propaggine, ovvero una conseguenza logica della mia passione musicale, come credo di avere già dichiarato in precedenza in più di un'occasione, un mezzo e non un fine quindi essendo quest'ultimo costituito dalla riproduzione sonora della materia musicale, che mi porta semplicemente ad avvertirne la viscerale ma altrettanto naturale, almeno secondo la mia modestissima opinione, necessità di cercare di goderne nella miglior maniera realizzabile, perlomeno compatibilmente con le mie reali possibilità soprattutto economiche e non certo come di un qualcosa di completamente fine a sè stesso, come paventerebbero certi 'audioti' (dopotutto la musica esiste fin dalla notte dei tempi, mentre il fenomeno della riproduzione dapprima soltanto sonora, poi successivamente audiovisiva, è una faccenda relativamente recente, tantopiù che, se non esistesse la musica, l'alta fedeltà sarebbe ben poca cosa, avrebbe sicuramente un impiego assai più limitato e circoscritto, non dimentichiamocelo!), tutto questo senza volerne affatto sminuire l'importanza, ma soltanto per riportare le cose alle giuste proporzioni, voglio dire che insomma, il volerne trattare saltuariamente, anche in questa sede, da parte mia, non costituisce per me affatto un'uscita dal seminato, poichè l'avverto come un qualcosa di limitrofo, intimamente connesso al soggetto musicale, argomento principe, perlomeno nei suoi intendimenti originari, del presente blog. Infatti, mi sto, per l'appunto, gingillando in questi giorni, nel provare la triade di apparecchi recuperati, costituita dal giradischi Thorens con testina Excel/multilettore cd Nad/amplificatore Aurex-Toshiba, alla quale ho fatto riferimento nel mio precedente scritto. Per collegare il lettore cd all'amplificatore, ho utilizzato un economicissimo ma decoroso cavo audio "Evology", i controlli di tono, privi di scatto centrale, li ho lasciati sulla posizione "0", loudness e filtro subsonico anch'essi esclusi, salvo all'inizio, utilizzando al momento per l'ascolto, la sola cuffia Audio-Technica. Il loudness, discutibilmente centrato, come intervento, soltanto sulle basse frequenze e del quale non vengono specificate le caratteristiche tecniche (ma anche quello del Technics da me posseduto all'epoca, era impostato similmente, con un'esaltazione di +10dB dichiarati a 50 Hz, col volume a -30dB e come suo unico effetto collaterale produceva una lieve attenuazione della gamma più acuta), in realtà all'ascolto mi sembra produca soltanto un eccessivo rigonfiamento dei medio-bassi con relativo indurimento del suono, da indurmi ad escluderlo successivamente, anche con la manopola del volume quasi al minimo, quanto al filtro subsonico del quale, anche in questo caso, non vengono svelate le caratteristiche (quello del Technics aveva un'attenuazione dichiarata di -3dB a 30 Hz, con una pendenza di 6dB per ottava), stante la sua natura intrinseca, è ovviamente impossibile da valutare ad orecchio, per cui bisogna andare sulla fiducia. Cosa singolare, per escludere loudness e filtro subsonico e per ascoltare in modalità stereofonica, i tastini relativi vanno premuti anzichè rilasciati, come usuale; gli indicatori di livello, separati per canale, non sono di picco, come sul Technics, ma indicano il livello medio (average) del suono. L'apparecchio, dotato di feritoie di raffreddamento soltanto inferiormente e, in misura minore, superiormente, tende a riscaldarsi con una certa facilità, avendo anche dei piedini d'appoggio un pò troppo bassi; in assenza di segnale, il ronzio di rete è udibile anche se non fastidioso, tende comunque a calare leggermente col trascorrere del tempo. Premesso che, per accelerarne il rodaggio, dopo una mezz'ora circa di preriscaldamento, lasciandolo dapprima acceso in assenza di segnale, ho utilizzato il cd-test "IsoTek / The Ultimate System Set-Up Disc", allegato al n.351 del novembre 2011 della rivista inglese "Hi-Fi Choice", comprendente sia 9 tracce di prova e taratura dell'impianto stereo (in particolare la n.9, "Burn-In & Demagnetisation", che si è dimostrata quasi miracolosa, dal punto di vista del miglioramento udibile della qualità del suono, con diversi degli apparecchi che già possiedo e soprattutto con effetti benefici che sembrano perdurare nel tempo), che 6 tracce di brani musicali di vario genere tratti dal catalogo dell'etichetta svedese Opus 3, devo constatare che l'alta sensibilità unita alla bassa impedenza della cuffia Audio-Technica, fa sì che, col segnale proveniente dal lettore cd, il volume d'ascolto sia già più che sufficiente, con la manopola del volume a 'ore 8' (posizione 1 della scala decimale dell'apparecchio). Con l'ascolto della musica sinfonica, si avverte una discreta dinamica anche se un poco compressa, una buona separazione, un discreto dettaglio ai bassi livelli ma con tendenza a congestionarsi nei pieni ed un'immagine non particolarmente estesa nelle 3 dimensioni, unita a una timbrica decente ma limitata in estensione, soprattutto nei bassi, peraltro anche gli acuti, caratterizzati da una certa vetrosità, non sono di sicuro particolarmente cristallini e rifiniti; passando all'ascolto di brani per organo e per gruppi strumentali ridotti, le limitazioni trovano ulteriore conferma, le voci tendono ad essere un poco aggressive e metalliche, insomma direi proprio che si tratti del tipico suono di un apparecchio dell'epoca, pur constatando che con le incisioni più recenti e di miglior qualità, i difetti si attenuano sensibilmente (anche se il mio Technics mi sembra avesse qualcosa in più, per quanto concerne dinamica ed estensione), non malvagio in assoluto, ma datato senz'altro, poi magari può essere che tutto ciò sia dovuto in parte all'abbinamento con la suddetta cuffia, vallo a sapere. A parte il fatto che gli affronti subiti dal lettore Nad nel corso degli anni, hanno reso la meccanica fragile, tendente a stararsi e con frequenti incertezze di funzionamento (tipiche soprattutto delle meccaniche con controllo del tracciamento del laser di tipo analogico, tendenzialmente più instabili di quelle dotate di servocontrollo digitale, come mi verrebbe da supporre anche in questo caso, ma nulla viene specificato al riguardo, nel manuale d'istruzioni dell'apparecchio, ma forse è anche la natura intrinseca delle meccaniche adottate in questi multilettori a "carosello", a renderli già in partenza, assai più vulnerabili e meno affidabili, aggiungendoci anche il maggior peso ed ingombro rispetto ad un apparecchio tradizionale, stante il fatto che, attualmente, non mi risultano essere più prodotti da alcun marchio d'elettronica), rendendo gli ascolti un tantinello accidentati e difficoltosi, ma dopotutto bisogna tener conto che trattasi pur sempre di oggetti vetusti che hanno subito, nel corso degli anni, parecchie ingiurie e perciò stesso non certo in condizioni ottimali, per cui non starei troppo a pignolare, quello che scrivo non ha alcuna pretesa di rigore ed esaustività, essendo il tutto condotto alla carlona, ma costituisce soltanto il modestissimo resoconto di un vecchio matusa di "audiota impallinato", che per distrarsi temporaneamente dai problemi del vivere quotidiano, si diverte a baloccarsi, saltuariamente, in questa maniera bislacca. Contrariamente a quanto ho letto nei vari siti in rete, non credo affatto che il marchio Aurex fosse riservato unicamente ai prodotti più ambiziosi del catalogo Toshiba, secondo me la differenza doveva essere simile a quella esistente fra i 2 marchi dell'altro gruppo nipponico importante, la Matsushita, ovvero Panasonic e Technics, col primo riservato prevalentemente all'elettronica di largo consumo e col secondo destinato ai prodotti più prettamente "hi-fi" ma non necessariamente ed esclusivamente "high-end", comprendendo articoli che partivano dalla fascia più economica (ve lo ricordate, per esempio, il giradischi Technics SL-303 con testina EPC-270S, del 1980, venduto al prezzo di listino di 99.000 lire?) per arrivare agli oggetti più pregevoli, ambiziosi e costosi, degni di far parte dell'alta fedeltà più sofisticata. Insomma, la differenza fra il marchio Aurex e quello Toshiba, secondo me, è simile, col primo che può essere considerato l'equivalente del marchio Technics ed il secondo, del marchio Panasonic, ma naturalmente, questa è soltanto la mia modestissima impressione. Quanto al giradischi Thorens, il riuscire a montargli la testina Excel sul suo braccio, mi ha fatto letteralmente ammattire, stante la diabolicità, la macchinosità estrema del sistema di fissaggio adottato su questo apparecchio, oltretutto la testina in questione ha anche la stranezza di recare ben 4 fori di fissaggio (2 per fiancata), piuttosto ravvicinati fra di loro, per le viti, ma alla fine, a suon di bestemmie ed imprecazioni assortite, dopo parecchie ore (!), ce l'ho fatta. Navigando in rete, ho reperito pochissime informazioni al riguardo, per cui ho regolato prudenzialmente il peso di lettura e l'antiskating sugli 1,5 grammi, ma ancora, al momento, non mi sono azzardato a saggiarne le caratteristiche soniche. A parte il fatto che, su questo modello di giradischi, bisogna tassativamente evitare di premere il pulsantino che seleziona la velocità di 78 giri, poichè ha la nefasta tendenza a bloccarsi, rimanendo incassato nel suo alloggiamento. Così come, tornando all'amplificatore, non mi sono accinto ancora a collegarlo ad una coppia di casse acustiche, poichè rimuovere le mie attuali (ma con 12 anni di anzianità) B&W DM602S3 dal mio attuale impianto stereo mi creerebbe un eccessivo trambusto, inoltre, non si sa mai, mi riuscisse in futuro di recuperare un paio di casse in condizioni decenti da qualche parte, per il momento preferisco aspettare... Mi stavo dimenticando che, nel fin troppo succinto libretto d'istruzioni dell'amplificatore, praticamente nulla ci viene detto riguardo alla presa a norma DIN a 6 poli, sita anch'essa nel pannello posteriore, denominata "REMOTE" e destinata ad un non meglio specificato, fantomatico, (tele) comando a distanza, stesso discorso riguardo ai terminali PRE OUT/MAIN IN con relativi ponticelli, posti nelle immediate vicinanze; inoltre, in alcuni siti internet, questo amplificatore, viene proposto, nell'ambito dell'alta fedeltà dannata, ad un prezzo di vendita sui 100 euro, il che mi sembra francamente esagerato, a meno che, caso assai improbabile, non ci si imbatta in un esemplare praticamente intonso; personalmente, se in ottime condizioni, io lo valuterei al massimo intorno ai 30 euro, ma si sa che tanto le follie all'interno della rete internet, sono all'ordine del giorno, anzi c'è ben di peggio, siamo sempre nella norma!