Me lo chiedo spesso, ovvero ogniqualvolta m'imbatto in qualche compositore di grande valore che, nonostante periodici, saltuari tentativi di riesumazione, talvolta anche da parte di interpreti illustri, non riesce a 'bucare', nemmeno col trascorrere del tempo, quella coltre d'oblio alla quale sembra spietatamente ed inesorabilmente condannato, senza un ben preciso motivo. Prendo spunto da un articolo comparso sull'ultimo numero del mensile "l''opera", dove ti leggo che, recentemente, si è costituita un'associazione intitolata a Vittorio Gnecchi, avente come scopo, naturalmente, quello di rendere nuovamente disponibili le sue opere, cercando al contempo di diffonderle, promuovendone delle esecuzioni pubbliche, cosa senz'altro auspicabile, poichè fino ad ora, la relativa (assai relativa) notorietà di questo valente musicista, resta confinata al fatto che l'incipit della sua opera più celebre (si fa per dire, purtroppo!), "Cassandra" (data in prima assoluta nel 1905, al Comunale di Bologna, con la direzione di Toscanini), assomiglia parecchio a quello della susseguente "Elektra" di Richard Strauss, la qual cosa non ne sminuisce affatto il valore, anche perchè, ammesso che Strauss abbia, per così dire, "copiato", lo ha comunque fatto da par suo (mi viene in mente una certa frase di Stravinski, il quale disse, più o meno, che il volgare "copione" è quello che copia pedissequamente, ovvero pari pari, spudoratamente, mentre il genio è colui che attinge da materiali altrui per riadattarli alle proprie esigenze, dandoci comunque un'impronta personale, e senz'altro lui stesso ne sapeva qualcosa, così come non ci piove sul fatto che Richard Strauss fosse anch'egli, un genio assoluto). Sia quel che sia, non solo "Cassandra" può reggere alla pari il confronto col capolavoro straussiano, ma dimostra soprattutto l'originalità stilistica del suo autore, che sembra più un musicista mitteleuropeo che nostrano, non essendo comunque ascrivibile nè alla giovane scuola verista, nè a Puccini, nè ai musicisti della "generazione dell'80" e seguaci, ma nemmeno ad autori "isolati" come Wolf-Ferrari, in bilico fra un blando neoclassicismo, col suo rifarsi da un lato al modello mozartiano e dall'altro all'opera buffa italiana tardosettecentesca nei suoi lavori brillanti, così come al tardo verismo, con qualche influsso respighiano nei suoi lavori drammatici, Mancinelli, dallo stile elegante intriso di decorativismo, Perosi, influenzato da Franck, Bossi, od in bilico fra tardoromanticismo e pre-espressionismo come Busoni, o influenzati da Wagner come Franchetti, o dall'impressionismo francese, come altri, all'epoca. Forse è proprio questo suo essere completamente diverso, avulso da tutto ciò che lo circondava all'epoca, in ambito musicale, in Italia, ad avergli nuociuto, oltre al fatto di non aver mai ricoperto alcun incarico istituzionale, come si fa presente sulla rivista "l'opera". Fatto sta che, nemmeno alcune recenti riprese di questo lavoro teatrale, in Italia ed all'estero (a Salisburgo proprio in accoppiata con l' "Elektra"), sembrano servite a rendergli finalmente giustizia, anche in seno alle recensioni, nemmeno un'edizione discografica, uscita almeno una decina d'anni fa, per la defunta etichetta "Agorà", ovviamente fuori catalogo, tratta da una registrazione dal vivo, in forma di concerto, effettuata da Radio France al Festival di Montpellier, diretta credo (ma potrei sbagliarmi) da Friedemann Layer, con Denia Mazzola-Gavazzeni come protagonista, recensita pure, all'epoca, su "Cd Classica" (anch'essa defunta!) è riuscita a far rinascere un certo interesse su questo lavoro, nonostante dall'ascolto si evincano facilmente gli innegabili meriti di questa partitura. Io, purtroppo, ne rintracciai il relativo cofanetto di 2 dischi, anni dopo, in una libreria di Bologna, anch'essa defunta, ma guarda un pò! Trattavasi per giunta di una ristampa economica su etichetta "Accademia", decisamente nuda e cruda, poichè, a parte la locandina degli interpreti ed i dati di registrazione, non vi era, a differenza dell'edizione a cura dell' "Agorà", uno straccio di testo cantato nè alcun apparato informativo e nemmanco una suddivisione delle tracce dei cd (benessum!), faccenda disastrosissima soprattuto nel caso di lavori (ed autori) negletti come in questo caso, in più, in questi tristi ed uggiosi giorni, sto cercando, per darne conto in maniera più compiuta, di ripescarlo in casa, questo dannato cofanetto, ma parrebbe essersi letteralmente volatilizzato, il che mi sembra alquanto strano, si vede proprio che mi sto rincretinendo di brutto! Certo si trattava di un'esecuzione complessivamente buona e sufficientemente attendibile, ai fini di un'idea compiuta delle qualità musicali della composizione, ma senz'altro ne sarebbe stata auspicabile un'incisione in studio con interpreti maggiormente di spicco a cominciare dal direttore, con una qualità sonora potenzialmente ottimale, visto l'ampio organico impiegatovi, anche perchè, la registrazione dal vivo effettuata da Radio France, pur buona, è alquanto ondivaga nell'equilibrio fra cantanti solisti, coro ed orchestra, in ogni caso bisognerebbe ringraziare la Francia per questo meritorio ripescaggio, che mi ha comunque consentito di conoscerla, questa bella musica! Adesso, inoltre, il leggere, sia sull'articolo della rivista "l'opera" che su un trafiletto comparso precedentemente su "Musica" del recupero anche dello spartito di "Judith", suo estremo lavoro teatrale, su libretto di Luigi Illica, che ebbe la ventura di una sola esecuzione pubblica a Salisburgo nel '53, poco prima della morte dell'autore, riguardo al quale se ne magnificano la notevole originalità ed arditezza, soprattutto a livello di soluzioni orchestrali (conoscendo "Cassandra", non me ne meraviglio affatto, anzi tutt'altro), recupero dicevo effettuato ai fini di promuoverne esecuzioni ed allestimenti pubblici, oltrechè di giungere ad un'edizione a stampa, vediamo se finalmente sia arrivata la volta buona per Vittorio Gnecchi di uscire dal suo immeritato oblio, personalmente la curiosità di conoscere altri suoi lavori è tanta, per cui, per quel che potrò, terrò le antenne ben dritte! Certo quanto ad oblio immeritato, purtroppo egli non è il solo, penso anche ad un altro suo contemporaneo, anch'egli stimato da Toscanini, Antonio Smareglia, del quale, per ascoltarne qualcosa, l'unica risorsa che credo che sia rimasta, è Youtube. Penso al giovane e promettente Aldo Finzi che, in seguito alle famigerate leggi razziali del '38, si vide stroncare la carriera, morendo in un campo di prigionia (assai più sfortunato del suo collega Mario Castelnuovo-Tedesco che emigrò negli Stati Uniti). Pur non avendo avuto il tempo di forgiarsi una propria personalità, con un linguaggio influenzato sia da Respighi che da Puccini, quel che ne è rimasto evidenzia in nuce un notevolissimo talento, come confermato anche da un disco dell'etichetta "Preludio" (anche questo, temo, fuori circolazione, tanto per cambiare!), comprendente alcuni lavori orchestrali e pianistici, più volte interamente trasmesso da Radiofd5. Quanti sanno che il pittore e scultore Pietro Canonica, fosse anche un valente musicista (ne esisteva un vecchissimo disco, credo della Fonit-Cetra, comprendente lavori orchestrali, tra i quali un'ouverture per "Medea", lo vidi anni fa in un mercatino dell'usato, a poco prezzo, ma stupidamente non lo presi!)? E riguardo al geniale e sfortunato Hans Rott, l'allievo più stimato dal suo eminente maestro, Bruckner, compagno di studi anche di un "certo" Gustav Mahler (che ammise, in seguito, di averne attinto alcune idee), nonostante il recupero musicologico della sua prima sinfonia, con susseguenti incisioni di questa e di altri suoi lavori sinfonici, sembra ancora ben lungi dall'aver varcato saldamente la soglia della sala da concerto, come senz'altro meriterebbe, nonostante il gran tempo trascorso dalla sua morte precoce. L'elenco degli "obliati, emarginati", sarebbe piuttosto lungo, per cui mi decido a fermarmi qui. Insomma, ritorno alla domanda iniziale, ovvero se veramente il tempo sia sempre e comunque il miglior giudice e quindi se veramente i compositori summenzionati ed altri ancora, si meritino il perenne oblio che li continua ad attanagliare (o forse non ne è ancora passato a sufficienza per la loro rivalutazione? Parafrasando Mahler, in tal caso, quando verrà il loro tempo?). Ribadisco ulteriormente il mio dubbio in proposito, ma sarò forse io in errore? Mi sa tanto che anche questa sia una "Unanswered Question"! / Singolare, sempre a proposito di Jean Sibelius, che gli ascoltatori di Radiotresuite, sempre prestando fede al conduttore, sembrino averne gradito assai di più l'iper-romantica seconda sinfonia (nel concerto di alcuni giorni fa da Santa Cecilia con Pappano), rispetto alla più moderna ed asciutta quinta, precedentemente trasmessa, quasi per nulla apprezzata! E poi criticano Sibelius perchè non è abbastanza moderno! Bah! O è dovuto unicamente a Pappano, questo maggior gradimento? Chissà chi lo sa! / Giovedì sera, ennesima perla di uno dei conduttori, anzi in questo caso conduttrici, di Radiotresuite, precisamente Irene Sala (nomen omen!), in diretta dall'Auditorium di Torino, per il consueto concerto settimanale dell'Orchestra della Rai, che ha, secondo me, ripetutamente confuso, nei suoi commenti, il "Poema dell'estasi" di Scriabin, col "Prometeo" del medesimo, insistendo più volte sul fatto che l'esecuzione in programma sarebbe stata senza il coro (e grazie al porco! Non c'è proprio alcuno straccio di coro, nel "Poema dell'estasi", che è stato composto unicamente per la sola compagine orchestrale, andatevi ad ascoltarne una qualunque incisione discografica, se già non lo conoscete, così verificherete con le proprie orecchie, mentre il coro è presente nella parte finale della composizione cronologicamente successiva, il "Prometeo, poema del fuoco", appunto, per pianoforte, coro, organo ed orchestra, ed anche in questo caso le verifiche discografiche sono ampiamente possibili, se non ci si crede! Dimostratemi il contrario, se ci riuscite!), e naturalmente quell'altrettanto grande ignorante del collega in studio si è ben guardato dal correggerla, tutto nella norma, roba da ridere, hanno fatto ben di peggio, d'accordo! Io comunque un sms glielo ho inviato, a quelli di Radiotresuite, anche se mi sa tanto di fatica sprecata! L'avranno, non dico letto, ma almeno degnato di un'occhiata in tralice? Quel che è certo è che le sempre più pietosissime condizioni del mio udito, peggioranti di giorno in giorno, ancora non m'impediscono di "godere" di certe sortite! Devo proprio augurarmi di giungere alla sordità totale? Preferisco non rispondermi, per il momento... / P.S.: a proposito, una capatina dal medico di base, mi ha dato qualche flebile speranza, sembra che i timpani, ad un primo esame visivo, non siano affatto perforati, a parte una lieve alterazione superficiale su quello dell'orecchio destro, secondo il suo parere, col tempo, potrei anche ritrovare una condizione uditiva accettabile, parrebbe che in ogni caso non corra il rischio di diventare completamente sordo, salvo smentite, adesso comunque mi sono già prenotato per una prossima visita specialistica, speriamo bene, anche se al momento è ancora dura da sopportare! Mi è stata diagnosticata una ipoacusia da trauma acustico... / P.P.S.: Ho rintracciato successivamente il cofanetto di "Cassandra" di Gnecchi, tanto per cambiare ce l'avevo sotto il naso! Ve lo sciorino con le informazioni complete, ma soprattutto corrette: Vittorio Gnecchi Ruscone (1876-1954): "Cassandra", atto unico in un prologo e 2 parti, tragedia di Luigi Illica e Vittorio Gnecchi. - Personaggi ed interpreti: il Prologo, Nikolai Mijailovic; Agamennone, Alberto Cupido; Clitennestra, Denia Mazzola-Gavazzeni; Cassandra, Tea Demurishvili; Egisto, Arnold Kocharyan; Oreste, Pierre Lebon; una Coefora, Andzella Kirse; il Fazionario del Porto, il Navarca: Jean-Marc Ivaldi; - Coro della Radio Latviana, diretto da Sigvards Klava; - Orchestre National de Montpellier Languedoc-Roussillon, diretta da Enrique Arturo Diemecke; - Registrazione dal vivo effettuata da Radio France, il 13 luglio 2000, all'Opéra Berlioz-Le Corum, nel corso del "16° Festival de Radio France et Montpellier 2000". Stereo, DDD. - Produttore: Nikos Velissiotis; - 2 cd accademia opera AC 901.1/2, (C) 2004 - T.T. 51'06"+45'03" - nota sbertucciata a margine: essendo stata data quest'opera, in prima assoluta proprio al Comunale di Bologna, come già detto, non vorrei che anche il secondo cognome, Ruscone, abbia nuociuto in qualche misura al suo autore, poichè nel dialetto bolognese, notoriamente la parola "rusco" (che starebbe ad indicare in realtà un'erba officinale, nella lingua italiana), ha il significato di "immondizia", in tal caso non oso immaginare di quali facezie possa essere stato oggetto il nostro, da parte delle malelingue locali (ma penso con raccapriccio anche ad un Ferruccio Busoni che mi pare anch'egli abbia transitato nella città felsinea, poichè qui da noi, il termine "busone" assume il significato di "checca", mi sa tanto che va a finire che anche al giorno d'oggi, se ti metti a parlare del "Concorso Busoni", con l'ignoranza che dilaga, a tutto pensano fuorchè ad una competizione pianistica!). Comunque, non sarebbe affatto male che detto cofanetto venga ristampato, visto che non c'è proprio altro in circolazione, possibilmente in una veste tipografica più acconcia e dotata di un adeguato apparato informativo oltrechè del testo cantato, naturalmente! Per il momento, è tutto qui! (Comodissimo il fatto di poter intervenire a posteriori nei propri post, mi si passi il bisticcio!)
Disquizioni intorno alla musica colta, con particolare riferimento alla realtà contemporanea.
venerdì 27 marzo 2015
domenica 22 marzo 2015
Quisquilie e pinzillacchere.
Ho sentito, tempo addietro, il violista del complesso "I Solisti di San Valentino", inveire contro Riccardo Muti, "reo", a suo dire, di beccarsi la modicissima somma di 100.000 euro, per ogni sua esibizione pubblica, ma, se le cose stanno effettivamente così, non è certo il solo, essendo senz'altro in buonissima compagnia, poichè quanto a compensi astronomici, anche Zubin Mehta non scherza affatto, pensando al primo altro nome che mi viene in mente. Qui, in questo paese dissoluto e sprecone, dalle mani perennemente bucate, almeno per "alcuni", si sa, che divi e divetti del mondo musicale, indipendentemente dal loro valore effettivo - ed i loro fraudolentissimi agenti - possono osare come in nessun'altra parte del mondo (almeno vorrei sperare, o no? Tutto il mondo è paese, anche in questo caso?), tanto alcuno glielo impedisce, mentre per coloro che sono tagliati fuori dal famigeratissimo "star system", per quanto valenti siano, è ben altra "musica", si sa, ma siamo pur sempre, dannatamente, nella norma, nulla cambia e perchè mai dovrebbe? / Strana la vita, se le infauste circostanze non mi avessero, a suo tempo, portato a frequentare il centro diurno di via del Porto a Bologna, attualmente chiuso, non mi sarei mai imbattuto in un giovane e valente chitarrista classico, Stefano Mongiat, facente parte del gruppo degli operatori. Lo ricordo, pochi anni fa, in un concerto gratuito alla Sala Bossi del Conservatorio Rossini, fornire valido apporto strumentale, fra l'altro, ad un soprano giapponese del quale non rammento il nome, nei bellissimi "Folksongs" di Benjamin Britten. Mi ha inoltre regalato un suo saggio di fine Conservatorio su "Verklaerte Nacht" di Arnold Schoenberg. Malauguratamente, con la chiusura del centro diurno, l'ho perso completamente di vista, so soltanto che ha trovato un altro impiego negli uffici di Hera, vorrei tanto auspicare che non abbia appeso definitivamente la chitarra ad un chiodo, chissà! Per giunta, frequentando attualmente, da quasi un quinquennio, la mensa serale gestita dalla Caritas in pieno centro storico, il "Santa Caterina", da quasi poverello qual sono da diversi anni, mi sono imbattuto in un altro musicista altrettanto valente, facente parte del gruppo dei volontari del martedì sera, un tipo schivo e riservato, il giovane direttore d'orchestra Massimo Alessio Taddia, che nonostante l'essere al di fuori dello "star system", sta facendo un'onorevole carriera in giro per l'Italia e per il mondo (Francia, Spagna, Ungheria, Cipro, Malta, Russia, Stati Uniti), soprattutto nell'ambito delle istituzioni liriche, pur non disdegnando incursioni nel repertorio concertistico e sinfonico (nel suo curriculum figurano anche studi in Germania). Per chi volesse saperne di più, è presente la sua pagina ed il suo diario su Facebook, inoltre su Youtube sono presenti alcuni estratti video di sue esibizioni operistiche e concertistiche (fra queste ultime, un paio provenienti dal Reale Collegio di Spagna in Bologna). Sapendo del suo carattere estremamente riservato, non so se gradirebbe questa mia segnalazione in tale sede, purtuttavia mi sento comunque in dovere, nel mio piccolo, di segnalare dei musicisti meritevoli, soprattutto se al di fuori dei canali principali. Ma pensando anche al valente gruppo d'archi che attualmente opera in seno alla parrocchia dove, per così dire, lavoro, i summenzionati "Solisti di San Valentino", con i loro concerti mensili ad offerta libera, sono sì riusciti ad ottenere il patrocinio della sede dell'Unesco di Bologna, ma all'atto pratico significa soltanto che sono ufficialmente riconosciuti come un bene culturale e nulla di più! Comunque sia, nonostante l'oscurantismo e la miseria culturale dilaganti, no, non muore la musica, parafrasando quel che disse, a suo tempo, Arturo Toscanini, a proposito del complesso de "I Musici", di fresca formazione all'epoca, dopo averli ascoltati! / Ma esulando dall'ambito musicale, conosco anche un paio di pittori, uno dei quali dilettante, assai migliori della stragrande maggioranza di coloro che esibiscono le proprie "opere d'arte" nelle gallerie d'arte moderna, tipo il "Mambo" di Bologna, ma che, non facendo parte dei giri di coloro che contano, operano defilati, se non addirittura negletti, accontentandosi delle briciole quando va bene! Quanti autentici talenti sprecati in questo sciaguratissimo "Bel Paese", soverchiati da ciarlatani della peggiore risma, in tutti i campi dello scibile umano, ma siamo sempre terribilmente, gagliardamente, nella norma, è statisticamente provato da tanto tempo che, quanto a fuga dei cervelli, deteniamo un assai poco invidiabile primato, nel mondo occidentale, ma visto come siamo congegnati, non potrebbe proprio essere altrimenti, obiettivamente parlando! / Vorrei capire proprio in virtù di quali misteri della scienza e della tecnica, talvolta, quando vengono trasmessi concerti in differita nell'ambito di Radiotresuite, ne vengono omessi gli eventuali bis, anche quando il tempo di trasmetterli non difetterebbe. E' successo anche la sera di mercoledì scorso, 11 marzo, omettendo sia un breve bis del pianista Alexander Toradze (un brano da "Miroirs" di Ravel, "Oiseaux tristes"), sia il bis finale di Valery Gergiev con l'orchestra del Mariinski (la "marche hongroise" da "La damnation de Faust" di Berlioz), cosa facilmente verificabile se andate nel sito di Radiotre e cliccate su "La musica dal vivo", dove si può anche vedere l'intero programma di quel concerto (bis compresi, naturalmente), insomma è un periodico, irritante, strambo malvezzo dei conduttori di Radiotresuite, logorrea a parte! / Opera in formato ridotto? Trovo alquanto preoccupante, anche se inevitabile, la tendenza dei teatri lirici, o meglio di una parte di questi (almeno per il momento, non sembra ancora trattarsi delle piazze principali), a fare ricorso, sempre più spesso, per ovvi motivi di contenimento dei costi, alle riduzioni orchestrali degli spartiti originali (e quindi conseguente riduzione del numero di esecutori richiesti). E' pur vero che la suddetta pratica non rappresenta affatto una novità, così come in diversi casi, queste riduzioni godono dell'approvazione dei medesimi compositori, anche perchè contribuivano a diffondere il teatro lirico nelle aree più defilate del globo, ma, scorrendo le recensioni di spettacoli lirici, sulle riviste specializzate italiane ed estere, vedo comunque che anche in posti tutt'altro che sconosciuti, tipo San Francisco, si utilizzano queste riduzioni orchestrali (di alcune di queste è autore il direttore d'orchestra argentino Ettore Panizza) che consentono di eseguire, con organici smilzi, tipo una ventina di elementi nella fossa orchestrale, titoli come "Madama Butterfly" o "La fanciulla del West", che, almeno per coloro che ben conoscono tali opere, non ci vuole molto ad intuire quanto possano soffrire da simili restringimenti. Poichè secondo lo scrivente, in epoca di audiovisivi e di internet e quindi di un'assai maggior diffusione potenziale di questa forma di spettacolo rispetto al passato, lo scopo originario di queste riduzioni orchestrali, è in gran parte scemato, per cui l'unica ragione effettiva del loro sempre più frequente riutilizzo è data unicamente da mere esigenze di contenimento del fattore economico (in tempi più recenti, anche il direttore d'orchestra svizzero Adriano, ha realizzato una versione da camera della "Rusalka" di Dvòràk), se la faccenda, come temo, col passare del tempo, dovesse estendersi vieppiù anche alle piazze principali, allora sarà giocoforza ricorrere ai supporti audiovisivi, per poter godere di ua certa opera, così come fu originariamente concepita dal suo autore! Il che, aggiunto allo strapotere registico, altra attuale iattura del teatro lirico, dalle ben note, nefastissime conseguenze, rischierebbe seriamente di condurre questa forma d'arte, secondo il mio modestissimo parere, ad una sua progressiva estinzione, o se non altro, di contribuirvi largamente, pur potendo apparire, al momento, il male minore. Spero proprio di sbagliarmi! E' ben vero che, anche in passato, sono state scritte diverse opere da camera, sia per piccoli teatri, ma anche per compagnie itineranti (penso ai titoli scritti da Benjamin Britten per l'English Opera Group, come "The rape of Lucretia", "The turn of the screw", "A midsummer night's dream"), con allestimenti "tascabili" (ovvero trasportabili), ed esempi non ne mancano affatto nemmeno oggigiorno, ma un conto è parlare di lavori già concepiti in partenza come opere da camera, un conto è operare delle riduzioni di qualsivoglia natura su lavori originariamente impostati su ampia scala! La faccenda, ahimè, cambia parecchio! Certo, il giovane Karajan, ad Ulm, doveva accontentarsi di un teatro con un palcoscenico di 2 metri per 3, con un'orchestra scalcinata di una trentina di elementi, ed un coro altrettanto disastrato, anch'esso di non più di una trentina, riuscendo ad allestire opere come "Fidelio" e "Die Meistersingers von Nuernberg", ma non si trattava certo di una piazza importante, ed inoltre, i tempi (eroici), i primissimi anni '30, erano ben altri e si trattava comunque di condizioni estreme! Non per niente è proprio lì che il soggetto si fece veramente le ossa, gettando le fondamenta per diventare poi quel che ben conosciamo! / Italia paese di ciarlatani e di cialtroni, se ne lamentò persino Puccini, già in una sua lettera dei primi anni '20 del secolo trascorso e difatti questa affermazione facilmente condivisibile, mi ritorna in mente in parecchie occasioni, fin troppe, direi! Qui, a Bologna, vicinissimo al Teatro Manzoni e quasi accanto ad un negozio di dischi "regolamentare", c'è persino un sedicente centro di estetica/ benessere/bio/vintage e cavolate alla moda assortite, che si è messo anche a trattare vinili, cd, giradischi, stereo, sia nuovi che usati, con quale (in)competenza si può ben immaginare, non bastasse già un'edicola, sempre all'interno del centro storico, che si picca anche di trattare vinili usati (presuntamente) da collezione. D'accordo che, qualcuno potrebbe affermare che, con la musica si cura anche il benessere dell'anima (de li mortacci suoi!), ma sarebbe comunque una scusa tirata decisamente per i capelli, un ridicolissimo arrampicarsi sugli specchi, un'inaccettabile banalizzazione, un espediente da furbetti del quartierino. Qui tutti vogliono far di tutto, all'insegna dell'improvvisazione più sfrontata, nulla cambia, è sempre stato così e così sara in eterno, è tutto nella norma, il fesso e l'ingenuo sono io che me ne adonto, tanto a chi vuoi che gliene importi, chi vuoi che ci faccia alcun caso, dovrei proprio rassegnarmi, ma non ci riesco, è una mia tara ineludibile, purtroppo! / In questi giorni, uno stupidissimo infortunio occorsomi, sulle cui altrettanto insulsissime circostanze non vale la pena di dilungarsi in questa sede, mi ha,temo, definitivamente compromesso il mio finissimo udito e sarà già un miracolo se non diverrò in breve tempo completamente sordo come Beethoven (a parte il trascurabilissimo particolare che io non sono affatto il genio di Bonn, purtroppo, ahimè, e la differenza non è certo da poco, direi! Anzi, ho proprio il timore che non potrò accingermi a stilare alcun 'Testamento di Heiligenstadt', ma che peccato!), per cui, pur cercando, con immaginabile strazio e tormento, di proseguire nei miei attualmente disastratissimi ascolti musicali (se hai la benchè minima deficienza uditiva, la musica classica è il genere più spietato per evidenziartela, come ben sapranno almeno la maggior parte dei melomani appassionati ed io me ne sto accorgendo in pieno, veramente!), se nonostante tutto una pesante cappa di silenzio dovesse scendere inesorabile intorno a me, fra qualche tempo, per la serie "predisporsi al micidiale" (in questi giorni mi sento l'equivalente di un microfono violentemente percosso, esperienza che vivamente vi sconsiglio!), da inguaribile impallinato fin dalla nascita qual sono, cercherò comunque di trattare di musica, almeno dal punto di vista storiografico e sociologico, affinchè i miei 23 (magari!) lettori possano continuare a sciropparsi i miei vaniloqui (magari speravano proprio il contrario, in tal caso mi dispiace), poichè abbandonare completamente questa materia, per me significherebbe decisamente la morte civile, non trovando altre ragioni di sopportare questo stupido mondo e pur tenendo conto che un'eventuale sordità totale, almeno mi proteggerebbe dal rischio di essere sopraffatto da tutte le altre inevitabili corbellerie di cui sono costellate le nostre grame esistenze nell'evo moderno (almeno volendo vedere per forza il bicchiere mezzo pieno, però sarebbe sempre un prezzo da pagare troppo alto, in verità!), perciò continuerò a tentare almeno di scriverne (pur se potrò soltanto ascoltarla, si fa per dire, attraverso il mio orecchio interiore), perlomeno fintantochè l'inizio di cataratta che già ravviso in me da alcuni anni, non mi renda anche cieco (le disgrazie sono come le ciliege, una tira l'altra) ed allora, in tal caso, buonanotte ai suonatori! Il fatto di non essere più tanto giovane, non m'induce di certo all'ottimismo, purtuttavia questo udito sgangherato non mi ha impedito, al momento, di farmi una certa idea del brano iniziale di quel concerto in differita dal Comunale, trasmesso la scorsa settimana e del quale ho accennato nello scritto precedente a proposito di Jean Sibelius e dello scarso gradimento della sua quinta sinfonia, almeno da parte del pubblico radiofonico. Per l'appunto, il brano di Sibelius, in questo concerto, era preceduto da un altro a me totalmente sconosciuto, la brevissima "Sinfonia di fanfare" del compositore russo, credo ancora vivente, Rodion Schedrin, un brano d'occasione creato nel 1967 per non ricordo quale ricorrenza ufficiale del regime, che, ad un primo ascolto, si direbbe aver avuto come suo modello evidente l' "Ouverture festiva" di Shostakovich, anche questo originariamente brano d'occasione, ma che, rispetto al precedente, risulta di ben altra caratura, ovvero un piccolo capolavoro. Il brano di Schedrin, pur nella sua piacevolezza, rivela più che altro, non travalicando lo scopo per il quale era stato composto (a differenza del pezzo di Shostakovich), il notevole mestiere di questo musicista, che ha realizzato, per sua fortuna, altre cose assai migliori (a cominciare dalla celeberrima "Carmen suite", per archi e percussioni, basata sull'omonima opera di Bizet), pur non essendo affatto indegno di essere eseguito e conosciuto, anche in sede concertistica. Ma forse questo mio sforzarmi di proseguire nel discettare su un certo brano, è solo un patetico tentativo di dimostrare a me stesso, che per il momento non demordo affatto, certo è che se sugli apparati audio, soprattutto amplificatori, venisse ripristinato il tasto di "modo", ovvero modalità d'ascolto (stereo/mono), chissà perchè quasi completamente scomparso da tempo immemorabile sugli oggetti in produzione, chi si trova a patire, volente o nolente, come me, delle gravi deficienze uditive, ne trarrebbe un piccolo giovamento, poichè, in questo caso, un suono monofonico o bifonico (nel caso di un tipico impianto stereofonico), aiuterebbe quelli come il sottoscritto, a focalizzare meglio l'ascolto, senza dover rinunciare troppo alla qualità (come peraltro lessi, qualche tempo fa, su una rivista inglese), ma essendo in un'epoca di audio multicanale delirante (siamo già arrivati al 9.1!), temo che il tutto "suoni" pietosamente anacronistico. Al momento, limitatamente alla sola radio, però, uso talvolta il tasto di "modo" FM (auto/mono), presente sul mio ventennale, fedelissimo sintonizzatore stereo analogico, che, in qualche caso, si è rivelato di un certo aiuto, però è ovvio che, l'eventuale presenza di un tasto di commutazione stereo/mono, sul mio attuale amplificatore integrato, sarebbe stata ben altra cosa! Aggiungiamoci il fatto che, cercare di proteggere quel che resta del mio udito, facendo ricorso a tappi e cuffie antirumore, sembra avere come effetto collaterale, quello di aumentare la mia "microfonicità" con relativi rientri acustici, non so proprio più che pesci pigliare! Tirate le somme, ci sento di meno, ma non posso nè alzare il volume e nemmeno far uso di cuffie audio, poichè in tali casi, il fastidio mi diventa intollerabile, particolarmente se tento di ascoltare strumenti a corda od a tastiera! E' come se il mio baricentro tonale, si fosse spostato sui medioacuti, con drastica attenuazione agli estremi banda ed aumento della distorsione (o battimenti?): fastidiosi acufeni a parte, anche le voci, le percepisco spesso, sgradevolmente metalliche, come minimo penso di avere i timpani perforati, che bellezza! A questo punto, non oso fare pronostici, peggio di così...... Dovrò anch'io usare i "quaderni di conversazione", per poter comunicare con le persone?
domenica 15 marzo 2015
Balle spaziali ed altre amenità.
Periodicamente, il circo mediatico che ruota naturalmente anche intorno all'ambito della musica colta, non rinuncia, per ovvi scopi (bisogna pur smerciare il prodotto!), a cercare d'illudere noi comuni mortali, che le favole a lieto fine esistano anche nella dura realtà, che uno su mille ce la fa (come diceva la buon'anima) e via di questo passo, cianciando. Tempo addietro avevo letto su non ricordo più quale giornalucolo che, Sir Antonio Pappano sarebbe figlio di un maggiordomo e di una domestica (!), almeno così ci volevano far credere. Ma se le mie vetuste orecchie non mi hanno ingannato, ascoltando casualmente, poco tempo fa, su Radiotre, una puntata de "La barcaccia", ho sentito i 2 conduttori, Suozzo e Stinchelli, intervistare il suddetto, il quale ha dichiarato che suo padre esercitava il mestiere di maestro di canto (ah cavolo, direi proprio che la faccenda cambi!). Ma quella che avevo letto in precedenza, non è senz'altro l'unica fola viaggiante in ambito musicale, non so se sapete la storiella che circola ogni tanto riguardo al soprano Anna Netrebko, che avrebbe principiato addirittura come donna delle pulizie al Bolshoi, così facendo pagandosi le lezioni di canto, fintantochè il pigmalione di turno l'avrebbe scoperta facendone una diva a livello internazionale (per la serie "E' nata una stella", uaoh!), tutto inventato dall'ufficio stampa, ovviamente! E che dire della pur brava percussionista anglosassone Evelyn Glennie, che per un bel po' ce l'hanno spacciata per una sorda totale, facendoci credere, lei complice, che avvertiva la musica unicamente attraverso le vibrazioni degli strumenti che lei percuoteva, oltrechè quelle provenienti dal pavimento, ma che in realtà ci ode benissimo? Vi ricordate il pianista David Helfgott, oggetto di un film di successo, "Shine" (responsabile della famigerata dicitura "Rach3", oltrechè con un colossale svarione, almeno nel doppiaggio italiano, in cui il violinista Isaac Stern viene menzionato addirittura come direttore d'orchestra), musicista menomato nella psiche, che anche un sordo, ascoltandolo, si sarebbe reso conto delle sue enormi deficienze tecniche ed interpretative? Tacendo poi di musicisti finti ciechi dei quali non rammento i nomi, non c'è niente da fare, i venditori di fumo continuano e continueranno per secula e seculorum ad impapocchiarci spudoratamente, tutto stramaledettamente nella norma! Se un comune mortale cascasse veramente in una di queste trappole, credendo cioè che anche nel mondo reale alberghino le belle favolette e che perciò anche per lui, povero tapino, frustrato e complessato, ci sia qualche speranza di uscire dal suo grigiore esistenziale, ad attenderlo dietro l'angolo, troverebbe esclusivamente legnate e docce fredde, se va bene, altrochè! In un mondo sempre più virtuale, soprattutto a livello di possibilità effettive per noi individui qualunque, diventa sempre più ributtante il ripetersi di questi triti espedienti, visto il vuoto pneumatico, lo squallore dilagante che sempre più ci attanaglia, impostoci da questa società occidentale consumistica presuntamente evoluta, mirante in realtà soltanto al totale abbruttimento ed annientamento della persona, conditio sine qua non per garantirsi la propria eterna, folle sopravvivenza. / Sempre in tema di panzane, certo che anche i conduttori di Radiotresuite, quando ci si mettono d'impegno, non sono decisamente secondi a nessuno! La sera di mercoledì scorso ho ascoltato la differita di un concerto dal Teatro "La Fenice" di Venezia, comprendente nel suo programma anche il 1^ concerto per violino di Shostakovich, brano già ascoltato precedentemente, qualche tempo prima, in un'altra differita di un concerto, questa volta proveniente dal Comunale di Bologna. Orbene, non ricordo chi fosse il conduttore di Radiotresuite di turno quella volta, fatto sta che, poichè l'ultimo movimento del concerto shostakovichiano è una burlesque (allegro con brio), il nostro buontempone se ne venne affermando che il compositore, mentre scriveva quest'ultimo movimento, avesse in mente, oltre al modello mahleriano, anche quel particolare spettacolo erotico che va proprio sotto la dicitura di "Burlesque" (per intenderci quello oggetto anche del relativo, recente film, avente Cher e Christina Aguilera come protagoniste), "purtroppo", sono parole sue, "attualmente ritornato in auge" (e ci mancava pure che si mettesse a fare il tipico moralista bacchettone, ma quanto siamo ridicoli!). Ci sarebbe veramente di che scompisciarsi dalle risate, se non fosse che il tutto, cioè la sortita del conduttore di Radiotresuite, è grottescamente, pietosamente reale. Chi conosce la personalità di Shostakovich (d'accordo che, pensando alla sua opera "Lady Macbeth del distretto di Mcensk", composta anni prima e causa della sua prima "purga" di regime, questa vantasse un soggetto scabroso, ma era pur sempre rispondente a precise, serissime ragioni drammaturgiche di critica e satira sociale) e soprattutto l'ennesimo momento difficile che attraversava, durante la stesura di questa composizione (come peraltro sottolineato invece proprio dal conduttore di mercoledì scorso, per fortuna), capisce immediatamente che il "burlesque", quanto a spettacolo scollacciato, era senz'altro l'ultimo dei suoi pensieri, in quel tragico periodo della sua esistenza, dubito persino che, nella Russia Sovietica di allora, si svolgessero simili intrattenimenti, salvo smentite (e quand'anche fosse, penso non gliene potesse decisamente importare di meno), bah! - Oh, caspiterina, mi sovviene che anche il compositore statunitense Aaron Copland ha inserito una "burlesque" all'interno della sua "Music for the theater", più o meno nello stesso periodo, chissà mai quali laidi, lascivi pensieri albergavano nella sua mente senza dubbio obnubilata, ohibò! / Venerdì sera, durante l'ennesimo concerto dell'orchestra Rai all'Auditorium Toscanini, è riaffiorato il malvezzo, da parte del pubblico, di applaudire fra un movimento e l'altro, in ciò persino incoraggiati a voce, durante la prima parte del programma, dal divetto plasticoso di turno (per la cronaca, il violinista David Garrett), che ha tirato in ballo persino Joachim, poichè eseguiva la parte solistica dell'arcinotissimo concerto brahmsiano. Malvezzo, dicevo, ovviamente estesosi anche alla seconda parte, con gli applausi che inframmezzavano i movimenti della quinta bruckneriana. Così facendo, non è che si violi la ritualità tipica di un concerto, come affermavano quelli di Radiotresuite (la qual cosa in sè non sarebbe affatto sacrilega), così facendo, non solo si spezza l'atmosfera creata dalla composizione musicale, ma si inter-rompe anche la concentrazione, sia dei musicisti che del pubblico, il che è ben più grave! Il fatto che in passato non soltanto così si costumasse, ma che addirittura si applaudisse persino durante l'esecuzione, come rammentato dagli stessi conduttori radiofonici, non mi sembra ragione sufficiente per riesumare queste cattive abitudini, che nuocciono ad una piena fruizione dell'evento musicale, trattandosi comunque di un genere impegnato e perciò impegnativo anche per coloro che ne fruiscono, non stiamo certo parlando di canzonette o di musica da sottofondo, altrimenti qui si rischia di mettere tutto nello stesso calderone, come invero si fa troppo sovente. A livello generale, così come non tutte le cose nuove, sono necessariamente migliori di ciò che le precede, questo non vuole affatto dire che siano comunque peggiori, ovvero non tutto ciò che viene dal passato è perciò stesso meritorio e quindi va ripescato, altrimenti addio progresso! Quello che manca catastroficamente, oggidì, è un sano senso critico, non si può fare di tutte le erbe un fascio, nè in un verso, nè in un altro! Occorre saper distinguere da caso a caso e qui casca l'asino (povera bestia, come minimo si ritroverà fratture multiple e costole rotte, per tutte le volte che la si tira in ballo, sia pure in senso figurato). Personalmente, mi fanno innervosire da matti anche quei sedicenti melomani che hanno il brutto vizio d'applaudire, non soltanto in corso di rappresentazione, ma anche nei finali d'atto delle opere, ben prima che l'orchestra taccia, impedendoti regolarmente di assaporarne anche gli ultimi accordi, come ampiamente testimoniato anche dalle dirette radiofoniche, in primis quelle provenienti dal Metropolitan. Non per niente, i direttori d'orchestra più coscienziosi, aspettano anche diversi secondi prima di abbassare le braccia al termine dell'esecuzione di un brano, proprio per invitare il pubblico a ritardare l'applauso, consentendogli di cogliere quella particolare risonanza data dallo spegnimento progressivo dell'ultimo accordo, facente parte essa medesima della particolare atmosfera creata da quella data musica, fragilissima e delicatissima e quindi da non guastare fino all'ultimissima frazione di secondo con manifestazioni intempestive, pena comprometterne la temperie espressiva. Sarò pedante e tedioso, ma qui si tratta di un genere musicale impegnativo e perciò ci si dovrebbe regolare di conseguenza, anche perchè comunque, lo sforzo, peraltro relativo, viene ampiamente ripagato con gli interessi ed assai immodestamente, ho anche l'assurda pretesa di saperne qualche cosa! Ma và! / Tempi sempre più bui per le riviste specializzate soprattutto nostrane, da questo mese il "Giornale della Musica", ha abbandonato definitivamente il formato cartaceo, rimanendo presente esclusivamente in rete, altre testate come "Musica", "Amadeus" e "The Classic Voice" (in quest'ultima ci scribacchiano, tra gli altri, anche alcuni conduttori di Radiotresuite che, di recente, guarda caso, ne hanno intervistato proprio il direttore), cambiano ripetutamente veste tipografica, formato, contenuti e financo il direttore, se non addirittura anche l'editore, aggiungendo talvolta all'eventuale cd allegato, presunte regalie tecnologiche del genere 'scaricamenti' (download), QR code ed altre facezie (dalla fruizione avventurosa ed ovviamente non alla portata di tutti), nel tentativo disperato di riuscire a sopravvivere in un periodo difficilissimo come quello attuale. A proposito di "Amadeus", avendone acquistato l'ultimo numero, in virtù del disco allegato, comprendente lavori sinfonici di Giovanni Sgambati (2^ sinfonia in mi bem. magg. - nella revisione critica dello stesso direttore d'orchestra, pubblicata dalla casa editrice Suvini Zerboni di Milano, l'anno passato - e Concerto per pianoforte ed orchestra in sol min., op.15, pubblicato da Schott, Mainz - Leipzig, nel 1880 - solista Martina Filjak; Orchestra Sinfonica di Milano "Giuseppe Verdi", diretta da Francesco Attardi - cd Paragon AM 304-2 DP - registrato dal vivo il 7 dicembre 2014, all'Auditorium di Milano della Fondazione Cariplo / tecnico del suono Claudio Gattuso; direzione artistica, montaggio e masterizzazione Raffaele Cacciola / T.T. 77'48"), ho voluto, per la prima volta in vita mia, provare a "scaricare" sul mio computer, il contenuto musicale del secondo cd virtuale, comprendente musiche per 2 chitarre di Ferdinando Carulli, eseguite dal duo Alfonso Baschiera e Marco Nicolè. A parte la noiosa trafila (e a parte anche il fatto che tu comunque li paghi questi ausili tecnologici, essendo compresi nel prezzo della rivista, indipendentemente dal fatto che tu ne usufruisca oppure no), una volta entrato nel sito della rivista, di dovermi registrare e successivamente confermare il tutto attraverso la casella della posta elettronica, dopo avere inserito il codice indicato all'interno del fascicolo, a parte la scelta poco entusiasmante fra 2 formati audio, il compresso Mp3 ed il WAV non compresso (o così mi pare), ho optato per quest'ultimo, ritenendolo, non so se a torto o a ragione, il male minore dal punto di vista della qualità sonora. Soltanto che, una volta avviata la procedura, mi sono accorto che, almeno sul mio computer, lo scaricamento dell'intero contenuto, mi avrebbe richiesto alcune ore, per cui, non disponendo di connessione casalinga, ma usufruendo di quella comunale in luoghi pubblici per poche ore al giorno, ho preferito desistere, un tantinello deluso, pensando ingenuamente che la faccenda fosse assai più rapida ed immediata. La qual cosa mi spinge ad ulteriori riflessioni sul fatto che, secondo alcuni soloni, la pratica dello "scaricamento" in aggiunta a siti come Youtube et similia, dovrebbe decretare la definitiva sparizione dei supporti audiovisivi fisici, dalla faccia della terra, anzi la rete dovrebbe divenire l'unica fonte di approvvigionamento in fatto di intrattenimento audiovisivo. Purtroppo, avventurandomi anch'io periodicamente, come tanti, anche nei meandri di Youtube, ho scoperto che non sono affatto tutte rose e fiori, soprattutto quando il caricamento del video prescelto, avviene a singhiozzo (in barba al frequente aggiornamento dei driver da me effettuato), cosa che talvolta capita, frammentando irritantemente la continuità della fruizione. Anche sorvolando sia sulla componente qualitativa che su quella feticistica legata indubitabilmente anche all'uso dei supporti audiovisivi da parte degli appassionati più impallinati, resta il fatto che queste nuove modalità di accesso all'intrattenimento, sono ben lungi dall'essere pratiche, efficienti, affidabili e prive d'inconvenienti e perciò, pur non considerandole affatto trascurabili, sono secondo me, da considerarsi come ulteriori opportunità accessorie, ma non di certo come fonte principale, meno che mai unica, anche non considerando l'intrinseca instabilità dei gingilli tecnologici (computer, tablet, smartphone, i-phone, ecc.), preposti a gestirle. Del resto, per ragioni simili, non credo che le pubblicazioni cartacee, verranno mai sostituite completamente dagli e-book e compagnia bella, anche qui, per me, vale sostanzialmente il medesimo discorso. Credo proprio che continuerò a rimanere decisamente scettico, al riguardo, in barba alla massa imbarbarita e pecorona! Il ritorno sul campo di un marchio storico come Technics (a capo del quale sta attualmente una nota pianista jazz giapponese), oltre che del fatto che anche giganti dell'elettronica come Onkyo e Sony, tornino ad occuparsi dell'audio di qualità, sia pur limitatamente ad un ambito di nicchia, induce a ben sperare in una salutare inversione di tendenza. Del resto è ben noto che quel gran bastardo di Steve Jobs, artefice di Apple e suoi derivati come QuickTime ed iTunes, in casa propria ascoltasse il vinile, anche se forse lo faceva, almeno in parte, per via che la cosa fosse divenuta di moda, ma questa è una mia personale supposizione! / A proposito sempre del disco allegato al corrente numero di "Amadeus" contenente lavori di Sgambati (Roma, 28 maggio 1841 - Roma, 14 dicembre 1914), nel quale compare l'Orchestra Sinfonica di Milano "Giuseppe Verdi", fa senz'altro piacere constatare, leggendone l'articolo relativo all'interno della rivista, che la compagine, pur con enormi sforzi, si stia sforzando di superare la propria difficile situazione finanziaria e che quindi, almeno per il momento e salvo smentite non si sciolga affatto (oltrechè di apprendere che è stato inciso, sempre per la Decca e di prossima uscita - sempre facendo gli scongiuri -, il quarto volume - dei 6 previsti - dell'integrale dei lavori orchestrali di Nino Rota, comprendente anche l'oratorio "Mysterium Catholicum", del quale esisteva soltanto una vecchissima incisione, visto che a suo tempo, anche in questa sede, mi ero lamentato della sospensione, che temevo definitiva, di questo interessante ciclo discografico). Peccato che, nell'intervista al direttore d'orchestra di codesta incisione, Francesco Attardi, quest'ultimo faccia una dichiarazione quantomeno inesatta, riguardo al fatto che, fra i lavori ancora inediti di Sgambati, figuri anche l'ouverture "Cola Di Rienzo", che in realtà è stata stampata dalla casa editrice "Boccaccini & Spada Editori, S.r.l." di Albano Laziale (Roma), come risulta dal retrocopertina di un cd della Naxos uscito nel 2012 (8.573007), con la defunta Orchestra Sinfonica di Roma, diretta da Francesco La Vecchia, inciso all'Auditorium di Via della Conciliazione in Roma, il 16-17 ottobre 2011 ed il 4-5 dicembre dello stesso anno, disco che, manco a farlo apposta, fa il paio con quello allegato ad "Amadeus", poichè oltre all'ouverture summenzionata, comprende anche la prima sinfonia in re magg., op.16 (quest'ultima stampata, per la cronaca, dalla casa editrice "Edwin F. Kalmus & Co., Inc."), mi si perdoni la pignoleria e la pedanteria! / La sera di questo lunedì (9 marzo), subito dopo che a Radiotresuite era stata trasmessa la quinta sinfonia di Jean Sibelius, almeno stando al conduttore, parrebbe che la quasi totalità degli sms pervenuti dei radioascoltatori, salvo uno, fosse di tenore fortemente negativo, soprattutto sia al riguardo del brano che del compositore. Evidentemente, a 150 anni dalla sua nascita, qui da noi devono essere ancora parecchi i figli, nipoti, bisnipoti, trisnipoti e pronipoti di Adorno (che lo aveva definito "il peggior compositore al mondo") & Soci, imperversanti e stoltamente, ottusamente, perseveranti più che mai, a riprova dell'incolmabile arretratezza mentale e culturale di questo sgangheratissimo "bel paese", tutto nella norma! Chissà se questi imbecilli immaginano che, proprio uno degli alfieri della "Seconda Scuola di Vienna", della musica contemporanea, delle "Giornate di Donaueschingen", dei "Ferienkurse" di Darmstadt, il direttore d'orchestra Hans Rosbaud, artefice delle prime assolute del "Moses und Aron" di Schoenberg e de "Le marteau sans maitre" di Boulez, oltre che della prima germanica della "Turangalila - Symphonie" di Messiaen, proprio lui, sì, abbia frequentato anche il repertorio sibeliano (la qual cosa, a suo tempo, fece scalpore), dimostrando innanzitutto, saggiamente, di ragionare con la propria testa, scevro da stupidi pregiudizi di sorta! A testimonianza auditiva di tutto ciò, ci sarebbe, anche se purtroppo, attualmente fuori catalogo, un bellissimo disco della collana a medio prezzo DG "The Originals", che approfitto dell'occasione per segnalare caldamente, comprendente una breve serie di incisioni, ottimamente rimasterizzate con un suono monofonico pieno e godibilissimo (le registrazioni meno vetuste, hanno una timbrica leggermente più aperta), autentica gemma misconosciuta del catalogo storico della DGG. Le 2 serie di registrazioni, effettuate con i Berliner Philarmoniker, ebbero luogo nella Jesus-Christus-Kirche di Berlino-Dahlem, dal 3 al 6 novembre 1954, per i brani più brevi (Finlandia, Valse triste, Il cigno di Tuonela, Festivo da "Scénes historiques), usciti l'anno dopo in disco microsolco da 25 cm. di diametro, e dal 13 al 16 marzo 1957, per i 2 brani più estesi (Karelia suite, Tapiola), anch'essi usciti l'anno seguente sul medesimo supporto (io però, tempo addietro, trovai in una libreria che tratta anche l'usato, una ristampa, questa volta su disco da 30 cm., risalente al giugno '59, comprendente 4 di questi brani e segnatamente Il cigno di Tuonela, Tapiola, Finlandia e Karelia suite, il disco è siglato DGG LPEM 19185 M33 HI-FI). La prima ed unica ristampa su cd, si è avuta nel 1996, per la collana "The Originals", come già detto dianzi (cd DG 0289 447 453 2 0 G OR) e trattasi veramente di splendide esecuzioni, con un'orchestra ovviamente superba, secche, tesissime, incisive, affilatissime e taglienti come una lama, che esaltano proprio la modernità (ebbene sì!) di Sibelius (l'esecuzione di Finlandia mi ha ricordato dappresso quella di Toscanini, con l'orchestra della NBC, del 1950), che dimostrano l'enorme progresso stilistico del compositore, dal tardoromanticismo epico di Finlandia (1900), alle inquietudini e tensioni armoniche di Tapiola (1926), penultimo lavoro "ufficiale" del musicista. Insomma, quello che queste magnifiche incisioni ci restituiscono, è un Sibelius scevro completamente da incrostazioni ed appesantimenti tardoromantici, lucido ed analitico, ma al contempo di bruciante espressività, che forse, proprio per questo, non incontrerà il gusto di tutti, ma che ne esalta come pochi, proprio i tratti più sorprendentemente moderni, con una coerenza più unica che rara! Se poi si scorrono anche le note del libretto allegato, anche in italiano, si scopre che esistono delle altre registrazioni radiofoniche di Rosbaud riguardo al compositore finnico, effettuate sempre in quel periodo, un paio della sinfonia n.2, singole incisioni delle sinfonie nn.4 e 5 e di 3 canti per voce di basso ed orchestra (con Kim Borg). In più si menzionano esecuzioni pubbliche di lavori sibeliani nel 1958, tra cui la sinfonia n.7. Tutto questo testimonia da parte di Rosbaud, un interesse tutt'altro che passeggero ed occasionale riguardo al grande compositore. A tal proposito, mi viene anche in mente una remota intervista, concessa dal compositore e direttore d'orchestra finlandese Esa-Pekka Salonen (per inciso trovo il compositore - non per niente lui si considera innanzitutto tale - anche superiore al pur valente direttore) alla defunta rivista "Cd Classica", nella quale dichiarava che, se Pierre Boulez avesse superato i suoi pregiudizi, avrebbe potuto essere, potenzialmente, un ottimo interprete della quarta sinfonia di Sibelius (d'accordissimo, anzi, aggiungerei io, volendo fare il medesimo discorso, anche di un'altra quarta sinfonia, quella di Shostakovich, peccato che adesso, novantenne, si sia dovuto ritirare dalla vita pubblica). Non vi basta ancora? Purtroppo, ripeto, il disco di Rosbaud, senz'altro meritevole di ristampa, è attualmente fuori catalogo, l'unica maniera di ascoltarselo, almeno per chi vive a Bologna e dintorni, è di prenderlo in prestito gratuitamente (se si è residenti o studenti) per una settimana, dalla "Biblioteca Sala Borsa", anche se, ahimè, è un poco rovinato da precedenti maltrattamenti, ma alternative non ne vedo. Ad ogni buon conto, seguaci adorniani e similari, beccatevi questa ed andatevene in malora, una volta per tutte, perchè me li avete proprio strarotti! / Sempre a proposito di dischi, nella mia ormai lunghissima vita di discofilo, mi era già capitato, a volte, di acquistare un certo titolo, prima in vinile e poi su cd (e talvolta, primancora su musicassetta), ma mai, fino ad ora, prima in forma vinilica e poi per ben 2 volte su cd, se non fosse per gli autentici malestri, volendo usare un gentilissimo eufemismo, perpetrati dalle case discografiche, roba da ghigliottina! L'incisione dell'ottava sinfonia di Shostakovich, effettuata nel lontano dicembre 1982 al Concertgebouw di Amsterdam (produttore Andrew Cornall, tecnico del suono Colin Moorfot - T.T. 61'56"), da Bernard Haitink, con l'orchestra del Concertgebouw di Amsterdam, per la Decca, uscita nell'83 e facente parte del relativo ciclo sinfonico completo, resta a tutt'oggi una delle migliori in assoluto, anzi, per lo scrivente, fino ad adesso, forse la più bella esecuzione in assoluto, fra le tante ascoltate sia in disco che alla radio, interpretazione dai tratti persino bruckneriani, con una scelta di tempi particolarmente pertinente, tant'è che nemmeno lo stesso Haitink riuscirà ad eguagliare, diversi anni dopo e con altra orchestra, dal vivo ai "Proms", risultando al confronto, ben più slentato ed appesantito, con almeno circa 7-8 minuti in più di durata complessiva, rispetto a questa edizione discografica, non riuscendo più ad eguagliarne la suprema sintesi drammatica. La ripresa sonora di questa notevolissima incisione, nella migliore tradizione Decca, era già ottima su vinile, se non fosse che la resa dei passaggi più tenui, era ovviamente in parte compromessa dal tipico rumore di fondo del disco. Parecchi anni dopo, quando mi decisi a riacquistarla su supporto digitale, lo feci allettato dal basso prezzo della ristampa allora disponibile, facente parte della collana economica "Universal Eloquence" (da non confondersi affatto con la quasi omonima collana a medio prezzo della "Eloquence" australiana, fortunatamente di ben altro livello), assieme ad un altro titolo della medesima, poichè, poco tempo prima, un lettore che aveva scritto alla rubrica riservata alla posta della rivista "Suono", aveva tessuto gli elogi, anche riguardo alla qualità sonora, di questa (allora) nuovissima collana economica. Peccato che, al primo (ed unico) ascolto casalingo, di codesto dischetto, abbia strabuzzato occhi ed orecchie, non riconoscendo più le caratteristiche sonore originarie di questa bella registrazione che tanto me l'avevano resa apprezzabile su vinile. Insomma una grande interpretazione completamente rovinata da un pessimo trasferimento digitale, nulla di nuovo sotto il sole, ma tant'è. Peraltro non tardai a capirne la ragione, poichè sul dorso della custodia del cd e sul retrocopertina, ma anche all'interno dell'involucro, compariva una strana sigla, con un'altrettanto stramba grafica, che veniva magnificata anche all'interno del libretto, per il resto completamente privo della benchè minima nota informativa: la sigla misteriosa era "A.M.S." e stava, pomposamente per "Ambient Music Surrounding System", ma all'ascolto, si rivelava subito per quello che era in realtà, un'autentica ciòfeca, un volgarissimo compressore dinamico, con tutte le ovvie, disastrosissime conseguenze su tutti i parametri inerenti il suono (altro che "loudness war"!), tant'è che, nauseato, nemmeno ascoltai l'altro titolo della medesima collana, che avevo acquistato. Un bello schifo, un altrimenti valido catalogo di riedizioni Decca, Dg e Philips, stupidamente, pornograficamente, stuprato, rovinato! Ma forse qualcuno in alto, ad un certo punto, se ne deve essere reso conto, poichè con l'attuale, nuova collana "Universal Virtuoso", sempre a basso prezzo, che sembrerebbe aver preso il posto della precedente, parrebbero aver aggiustato finalmente il tiro. Quando, pochissimo tempo fa, attraverso una recensione sul "BBC Music Magazine", mi sono accorto che avevano ristampato anche quest'incisione dell'ottava di Shostakovich, il giudizio lusinghiero espresso sulla rivista, riguardo anche alla qualità sonora, mi ha indotto, per la prima e spero unica volta in vita mia, al riacquisto, che si è rivelato difatti felice, poichè in esso ho finalmente ritrovato le ottime caratteristiche sonore originarie di questa bella incisione, per cui, almeno stavolta, non ho rimpianto il vinile (tantopiù che sul retrocopertina del disco, viene anche riportato un breve estratto di una recensione di "Gramophone", laudativo pure per la qualità sonora). Inoltre, a parte una veste tipografica migliorata rispetto alla precedente edizione, ci sono persino delle sintetiche note di commento in inglese, all'interno del libretto, peccato solo che siano assenti i dati di registrazione (per fortuna presenti sull'originaria stampa in vinile) e che la suddivisione delle tracce non sia presente anche nel retrocopertina, oltrechè nel libretto, costringendo così ad estrarlo per forza dalla custodia. Ma per fortuna che, comunque, cosa assai più importante, questa grandissima interpretazione, torna nuovamente ad essere disponibile singolarmente, ad un prezzo abbordabile, in una riedizione sonicamente attendibile, per cui, anche in questo caso, la consiglio sentitamente (cd Universal Virtuoso/Decca 478 7894 DB). Per contro, se vi dovesse ancora capitare di imbattervi nei titoli della vecchia "Universal Eloquence", evitateli come la peste, a meno che non siate degli smanettoni da autoradio! / Preoccupante, anche se forse prevedibile ed inevitabile, lo spazio che l'ultimo numero in edicola della rivista "Musica", dedica a Giovanni Allevi (peraltro uno dei collaboratori di questo mensile, Piero Rattalino, autore anche di libri pubblicati, guarda caso, dal medesimo editore, è notoriamente un estimatore di codesto soggetto, sic!), dal quale, ambiguamente lo stesso direttore, Nicola Cattò, prende le distanze, nel suo consueto editoriale. Ma ancor più preoccupante leggere, nell'introduzione che ne precede l'intervista, ovviamente anch'essa incentrata sul suo nuovo disco, che persino un pianista classico come Andrea Bacchetti, abbia inserito nel suo repertorio e quindi eseguito in pubblico, alcune composizioni di codesto 'musicante'! Devo essermi proprio bevuto il cervello, anche se il tutto rientra comunque ampiamente nella norma, o no? Ovviamente, tornando all'intervista, com'era prevedibile, non mancano, da parte dell'omuncolo in questione, affermazioni a dir poco superficiali ed irritanti, a cominciare da quella che definisce tutta la musica dodecafonica inascoltabile. Per quel che mi concerne, lui stesso, per primo, costituisce una clamorosa smentita a tale assurdo assunto, poichè io lo trovo decisamente inascoltabile, pur non essendo certo la sua attuale musica dodecafonica e nemmeno atonale, mentre, a costo di risultare un demente, trovo ascoltabilissimi una "Lulu" od il Concerto per Violino di Alban Berg, oppure "Il prigioniero" di Luigi Dallapiccola, od anche l'Ottavo Concerto per orchestra di Goffredo Petrassi, soltanto per fare i primi esempi che mi vengono in mente (il che non vuole dire affatto che io apprezzi esclusivamente la musica dodecafonica, tutt'altro, altrimenti non mi spenderei affatto in difesa di compositori del genere di Jean Sibelius, come ho fatto dianzi, solo per fare un ulteriore banalissimo esempio)! Quello che voglio banalmente dire è che, il concetto d'inascoltabilità di un certo tipo di musica riguardo ad un altro, è totalmente soggettivo, mutevole nel tempo e nei luoghi, la discriminante in ogni caso, non è certo costituita dall'essere una musica modale, tonale, politonale, atonale, dodecafonica, puntillista, serialista integralista, aleatoria e quant'altro, dipende sempre dal modo in cui il compositore fa uso espressivo di queste alternative , singolarmente od anche combinandole in varie maniere, e dalla sensibilità e cultura di chi ascolta (per contro esistono, nell'ambito della storia della musica, parecchi esempi di compositori modernissimi completamente tonali, come Léos Janàcek). Sono conscio del fatto di essermi avventurato in un discorso più grande di me, un vero campo minato, che non si può certo esaurire in così poco spazio, tuttavia, sia pure maldestramente, ci tenevo a ribadire il mio punto di vista, al riguardo. Ho già dichiarato più volte in precedenza che, quello che rimprovero ad Allevi e soci, è di essere dei fenomeni da baraccone costruiti a tavolino, producenti una musica ruffianamente costruita, che manca totalmente di sincerità, verità espressiva, adatta ai cervellini fritti e rifritti costituenti la maggior parte degli individui. Indubbiamente sono dei gran furbacchioni che hanno capito da un bel pezzo come va il mondo! Tutto stramaledettamente sempre nella norma, ahinoi! / In effetti, fra i melomani, sembrerebbero esistere 2 partiti principali, quelli, maggioritari, del "solo melodia" (e rimando al mio discorso precedente!) e quelli, peraltro minoritari, del "solo dissonanze"! Va da sè che io non mi sento di appartenere ad alcuno di questi schieramenti, ma forse questo si era già capito! Almeno lo spero!
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