martedì 24 gennaio 2017

Ancora a proposito di caos (segue).

Per l'attribuzione corretta delle varie equalizzazioni dei dischi prodotti prima del 1956, bisogna anche tener conto delle sovente complicate vicissitudini delle varie etichette discografiche, per ridurre il rischio d'incorrere in veri e propri errori, cosa non tanto facile. Per esempio, nel caso dell'etichetta britannica Decca creata nel '29, che fondò successivamente una propria succursale negli Stati Uniti, precisamente nel '34, quest'ultima, la American Decca, in seguito si rese del tutto indipendente dalla consorella britannica (e difatti, nelle copertine e nelle etichette dei dischi American Decca, non vedrete mai comparire i loghi "ffrr" e "ffss", della ex consorella britannica), adottando quindi un'equalizzazione differente. Successivamente la Decca britannica, per poter esportare in territorio americano, dovette inventarsi il marchio London (all'epoca del microsolco, i dischi London, ugualmente stampati in Gran Bretagna, erano caratterizzati da un vinile leggermente più spesso e dai bordi più smussati rispetto a quelli più affilati e taglienti dei Decca, a parte la diversità dell'etichetta, mentre custodie, con grafica del tutto differente rispetto ai corrispondenti esemplari d'oltre Manica, e buste, venivano prodotti in America). Per giunta, negli anni '50, il catalogo della American Decca, includeva, oltre alle proprie produzioni, anche titoli stampati su licenza della Deutsche Grammophon Gesellschaft. Ma anche il marchio His Master's Voice era di proprietà della RCA Victor negli Stati Uniti, mentre apparteneva alla Emi per il resto del mondo. Il marchio Columbia apparteneva alla Cbs negli Stati Uniti, ed ancora alla Emi per tutte le altre zone. Infatti, la Columbia/Cbs, negli anni '50, faceva inizialmente stampare su licenza dalla Philips olandese, i propri titoli per il mercato europeo, solo successivamente immettendoli con il marchio Cbs, anche nel resto del mondo. Per contro la Emi, per approdare al mercato statunitense, si era inventata, nel frattempo, ben 3 marchi: 1) Capitol (qualcuno si ricorda il logo "Fds", che stava inizialmente per "Full dimensional sound", quest'ultima parola in seguito tramutata in "stereo"?), che comprendeva prevalentemente proprie produzioni (celebri i dischi di Frank Sinatra) in tutti i generi musicali, classica compresa, ma anche le versioni americane degli album dei Beatles, con copertine e contenuti parzialmente differenti (è uscito di recente un corposo volume della Taschen, che celebra il 75° anniversario dell'etichetta) - alcuni titoli della Capitol, vennero stampati, col marchio suddetto, anche dalla Emi italiana - ; 2) Angel (questo marchio, come il successivo, a partire dagli anni '50), che comprende prevalentemente titoli classici provenienti dai cataloghi della Emi inglese e della Melodiya russa, a parte una manciata di produzioni in proprio; 3) Seraphim, ovvero ristampe economiche di vecchie incisioni, sempre dal catalogo classico della Emi inglese. Tutto questo, almeno fino a metà anni '50, ha una certa influenza, sulle differenti equalizzazioni adottate, cosa di cui bisogna tener conto. Altra faccenda curiosa, pur se naturalmente del tutto ininfluente riguardo alla questione delle equalizzazioni, è il constatare gli stratagemmi adottati, negli anni '50 e '60, in ambito classico, da alcuni prestigiosi complessi sinfonici che, pur avendo contratti d'esclusiva con una determinata casa discografica, trovavano modo, camuffando la loro denominazione d'origine, d'incidere anche con altre etichette. A parte i casi della Nbc Symphony Orchestra (che, 3 anni dopo lo scioglimento, ovvero nel '57, anno in cui morì Toscanini, risorsero per un certo periodo come Symphony of the Air, tornando anche ad incidere per la Rca) e della Philarmonia Orchestra (sciolta dal produttore discografico Walther Legge che l'aveva inizialmente voluta, rinata come New Philarmonia Orchestra negli anni '60 e ritornata alla denominazione d'origine verso la fine di quel decennio e tutt'ora in attività), per esempio, la New York Philarmonic, che aveva un contratto d'esclusiva con la Columbia/Cbs, diventava la New York Stadium Symphony Orchestra, quando incideva per la Everest; la Los Angeles Philarmonic Orchestra e la sua costola, il Los Angeles Chamber Ensemble, sotto contratto Decca/London, diventavano, rispettivamente, la Columbia Symphony Orchestra ed il Columbia Chamber Ensemble, quando registravano per la Columbia/Cbs; i complessi di Santa Cecilia, anch'essi sotto esclusiva Decca, si trasformavano nel Coro ed Orchestra della Rca Italiana, quando incidevano per quest'ultima (se si pensa poi che Decca e Rca effettuarono parecchie coproduzioni in quel periodo, la qual cosa fa desumere che tutti questi camuffamenti, erano veri e propri "segreti di Pulcinella", che facevano comodo a tutti di ignorarli). Ho inoltre il vago sospetto che, dietro la dicitura Rca Victor Chorus and Orchestra, si celassero i complessi del Metropolitan di New York. Ma questa pratica di camuffare il nome degli interpreti per vari motivi, forse non è del tutto svanita nemmeno oggi: anni fa, m'imbattei in un cd da 1 euro (!) della Azzurra Music/Tring, contenente la 1^ sinfonia di Ciaikovski, eseguita da una fantomatica Philarmonia Polonica, diretta da un carneade di nome (?) Carl Preisner; in realtà trattavasi dell'Orchestra del Festival di Sofia, diretta da Julian Kovatchev, incisione uscita originariamente per la RS, come dimostravano anche i minutaggi dei singoli movimenti, che coincidevano fino al secondo spaccato! Tornando agli anni '50, esistevano almeno 3 etichette americane che, a parte una minima percentuale di produzioni in proprio, quando piratavano registrazioni provenienti dagli archivi europei, ricorrevano a questi disinvolti stratagemmi: la Allegro, la Remington e l'Urania. Piuttosto, riguardo alle tecniche di riversamento dei 78 giri danneggiati su moderni supporti audio, tempo addietro, feci casualmente una interessante scoperta, di cui dirò oltre.

giovedì 19 gennaio 2017

In principio era il caos.

Come molti sanno, fu con l'avvento del sistema di registrazione elettrico nel 1925 (curioso che l'invenzione della valvola termoionica di Fleming che ne sta alla base, risalente al 1904 e del triodo di De Forest del 1907, abbia dovuto attendere all'incirca un ventennio per trovare finalmente la sua applicazione pratica in campo audio) e relativa introduzione di microfoni valvolari (prima di allora esistevano soltanto microfoni a carbone di scarsa qualità, utilizzati prevalentemente nell'ambito delle telecomunicazioni), che il disco fece un balzo di qualità sonora epocale rispetto al precedente sistema acustico, interamente meccanico ed affidato a curiose "trombe" sia per la cattura del suono che per la sua riproduzione. Ma quello che, secondo me, non viene puntualizzato a sufficienza, almeno nelle pubblicazioni inerenti l'argomento che mi sono capitate fino ad ora fra le mani, è il fatto che questo enorme salto qualitativo non sia dovuto soltanto all'introduzione del sistema elettrico in sè, ma anche alla contemporanea adozione di un "trucco", grazie al quale la risposta in frequenza, ovvero la gamma di frequenze riproducibili, si amplierà sempre più, progressivamente, fino a comprendere, col trascorrere dei decenni, l'intero raggio di frequenze almeno teoricamente percepibile dall'orecchio umano. Questo ingegnoso stratagemma, correlato all'introduzione della registrazione elettrica, si chiama equalizzazione. In effetti, la risposta in frequenza dei dischi dell'era acustica risultava a dir poco telefonica, compresa com'era all'incirca fra i 168 hz e i 2/3 khz, nel migliore dei casi, ma non penso che ciò fosse dovuto soltanto ai limiti intrinseci del sistema, ma anche a ben precisi limiti fisici del supporto discografico. Nel caso delle basse frequenze, le modulazioni del solco sarebbero risultate tanto ampie da richiedere uno spazio fisico eccessivo sulla facciata del disco oltre a non essere più tracciabili dallo stilo, mentre, al contrario, quelle acute sarebbero risultate eccessivamente ridotte, tali da non essere praticamente avvertite dal medesimo, annegando oltretutto nel rumore di fondo del supporto. Ed è percio che, con l'ausilio dell'equalizzazione, si attenuano i gravi e si esaltano gli acuti in fase d'incisione, mentre in fase di riproduzione, il compito dell'equalizzatore fono  integrato da allora negli apparecchi prodotti, per tramite della testina, è quello, con un procedimento speculare e contrario, cioè esaltando i bassi ed attenuando gli acuti, di riportare, almeno teoricamente, la risposta in frequenza, ad una perfetta linearità, la bontà del risultato finale dipendendo ovviamente dalla qualità intrinseca, ossia dal grado di precisione del pre-fono, cosa valida a tutt'oggi. Per la verità, questo non sarà nemmeno l'ultimo dei trucchi ideati per correggere le deficienze intrinseche del disco, altri ancora ne verranno col tempo e ne parlerò più avanti. Comunque, i benefici udibili del nuovo sistema, furono evidenziati dal fatto che, da subito, la risposta in frequenza si estese fino ai 4/5 khz, arrivando ai 9 già alla fine del decennio. All'inizio degli anni '30, negli Stati Uniti, il direttore d'orchestra Leopold Stokovski, assieme all'orchestra di Filadelfia di cui era direttore stabile, effettuò, in collaborazione con i Bell Laboratories, una serie di registrazioni sperimentali, alcune delle quali in una sorta di primitiva stereofonia, con un apparato di registrazione definito ad ampia gamma di frequenze ("wide range frequency") che vantava una risposta compresa fra i 50 hz ed i 10 khz (posseggo un cd della Intuition comprendente alcune di queste sessioni, ma quelle presuntamente stereofoniche mi lasciano un pò perplesso circa la loro genuinità). Alla fine degli anni '30, grazie soprattutto all'utilizzo della traccia audio ottica delle pellicole cinematografiche in acetato, come alternativa di qualità agli acetati a 78gg., la risposta si era estesa dai 50/60 hz in basso, fino ai 12/13 khz in alto. Con lo scoppio del 2° conflitto mondiale nella prima metà del decennio successivo, la marina militare britannica chiederà alla Decca di sviluppare un sistema di registrazione con una risposta in frequenza ancora più ampia, al fine di rilevare i sonar dei sommergibili tedeschi. Detto sistema, con una gamma compresa fra i 40 hz ed i 15 khz, troverà il suo sbocco discografico nel dopoguerra, evidenziato dal famoso logo "ffrr" (full frequency range recording), tramutatosi successivamente in "ffss" (full frequency stereophonic sound) con l'avvento della stereofonia. Ma alla fine degli anni '50 si arriva ai 30 hz - 15 khz di risposta in frequenza; credo che bisognerà attendere la fine del decennio successivo, perchè gli apparati di registrazione pervengano ad una risposta in frequenza veramente piena e completa, ovvero di 20 hz - 20 khz. Ma, senza il trucco, sia pur pesante, dell'equalizzazione in fase d'incisione, il disco in sè non ne avrebbe potuto beneficiare, in barba al progresso continuo degli apparecchi di registrazione. Tutto bene, dunque? Non proprio, poichè in principio, ovvero a partire da quel fatidico 1925, regnava il caos in materia di equalizzazioni, nel senso che, praticamente, ogni casa discografica adottava la propria, diversa ovviamente da tutte le altre. Naturalmente il principio di funzionamento era identico per tutte, come ho già detto in precedenza, variava soltanto la modalità, ovvero l'entità delle attenuazioni operate agli estremi gamma, per cui se un disco veniva riprodotto con una curva di equalizzazione non conforme, la timbrica ne risultava falsata, se non appiattita, in misura più o meno rilevante, a seconda delle differenze esistenti. Ma non basta nemmeno (e qui ne approfitto per correggere alcuni svarioni ricorrenti) tutto ciò, poichè i dischi ad incisione elettrica erano sonicamente incompatibili con i grammofoni dell'era acustica, essendo questi ultimi privi di qualsivoglia equalizzazione; il tentare di riprodurli in siffatti apparati, sortiva l'effetto di ascoltare qualcosa di simile ad "un litigio di gatti", per dirla con un commentatore dell'epoca, anche perchè non era l'unica differenza tecnica esistente fra i grammofoni dell'era acustica ed i giradischi dell'evo elettrico. Al posto del pesante pick-up del grammofono con una puntina più paragonabile ad un aratro, questi ultimi erano dotati di una più leggera testina fonografica, il peso di lettura era passato dai 300 g. del grammofono ai 150 del giradischi, anche le dimensioni della puntina si erano già ridotte rispetto a prima, il che significa pure, per ragioni speculari, analoga incompatibilità dei dischi acustici nei confronti del giradischi elettrico, o meglio del relativo equalizzatore incorporato, contrariamente a quanto, talvolta, viene fatto credere anche in libri e pubblicazioni specializzati (bisogna tenerne conto anche oggidì quando si vogliono effettuare dei riversamenti da codesti padelloni, su supporto digitale). Se si pensa inoltre che, con l'avvento del microsolco nel 1948, il peso di lettura e le dimensioni della puntina (quest'ultima prodotta inizialmente in uno di questi 3 materiali di crescente durevolezza e prezzo: osmio, zaffiro e diamante) scenderanno ulteriormente (per il peso di lettura si indicherà all'epoca un massimo di 10 g., oggi la maggior parte delle testine in commercio, come sappiamo, adottano dei pesi compresi fra i 2 ed i 3 g., tacendo di certi "fuoriclasse" che operano a non più di 1,25 g.), si capisce come, in poco più di un ventennio, si siano fatti enormi progressi in tale ambito. Colgo comunque, pignolescamente, ulteriore occasione per tentare di definire in maniera netta, precisa, il significato dei termini fonografo, grammofono, giradischi, spesso disinvoltamente usati in maniera interscambiabile fra di loro. Il fonografo, apparato eminentemente meccanico, è l'apparecchio che riproduce i cosiddetti rulli, solitamente di cera, incisi con solco a modulazione verticale, il grammofono, anch'esso interamente meccanico, è per i dischi, usualmente di gommalacca, acustici, ante 1925, generalmente con solco a modulazione orizzontale, eccezione fatta per i grammofoni prodotti appositamente, nel 1911, dallo stesso Edison che aveva creato precedentemente il fonografo, per i suoi esclusivi "Diamond Discs" ad incisione verticale, che però ebbero vita assai breve. Perciò gli apparecchi elettrici "equalizzati", prodotti dal 1925 in poi, rientrano tutti nella categoria dei giradischi, anche se impropriamente li si definiva con termini come "radiogrammofono", anche qualora non incorporassero alcun sintonizzatore (si tenga conto, per giunta, che fonografi e grammofoni non avevano alimentazione elettrica, salvo alcuni esemplari prototipali mai entrati in produzione - anche in questo caso, però, la trasduzione dei suoni rimaneva meccanica -, venendo piuttosto "caricati" mediante l'azionamento della classica manovella). L'unico parametro a standardizzarsi finalmente, a partire da quel fatidico '25, fu la velocità di rotazione, fissata in maniera pressochè definitiva, per tutti, a 78gg./min., almeno fino al summenzionato avvento del microsolco (nell'era acustica, sempre a proposito di caos, poteva variare, grosso modo, dai 64 fino ai 100gg./min.). Tornando alla vexata quaestio delle diverse equalizzazioni adottate dalle case discografiche, erano veramente una pletora, tanto più che, con l'avvento del microsolco, ne verranno create appositamente di differenti da quelle pensate per i padelloni di gommalacca, la qual cosa significa che 78gg. e 33/45gg. anche della stessa etichetta discografica, richiedono equalizzazioni differenti, tanto per complicare ulteriormente la faccenda. Personalmente ho menzione di una quindicina di esse, precisamente 8 per i 78gg. (US30, Westrex, HMV, ffrr 1949, Decca, Columbia - ovvero Cbs -, BSI, London) e 7 per i microsolco (RIAA - già esistente da prima del 1956, anno in cui divenne standard universale, o quasi - , NAB, CCIR, ffrr lp 1953, EMI, Columbia - Cbs - , London), ma credo proprio fossero assai di più, 30, 40 o chissà! Le mie ricerche in rete non sono state granchè fruttuose, speravo esistessero delle tabelle di comparazione, se non addirittura dei software, magari costosissimi, che simulassero le diverse curve adottate all'epoca, invece poco o niente che io sappia, almeno finora! Anche i vari video visualizzati su You Tube inerenti l'argomento, mi confermano che l'empirismo predomina riguardo a tutto ciò, spesso non è nemmeno chiaro come vengano ottenuti certi risultati, il parlare poi di "equalizzazione del 1910", ovvero in piena era acustica è pressapochistico e fuorviante, lasciamo perdere, per carità! Insomma, mi sembra che sia praticamente impossibile avere un'idea precisa delle caratteristiche delle singole equalizzazioni adottate, per poterle raffrontare fra di loro, salvo smentite. Per quel pochissimo che ne so, le equalizzazioni adottate dalla Decca e dalla Columbia/Cbs, avrebbero, soprattutto la seconda, una maggiore attenuazione degli estremi banda, rispetto a quella poi divenuta standard pressochè universale, cioè alla Riaa, ma lo dico veramente con beneficio d'inventario. Comunque, almeno fino al '60, pare che, per alcuni dischi, si siano ancora adottate curve di equalizzazione diverse da quest'ultima. Dopodichè, finita la storia? Non proprio, perchè, nel 1976, una variante simile alla Riaa (che sta per Record Industry Association of America), ovvero la curva IEC (International Engineering Consortium), venne proposta ed adottata, per qualche tempo, in Europa. Rispetto alla precedente, l'unica lievissima differenza consiste nell'avere un'attenuazione leggermente più accentuata della gamma bassa più profonda, in fase d'incisione, tanto che all'atto pratico la faccenda risultò del tutto irrilevante, poichè le 2 curve erano veramente molto simili, in realtà; inoltre pochi dischi vennero incisi utilizzando la IEC, che difatti, di lì a poco, sarà abbandonata definitivamente, almeno in ambito discografico (nella mia somma ignoranza mi chiedo però, se non si tratti proprio della stessa curva già impiegata anche nei registratori a nastro magnetico, compresi quelli a cassette, i cui nastri sono classificati proprio con la normativa IEC: IEC 1 per i nastri all'ossido di ferro, IEC 2 per quelli al biossido di cromo, IEC 3 per quelli al ferrocromo ed IEC 4 per quelli al metallo puro). Certo è che, al giorno d'oggi, chi volesse riprodurre correttamente i dischi aventi equalizzazioni diverse dalla Riaa, non avrebbe certo vita facile, poichè i pochissimi preamplificatori fono in grado di farlo, sono di ardua reperibilità e di costi quasi sempre proibitivi (e non credo che la situazione cambi granchè rivolgendosi all'usato) ed in ogni caso trattasi di equalizzazioni riferibili esclusivamente ai microsolco e non certo ai 78 giri, salvo giusto un costosissimo apparecchio danese semiartigianale, del quale lessi anni fa, in una rivista americana, ovvero il Vad Lyd MD 12 MK 3, indicato al prezzo di $1960, ovviamente negli Stati Uniti. L'alternativa sarebbe quella di procurarsi un equalizzatore, procedendo così necessariamente ad orecchio, ma essendo da tempo suddetti apparecchi praticamente spariti dal mercato dell'elettronica di consumo (chissà perchè), rimanendo perciò confinati pressochè esclusivamente all'ambito professionale, qui però, la ricerca nel mercato dell'usato può rivelarsi assai più proficua ed abbordabile, rispetto alla situazione precedente. Esistono financo dei software per l'elaborazione ed il riversamento dei vinili nel dominio digitale in commercio, disponibili nel settore amatoriale, come Audio Cleanic della tedesca Magix, che consentono di variare ad orecchio la Riaa, ma non è esattamente la stessa cosa (nulla so di Pure Vinyl della Apple). Per contro, anni fa, conobbi casualmente, in una libreria del centro storico di Bologna, uno strambo soggetto, il quale, seduta stante, mi fece ascoltare, attraverso le cuffiette del suo i-pod, alcuni riversamenti in digitale da 78 giri, a suo dire, effettuati da lui medesimo, soltanto che, quando gli chiesi ragguagli tecnici, si trincerò nel più assoluto riserbo. E poichè, tanto per fare l'originale, anzichè chiamarli in gergo "lacche" come usuale, li definiva "catrame", quello fu il soprannome che, a sua insaputa, gli appioppai immediatamente. Cosicchè, dopo essersi pavoneggiato per un breve lasso di tempo nei miei riguardi, "Catrame" sparì definitivamente dalla circolazione, l'ultima volta nemmeno degnandomi di un saluto, ma guarda un pò! Ho accennato già, in precedenza, al fatto che l'equalizzazione non sia stato che il primo dei "trucchi" usati per correggere le deficienze intrinseche del disco, altri ne sono seguiti. Con l'introduzione del microsolco a partire dal '48, da parte della Columbia/Cbs americana, il minutaggio delle singole facciate risultò sensibilmente incrementato, non solo per via del fatto della più ridotta dimensione del solco inciso, ma anche per la contemporanea adozione della tecnica d'incisione cosiddetta "a passo variabile", che, infatti, variava la distanza fra le spire del solco proporzionalmente all'entità della modulazione incisa (la scritta "MARGIN CONTROL" sulle etichette dei dischi Mercury si riferisce proprio a questo), mentre prima, con i 78 giri, il passo d'incisione era costante. Inoltre, con l'avvento ufficiale della stereofonia un decennio dopo, per ovviare alla (tutt'ora) scarsa separazione dei canali intrinseca a giradischi e testine, in fase di masterizzazione, la separazione stereo veniva accentuata artificiosamente, al fine di garantire ascolti domestici soddisfacenti (la separazione stereo è l'unico parametro in cui persino i registratori a cassette danno dei punti al vinile); di ciò bisogna tenerne conto ogni qualvolta che si riversa un master analogico nel dominio digitale, pena il ritrovarsi il famigerato buco al centro del panorama sonoro stereofonico, stante la ben più ampia separazione stereo intrinseca al sistema digitale. A parte che, nel frattempo (ovvero dal '49), come guanto di sfida alla Columbia/Cbs, la RCA aveva introdotto i 45 giri da 17 cm. di diametro (pare che la velocità di 45gg./min. sia stata desunta semplicemente sottraendo 33 da 78), con la promessa di una miglior qualità sonora dovuta alla velocità di rotazione maggiorata, unita ad una maggior praticità dovuta al diametro più ridotto (formato all'origine della famosa "guerra delle velocità", essendo i 78gg. rimasti in produzione fino al '57, soprattutto per quel che riguarda il mondo occidentale, ma fabbricati fino ai primi anni '70, per quel che concerne certe aree sottosviluppate), questo vi dà un sintetico quadro di quanti espedienti siano stati utilizzati, nel corso degli anni, per cercare di "correggere e/o migliorare" le caratteristiche intrinseche, di per sè tutt'altro che esaltanti (ebbene sì), dei dischi (continua).