mercoledì 15 giugno 2011

Nostalgie.

Il compact disc rispetto al vinile, ha una maggiore praticità e maneggevolezza, ma proprio per questo una più pronunciata asetticità. Mentre il vinile, con tutta la sua ritualità preliminare alla fase dell'ascolto, consistente nel posizionare il disco sul tappetino del giradischi, avviare la rotazione del piatto dopo averne selezionato la velocità, spostare il braccio dalla sua posizione di riposo, poggiare delicatamente la puntina sulle prime spire mute del solco e una volta che quest'ultima è giunta al termine della facciata, ripetendo le medesime operazioni in senso inverso, dopodichè rigirando la facciata e ricominciando daccapo, avrebbe una tattilità più immediata e umana (il quadro cambia in parte se, anzichè possedere un giradischi totalmente manuale come il sottoscritto, si detiene un apparecchio automatico o semiautomatico), aggiungendoci la componente feticistica costituita dalle ampie custodie in cartoncino o dai cofanetti multipli in brossura, con le loro grandi illustrazioni di copertina, tacendo della presenza delle buste interne protettive di carta semplice, di carta di riso o di polietilene, con l'aggiunta a volte di inserti cartacei interni contenenti testi e/o note di commento, suscitano una serie di sensazioni di ben altra natura rispetto alle custodie plasticose dei cd, con le loro foto di copertina troppo piccole e i loro miserrimi librettini interni, dai caratteri lillipuziani, sovente di lettura disagevole. Di tutto questo molti audiofili hanno una forte nostalgia. Per non dire del fatto che la maggior parte dei dj più quotati sulle piazze internazionali, trovano assai più creativo e stimolante giostrarsi col vinile che col cd. Per quel che mi riguarda, in quanto semplice appassionato, acquirente di entrambi i supporti, ascoltare un vinile mi serve sia ad apprezzarne i pregi che a non dimenticarne i suoi difetti, ossia a non mitizzarlo eccessivamente come si fa troppo spesso, anche perchè la ritualità connaturata e di cui ho accennato prima, la trovo alquanto palloccolosa, pur ammettendo che il piacere tattile del maneggiare le loro custodie e quello visivo siano senz'altro maggiori di quelli datimi dal toccare le custodie dei cd, delle quali però apprezzo la maggiore regolarità delle dimensioni e il minore ingombro complessivo. Aggiungiamoci che la difettosità media dei cd, almeno a partire dagli anni '90, è di gran lunga inferiore a quella degli lp, il che significa che è difficilissimo che vi imbattiate in un supporto che manifesti dei difetti fisici tali da comprometterne l'ascolto, mentre col disco in vinile, stante la mediocre qualità della stampa e del materiale utilizzato nella stragrande maggioranza dei casi (e talvolta nemmeno le costosissime stampe speciali ne sono del tutto esenti), ti toccava sovente di dover riportare il titolo appena acquistato al negozio. Mi ricordo in particolare, circa una trentina d'anni fa, quando mi trovavo in Friuli per il servizio di leva, di avere sentito parlare 2 commesse di un negozio di dischi sito nel centro storico di Udine, di un loro cliente particolarmente sfortunato che incappava quasi regolarmente in copie difettose che lo costringevano spessissimo a ritornare al negozio per la sostituzione, ogni qualvolta effettuasse un acquisto. Anche il sottoscritto, pur non arrivando a questi livelli, ha avuto i suoi bei patemi d'animo, nonostante tollerassi in partenza un grado di difettosità che non compromettesse seriamente l'ascolto di ambedue le facciate, mentre invece per certi super pignoli, bastava anche un lieve soffio o crepitio o segnetto superficiale, per decidere immediatamente di riportare indietro il disco al negozio dove lo avevano comprato. In effetti, soprattutto le stampe nostrane e statunitensi, erano sovente di una qualità disastrosa, così come quelle francesi, inglesi e olandesi erano di livello mediocre, tacendo di quelle russe e degli altri paesi dell'est, tant'è che molti dei dischi che posseggo li ho ascoltati una volta soltanto poichè la loro riproduzione costituiva un vero e proprio supplizio di Tantalo per le orecchie di noi poveri tapini che li avevamo pagati a caro prezzo, per la caterva di difetti che manifestavano fin dall'inizio e che funestavano la loro fruizione ad ogni piè sospinto. Le uniche stampe che si salvavano almeno parzialmente erano le tedesche e le giapponesi, ma nemmeno in quei casi vi era di che stare particolarmente allegri. In effetti si potrebbero considerare le cosiddette stampe speciali, talvolta più a parole che nei fatti, vendute a prezzi da rapina, una vera e propria truffa perpetrata nei confronti degli appassionati, poichè la loro maggiore qualità rispetto a quelle cosiddette normali, dovrebbe in realtà rappresentare la norma, se le case produttrici fossero più serie ed oneste. Si tenga conto che, usualmente il peso di un vinile del diametro di  30 cm., varia da circa 120 a 210 grammi nel caso delle stampe speciali, mentre è generalmente intorno ai 60-90 grammi in quelle normali, anche se, essendomi imbattuto in vinili sottilissimi come un'ostia e ovviamente scadentissimi, il peso minimo sia anche notevolmente inferiore. Inoltre non è solo il peso a determinare la qualità del supporto, poichè tanto è maggiore tanto è migliore la sua capacità di assorbimento delle sollecitazioni meccaniche indottegli dal contatto con la puntina, anche la qualità intrinseca del vinile concorre a determinarne la rumorosità intrinseca di fondo e quindi la bontà o meno della riproduzione sonora. Nel senso che, in linea teorica, i dischi dovrebbero essere prodotti unicamente con del vinile vergine, senonchè quest'ultimo viene spesso miscelato variamente con una certa percentuale di vinile riciclato derivante dagli scarti di lavorazione, a tutto detrimento della qualità sonora e ulteriore riprova della scarsa serietà delle case produttrici. Purtroppo ho personalmente rilevato che dei vinili che ho conservato con ogni cura nel corso degli anni, pur essendo di discreta qualità di stampa, riascoltati a distanza di parecchio tempo, manifestavano tali e tanti difetti, a cominciare dagli odiosissimi salti di nota, da renderne disagevole l'ascolto. Per giunta i dischi microsolco, stante la natura del materiale di cui sono fabbricati, cloruro di polivinile, sono particolarmente sensibili alle cariche elettrostatiche, aventi anche quest'ultime delle conseguenze nefaste sulla piacevolezza complessiva dell'ascolto. E per il momento mi fermo qui.

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