giovedì 18 aprile 2013

Classica in vinile 5ter.

(Segue) Ricordo che il disco in esame comprende musiche di Mussorgski (Quadri di un'esposizione; estratti dalla "Kovanchina"), eseguiti dall'orchestra sinfonica di Minneapolis diretta da Dorati, ed è stato inciso originariamente per la Mercury. Veniamo finalmente al lato interpretativo del titolo in questione: secondo me, il suo limite è simile a quello che avevo già rilevato in precedenza, riguardo alla "Symphonie fantastique" di Berlioz, diretta da Paray sempre per la Mercury. Ovvero che se l'essere aliena da effettismi di qualsivoglia natura, la mette al riparo da volgari sottolineature spettacolari fini a sè stesse, dall'altro lato ha, come contropartita, una certa perdita d'incisività e personalità che la rendano comunque identificabile fra tutte le altre, associata a tratti a un'eccessiva sbrigatività prossima a una frettolosa superficialità, in aggiunta a degli oggettivi limiti tecnici dell'orchestra, con legni forse un pò troppo nasaleggianti e un'intonazione incostante e degli ottoni un pò debolucci, soprattutto nel quadro n.8a, Catacombae, ed anche nella parte finale del n.10 La grande porta di Kiev. Più convincenti i 2 estratti dalla Kovanchina, anche se pure qui l'oboe, soprattutto nel preludio, ha un'intonazione precaria e l'esecuzione della danza delle schiave persiane è meno convincente di quella che, parecchi anni dopo, la stessa orchestra in forma assai migliore e con la dicitura attuale di 'Minnesota Orchestra', inciderà col direttore Eijii Oue, per l'etichetta Reference Recordings. Insomma si tratta, nel complesso di letture senz'altro attendibili e di buon livello, viziate però da un eccesso di ritegno, quindi non certamente di riferimento, all'interno di una discografia vastissima. Concordo con quanto affermato all'interno del fascicolo d'accompagnamento, riguardo all'interpretazione datane da Arturo Toscanini e della qualità sorprendentemente buona per l'epoca di questa registrazione monofonica del 1953, con l'unica avvertenza che, il direttore parmense, si concede un piccolo arbitrio, rispetto all'orchestrazione di Ravel, ovvero l'aggiunta di suo pugno di una rullata di timpani verso la fine de La grande porta di Kiev. Contrariamente ai luoghi comuni, simile arbitrio rispetto alla fedeltà della lettera della partitura, non è affatto l'unico che il maestro si concesse, qualcosa di simile lo fece anche nella parte finale dell'ultimo movimento della prima sinfonia di Brahms, per tacere di alcuni piccoli cambiamenti nei tre poemi sinfonici 'romani' di Respighi e di arbitrii ben più rilevanti che, ahimè, si permise nel Manfred di Ciaikovski, solo per fare alcuni esempi. Tornando al nostro disco, note ben più liete, vengono dalla qualità sonora dell'incisione, decisamente ottima, per l'epoca. Non per niente Stefano Rama, nel suo libro da me ripetutamente citato, gli assegna un punteggio complessivo di 90/100. In buona parte concordo con quanto affermato nel fascicolo interno, in effetti la dinamica è buona, i bassi hanno una discreta estensione, l'immagine è quella tipica della casa discografica ovvero un pò ravvicinata e non profondissima e l'acustica un pò secca, con qualche limite nell'estremo acuto. Il master è un pò rumoroso e disturbato, tra l'altro, a tratti, sono chiaramente udibili alcuni incitamenti del direttore all'orchestra, soprattutto uno verso la fine dell'ultimo quadro. La qualità complessiva della stampa è accettabile, anche se non impeccabile, almeno nella mia copia, un pò rumorosa, crepitante e frusciante a tratti. La ripresa sonora venne effettuata con l'impiego di 3 microfoni valvolari Telefunken M201. In effetti, a proposito delle catene di registrazione valvolari, in uso all'epoca, ho sempre notato in tutte le registrazioni del periodo, una certa eufonicità, ossia colorazione timbrica, che tende ad arrotondare, a smussare, a rendere ancora più dolciastra e nasaleggiante di quanto non sia in natura, la timbrica di certe famiglie di strumenti, in particolare legni ed ottoni, cosa che ovviamente non riscontro nelle riprese effettuate con catene di registrazione transistorizzate, che per certi versi sembrerebbero in grado di restituire un quadro sonoro più veritiero dell'evento originale,con buona pace degli estimatori ad oltranza dei tubi elettronici, tendenti forse a delle sonorità eccessivamente zuccherose. Il discorso resta aperto...

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