martedì 20 agosto 2013

Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino?

Da ieri, si rivede a tratti, per alcune ore della giornata, la saracinesca rialzata del negozio del falegname 'fuggitivo' di via Rosselli, ma l'ingresso è chiuso e di lui ancora nessuna traccia, per quanto mi consti, bah, mistero buffo! In questi tempi grami di ristrettezze, mi arrangio anche cibandomi della frutta che raccolgo dagli alberi dei vari parchi pubblici della città, in particolare in questo periodo, fichi, pere e more. Peccato che non sia un esperto micologo come John Cage, altrimenti in autunno potrei andarvi anche per funghi! Guardando bene, fra le erbe, si dovrebbe anche trovare dell'insalata selvatica, o qualcosa del genere, se si comincia a pensare alla quantità di cose commestibili a disposizione nei parchi pubblici, generalmente ignorata e sprecata, ci sarebbe di che sfamare almeno mezza città, ma certamente le grandi catene di ipermercati e compagnia bella, non gradirebbero affatto, per ovvi motivi. Quanto a me, visto che ho attraversato altri periodi grami, me ne fossi accorto prima, sono il solito scemo, così come mi fossi deciso molto prima ad apportare quei piccoli aggiustamenti a costo zero al mio stereo, che sto continuando a fare in questi giorni, con evidente miglioramento auditivo, anche se si resta comunque a livello di sfumature, chiaramente nulla di trascendentale, ma comunque decisamente apprezzabile per orecchie allenate, peccato che visto il baratro che ho dietro l'angolo, me lo potrò godere per poco, ma consoliamoci dicendoci che è meglio tardi che mai, a volte basta veramente poco per 'spremere' il meglio dagli apparecchi riproduttori, come modificare un collegamento o cambiarne la collocazione, per ottenere risultati tangibili. Purtroppo, la mia pigrizia e indolenza innata, mi bloccano in partenza e fosse solo in questo ambito, ahimè! "A Pierre, dagli infiniti, azzurri silenzi", così mi pare reciti la didascalia di un brano per flauto e nastro magnetico di Luigi Nono, scritto in occasione credo del 60° compleanno di Pierre Boulez, brano che apriva il concerto dell'Ex-Novo Ensemble diretto da Claudio Ambrosini (spero di non fare confusione) per gli 80 anni di Nuria Schoenberg-Nono e trasmesso in differita in seconda serata su Radiotre, domenica scorsa. Prima osservazione, trovo che Nono sia alquanto ripetitivo nelle sue dediche, mi viene in mente anche il brano per orchestra intitolato "A Ciro Scarpa, architetto, dagli infiniti spazi...", ovvero vi ricorrono sovente le parole 'infinito' e 'silenzio', un vero e proprio tormentone. Seconda osservazione, ambedue i brani, appartengono stilisticamente, purtroppo, all'ultima fase "creativa" del compositore, quella più involuta, cerebrale, masturbatoria, autoreferenziale, degna della peggiore avanguardia, in cui a voler essere generosissimi, si può al massimo, a tratti, rilevare una certa qual suggestività degli impasti timbrici, ma con un'aridità espressiva esiziale. Tra le opere di questa infima fase finale del percorso artistico del compositore, figura anche il lavoro teatrale "Prometeo, tragedia dell'ascolto", titolo che infatti è tutto un programma, traducendosi in un autentico calvario per l'incauto appassionato che ardisse avventurarvisi e del quale il fido Abbado, ha diretto in concerto e credo anche inciso su disco Sony, la suite da concerto (gulp!). Personalmente, suddividerei la parabola stilistica di Nono in 3 fasi, ovvero quella iniziale, di chiara ascendenza schoenberghiana, quella centrale, caratterizzata da un forte impegno politico e civile e che è sfociata in quelli che sono forse i suoi esiti espressivi più intensi e personali, caratterizzata da lavori dall'impatto fonico ed espressivo spesso bruciante ("Intolleranza 1960", "Epitaffio per Federico Garcia Lorca", "Diario polacco", "Como una ola de fuerza y luz", "Al gran sole carico d'amore", per citarne alcuni), che rappresentano il Nono più straordinario e autentico, nonostante l'estrema osticità e complessità del linguaggio, una musica capace di evocare sia violenza, ma anche dolcezza estrema, per arrivare all'ultima fase, quella più astrusa e di una pochezza irritante, guarda caso dopo avere opportunisticamente rigettato la tessera del partito comunista! Ci fu, peraltro, un'altro frangente in cui Nono, si comportò veramente da pedestre trinariciuto e fu in occasione del Maggio Musicale Fiorentino del 1972, che aveva allestito un cartellone a tema (bei tempi quelli, altrochè la sbiaditissima fotocopia attuale!) incentrato sull'intolleranza del potere. Il cartellone, inizialmente, comprendeva oltre al celeberrimo lavoro di Nono, anche "Il console" di Gian Carlo Menotti, diretto da Thomas Schippers, in versione ritmica in lingua italiana, compositore quest'ultimo ingiustamente bollato dalle nostre parti come destrorso reazionario filo-americanista, per giunta tonaleggiante (e accusato dai detrattori di puccinismo) in un periodo di avanguardia dura e pura. L'accostamento, anche se solo a livello di cartellone, visto che i 2 lavori sarebbero stati presentati in 2 serate distinte, fece montare su tutte le furie il 'comunista' Nono, che pretese ed ottenne l'estromissione del suo lavoro dal suddetto cartellone, ritenendo offensivo il vederlo accostato a quello di un altro compositore borghese reazionario. Per la cronaca, "Il console" di Menotti, andò regolarmente in scena con grande successo di pubblico con relativo strascico di polemiche politiche e non, in sede di recensione critica. Questo lavoro, con libretto dello stesso Menotti originariamente in inglese e che aveva conseguito il premio Pulitzer nel 1950, resta, nonostante qualche eccesso strappalacrime, uno dei migliori e più convincenti tra quelli scritti dal compositore, dotato di quella trascinante teatralità che è una precipua caratteristica dei lavori di Menotti, che persino i suoi detrattori erano costretti a riconoscergli, ovvero, se non lo conoscete, è un'opera avvincente di cui consiglio caldamente l'ascolto, visto che ne esistono alcune incisioni discografiche (in particolare l'edizione Hickox/Chandos, registrata dal vivo a Spoleto). Sempre riguardo a Nono, mi viene in mente che la prima volta che vidi in vetrina un disco di sue musiche, fu circa una quarantina d'anni fa, incredibilmente a Cesena, in uno dei 2 negozi di dischi allora esistenti, ovvero nell'unico che ancora trattasse la classica. Ricordo ancora che trattavasi di un disco Dgg, contenente "Como una ola de fuerza y luz" e "Y entoncens comprendìo" con Maurizio Pollini al pianoforte, mentre non ricordo affatto orchestra e direttore, rammento che a me, allora ragazzino, il nome di Luigi Nono, mi fece uno strano effetto, pensando trattarsi di un antico regnante francese. Più avanti negli anni, dopo averne già conosciuto la disastrosissima fase stilistica estrema, ci ironizzavo sopra con battutine tipo: "Luigi (M)ono e meno male che non era 'Stereo', altrimenti la catastrofe era doppia!" Cosa volete farci, nessuno è perfetto, a volte confondevo persino Sciarrino con Sciarrone (uno degli sgherri del barone Scarpia, nella 'Tosca' di Puccini). Perdonatemi, se potete!  

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