Mi è capitato in questi giorni, di sfogliare in libreria, la recente ristampa, del luglio 2011, in veste più economica, del libro "Gustav Mahler. La musica tra Eros e Thanatos" di Quirino Principe, originariamente edito nel 2002, nella sua seconda versione, per i tipi della Bompiani. Ad una prima scorsa, il volume mi sembra decisamente preferibile, come impostazione generale, a quello, secondo me sopravvalutatissimo, di Henri-Louis de La Grange sul medesimo argomento, più ridotto ma assai più sostanzioso rispetto a quest'ultimo. Ai miei occhi, comunque, il pregio principale del libro di Quirino Principe, è costituito dal fatto che è uno dei pochissimi tomi, fra i tanti dedicati al compositore ebreo boemo naturalizzato austriaco, che dedica uno spazio adeguato alla negletta decima sinfonia incompiuta del musicista, a differenza di altri titoli, anche celebri, che o la trascurano completamente o la trattano sbrigativamente in poche righe, ingiustamente anche secondo il mio modestissimo parere, stante il fatto che quello che è comunque riemerso grazie ai vari tentativi di ricostruzione, parziali o totali, più o meno opinabili, susseguitisi a partire dall'inizio degli anni '20 del secolo scorso, fino quasi ai giorni nostri, è più che sufficiente per giustificarne l'approdo in sede esecutiva, dandogli così vita, anzichè lasciarla languire in qualche polveroso archivio, accessibile esclusivamente agli addetti ai lavori, nonostante illustri pareri contrari. Pur tuttavia, stranamente, nel paragrafo che Principe dedica alla decima, ho riscontrato alcune lacune, se non proprio errori. Fra le varie proposte di ricostruzione integrale della decima sinfonia, l'autore sembra considerare come effettive, soltanto quelle realizzate dal musicologo inglese Deryck Cooke (1919-1976), affiancato dal compositore e direttore d'orchestra Berthold Goldschmidt (1903-1996) e dai fratelli compositori Colin (1946) e David Matthews (1943), ed a voler pignoleggiare, nemmeno in maniera esaustiva, poichè, se menziona la versione per così dire provvisoria del 1959/60, registrata dalla Bbc nel 1960, per il terzo programma radiofonico e successivamente sottoposta all'approvazione della vedova del musicista, se naturalmente cita la prima versione da concerto eseguita nel 1964, ed anche la successiva versione (o revisione), realizzata da Cooke con i medesimi collaboratori fra il 1966 ed il 1972, successivamente rivista nel 1974 (questa è stata peraltro la prima ad essere ufficialmente edita a stampa, nel 1976), omette di dire che, proprio nel 1976, poco prima di morire, ne stava realizzando una terza, successivamente integrata e corretta dai suoi consueti collaboratori fino al 1989, anno della sua pubblicazione. Quanto ai compositori ai quali, in precedenza, con esito negativo, era stato proposto dal musicologo statunitense Jack Diether, di accingersi al completamento della composizione mahleriana, ai nomi di Arnold Schoenberg e Dimitri Shostakovich, andrebbe aggiunto anche quello di Benjamin Britten. Così come non risponde a verità il fatto che la proposta dello stesso Diether, fatta successivamente a 2 musicologi, l'americano Clinton A. Carpenter (1921-2005) e l'inglese Joseph Hugh Wheeler (1927-1977), e ad un musicologo e scrittore tedesco, Hans Wollschlaenger, non abbia sortito alcun effetto, poichè, in realtà, ognuno di essi ne tentò una ricostruzione, anche se ciascuno all'insaputa dell'altro! Carpenter ci lavorò dal 1942 (o 1947, secondo altre fonti) al 1966, revisionandola nel 1982, ovvero realizzandone ben 6 versioni diverse, in aggiunta a una trascrizione per 2 pianoforti (al riguardo ho delle notizie confuse, poichè prima della sua ultima revisione, ci sarebbe stata un'esecuzione pubblica avvenuta non so dove nè quando, diretta da Gordon Peters, alla quale, dopo la revisione finale, ne avrebbe fatto seguito un'altra a New York nell'83, non so con quali interpreti e poi una successiva al Festival di Utrecht, in Olanda, nel novembre '86, con l'Orchestra del Brabante, diretta da Theodore Bloomenfield; comunque, ne esistono almeno 2 edizioni discografiche, la prima con la Dallas Symphony Orchestra diretta da Andrew Litton, che vi operò alcuni aggiustamenti, registrata dal 3 al 6 giugno 2001, alla Eugene McDermott Hall del Morton H. Meyerson Center di Dallas (Texas) per la Delos, la seconda diretta da David Zinman, con la Tonhalle Orchester Zurich, incisa dall'1 al 3 febbraio 2010, alla Tonhalle di Zurigo in Svizzera, per la Rca Victor Red Seal, ed una terza in video, della quale non rammento i dati), Wheeler ne realizzò una prima versione nel 1952/53, la quarta ed ultima nel 1965/66 (eseguita in prima assoluta nel 1997 nell'ambito del Colorado MahlerFest X, sotto la direzione di Robert Olson, anche direttore artistico di siffatta manifestazione, che vi apportò ulteriori ritocchi e correzioni e la incise per la Naxos dal 29 maggio al 3 giugno del 2000 con l'Orchestra Sinfonica della Radio Nazionale Polacca a Katowice, nella sala intitolata al direttore d'orchestra Grzegorz Fitelberg), anche Wollschlaenger intraprese la sua ricostruzione, pubblicandone però il solo terzo movimento nel '59, salvo sopprimerla appena il musicologo Erwin Ratz iniziò, a partire dal '60, la sua nuova edizione critica dell' intero corpus mahleriano, includendovi il solo adagio iniziale (dichiarandosi al contempo contrario ad ogni possibile completamento della sinfonia), per conto della Internationaler Gustav Mahler Gesellschaft (IGMG). A queste andrebbero aggiunte, non menzionate affatto nel volume di Principe, la versione di Rudolf Barshai, eseguita per la prima volta nel dicembre del 2000 a San Pietroburgo (anche di questa esiste l'incisione discografica effettuata alla Konzerthaus di Berlino il 12 settembre 2001 dalla Junge Deutsche Philarmonie diretta dallo stesso Barshai, per l'etichetta Laurel Records e successivamente ristampata dalla Brilliant Classics), quella di Theodor Guschlbauer, quella del solito duo musicologico, arcinoto ai bruckneriani, Nicola Samale/Giuseppe Mazzucca (2001) ed il paio di versioni realizzato dal musicologo americano Remo Mazzetti jr. (la prima del 1983, revisionata nell'85/86, della quale vennero eseguiti i soli primi 3 movimenti sempre al Festival di Utrecht del novembre '86, dall'Orchestra del Brabante diretta da Bloomfield, nuovamente revisionata ed eseguita, questa volta per intero, nell'89, alla Powell Symphony Hall di Saint Louis, dalla Saint Louis Symphony Orchestra diretta da Leonard Slatkin ed incisa dagli stessi interpreti e nel medesimo luogo, dal 10 al 13 marzo del '95, per la Rca Victor; la seconda, iniziata nel '94 e terminata nel '96/97, eseguita a Barcellona nel settembre '99 diretta da Jesus Lopez-Cobos, che la diresse anche in prima assoluta negli Stati Uniti il 4 ed il 5 febbraio del 2000, alla Music Hall di Cincinnati (Ohio) con la Cincinnati Symphony Orchestra ed incisa i giorni seguenti, il 6 e 7 febbraio dai medesimi interpreti nello stesso luogo, per la Telarc); e probabilmente, l'elenco risulterà incompleto! Se a ciò si aggiunge, andando a ritroso nel tempo, la revisione del solo movimento iniziale, l'andante-adagio, fatta da Ernst Krének nel 1923 (Alma, la vedova del musicista, aveva tolto temporaneamente il veto iniziale a possibili ricostruzioni ed esecuzioni pubbliche anche solo parziali, molto probabilmente per motivi meramente economici, poichè pare che Mahler, sentendo prossima la fine, le avesse addirittura ordinato di bruciare il manoscritto incompiuto, tesi avallata anche dai discepoli mahleriani più integralisti come Walter, Adorno e Klemperer, ma sulla cui veridicità sussistono seri dubbi), mentre Alban Berg si occupò del solo terzo movimento (ma secondo altri ci misero le mani anche lo stesso Krének, oltre a Schalk e a Zemlinski, la faccenda invero si presenta assai ingarbugliata) , l'intermezzo "Purgatorio oder Inferno" (allegretto moderato, in forma A-B-A), con esecuzione di questi 2 soli movimenti in concerto, il 12 (od il 14, secondo Principe?) ottobre 1924 all'Opera di Stato di Vienna, con la Wiener Philarmonisches Orchester sotto la direzione di Franz Schalk, il quale operò qualche ulteriore aggiustamento in sede esecutiva (gli altri movimenti, ovvero i 2 scherzi ed il finale, vennero all'epoca giudicati a uno stato troppo frammentario per essere sottoposti a tentativi di ricostruzione, sulla base del materiale disponibile in quel periodo), seguito in questo da Alexander von Zemlinski (anch'egli aveva diretto successivamente in pubblico questi 2 movimenti) che ne apportò di ulteriori ( gli aggiustamenti di Schalk e di Zemlinski, stanno alla base dell'edizione a stampa del 1951 dell'adagio e dell'intermezzo), mettiamoci un tentativo, non andato in porto, da parte di Alma, di indurre il direttore d'orchestra Willhelm Mengelberg a completare la composizione, aggiungiamoci pure una riduzione per pianoforte a 4 mani, effettuata da Friedrich Block, fra la metà degli anni '30 ed il 1940, del 2^, 4^ e 5^ movimento e circolata in forma privata (oggetto di un'articolo dello stesso Block, apparso nel 1941, sulla rivista americana "Chord and Discord", che funse probabilmente anche da stimolo per i successivi tentativi di ricostruzione integrale), mettiamoci anche il fatto che la stessa Alma chiese nuovamente nel 1949 a Schoenberg di occuparsi del completamento (il quale declinò adducendo motivi di anzianità) ed inoltre se si pensa che, a partire dal 1960, il musicologo tedesco Erwin Ratz, nella sua revisione critica del catalogo mahleriano, incluse ufficialmente il solo adagio iniziale, si può ben capire la complessità del caso costituita dalla decima sinfonia di Gustav Mahler. Intanto, è senza alcun dubbio, una delle composizioni incompiute, che abbiano conosciuto il maggior numero di tentativi parziali o totali di completamento, roba da dar dei punti persino al finale della nona sinfonia di Bruckner (del quale mi sono già precedentemente occupato) e comunque l'unica cosa che non sembra mai essere stata messa in discussione dai vari ricostruttori avvicendatisi nel corso del tempo (nonostante i divergenti criteri di partenza, con i quali hanno operato sul torso mahleriano), è la struttura complessiva del lavoro, ovvero la successione e quindi la disposizione dei cinque movimenti che la compongono, che Mahler aveva lasciato chiaramente a intendere, nelle pagine del manoscritto. E' una struttura a palindromo, ad arco, con i due movimenti lenti disposti all'estremità, i due scherzi che occupano la seconda e la quarta posizione e il bizzarro, breve intermezzo orchestrale al centro (se non fosse per le libertà agogiche che si consentono i direttori d'orchestra, i 2 lunghi movimenti estremi e i 2 scherzi più serrati, dovrebbero avere all'incirca, fra di loro, lo stesso minutaggio, cioè poco più di una ventina di minuti ciascuno, i 2 movimenti estremi e poco più di una decina ciascuno, i 2 scherzi, ovvero all'incirca la metà dei 2 movimenti esterni, mentre l'intermezzo centrale dovrebbe a sua volta durare circa la metà rispetto ai 2 scherzi, cioè poco più di 5 minuti, ma chiaramente si tratta di indicazioni di massima da parte mia ). Indubbiamente l'agogica dei movimenti lenti esterni è leggermente differente (da alcuni ritenuti in forma sonata, ma avrei dei dubbi al proposito, mi sembra quantomeno una forma sonata molto libera, all'ascolto, in verità), il primo è un andante che sfocia in un adagio, il quinto inizia in tempo lento ma non troppo (langsam schwer), ha una sezione centrale più mossa (allegro moderato) per poi sfociare in un tempo non troppo dissimile da quello del movimento iniziale (andante comodo, ma non trascinante); in quest'ultima parte, infatti, viene ripreso del materiale tematico del primo movimento, a sottolineare la ciclicità della composizione. Tra l'altro, il brusco accordo in fortissimo, prodotto dal tamburo coperto da un panno (o tamburo con sordina) che chiude il secondo scherzo (allegro energico), cioè il quarto movimento, è il medesimo che apre il movimento successivo, ovvero il finale. Ho voluto buttare lì, alla buona, queste iniziali considerazioni sul lavoro mahleriano, sulle quali conto di tornare in maniera più approfondita in futuro, proprio perchè stimolato dalle strane lacune che ho rilevato sul testo di Quirino Principe, tanto più singolari in un volume, vista anche l'epoca non certo preistorica della sua originaria pubblicazione (2002 nella sua seconda versione, anche se, a voler essere pignoli, l'edizione primigenia risalirebbe al 1983, pur tuttavia nelle note aggiuntive dell'edizione aggiornata del 2002, poste nelle prime pagine della pubblicazione, simili lacune si sarebbero potute tranquillamente correggere, alcune anzi non sono giustificabili nemmeno rapportandosi all'anno 1983!), nel suo complesso, notevolissimo e senz'altro migliore di molti altri titoli, anche illustri, dedicati a Mahler (nonostante alcuni giudizi drastici e discutibilissimi, come quello riguardo alla presunta 'bruttura' dell'adagietto della 5^ ed al conseguente giudizio negativo riguardo al film "Morte a Venezia" di Visconti, che mi sembra sia diventato 'di moda' prendere di mira oggidì!), anche perchè da tempo accarezzavo comunque l'idea di dedicare spazio a questa composizione enigmatica ed affascinante anche e soprattutto nella sua incompiutezza (parrebbe però che Mahler l'abbia eseguita integralmente al pianoforte, al cospetto della moglie) e senz'altro degna di essere maggiormente conosciuta ed eseguita nella sua "interezza" assai più di quanto non lo sia in realtà, nonostante eventuali prevenzioni, poichè quello che comunque emerge dell'animo del suo creatore, è di livello tale da giustificarne l'interesse, questo lo ribadisco, anche se interpreti mahleriani illustri come Mengelberg, Walter, Klemperer, Karajan, Barbirolli, Solti, l'abbiano completamente ignorata, mentre altri come Scherchen, Mitropoulos (che evidentemente, aveva comunque parzialmente mutato il suo atteggiamento iniziale, del tutto contrario a una riesumazione anche soltanto parziale, come testimoniato da 2 registrazioni dal vivo del solo primo tempo, una con la New York Philarmonic, l'altra con la Koelner Rundfunks Orchester), Bernstein, Boulez, Abbado, Sinopoli, Kondrashin, Leinsdorf, Maazel, Mehta, Neumann, Tennstedt, Haitink, Kubelik, Bertini, Levi, ne abbiano preso in considerazione il solo movimento iniziale (unico peraltro, ad essere presente in forma pressochè completa, all'origine. Ma a voler essere ancora più pignoli, come è stato fatto giustamente rilevare, anche "Das lied von der erde"-Il canto della terra- e la 9^ sinfonia, andrebbero in un certo qual modo, considerate anch'esse delle incompiute, poichè il loro autore, che era anche uno dei più grandi direttori d'orchestra a livello internazionale dell'epoca, a differenza dei lavori composti precedentemente, non ebbe modo di verificarne la resa in sede concertistica, ovvero di provarle e dirigerle personalmente in pubblico, la qual cosa lo induceva, inevitabilmente, ad apporvi successivi ritocchi, soprattutto strumentali, sovente in più di un'occasione, tant'è che ambedue le composizioni furono eseguite postume, quindi senza i probabilissimi aggiustamenti successivi che Mahler gli avrebbe apportato, se le circostanze della vita glielo avessero consentito, sotto la direzione di Bruno Walter). Fra i pochi 'integralisti' (o quasi) che l'abbiano eseguita in toto in almeno una delle sue ricostruzioni, abbiamo Chailly, Inbal, Levine, Rattle (per ben un paio di volte), Zinman, Litton (Previn l'ha invece diretta in pubblico, pur non avendola mai incisa). Singolare il fatto che, inizialmente, sia Levine che Inbal, abbiano inciso dapprima il solo adagio, per poi passare successivamente alla registrazione dell'intera sinfonia nei suoi 5 movimenti, anche se, ad essere pignoli, in realtà, nel caso di Levine, quest'ultimo si limitò ad incidere i restanti 4 tempi (questi ultimi col sistema digitale, in luogo dell'analogico utilizzato precedentemente per il solo adagio), in un momento successivo, mentre Inbal reincise l'adagio iniziale, per l'occasione. Mi piacerebbe poter fare un ascolto comparativo di almeno tutte le ricostruzioni che sono state incise in disco, ma purtroppo, per far ciò, mi manca il costoso cofanetto triplo della Testament che comprende l'incisione del 19 dicembre 1960 allo studio di Maida Vale della BBC, della versione provvisoria con la proposta pressochè integrale dell'adagio, dell'intermezzo e del finale e l'esecuzione in forma abbreviata dei due scherzi, intercalati da brevi interventi dello stesso Cooke, essendo i movimenti, all'epoca, maggiormente allo stato frammentario, effettuata dalla Philarmonia Orchestra diretta da Goldschmidt, la ripresa dal vivo del 13 agosto 1964, della prima assoluta della versione da concerto appena approntata, con la London Symphony Orchestra sempre diretta da Goldschmidt, alla Royal Albert Hall, nell'ambito della stagione degli "Henry Wood Promenade Concerts" (gli attuali "Bbc Proms") e con il lungo commento, di circa 35 minuti, nel terzo disco, dello stesso Cooke, registrato sempre per la trasmissione radiofonica del '60; inoltre non posseggo la prima incisione assoluta del primo completamento di Mazzetti jr., realizzata nel 1995, alla Powell Symphony Hall di Saint Louis, dalla Saint Louis Symphony Orchestra, diretta da Leonard Slatkin, per la Rca Victor Red Seal, purtroppo da parecchio tempo fuori catalogo (non posseggo nemmeno, ahimè, il numero del dicembre 2011, della rivista "Gramophone", comprendente un ampio servizio su tale composizione, così come non ho l'ancor più remoto numero del "Bbc Music Magazine" con allegata in cd un'esecuzione dal vivo diretta da Mark Wigglesworth, con la Bbc Symphony Orchestra). Fortunatamente però, dispongo della ristampa su cd, della prima incisione in studio della versione iniziale di Cooke, svoltasi il 17 novembre 1965, alla Town Hall di Philadelphia (Pennsylvania), con la Philadelphia Orchestra diretta da Eugene Ormandy, con le note di commento originali (cioè dell'edizione in lp) di Jack Diether (registrazione che seguiva di poco un'esecuzione pubblica coi medesimi interpreti, avvenuta il 5 novembre dello stesso anno e che costituisce la prima americana di questa ricostruzione; tra l'altro, proprio in quegli anni, il direttore d'orchestra Harold Byrns, ovvero colui che fece ascoltare il nastro dell'incisione del '60 ad Alma, la stava portando in Germania ed in Italia), per la Columbia/Cbs-Sony Classical (ci sarebbe anche, stando a Wikipedia, un'altra incisione in studio del '66, diretta da Jean Martinon, che mi giunge nuova, forse edita dalla Rca Living Stereo?); in più, tempo addietro, fra i dischi usati, ho reperito in buone condizioni e a prezzo basso, un cofanetto di 2 lp, comprendente la prima incisione di studio della seconda versione Cooke, con gli stessi interpreti della prima esecuzione pubblica del 15 ottobre '72, avvenuta alla Royal Festival Hall di Londra, ovvero la New Philarmonia Orchestra diretta da Wyn Morris, uscito nel '74 per la Philips Classic e mai ristampato su cd, per quel che mi risulta. Al cofanetto è allegato un succinto ma interessante saggio trilingue dello stesso Cooke, corredato da illustrazioni, tra cui una pagina del manoscritto della partitura incompiuta oltrechè dalla riproduzione di un paio di lettere, una di Alma Maria Schindler-Mahler, la vedova, indirizzata al musicologo anglosassone e scritta poco prima della sua dipartita nel 1963 (non datata, ma col timbro postale recante la data del 3 maggio 1963, in contrasto con quanto affermato nel volume di Principe, che gli attribuisce invece la data dell'8 maggio di quell'anno), lettera nella quale, dopo aver ascoltato il nastro dell'esecuzione radiotrasmessa dalla BBC circa 3 anni prima, autorizza ufficialmente il musicologo ad approntarne la (prima) versione eseguibile in sede concertistica, e l'altra di sua figlia, ovvero la figlia dello stesso compositore, Anna, inviata al medesimo dopo avere ascoltato a Londra (e naturalmente approvato) il nastro magnetico della registrazione discografica oggetto del cofanetto Philips. Fu proprio Anna, ad inviare al musicologo, subito dopo la morte di Alma, altre 44 (o 50?) pagine manoscritte fino ad allora inedite, che consentirono di colmare la maggior parte delle lacune precedenti, consentendo la realizzazione della versione da concerto del '64 e, conseguentemente, delle 2 revisioni successive. Leggenda vorrebbe che altre pagine manoscritte inedite, siano tuttora in possesso del De la Grange, ma dubito fortemente della fondatezza di questa asserzione. Fra gli altri direttori che si sono confrontati in pubblico e/o in disco, con una delle versioni completate, figurano anche Mark Wigglesworth, Daniel Harding, Jesus Lopez-Cobos, Michael Gielen, Johnathan Nott, Leonard Slatkin, in aggiunta ovviamente allo stesso Rudolf Barshai per la propria realizzazione. Insomma, chi rifugge dalla decima sinfonia (in qualsivoglia forma) per partito preso, non sa proprio quello che si perde! Ultimamente,sto compulsando i libretti delle varie edizioni discografiche in mio possesso, per raffrontarne le informazioni, avendo come già detto, l'intenzione futura di trattare riguardo a questa musica, in maniera assai più articolata e completa di quanto non abbia fatto fino ad adesso, per cui il presente scritto va naturalmente considerato come un semplice assaggio preliminare. Per il momento, ho la netta impressione di essermi imbattuto in un bel ginepraio, anche peggio che con le sinfonie bruckneriane, ma chi me l'ha fatto fare, bah! / Gustav Mahler: Sinfonia n.10 in fa diesis maggiore - o minore? Le indicazioni sui dischi sono contrastanti - (1910); I) Adagio: andante - adagio; II) Scherzo I: Schnelle vierteln - In gemaechlicher bewegung, ohne hast (Presto - Andante con moto, senza fretta); III) Purgatorio (oder Inferno): Unheimlich bewegt (Allegretto moderato); IV) Scherzo II: Kraeftig, nicht zu schnell (Allegro pesante, non troppo veloce); V) Finale: Langsam schwer (Lento grave, ma non troppo); indicato invece come Allegretto nell'edizione Wheeler - Allegro moderato - Ruhig, aber nicht schleppend (Andante comodo, ma non trascinante). / In questi giorni, forse anche per via del mio stato d'animo, la mia mente è ossessionata in maniera ripetitiva da frammenti di sinfonie mahleriane e particolarmente proprio dall'adagio della decima, purtroppo, per quel che concerne le mie faccende personali, appena intravvedo uno spiraglio di speranza, questi regolarmente si richiude inesorabilmente dopo poco, precipitandomi nuovamente nell'angoscia e nella tetraggine più nera, temo proprio che non riuscirò affatto a rivoluzionare positivamente la mia vuota, inutile esistenza, come auspicavo alcuni giorni fa. Il mio tempo (non) verrà (mai)! Tutto stramaledettamente nella norma! Allegria!
Disquizioni intorno alla musica colta, con particolare riferimento alla realtà contemporanea.
mercoledì 26 marzo 2014
martedì 18 marzo 2014
A tarallucci e vino.
Com'era ampiamente prevedibile, alla fine, il "caso umano" Beppe Maniglia, si risolverà in un nulla di fatto, nel senso che il plantigrado potrà continuare, totalmente "indisturbato" a squassare (pardon, a deliziare) i timpani della cittadinanza bolognese, per la grande gioia dei suoi ammiratori che parrebbero esser numerosi anzichennò (chissà com'è però che quando, anni fa, come rammentavo, si candidò a sindaco della città felsinea, alla fine si beccò soltanto una ridicola manciatina di voti!), come si desume anche leggendo un sapido articoletto di tal Mauro Giordano, comparso sul "Corriere di Bologna" di domenica scorsa." Maniglia resiste e suona: "Non si arresta un mito", questo il titolo e così si autodefinisce il bietolone, evviva la modestia! In effetti, nella foto a corredo dell'articolo, si vede il "mito", circondato dal suo folto (?) pubblico di estimatori, nella giornata di sabato pomeriggio (la didascalia difatti recita: "Il suo pubblico. Molta gente ... Ohibò!). Una persona che è passata in piazza domenica, mi ha detto però che, pur essendo il plantigrado piazzato come di consueto nel suo luogo abituale, non stava affatto "suonando" nè si sentiva alcuna base "musicale" di sottofondo (che fosse in pausa?), ad ogni buon conto gli sarebbero state appioppate un paio di multe da 400 eurini cadauna (troppo poco!), anche se dubito fortemente che le paghi! Certo che, anche se a suo dire il bifolco limiterebbe le sue "mitiche" esibizioni ad un paio di volte la settimana, ogni sabato e domenica per circa un'ora e mezza ciascuna, disquisire, nel suo caso, di musica e di repertorio, come si fa anche all'interno dell'articoletto, mi sembra proprio una questioncella di lana caprona (non è un refuso!), inoltre, ha pure avuto il coraggio di affermare di avere pagato di tasca propria, uno studio d'impatto ambientale riguardo alle sue esibizioni, affidato ad una società di Modena, da contrapporre ai dati prodotti dall' "Arpa", organismo regionale preposto alle misurazioni del tasso d'inquinamento (in questo caso, acustico), ma mi sembra soltanto un patetico arrampicarsi sugli specchi da parte del rintronato in questione. Se è proprio vero, come si legge in questo articolo, che ci sono persone che lo ritengono veramente come il secondo "Gigante" di Bologna, dopo la statua della "Fontana del Nettuno" ovviamente, con la quale al massimo può avere in comune una certa rigidezza e "sordità", anche Beppe Maniglia allora diventa una cartina di tornasole della pochezza intrinseca dell'essenza di questa città, se un idiota come lui si sente di assurgere a mito per eccellenza della bolognesità, se ci sono altri, ancora più idioti di lui (sembra veramente incredibile che ce ne possano essere, eppure pare proprio di sì!) che lo inducono a pensarlo, se Bologna non è capace di trovare simboli migliori di questo (tenuto conto che il buffone imperverserebbe da almeno 35 anni, cioè dal 1979, sempre stando all'articolo. Per giunta qualcuno mi disse a suo tempo che il pagliaccio, all'inizio usava un'amplificazione persino molto più potente dell'attuale, che si sentiva fin dall'inizio di via dell'Indipendenza, lato autostazione, cioè all'estremità opposta rispetto al "Gigante", sorbole bén!), allora io sono proprio un povero illuso, un pesce fuor d'acqua, anche da una simile bazzecola si evince che qui ci si è inoltrati in una decadenza senza fine. Simbolo della bolognesità di ben altra caratura, veramente per grandi e per piccini, poteva essere il compianto Dino Sarti, col suo concerto di ferragosto in Piazza Maggiore, regolarmente trasmesso in televisione; di lui, che certamente non si atteggiava a mito, quest'ingrata città sembrerebbe essersi dimenticata, a tutto vantaggio di quell'altro cialtrone invadente. Altro che "l'angolo degli imbezél"! Trovo comunque preoccupantemente blando l'atteggiamento tenuto dall'amministrazione comunale nell'occasione, addirittura timorosa di una sollevazione popolare (ma come siamo ridotti? Con tutti i problemi gravissimi che ci attanagliano, saremmo capaci di provocare una sommossa soltanto nel caso che ci tocchino il "dio pallone" e il "mitico" Beppe Maniglia, vogliamo scherzare?), sempre secondo l'articolo del giornale, la quale si è premurata di fargli sapere che non solo non lo vorrebbe cacciare, ma financo gli promette l'esenzione dalla tassa d'occupazione del suolo pubblico, purchè si metta in regola e moderi il volume sonoro, ma chi ci crede! A parte l'uso e l'abuso, anche in questo frangente, della parola "mito" e dell'aggettivo "mitico", completamente svuotati di qualsivoglia significato! Per giunta l'altra sera, passando nei paraggi del Manzoni, ecco che ti rivedo all'esterno, il consueto assembramento di mummie agghindate, acchittate, inamidate, impettite, fossilizzate e incartapecorite, che costituiscono il tipico pubblico dei melomani frequentanti i concerti di musica colta, in attesa di varcare l'ingresso per assistere allo spettacolo. Insomma, da un lato il becerume di Beppe Maniglia, dall'altro l'atmosfera da museo delle cere che mi sembra caratterizzare il Manzoni (così come il Comunale e tutti gli altri luoghi cittadini deputati alla musica colta), due estremi riguardo ai quali non saprei proprio dire quale sia il più deprimente, ma è tutto assolutamente nella norma. Chissà perchè, pensando al primo, mi viene in mente anche il famoso scambio di battute fra John Cage, al termine della sua partecipazione a "Lascia e raddoppia" e Mike Bongiorno, con Cage che proferisce: "Io vado, ma la mia musica resta." e Bongiorno che replica: "Avrei preferito l'incontrario!"; anche nel caso del "maniglione", auspicherei l'incontrario; il bello è che lui invece afferma: "Quando ho iniziato, nessuno faceva uno spettacolo del genere." Sic transit gloria mundi! E visto che è scientemente impossibile anche soltanto il pensare di poter rivoluzionare il contesto ambientale in cui ognuno si trova a dover condurre la propria esistenza (e a Bologna, senz'altro, una simile speranza, uno proprio se la sogna!), mi accontenterei, mestamente, per quel che mi riguarda, di riuscire almeno a rivoluzionare un pochettino, la mia sgangheratissima esistenza, anche perchè, in questo momento, intravvedo qualche flebile speranza in tal senso, che spero la sorte non voglia disattendere per l'ennesima volta, per carità, alla facciaccia del plantigrado e dei suoi aficionados (che per qualche tempo mi erano sembrati progressivamente diradarsi, ennesima illusione fallace)! Insomma, torniamo ad occuparci di cose ben più serie, anche perchè a parlare troppo di simili esimi personaggi, gli si fa soltanto una grande pubblicità immeritata, alla fine, gli si fornisce un'ulteriore cassa mediatica, assolutamente (in)degna di un personaggio così "mitico", o piuttosto, "stitico"! Anche perchè, alla fine, mi sono accorto, sondando diverse persone, la maggior parte delle quali non gliene poteva fregare di meno, che parrebbe trattarsi fortunatamente di un "mito" alquanto relativo, in contrasto con certe affermazioni lette sulla stampa locale! Il bello è che qualcun'altro, volendomi dare del retrogrado per via del fatto che non lo apprezzo per nulla, mi ha paragonato all'uomo di Neanderthal, ignorante del fatto che quest'ultimo, come scientificamente dimostrato, disponesse di una massa cerebrale alquanto superiore a quella di noi omuncoli odierni iper-tecnologicizzati e iper-vitaminizzati ed altrettanto rincitrulliti, facendomi, senza volerlo, un grandissimo complimento! Grazie veramente, di tutto cuore! / Sempre per la serie "Sono sempre i migliori, coloro che se ne vanno!", muore lo scrittore, intellettuale, linguista, bibliofilo ed uomo di cultura, Ezio Raimondi, figura di spicco in tale ambito, la cui notorietà travalicava i confini bolognesi, regionali e nazionali. Invece, sempre per la serie "L'erba cattiva non muore mai!", Beppe Maniglia, la cui notorietà sarà, se va bene e volendo essere generosissimi, (s)confinata al massimo in ambito regionale a dir molto, in barba al presunto "mito", è al contrario vivo e vegeto (anche se direi più allo stato vegetativo che vegeto!), appunto! Avrei voluto vivere a Bologna all'epoca di Ottorino Respighi ed invece mi ritrovo a sopravvivere in questa città, sotto l'egida di Beppe Maniglia, ohi! Coraggio!
domenica 16 marzo 2014
Sogno di un mattino d'inverno.
O piuttosto, forse, un incubo, chissà! Questa notte ho sognato che i 3 più grandi artisti italici del momento, Beppe Maniglia, Gianni Drudi (celeberrimo autore di quello starordinario capolavoro di pensiero lateral-concettuale che è "Fiki fiki", canzoncina raffinatissima, come il titolo lascia intuire) e Giovanni Allevi (il boccoluto, o moccoluto, genio misconosciuto?), fondassero un affiatatissimo sodalizio artistico-musicale, il trio Brancaleone (proprio come la celeberrima Armata!), esibendosi in lungo e in largo nel globo terracqueo, di fronte a folle (trans)oceaniche, subissati di ululati, boati e fischi (all'americana?) a non finire, frammisti ad applausi scroscianti (sigh!), portando in giro i loro più grandi (suc)cessi, con tanto di collegamento televisivo permanente in diretta via satellite su Sky(fo), presentato da Gianni Morandi (sarebbe meglio dir "Morendi", vista la vetustà)......... Improvvisamente, mi sono risvegliato febbricitante, madido di sudore, tremante come una foglia, psicologicamente stremato, ho acceso la lampada sul comodino a ridosso del letto, mi sono guardato intorno, tutto a posto, tutto nella norma, non è suc(cesso) alcunchè, accidenti però che strizza della malora! All'animaccia de li mortacci loro! Per poco non me la facevo veramente addosso! Altro che pannoloni! Arridateme Claudio Villa col suo "Binario triste e solitario", embé, ahò!
sabato 15 marzo 2014
Hanno ucciso l'uomo ragno!
Proprio mentre me ne stavo defecando in bagno... perdonatemi la rima 'bacata', ma oggi, 15 marzo dell'anno di (dis)grazia 2014, compio la "bellezza" (si fa per dire) di 52 'primavere' (ed altrettanti 'autunni', purtroppo), sarà la prossimità della primavera, ma mi sento tutto uno strano friccicore addosso, scusatemi! O forse sarà piuttosto l'effetto di quel che ho letto casualmente stamattina, appena ho messo fuori il naso (non quello di Shostakovich) da casa, sulle locandine dei quotidiani, dietro l'edicola di Piazza dei Martiri (sic) qui a Bologna! Beppe Maniglia (quello che ha il cervello in poltiglia), eh sì, proprio quel botolo subumano, multato per il troppo rumore, ma và!!! Musica troppo alta (ovviamente nel senso di volume sonoro, non certo di qualità intrinseca, che poi chiamarla musica in questo caso è alquanto soggettivo, dopotutto c'è chi afferma che il rumore è la musica altrui, o viceversa, non rammento bene), così titolano le locandine dei giornali, mò sorbole bèn! Meno male, si vede che allora non tutti i bolognesi sono diventati sordi come delle campane, c'è speranza a questo mondo! E lui, il "sommo artista", il vate(r) della bolognesità, che risponde sprezzantemente: "Non me ne vado!" (e ti pareva, mi sarei decisamente mer(d)avigliato del contrario!). Domanda spontanea: la pagherà, una volta per tutte? (almeno la multa intendo, sperando che sia la più salata che possa mai essere concepita da un'amministrazione pubblica). Finalmente un poco di giustizia a questo mondo? Posso considerarlo come un imprevisto "regalo di compleanno" da parte del destino? O Fortuna imperatrix mundi (Carmine burino)! Ma chi ha osato fare questa autentica carognata (ullallà!) al "Respighi del Terzo Millennio" (si fa per celia, naturalmente, non me ne vogliano i discendenti dell'illustre compositore bolognese!), come si può anche solo concepire di architettare un simile tiro mancino a un geni(o) tale??? Per coloro che, per loro (s)fortuna, non fossero o transitassero in quel di Bologna e dintorni, il mentecatto in questione è un losco figuro che costituisce un autentico caso umano, una vera e propria iattura, un miscuglio fra un sedicente musicista e un altrettanto sedicente (ma non certo seducente, come crede il minchione medesimo) fenomeno da baraccone, un peripatetico "sdozzo della natura", rottame sgangherato, sguaiatissimo pagliaccio da circo di periferia, omuncolo aduso a spaccare i timpani (ed ovviamente anche qualcos'altro, come si può ben intuire!) coi suoi immarcescibili numeretti indegni persino del peggior guitto d'avanspettacolo, nei paraggi della Fontana del Nettuno, vicino a Piazza Maggiore e a ridosso dell'ingresso alla biblioteca comunale di Sala Borsa, 'titillando' (s)gradevolmente l'animo dei concittadini. Se penso che anni fa si era persino candidato come sindaco, c'è proprio di che stare decisamente allegri! A parte il fatto che quei gran generosoni de "Il Resto del Carlino", in una vecchia intervista, gli hanno attribuito persino un diploma di Conservatorio (sarebbe stato meglio se l'avessero rinchiuso in un "Riformatorio", gulp!) e una laurea in psicologia (questa di sicuro non gli è servita a un cavolo), mentre il padre del peripatetico sarebbe stato clarinettista nell'orchestra dell' "Orinale" ed amico persino di Arturo Toscanini (bah! Roba da chiodi! Ecco perchè l'orchestra è ridotta così male!), fra le specialità remote del nostro figurerebbe anche la prerogativa di far scoppiare, gonfiandole col fiato, le borse dell'acqua calda, faccenda che gli ha mer(d)itato l'inclusione nel "Pantheon" degli artisti sommi, con tanto di "minzione d'onore", va da sè! Attualmente, essendosi ridotto a un vegliardo rimbambito, l'unica cosa che fa è quella di fingere di suonare una chitarra con una maniglia (da ciò il suo "nome d'arte", sic!), della quale si attribuisce la paternità dell'invenzione (alquanto dubbia, come constatai in precedenza), con tanto di fragorosissima base preregistrata di "sottofondo" (si fa per dire, ahimè, più "fondo" che "sotto"!) e con contorno di alcuni disabili (autentici freaks) inscenanti pietosissimi balletti (per modo di dire, sembrano caso mai delle convulsioni epilettiche!), tutta l'attrezzatura dei suoi spettacoli viene letteralmente vomitata da una grossa motocicletta, con tanto di spazio espositivo dei cd e dei vinili di Beppe Maniglia, venduti al modico prezzo di 20 eurini, sòçmél, boia d'un mond léder! Mi ricordo che sulla copertina di uno di questi vinili campeggiava la scritta: "The worst of Beppe Maniglia" (acciderba, ci diamo persino un'aura internazionale!), cioè il peggio di... ma perchè, esiste anche un meglio? Se in Bologna e dintorni si dovessero in futuro avvistare nel cielo dei dischi volanti, molto probabilmente non di Ufo (Unidentified flying objects, oggetti volanti non identificati) od extraterrestri si tratterà, ma dei dischi di Beppe Maniglia che fanno finalmente la fine che si meritano (ma c'è veramente qualche incauto che li acquista?), in quanto Ufo anch'essi, ma di tutt'altra specie (Unidentified fucked objects, oggetti fottuti non identificati)! Speriamo solo che, un giorno, al posto del mongoloide, non ne subentri qualcuno peggio, cosa tutt'altro che improbabile, gasp!
venerdì 14 marzo 2014
Il vaso di Pandora.
I compensi economici destinati ai pezzi grossi messi a capo degli enti musicali nostrani e non solo, ovvero sovrintendenti, direttori e responsabili artistici e musicali e compagnia bella, continuano a rivelarsi sempre più come un incommensurabile vaso di Pandora di infiniti, assurdi sprechi e dilapidamenti di denaro pubblico e non. Se ne ha un'ulteriore conferma, sfogliando le pagine del numero attualmente in edicola del mensile "Suono", sul quale è stata pubblicata una breve lista, naturalmente parziale, di nomi eccellenti operanti in tale ambito, con tanto di emolumenti mensili ufficiali, quindi non tenendo conto di eventuali compensi straordinari e di benefici aggiuntivi come auto blu d'ordinanza, appartamenti e quant'altro (altro che, come diceva Totò: "Vitto, alloggio, lavatura, stiratura!"), compensi comunque non correlati minimamente a meriti e responsabilità effettivi, od a bilanci più o meno in attivo od in passivo, ma in base soltanto a biechi criteri di lottizzazione politica. A suo tempo ero stato persino ottimista nel dichiarare, sulla base di quanto avevo letto sul mensile "Musica", che il compenso dei sovrintendenti varia dai 1.000 ai 3.000 euro al giorno (se così fosse, effettivamente la cifra, considerando che un mese al massimo è costituito da 31 giorni, non dovrebbe in ogni caso superare il tetto dei 93.000 euro, se la matematica non è un'opinione, uno stipendiuccio comunque scandalosamente ragguardevole e spropositato!), poichè scorrendo attentamente la breve lista pubblicata da "Suono", salta fuori che il "più poveraccio" fra i nomi summenzionati si becca la "modica cifra" di 134.000 euro mensili (provate a immaginarvi, di conseguenza, quello che si becca il "più paperone", gulp!), alla faccia del caciocavallo, la realtà è ben peggiore di quel che ingenuamente ritenevo! A parte le qualifiche a volte decisamente fantasiose che vengono attribuite a simili soggetti, desumibili dalla lettura dell'articolo di "Suono", scritto da Pietro Acquafredda, per giustificarne flebilmente agli occhi dell'opinione pubblica, gli assurdi emolumenti ufficiali e ufficiosi, dei quali sempre più sfrontatamente godono, veramente viene da constatare per l'ennesima volta che il peggio non è mai morto! Se poi si aggiunge che, a partire credo dal 2015, alla Scala dovrebbe subentrare la coppia Alexander Pereira/Riccardo Chailly, rispettivamente sovrintendente e direttore musicale, al posto dell'attuale costituita da Stéphane Lissner e Daniel Barenboim, con Pereira che sembrerebbe avere preoccupanti propensioni spenderecce, almeno stando a quanto avrebbe combinato in quel di Salisburgo, non c'è altro da dire che il buongiorno si vede dal mattino! E noi paghiamo! Ma fino a quando? Intanto, se potete, date una scorsa all'articolo di "Suono", così vi fate almeno una vaga idea della gravità della situazione! Insostenibile, decisamente! Ma visto che sembrerebbero non esserci più soldi per la cultura, se non altro stando a quel che ci dicono periodicamente, mi pongo una domanda stupida, come mai le tasche di questi soggetti si riempiono sempre di più fino a livelli di esondazione? Forse proprio perchè con l'arte, la cultura, c'entrano come i cavoli a merenda? Curioso!
martedì 4 marzo 2014
Morte nell'aria.
La fine del teatro lirico sarà sancita dallo strapotere e dalla vanagloria dei registi d'opera? E' questa una banalissima domanda che, come altri, periodicamente mi pongo, visto quel che leggo sulle riviste specializzate e quel che sento attraverso la radio. Per una felice coincidenza, in queste ultime serate sono state trasmesse in diretta su Radiotre, 3 capisaldi del teatro lirico russo del tardo '800, l' "Eugenio Oneghin" di Ciaikovski, dal San Carlo di Napoli, con la direzione di John Axelrod, il "Principe Igor" di Borodin, dal Metropolitan di New York, con la direzione di Gianandrea Noseda e "La fidanzata dello Zar" di Rimski-Korsakov, dalla Scala di Milano, con la direzione di Daniel Barenboim, tutti e tre gli allestimenti accomunati, purtroppo, se non erro, dalla regia teatrale di Dimitri Cherniakov, tipico fanfarone post-avanguardistico, caratterizzato dalla tipica pretenziosità di svelarci presunte rivelazioni inedite riguardo a questi capolavori, connaturata a simili individui, sommamente presuntuosi, spocchiosi e altezzosi, espediente al quale ricorrono di continuo come flebile scusante per giustificare il loro trovarobato bislacco, al grande pubblico, dimostrando a ogni piè sospinto la loro totale ignoranza e incompetenza in materia musicale, con la conseguente totale mancanza di rispetto e umiltà nei confronti dell'operato di simili insigni musicisti, risolvendosi tutto ciò nell'abituale sterile masturbazione narcisistica, che in cotali soggetti, assurge a livelli patologici, endemici. Soprattutto quello che ho appreso durante gli intervalli de "La fidanzata dello Zar", dagli inviati radiofonici, mi ha dato parecchio da pensare, poichè il miserabile mentecatto ha pensato di ambientare la storia all'interno di uno studio televisivo, con tanto di telecamere, selezione per un ipotetico "casting", col personaggio di Ivan il Terribile che compare su un grande schermo, anzichè in carne ed ossa, come previsto in una scena della trama dell'opera e via di questo passo. Considero sempre più un privilegio il fatto che la radio mi consenta di concentrarmi esclusivamente su questa musica sublime, senza che la mia attenzione venga minimamente distolta da simili obbrobri, ma è ovvio che, trattandosi di teatro lirico, ciò rappresenti veramente il colmo! Anche se mi piacerebbe far personalmente presente a questi sordidi barbogi, i quali si ritengono gli autentici dei ex machina di tutta la faccenda, considerando il loro apporto miserrimo sommamente indispensabile, il fatto che, mentre la parte musicale riesci comunque a godertela anche senza l'apporto delle immagini, essendo in questo caso anche stimolati a immaginarsi lo svolgersi della vicenda nella propria mente, dando briglia sciolta alla nostra fantasia, se si facesse l'incontrario, ovvero togliessimo la parte musicale e lasciassimo solo quella registica, lo spettacolo franerebbe inesorabilmente e precipitevolissimevolmente! Provatemi il contrario, se ci riuscite! Nessuno è indispensabile, tantomeno questi parassiti succhiasoldi (pubblici), riprova del fatto che non solo la madre dei cretini è sempre incinta, ma fa pure gli straordinari, anzi è di uno stakanovismo terrificante! Quello che si sta barbaramente perpetrando è un autentico abominio, uno stupro disumano a danno della cultura musicale, qui ci vuole un'autentica sommossa generale da parte di tutti coloro che hanno veramente a cuore le sorti dell'arte, poichè ne si compromette seriamente lo sviluppo futuro. Peccato veramente, poichè riguardo allo spettacolo scaligero, la componente musicale era veramente superba, trattandosi di un capolavoro di rarissimo ascolto, in prima assoluta nel teatro milanese, pur risalendo al 1899! A parte alcune piccole smagliature dell'orchestra, tutto è filato a meraviglia, con un Barenboim mai così ispirato e coinvolgente, a riprova anche questo di quanto periodicamente vado affermando, ovvero il fatto che, anche per un grande musicista, è altamente salutare e rigenerante uscire dalla 'solita minestra', per affrontare strade meno battute, dovete capire che questo è un bene per tutti, musicisti e pubblico, una linfa vitale, essenziale alla sopravvivenza di questa forma d'arte! In effetti mentre per la parte musicale, mi sembra che il successo sia stato giustamente unanime, il pubblico, com'era prevedibile, si è diviso riguardo alla regia, con un profluvio di boati e fischi di disapprovazione, frammisti agli applausi. Riguardo a coloro che hanno applaudito, mi chiedo quanti di questi ultimi lo facessero per reale convinzione e non piuttosto per un malinteso criterio di volersi mostrare al passo coi tempi (claque a parte). Per quel che concerne l'Oniegin napoletano, la cui parte musicale non mi ha convinto altrettanto, poichè la direzione mi sembrava troppo scandita, altisonante ed avara di chiaroscuri, a parte qualche momento indubbiamente efficace, come la 'polacca' del 3^ atto, anche in questo caso, qualche stramberia registica doveva svolgersi in scena, poichè per esempio, nel momento culminante del duello fra Onegin e Lenski, non si udiva alcuno sparo, come di consueto. Mah! Quello che più mi ha dato fastidio, invece, del "Principe Igor" dal Metropolitan, bellissima esecuzione in sè, splendidamente diretta da Noseda, è lo strano ibrido adottato dal punto di vista testuale della partitura, i cui criteri mi sono sfuggiti, poichè essendo il lavoro suddiviso in un prologo e 4 atti, qui non solo mancava la celebre ouverture e la marcia polovesiana, ma addirittura un intero atto, per una durata totale di circa 2 ore e 55 minuti complessivi di musica, ovviamente pause, cambi di scena e intervalli esclusi, anzichè le 3 ore e mezza abbondanti che sarebbero dovute trascorrere! Non pensavo che dopo le rappresentazioni dirette, a suo tempo da Valery Gergiev, del quale lo stesso Noseda è stato allievo oltrechè esservi legato da un rapporto d'amicizia, rappresentazioni documentate sia in disco che in video, si avallassero ancora simili aborti testuali, ma devo essere proprio un ingenuo, a parte spostamenti di atti e di intere scene in seno ai medesimi, operate per l'occasione, un gran brutto vizio di questi benedetti teatri lirici! Se tutt'al più può essere giustificabile, in questo caso, l'omissione dell'ouverture, in sè bellissima, in quanto trattasi di un brano, che, stando allo stesso Alexander Glazunov, che lo avrebbe ricostruito completamente a memoria, conformemente a una leggenda alimentata dal medesimo, dopo averlo ascoltato in un paio d'occasioni, eseguito dall'autore al pianoforte, salvo ammettere in seguito, dopo essersi scolato qualche bicchierino di troppo, di essersi concesso parecchie libertà al riguardo, facendo così intuire che era più farina del suo sacco che di quello di Borodin, tutto il resto, ovvero la soppressione di un intero atto e gli altri arbitrii rilevati, non riesco a spiegarmeli, se non per ragioni meramente economiche, ed è veramente un peccato, visto le rarissime occasioni nelle quali è dato di rappresentare quest'opera, peraltro molto tormentata dal punto di vista testuale, ma non è certo l'unico esempio di tal genere in ambito musicale. / Riguardo lo strapotere registico in ambito lirico, che da troppo tempo mi sembra abbia superato il livello di guardia (un giorno, casualmente, accendendo su Rai5, mi sono imbattuto nel finale del "Don Giovanni" di Mozart, nell'edizione scaligera diretta da Dudamel, con una bruttissima regia tipicamente modernista di Peter Mussbach), visto che l'eventuale dissenso di una parte del pubblico, come nel caso del lavoro rimskiano andato in scena in questi giorni alla Scala, non solo non serve ad alcunchè, ma al contrario fa sì che questi mentecatti di registucoli che vengono contestati, si ritengano addirittura degli eroi, dei martiri, dei geni incompresi (sì, proprio dei geni tali!), risultando quindi addirittura controproducente poichè amplificano l'eco mediatica a vantaggio esclusivo di simili soggetti, ma in tal caso i musicisti si dovrebbero pubblicamente dissociare da simili scempi, anzichè rendersene complici, come ha fatto lo stesso Barenboim, accompagnando sul palco il regista al termine dello spettacolo, implicitamente con ciò stesso approvandone l'operato (sto evidentemente peccando ancora una volta d'ingenuità), visto che anche in questo caso, al peggio non sembra mai esserci fine, auspico da quella parte del pubblico dei melomani, stanchi di simili 'provocazioni', una sorta di rivolta generale, quella che nella mia utopia visionaria, potrei definire come la "rivolta dei biglietti", visto che un eventuale 'dissenso silenzioso' in sala da parte delle persone contrarie a simili assassinii, non credo che sarebbe sufficiente a smuovere le acque. L'unica strada per me possibile, a questo punto, è quella di non comprare più biglietti, di disdire abbonamenti, sottoscrizioni e compagnia bella, di "disertare" letteralmente i teatri ed anche le sale cinematografiche dove simili allestimenti vengono proiettati, di procurare a questi sovrintendenti dissennati il costante incubo di ritrovarsi con la sala almeno costantemente semivuota come minimo, sperando di costringerli a cambiare rotta una volta per tutte, dando più spazio a quei pochi registi aventi un atteggiamento più rispettoso nei confronti della parte musicale, altrimenti qui è tutta una marcia funebre! Questa diserzione che auspicherei divenisse di massa, sarebbe ciò che intendo per "rivolta dei biglietti", dopotutto la diffusione dell'audiovisivo che ci consente di godere di tali manifestazioni artistiche anche nel salotto di casa, in aggiunta alla crescente diffusione di dispositivi portatili di svariata natura che ci consentono di fruirne per ogni dove, ha fatto sì che i luoghi tipicamente deputati alle faccende musicali come teatri e sale da concerto, abbiano da tempo perso la loro aura di templi esclusivi della musica, bisogna far capire a questi idioti, con le buone o con le cattive, che perciò devono stare in campana, non possono nè devono permettersi di menarci per il naso all'infinito, usufruendo per giunta anche di contributi pubblici e quindi anche di soldi nostri, anzi per quel che mi riguarda, potrebbero anche chiudere bottega definitivamente una volta per tutte! Mandiamoli decisamente a casa, in modo definitivo; facendogli trovare finalmente, per quello che si meritano, le sale vuote o semivuote per protesta, gli incassi fatalmente diminuiscono, in barba agli assurdi contributi pubblici dei quali immeritatamente usufruiscono, un insulto spregevole per le numerose vittime di questa cosiddetta crisi! Urge un radicale ricambio! Sarò uno stupido, ma non intravedo altra via, se però qualcun'altro ha un'idea migliore, ben venga purchè sia capace di metterla in pratica, altrimenti non se ne esce proprio! L'assurdo è che, se si vuole essere realmente anticonvenzionali, bisogna montare uno spettacolo più tradizionalista, poichè una volta che la cosiddetta 'provocazione' diventa di prammatica, finisce con il risultare essa stessa una 'convenzione', inevitabilmente. A parte che nessuno di costoro mi sembra anche solo minimamente paragonabile ad un Patrice Chéreau, che era sovente discutibilissimo, se non talvolta persino irritante, almeno come regista lirico, ma provvisto comunque di un'acume e di un'intelligenza altrettanto rare al confronto, in certi casi la 'provocazione' può anche essere stimolante, ma a patto di non contrapporsi o di sovrapporsi alla parte musicale, nè tanto meno d'ignorarla completamente, come accade spessissimo, ahimè! Bisogna che sia fatta con costrutto, mai fine a sè stessa! Che piaccia o no, volenti o nolenti, la 'musica' è il vero motore dello spettacolo lirico, con quest'ultima, cari registucoli della malora, ci dovete inevitabilmente fare i conti, in un modo o nell'altro, non è teatro di prosa, nè di ricerca o d'avanguardia che dir si voglia, è l' "Opera", punto e basta! Questo gioco perverso di 'rivisitarla' è diventato insopportabilmente stucchevole! Mi auguro sinceramente di non essere l'unico a pensarla in questa maniera, la faccenda assurge sempre di più a livelli allarmanti! Rivoluzione! Diserzione! Basta buttare soldi! Salviamo il futuro del teatro lirico dagli incompetenti e dai ciarlatani! Iniziamo la "rivolta dei biglietti"! Rimando nuovamente al recentissimo libro di Nicola Piovani, "La musica è pericolosa" e precisamente al capitolo intitolato "La regia d'opera? Famola strana", a riprova che anche fra gli addetti ai lavori, c'è chi la pensa in maniera non troppo dissimile dal sottoscritto! / Recentemente, alla consueta e già nutritissima "galleria degli orrori" costituita dai vari conduttori di Radiotresuite, sembrerebbe essersi aggiunta una nuova presenza, tale Irene Sala, petulante, invadente, supponente, cinguettante, irritante. Speriamo che duri poco, ma non mi faccio grandi illusioni in proposito. Visto l'andazzo tipico di Radiotre, ancora una volta non resta che dire: tutto nella norma! / Sono stato troppo generoso, a suo tempo, nel mio giudizio complessivo sul portale "Rai Classica", il caricamento di alcune pagine è di una lentezza esasperante, inoltre, in una parte di esse, la pubblicità è troppo invasiva e fracassona, senza avere nemmeno la possibilità di chiuderla! Veramente troppo vergognoso per una sedicente emittente pubblica! Che infamia! / 40 milioni di giovani pianisti cinesi, aspiranti emuli di Lang Lang (irrilevante capire quale sia il nome e quale il cognome, ma che fantasia questi orientali!)! Più di tutti gli agenti immobiliari sul pianeta! Ma che cavolo ce ne facciamo? Ce n'era proprio bisogno? Peggio delle cavallette! Questo "popolo di Pechino" è completamente suonato! Bang Bang! Gang Bang! / In questi giorni sempre più difficili, chissà perchè, mi torna sempre più spesso in mente la frase più volte pronunciata dal protagonista dell'atto unico "Il prigioniero" di Luigi Dallapiccola, quando dice: "Signore, aiutami a camminare. Così lunga è la via, che mi sembra di non poterla più finire." Non certo perchè sia diventato di colpo credente, niente affatto, piuttosto forse perchè mi sento un prigioniero anch'io, in balia di quella sorta di carceriere/Grande Inquisitore, che è il destino ingrato, cinico e beffardo di noi comunissimi e sciaguratissimi mortali!
Iscriviti a:
Post (Atom)