domenica 19 aprile 2015

Il mio canto del cigno?

Sono all'incirca 4 anni che gestisco questo blog, sperando che potesse costituire almeno, in senso figurato, la mia valvola di sfogo permanente per le mie divagazioni prevalentemente musicali (inizialmente speravo anche, da ingenuo qual sono, che servisse anche a farmi conoscere nell'ambiente musicale, ma tant'è!), ma purtroppo l'infortunio uditivo del 9 marzo scorso si è rivelato irreversibile, mettendo perciò seriamente in forse la prosecuzione di tutto ciò. Cerco di consolarmi pensando che almeno, per il momento, potrò continuare a leggere i libri e le riviste specializzate, è senz'altro meglio di niente, pur tuttavia la mancanza del contatto uditivo con la materia del mio interesse, mi fa sentire più che mai solo e disperato come un drogato in crisi di astinenza. Circa 48 anni d'intensa passione cancellati nel volgere di pochi secondi, per un'assurda fatalità, non bastassero i problemi insormontabili che uno già si ritrova! Quel qualcosa che rappresentava anche il mio sostegno estremo nei momenti più neri, adesso tace, forse per sempre, le mie giornate ed in particolare le mie serate si sono fatte insopportabilmente più vuote e faticose, ritrovandomi più che mai solo ed incompreso. Può essere che riesca ancora a trovare per qualche tempo, degli argomenti sufficientemente validi per proseguire in questo blog ancora un altro pochino, ma mi ci vorrà poco ad arrivare a raschiare il fondo del barile. Se almeno mi arrivasse qualche suggerimento utile dalla rete, ma probabilmente pretendo troppo. Le uniche parole di comprensione mi sono arrivate da una musicista ungherese trapiantata in America, attraverso Google+, magra consolazione! Anche la mia già non esaltante quotidianità ne ha drasticamente risentito. Saltuariamente provo a riascoltare la radio, ho cercato pure di ascoltare musica elettronica rilassante su Youtube, ma non serve ad alcunchè. Già sono in cura per la depressione ed ovviamente l'unica prospettiva che ho, è quella di stordirmi di calmanti, che per il momento, cerco assolutamente di evitare come la peste. Sono diventato anch'io, mio malgrado, un fantasma triste e solitario che parla da solo, come tante, troppe persone, qui a Bologna. Ho letto di recente che anche il pianista austriaco Alfred Brendel soffre di un disturbo uditivo che gli impedisce di riascoltare le sue incisioni, ma se penso che ha già 84 anni, ovvero 31 più del sottoscritto, con almeno 60 anni all'attivo di onorata carriera (e che, se almeno la vista lo sorregge ancora, la musica può proseguire a leggersela sulle partiture), è ovvio che non mi consolo affatto, anzi lo sconforto prende ancora più il sopravvento. Mi viene in mente anche il direttore d'orchestra Sir Edward Downes, il quale sentendosi condannato sia alla sordità che alla cecità, terminò i suoi giorni, assieme alla moglie, ex ballerina ed ex conduttrice di un programma televisivo sulla danza in onda alla BBC, anch'essa minata da un cancro allo stomaco in fase terminale, facendosi portare dai figli, in una cosiddetta "clinica della dolce morte" in Svizzera. Possibile che sia Brendel che Downes, non si siano rivolti prima ai migliori specialisti sulla piazza mondiale, visto che senz'altro a loro le possibilità, soprattutto economiche, non mancavano di certo? Aggiungiamoci pure i consueti menagramo che mi dicono di sbarazzarmi di tutto quanto ho messo insieme all'insegna di questa mia passione, nel corso degli anni (ovviamente ai loro occhi, io sarei una sorta di deviato), tutto nella norma ovviamente! Singolare, comunque, il fatto che in questi giorni, per me più che mai tristi e bui, abbia scoperto casualmente, frequentando per forza di cose, la parrocchia ove svolgo le mie modestissime mansioni di "aiutante generico" il canto religioso utilizzato da Ottorino Respighi nel secondo quadro, "Il Giubileo", del suo poema sinfonico "Feste Romane"; figura al n.22 del libro dei canti liturgici della Parrocchia di S. Maria e S. Valentino della Grada di Bologna e s'intitola "Cristo risusciti" (R. Cristo risusciti in tutti i cuori, / Cristo si celebri, Cristo si adori. / Gloria al Signor! - 1. Cantate o popoli del regno umano, / Cristo sovrano, Gloria al Signor! - 2. Noi risorgiamo in Te, Dio Salvatore, / Cristo Signore, Gloria al Signor! - 3. Tutti lo acclamano, angeli e santi, / tutti i redenti. Gloria al Signor! - 4. Egli sarà con noi nel grande giorno / al suo ritorno. Gloria al Signor! - 5. Cristo nei secoli! Cristo è la storia! / Cristo è la gloria! Gloria al Signor!). Mi ricordo anche, a tal proposito, che quando, tempo addietro, feci ascoltare i "Pini di Roma", sempre di Respighi, al mio responsabile, questi, durante il secondo quadro, "I pini presso una catacomba", riconobbe anche in questo caso, l'utilizzo di un canto religioso, spero prima o poi di scoprirlo (per la serie "il lupo perde il pelo - in questo caso l'udito! - ma non il vizio"!). Inoltre, mi pregio di fare, alla buona, una piccola segnalazione libraria di un titolo edito il mese scorso e che, per qualche ora, ha alleviato le mie pene, riuscendo persino a strapparmi qualche franca risata qua e là; trattasi de "L'Affare Vivaldi" di Federico Maria Sardelli, sì, proprio lui, il noto "barocchista", oltrechè vignettista ed autore satirico del noto mensile in vernacolo livornese "Il Vernacoliere". Trattasi di un vero e proprio romanzo, dove in realtà, come fa ben comprendere l'autore, di "romanzato" c'è assai poco, essendo in gran parte gli eventi descrittivi tragicomicamente veri, imperniato sulle vicissitudini, spesso talmente assurde ed inverosimili da sembrare inventate di sana pianta, dei manoscritti vivaldiani, con un arco temporale che parte dalla morte del compositore ed arriva fino alle soglie del secondo conflitto mondiale, ovvero in piena Italietta fascista, con una galleria di personaggi che, salvo alcune "eroiche" eccezioni, sono paradigmatiche di come la cultura, specie musicale, sia stata anche nel passato remoto, nel nostro "bel paese", svilita da umanoidi di una pochezza e di una meschineria agghiacciante. Un libro come ho detto, a tratti persino spassosissimo, dove in più punti emerge la vena corrosiva e satirica del suo autore, che si legge tutto d'un fiato, nonostante i salti temporali, anche talvolta all'interno dei singoli capitoli, non sempre agevoli da seguire, oltrechè ad alcune farraginosità e prolissità su certi dettagli secondari, che comunque non inficiano più di tanto l'avvincente lettura di questo libro per parecchi versi autenticamente sorprendente, anche perchè gli invero pochi difetti, sono ampiamente riscattati da una narrazione tesa, avvincente, vivace, pungente, malgrado determinate prese di posizione dell'autore, nei confronti di alcuni personaggi della vicenda, un poco estreme e discutibili (in questo libro mi sembra, per esempio, che Alfredo Casella, musicista di caratura internazionale, ci faccia la figura di un provinciale ed opportunista leccapiedi di regime, la qual cosa mi sembra ingiusta, rammento che sua moglie, ovvero la sua migliore allieva del suo corso di composizione - analogamente a quella di Respighi! -, era un'ebrea francese - e difatti il compositore, durante l'occupazione nazista di Roma, si premurò che le sue origini non fossero note ad alcuno, nel timore che venisse prelevata dalla Gestapo - , così come il fatto che, in gioventù, si fosse adoperato per la diffusione della musica di Gustav Mahler, altro ebreo - sua è una trascrizione per pianoforte a 4 mani, della 7^ sinfonia mahleriana; aggiungo che la 2^ sinfonia di Casella risente in maniera evidente dell'influsso della 2^ sinfonia mahleriana -, inoltre, assieme agli altri "colleghi" della "Generazione dell'80" - Pizzetti, Malipiero, Respighi - , contribuì comunque alla rivisitazione ed al recupero della passata civiltà strumentale nostrana, come testimoniato anche dalla sua "Scarlattiana", per pianoforte e piccola orchestra, a riprova che la realtà non è mai tutta bianca o tutta nera). Forse però, il correttore di bozze, avrebbe dovuto essere un poco più attento, poichè ad un certo punto del romanzo, si dice di un personaggio che ha "un sorriso a 52 denti" (avrò avuto le traveggole?)! Ohibò, ed io, ignorante, che credevo che fossero 32! Svista od iperbole dell'autore? In ogni caso, considerando che, come romanziere, ci troviamo di fronte praticamente ad un esordiente, i miei complimenti! Come si suol dire, proprio un esordio col botto! Se andiamo avanti così, non c'è che da auspicare vivamente ulteriori prove del Sardelli scrittore! Un'autentica boccata d'ossigeno, in un panorama editoriale altrimenti deprimente ed asfittico, salvo naturalmente le eccezioni! Ignoro se sia già stato recensito su qualche rivista specializzata... - "L'Affare Vivaldi", di Federico Maria Sardelli; Sellerio Editore, Palermo; circa 300 pp.; 1^ edizione, marzo 2015; euro 14. -  

giovedì 16 aprile 2015

Bizzarra proposta pedagogica.

Sarà proprio per il fatto che, in seguito alle mie disavventure uditive, riguardo alla musica, mi sono trovato assai di più a leggerne ed a rifletterci sopra, piuttosto che ad ascoltarne, ma mi è venuta in mente una stramba idea che mi piacerebbe sottoporre soprattutto a coloro che la insegnano e la divulgano. Idea rivolta al coinvolgimento dei neofiti, cioè di coloro che per la prima volta si cerchi di avvicinare a questo mondo, che si tratti di bambini, di adolescenti o persino di adulti. Nulla di eclatante, nè tantomeno di rivoluzionario, trattasi proprio di una sciocchezzuola. Secondo me, nell'approccio iniziale all'ascolto musicale, anche da parte dei numerosi testi, compresi quelli di carattere più prettamente divulgativo, viene commesso non dico proprio un errore, poichè in certi casi può anche funzionare, ma si finisce col cadere in uno stereotipo. Nel senso che, come metodologia di base per avvicinare a questo ambito chi ne sia completamente a digiuno, nella scelta iniziale dei brani musicali, si cade regolarmente in quelli degli autori più arcinoti e che siano ritenuti i più orecchiabili, ovvero di più facile approccio, per poi passare successivamente, via via col tempo, a musiche più complesse ed ostiche. Potrebbe sembrare del tutto logico, sennonchè io vi ho da sempre intravvisto una falla in questo criterio, per me obsoleto, poichè invariabilmente i brani che vengono generalmente proposti nella fase iniziale, appartengono per lo più a musicisti del passato, quando non addirittura del passato remoto. Si finisce così col confermare l'idea che gli ignoranti si fanno riguardo a questo universo, ovvero il vieto luogo comune della musica classica come genere soporifero da vecchi bacucchi parrucconi, un qualcosa di morto, di museale, anzichè di vivo, attuale, palpitante come in realtà è, inevitabile se si fanno conoscere soltanto musiche di autori morti e defunti da secoli, che vengono quindi visti come dei reperti archeologici di un passato definitivamente tramontato. Perlomeno, secondo il mio modestissimo parere, questo è il grave rischio che si corre, percorrendo questa strada. Invece, partendo presuntuosissimamente dalla mia esperienza personale, vi dico molto semplicemente come l'ho approcciata io, questa materia. Quando ero un ragazzino, pur non disdegnando Beethoven, Brahms e compagnia bella, la musica che prediligevo, era massimamente quella del mio tempo, ovvero in gran parte composta da musicisti ancora viventi all'epoca o tutt'al più morti da poco tempo, perchè la sentivo più vicina all'epoca in cui mi sono trovato, più consona al mio modo di essere nella vita quotidiana, poi naturalmente, col passar degli anni, ho retrodatato cronologicamente sempre di più l'inizio, per così dire, dell'area di mio interesse, ovvero espandendola temporalmente. Quando sono nato io, Stravinski, Shostakovich, Kachaturian, Copland, Barber, Hanson, Bernstein, Gould, Sessions, Carter, Varèse, Pizzetti, i Malipiero (Gianfrancesco e Riccardo, zio e nipote), Dallapiccola, Castelnuovo-Tedesco, Menotti, Rota, Berio, Nono, Maderna, Castiglioni, Donatoni, Stockhausen, Henze, Orff, Hindemith, Milhaud, Jolivet, Ligeti, Lutoslavski, Penderecki, Rodrigo, Walton, Britten, Tippett, Poulenc, Xenakis, Theodorakis, ecc., erano ancora viventi ed operanti, Sibelius, Villa-Lobos, Vaughan-Williams, Martinu, erano morti da poco, Ives, Schoenberg e Prokofiev erano defunti da circa 2 lustri, più o meno (questo per dare un quadro naturalmente sintetico ed approssimativo del panorama musicale del periodo in cui nacqui). Già avevo qualche problema con Debussy, Ravel, De Falla, più lontani temporalmente, che ho imparato ad apprezzare successivamente. Bach, Vivaldi, Mozart e similari, non li sopportavo affatto, ed anche in questo caso ho mutato opinione in seguito. L'opera lirica, ovvero il melodramma ottocentesco, per carità, anatema! Al massimo salvavo Wagner, ed in misura minore, l' "Otello" di Verdi, poi, col tempo, anche queste cose sono maturate in me. Anche Mahler, inizialmente lo detestavo! Voglio banalmente dire con questi esempi, forzatamente parziali e semplicistici, che per arrivare ad apprezzare anche la musica del passato, sono sostanzialmente partito da quella del (mio) presente, anzichè far l'incontrario, come più usuale. Inoltre, essendo la questione della presunta orecchiabilità del tal brano o del talaltro, assai soggettiva, stante il fatto che già è un'impresa al limite dell'impossibile, quella di stuzzicare in tal senso l'attenzione delle attuali atrofizzate, ipervitaminizzate, viziatissime generazioni odierne, proprio per questo bisognerebbe cercare di fargli sentire il tutto come qualcosa di vivo e di attuale, per nulla avulso dal contesto moderno, sfatando al contempo quel luogo comune che riduce l'arte e quindi anche la musica contemporanea, ad una sorta di orrido spauracchio dal quale starsene più che mai alla larga! O peggio ancora, che i giovani continuino a credere che la contemporaneità in ambito colto, si "riduca" ad Allevi ed Einaudi, se va bene! Magari questa mia 'idea' di divulgazione sarà velleitariamente campata in aria, frutto dei deliri di un ormai ex musicofobo/audiofobo allo sbando, che sta cercando disperatamente di sparare le pochissime cartucce (ovvero cavolate) rimastegli, prima di andarsene definitivamente in malora, ma se per caso qualcheduno la trovasse degna di una qualche considerazione, ecco allora una lista di possibili suggerimenti d'ascolto, buttata lì alla buona, in ordine sparso, alla spicciolata: - John Adams: Short ride in a fast machine, per orchestra; - Frederick Rzewski: Variazioni su un canto popolare cileno, per pianoforte; - Esa Pekka-Salonen: L.A. Variations, per orchestra; - Steve Reich: Different trains, per quartetto d'archi e nastro magnetico; - Thomas Adés: Asyla, per orchestra; - Niccolò Castiglioni: Inverno In-ver, per piccola orchestra; - Luciano Berio: 4 versioni sovrapposte e trascritte de "La ritirata notturna di Madrid" di Boccherini, per orchestra; - Malcolm Arnold: Tam O'Shanter, ouverture da concerto per orchestra; - Aaron Copland: Danzon Cubano, per orchestra; El salon Mexico, per orchestra; An outdoor overture, per orchestra; Dance symphony, per orchestra; Fanfare for the common man, per ottoni e percussioni; - Joan Tower: Fanfare for an uncommon woman, per orchestra (ironico e notevolissimo contraltare alla Fanfare di Copland, da parte di una compositrice americana vivente); - Jennifer Higdon: City Scape, per orchestra; - Leonard Bernstein: Prelude, fugue and riffs, per pianoforte, fiati e percussioni; "West Side Story", danze sinfoniche per orch.; "Candide", ouverture; - Elliot Carter: An holiday overture, per orchestra; - Samuel Barber: Concerto per violino ed orchestra; - Roger Sessions: The black maskers, suite dal balletto; - Albert Roussel: Bacchus et Ariane, suite n.2 dal balletto; - Oscar Lorenzo Fernandez: Batuque, per orchestra; - Alberto Ginastera: Estancias, suite dal balletto; Panambi, suite dal balletto; - Howard Hanson: Marcia per i Corpi di Marina, per fiati e percussioni; - Ottorino Respighi: Belkis regina di Saba, suite dal balletto; - Morton Gould: Latin-american symphoniette, per orchestra; - Darius Milhaud: La création du monde, per complesso strumentale; Saudade do Brasil, per orchestra; - André Jolivet: Arioso barocco, per tromba ed organo; - Heitor Villa-Lobos: le 9 "Bachianas brasileiras", per varie combinazioni strumentali; - Arturo Marquéz: Danzon n.2, per orchestra; - John Anthill: "Corroboree", balletto; A comeback overture, per orchestra; - Enjohuani Rautavaara: Cantus Articus, per orchestra con nastro magnetico; - George Gershwin: A cuban overture, per orchestra; Catfish Row, suite sinfonica dall'opera "Porgy and Bess"; - Arvo Paert: Cantus in memoriam Benjamin Britten, per archi e campana; - Alan Hovhaness: "Mysterious Mountain", sinfonia n.2, per orchestra; - Dimitri Shostakovich: Ouverture festiva, per orch.; - James Mac Millan: The confessions of Isobel Gowdie, per orchestra; - Nota a margine: questa lista, ovviamente parziale, lacunosa, soggettiva e con preponderanza di '900 storico rispetto alla contemporaneità, dovuta alla non più verde età dello scrivente e basata unicamente sulla memoria del medesimo, in quanto attualmente per suo malgrado impossibilitato ad ulteriori ascolti, è da intendersi come puramente indicativa, pur essendo mirante a fornire ai neofiti un quadro della musica colta, assai più tonico, vario, energetico, grintoso e vitale di quanto comunemente si pensi. In tal senso, solo per fare il primo esempio che mi viene in mente, a mò d'ipotetico ulteriore suggerimento, i compositori sudamericani, dal '900 storico sino alla contemporaneità, rappresentano un'autentica, apparentemente inesauribile miniera d'oro (e difatti ne ho dato qualche esempio nel mio elenco), pur senza voler minimamente sminuire in questo senso altre aree del globo, come i paesi scandinavi (vero e proprio "ghiaccio bollente"), anglosassoni, dell'est europeo e dell'estremo oriente. Da tener presente il fatto che, avendola pensata per ipotetici neofiti, questa lista comprende prevalentemente brani brevi (ed in ogni caso non certo di lunghezza wagneriana), per intuibili ragioni. Di alcuni dei brani elencati in questa lista della lavandaia, ne ho anche già parlato in alcuni miei remoti scritti in questa sede, a questo punto, direi che può bastare, spero solo che il senso di questo mio modestissimo scritto sia chiaro ad eventuali lettori. Non ho comunque la pretesa di aver detto alcunchè di originale, magari qualcun'altro ci avrà pensato senza dubbio prima di me, in ogni caso questo è quanto. 

giovedì 2 aprile 2015

Strani scherzi dell'ipoacusia?

Questa notte, pur funestata da acufeni, o meglio, verso il mattino, ho fatto un breve sogno buffo. Mi trovavo in uno strano posto non identificabile, quando, ad un certo punto, sento perfettamente una bella musica per pianoforte, a me completamente sconosciuta. Cerco di individuarne il suonatore e m'imbatto in un individuo abbastanza giovane, trentacinquenne direi, che mi dice di essere il compositore John Adams (in realtà per nulla somigliante al vero Adams, ovviamente!), che mi fa cenno di sedermi accanto a lui. Io, emozionato, comincio a parlargli in inglese (o meglio, ci provo), al che lui mi fa capire con un cenno, che possiamo proseguire la conversazione anche in italiano (!!!!), aggiungendo di essere di passaggio qui a Bologna (????), luogo dove capita spesso e volentieri (ohibò!), pazzesco! A questo punto, sempre più emozionato, decido di vestire i panni del "bravo intervistatore", facendogli una serie di domande, chiedendogli tra le altre cose, in che rapporto si metteva con il pubblico e se, ed in quale misura, tutto questo influiva nella stesura di un nuovo lavoro (al che, dopo qualche discorso iniziale un poco vago, mi rispondeva, con una certa enfasi, che tutto ciò non influiva minimamente sul suo stile compositivo), inoltre quali fossero i rapporti di fiducia che aveva con i suoi interpreti "più affezionati", cantanti e direttori d'orchestra, in particolare. Durante questa stramba intervista improvvisata, nella quale, ad un certo punto, gli snocciolavo pure i titoli dei suoi lavori operistici che conoscevo, il singolare personaggio alternava continuamente espansività a ritrosia, la qual cosa mi metteva a volte a disagio. Questo sogno balordo si è interrotto nel preciso istante in cui gli domandavo se avesse già preso dimora (gulp!) qui a Bologna, visto l'apprezzamento manifestato nei confronti di questa città (gasp!). A quel punto, nuovamente preda dei miei fastidiosi acufeni, mi sono risvegliato. Dopo qualche istante, odo il suono del campanello, mi alzo e vado a rispondere al citofono. No, naturalmente non si trattava affatto di John Adams di passaggio nel centro storico di Bologna, ma dell'ennesimo seccatore di primo mattino, tutto nella norma! Se non altro, sono ancora in grado di percepire il suono del campanello (non quello di Donizetti), meglio di niente! Evidentemente il sogno che avevo fatto, è stato un semplice sfogo del mio animo abbacchiato, anche se un tantinello delirante, direi. Ridicolo il solo pensare che John Adams, il maggior compositore statunitense vivente, si trovi a transitare in questi paraggi, degnandomi oltretutto di una certa attenzione (e parlandomi in un perfetto italiano!), bah, roba da chiodi, ma veramente! Lasciamo perdere, certo è che, ripensando a quella che definirei una sorta di "sordità assordante", nel senso che percepisco tutto talmente forte e distorto da non capirci un cavolo, ovvero questa dannata ipoacusia che mi attanaglia da un pò (precisamente dal 9 marzo, giorno per me decisamente nefasto), mi viene comunque da riflettere per l'ennesima volta, sul fatto che, se fossi nato in una nazione dove l'istruzione musicale, almeno in passato, avesse fatto parte integrante del programma scolastico obbligatorio e/o se avessi almeno alle spalle dei completi studi musicali in conservatorio, mi sentirei senz'altro assai meno vulnerabile in un simile frangente, poichè, nella peggiore delle ipotesi, non potendo più ascoltarne e quindi conoscerne anche dell'altra, di musica, perlomeno potrei pensare di leggerla sulle partiture, almeno finchè mi reggesse la vista. Ed invece, essendo sfortunatamente venuto al mondo in una nazione balordissima, dove la musica conta meno del 2 di picche, questo me lo posso soltanto sognare. In questi giorni, in attesa della visita specialistica d'urgenza passatami dalla mutua, alia (dis)se(r)vizio sanitario nazionale, previo pagamento del cosiddetto "ticket" (balzello), temendo che la faccenda si stia cronicizzando ed avendo da giorni sospeso, spero temporaneamente, qualsivoglia ascolto, lo strazio essendomi diventato eccessivo (persino il mio cosiddetto orecchio interiore mi sembra a volte preda di questa ipoacusia, anche se sarà soltanto suggestione), mi sto incessantemente chiedendo se ed in qual modo riuscirei a proseguirla questa passione, nel caso abbia conferma dei miei timori e più in generale, cosa sarà di me, del mio futuro, dei miei rapporti interpersonali, ecc. . Sono nato cent'anni dopo Claude-Achille Debussy, ho attualmente la stessa età che aveva Piotr Ilich Ciaikovski quando morì (singolare che questi 2 musicisti, totalmente differenti l'uno dall'altro, abbiano avuto una cosa in comune, l'essere stati i "protetti", sia pure in periodi differenti, di una "certa" Nadezda von Meck), le mie serate si sono fatte un poco più tristi e malinconiche, la musica, in passato, mi ha più volte salvato l'anima, come unica ancora di salvezza, quando mi sentivo solo, abbandonato, contro tutti; adesso, il non potervi più ricorrere, mi sta rendendo il tutto ancora più straziante, insopportabile, pur sforzandomi di tirare avanti in qualche maniera, non bastando pure i sogni balordi notturni! D'accordo, ci saranno cose assai più gravi, pur tuttavia questo contribuisce a farmi sentire ancora più isolato ed emarginato di quanto già non sia, tacendo della mia "fulgida" carriera di corista dilettante (si fa per dire!), stroncata anzitempo (ma và!). Andiamo avanti, in ogni caso, cercando di superare almeno l'imminente Pasqua, poi si vedrà... Il fatto che Bologna sia notoriamente una città rumorosa ed assordante, particolarmente durante l'estate, non facilita certo le cose, per quante precauzioni cerchi di prendere...