domenica 3 gennaio 2016

Al sottoscala di Milano.

A parte il consueto ed ineludibile contorno di abbienti e potenti fetenti, con relativa città blindata, a far da stantio e triste corollario all'inaugurazione della stagione scaligera, la cosa che ho trovato più ridicola, avendone seguito la diretta televisiva, è l'aver visto, durante il primo intervallo, accanto all'inviata televisiva, una sussiegosa ed acchittata babbiona stagionata ed ossigenata, in abito lungo nero, che inizialmente non avevo affatto riconosciuto. Ma appena l'inviata ne proferiva il nome, realizzavo, con mia grande sorpresa che, perdincibacco, trattavasi nientepopodimenoche della veneranda Patty Smith! Eh, sì, ma guarda un pò, proprio lei, l'ex rockstar provocante e trasgressiva dei bei tempi andati, la cara Patty "Bucatina" Smith, per dirla con il buon Nantas Salvalaggio (così la definì efficacemente, a suo tempo, sul settimanale "Oggi"), eccola riciclata e ricicciata, rilaccata e rileccata a mò di borghesemente ridicola ed attempata vestale del tempio della lirica, proprio costei che con l'opera ci sta decisamente come i cavoli a merenda, ma andiamo, orsù! Ma che gran figlia di una mondana! Come diceva quel proverbio: "Si nasce incendiari, si muore pompini, ops, lapsus freudiano, volevo dire pompieri, scusatemi tanto!"

Siamo sempre in 3, 3 somari e 3 briganti, sempre in 3...

Il Comunale di Bologna, ogni tanto prova a gonfiar le gote, ma così facendo ottiene soltanto di far risaltare ancora di più le proprie debolezze. E' inutile, i complessi del Comunale, a cominciare dall'orchestra, non sono straussiani proprio per niente! Me ne ero già accorto anni fa, durante la diretta radiofonica della "Salome" diretta da Nicola Luisotti, l'ho rilevato, se possibile, in misura anche maggiore, con l' "Elektra", trasmessa in diretta da Radiotresuite, domenica 15 novembre 2015 (turno Prima), alle ore 20. Tutti i limiti tecnici e virtuosistici dei complessi bolognesi, le debolezze, vengono spietatamente messi a nudo dalla complessa architettura della musica straussiana, non c'è proprio niente da fare, tutte le carenze di coesione, precisione, intonazione, emergono perentoriamente (ma avranno provato a sufficienza?), appena le cose, durante la trasmissione in diretta, sembravano finalmente prendere una piega migliore, ecco che mi sembrava di ascoltare nuovamente un insieme di ubriachi. Ma anche la direzione, di Lothar Zagrosek, mi è parsa troppo a senso unico, nel suo voler essere programmaticamente anti-wagneriana, almeno stando alle dichiarazioni del medesimo (in un lavoro che comunque dal wagnerismo parte, sia pure per giungere alle soglie di un espressionismo esasperato), eccessivamente avara di coloriti e sfumatore, a tratti anche efficace ma sovente troppo rigida e sbrigativa (dal minutaggio complessivo di circa 1 ora e 42', presumo che siano stati praticati anche i soliti tagli di tradizione), inoltre, pure il circoscritto intervento corale, non mi è parso particolarmente esaltante (inoltre, una direzione così chiaramente anti-edonistica, per reggere in maniera più convincente, abbisognerebbe di complessi assai più scaltriti tecnicamente e virtuosisticamente di quelli del Comunale. Ricordo che pure Daniel Harding, per la "Salome" alla Scala, tempo addietro, pur adottando una chiave di lettura non troppo dissimile, ovvero più scabra ed essenziale, quindi puntando meno del consueto sulla sfarzosità dello strumentale, risultò assai più convincente ed incisivo, anche in virtù della senz'altro superiore caratura tecnica della compagine scaligera, rispetto a quella felsinea). Però la lacuna più rilevante, secondo me, come e ancor più che nella "Salome" diretta da Luisotti, è costituita da una sgradevole sensazione di eccessiva magrezza e povertà di peso specifico nel suono strumentale, se non addirittura di gessosità. Per giunta, a giudicare dalla scarsa consistenza degli applausi, sia iniziali che finali, l'impressione uditiva che ne traevo, era quella di una sala semivuota. Conferma a tutto ciò, ne ho avuta qualche giorno dopo, parlando con l'organista della parrocchia in cui ancora presto servizio, il quale ha assistito (assieme alla sorella, che però si è dormita l'intera opera, sic!), da un palco, alla recita di giovedì 19, con inizio sempre alle ore 20 (turno b), rilevando un'orchestra un pò sottodimensionata, specie nella sezione degli archi e con una sola arpa, il che spiegherebbe, almeno in gran parte, la sensazione di scarso peso specifico della sonorità complessiva, inoltre anche lui mi ha riferito che, pure quel giovedì, la sala era semivuota (ulteriore conferma riguardo a quest'ultima cosa, l'ho avuta anche leggendo la relativa recensione, scritta da quel 'merlo' compiacente, sul numero di dicembre del mensile "l'opera"). Riguardo alla questione del trovarsi con la sala semivuota in casi del genere, ambedue convenivamo sul fatto che, tutt'ora, il pubblico dei melomani, sia ancora troppo condizionato dal gusto melodrammatico ottocentesco nostrano, a riprova della nostra arretratezza culturale. Ma tornando alla questione riguardo all'organico orchestrale sottodimensionato di quest'allestimento,, sempre secondo l'organista della parrocchia ove opero, ciò sarebbe dovuto alla buca troppo piccola del teatro. Sempre secondo lui, la cosa si sarebbe potuta ovviare aprendola, anche a costo di rinunciare alle prime file della platea (certamente lo strumentale sottodimensionato, in aggiunta ai tagli di tradizione, ha senz'altro facilitato il compito ai cantanti, che difatti se la sono cavata onorevolmente). Pure lui conveniva sul fatto che lavori di questo genere, siano fuori portata, rispetto alle capacità effettive delle masse e dei mezzi del Comunale (secondo me, se proprio volevano inserire un'opera di Richard Strauss nel cartellone, avrebbero fatto meglio a puntare all' "Ariadne auf Naxos", che richiede senz'altro un organico assai più limitato - nella versione definitiva, usualmente rappresentata, a piena orchestra solo nel prologo, dopodichè, nell'atto unico che segue, l'organico si riduce a 36 strumenti - e quindi più agevolmente contenibile nella ristretta buca del teatro). In effetti, come ho già dichiarato in precedenza, quando a luglio andai a vedere "Rapsodia satanica" con le musiche di Mascagni e l'orchestra in buca, anche in quel frangente notai un organico un poco sottodimensionato rispetto al dovuto. C'è da dire che, con "Elektra", Strauss sfrutta veramente al massimo la capienza della fossa orchestrale, adottando comunque pure lui qualche compromesso. Vediamolo nel dettaglio: l'orchestra sarebbe formata da almeno 111 musicisti, che però suonano un totale di più di 120 strumenti (fra le opere straussiane è senz'altro quella che richiede l'organico più ampio in assoluto, seguita da "Die frau ohne schatten", che richiede 107 strumentisti, un numero di esecutori comunque inferiore di quello richiesto da una composizione come "Eine Alpensinfonie", che ne vuole almeno 137). Il complesso strumentale dell' "Elektra", risulta così suddiviso: a) archi: 24 violini, suddivisi in 3 gruppi da 8 (violini I, II e III); 18 viole, anch'esse suddivise in 3 gruppi, ma da 6 (viole I, II e III), con la particolarità che le 6 viole del primo gruppo, in determinati passaggi, doppiano anche altrettanti violini, costituendo quindi un 4° gruppo che porta così a 30 il totale di questi ultimi; 12 violoncelli, suddivisi in 2 gruppi da 6 (violoncelli I e II); 8 contrabbassi; - gli strumenti ad arco, risultano così complessivamente 68 - b) legni: 3 flauti, 3 oboi, 1 oboe basso (heckelphone), 5 clarinetti, 1 clarinetto in mi bem., 2 clarinetti bassi (corni di bassetto), 3 fagotti, 1 controfagotto; - c) ottoni: 8 corni, di cui 4 suonano anche altrettante tube wagneriane; 6 trombe, 1 tromba bassa; 3 tromboni, 1 trombone basso; 1 tuba, 1 basso tuba; - il totale degli strumenti a fiato, fra legni ed ottoni, raggiunge quindi i 44 elementi - ; - d) percussioni: 2 batterie di timpani ed un insieme di altri strumenti a percussione che richiede 3 o 4 esecutori; - a tutto ciò si aggiungono 2 arpe ed 1 celesta. - Ribadisco ancora, come già dichiarato precedentemente, che i complessi del Comunale, hanno avuto forse il loro periodo migliore, quando alla guida come direttore stabile vi era un "certo" Riccardo Chailly, come comprovano anche le relative incisioni discografiche, successivamente, già con Daniele Gatti, la resa era divenuta assai più altalenante ed oggigiorno non direi proprio che il buon Michele Mariotti, attuale direttore stabile, più valido in alcuni autori (soprattutto Rossini), ed assai meno in altri, sia in grado veramente di rialzarne le sorti. / A riprova ulteriore del momento decisamente opaco che sta attraversando il Comunale, la stessa persona mi ha detto successivamente di aver assistito anche ad una recita de "L'elisir d'amore" di Gaetano Donizetti, precisamente a quella di venerdì 18 dicembre alle ore 20 (turno b), con la direzione di Stefano Ranzani. Anche in questo caso mi ha riferito di una sala semivuota. Premesso che non ne ho seguito la precedente diretta radiofonica, ed evitando perciò di esprimere un parere personale, mi ha parlato inoltre di un'edizione che sarebbe stata musicalmente non esaltante, con un'orchestra piuttosto pesante e dei cantanti acerbi. L'unica cosa che ha apprezzato è stata la regia teatrale, sia pure di taglio tipicamente modernizzato, come prassi usuale, ma qui bisognerebbe fare un bel discorso a parte, riguardo alla benedetta ed annosa questione delle regie nel teatro lirico ed all'eccessivo strapotere dei registi, cosa che mi riprometto di riaffrontare, una volta o l'altra...