L'undicesima sinfonia di Shostakovich ha una caratteristica che la differenzia da tutte le altre sinfonie del compositore: quella, come si diceva in precedenza, di essere interamente basata su canti rivoluzionari, utilizzati non come pura citazione, ma costituenti essi stessi l'impalcatura, l'ossatura su cui è innervata l'intera composizione. C'è anche da tenere conto che, durante il periodo di composizione, si verificarono eventi tragici in Ungheria, ossia l'invasione del paese da parte dell'esercito russo nel 1956, con i conseguenti moti popolari di ribellione prontamente repressi nel sangue, dei quali furono testimoni in prima persona il padre e lo zio di Shostakovich, che amareggiarono profondamente il musicista, convinto comunista deluso però dalle derive staliniste, che trovava disdicevole che proprio l'Unione Sovietica si comportasse da potenza imperialista. Tutto questo potrebbe avere influito sul carattere della composizione, anche se qui le opinioni divergono; secondo me, gli echi dei tragici fatti ungheresi sarebbero avvertibili soprattutto nel 4° tempo della sinfonia. Vi è comunque un sottotesto che farebbe un parallelo fra la Russia dello zar Nicola 2° e l'Unione Sovietica di Nikita Krushov, come regimi di intolleranza risultante quando un governo terrorizza un popolo ricorrendo alla forza come mezzo di coercizione. C'è da notare che, uno dei 9 canti rivoluzionari utilizzati nella sinfonia e segnatamente quello su cui è basato il 3° movimento, è il medesimo che era già stato utilizzato dal compositore inglese Benjamin Britten (ma anche precedentemente, assieme ad altri canti rivoluzionari, oltrechè alla "Marsigliese", nel 1926, da Edmund Meisel, nelle sue musiche scritte per il film "La corazzata Potemkin" di Eisenstein, risalente ad un anno prima, in occasione del suo lancio in terra germanica, su spinta dello stesso distributore tedesco), per una breve composizione per fiati e percussioni commissionatagli da una società corale socialista, intitolata Russian Funeral, penso probabilmente a insaputa dello stesso Shostakovich, visto che all'epoca, cioè negli anni '30, i 2 non si conoscevano ancora (per la cronaca, la 14° sinfonia di Shostakovich, del 1970, è dedicata proprio al compositore anglosassone). Di questo breve ma intenso brano di Britten, ne ricordo soltanto una incisione discografica degli anni '90, purtroppo fuori catalogo, con l'orchestra sinfonica della città di Birmingham diretta da Sir Simon Rattle, per la Emi Classics, in appendice a un cd comprendente anche la 4° sinfonia di Shostakovich. Ma, tornando alla composizione oggetto di questa breve disamina, c'è un'altra caratteristica che rende decisamente singolare l'undicesima sinfonia: l'essere questa, una musica che definirei decisamente cinematica, nel senso di evocare istintivamente nell'ascoltatore, un ipotetico immaginario di stampo cinematografico, pur non essendo pensata affatto per far da supporto alle sequenze di un film. Giustamente è stato rilevato che qui comunque Shostakovich fa un singolare esperimento, mettendo a frutto la sua consumata abilità di compositore di numerose colonne sonore cinematografiche oltrechè la sua abilità di pianista accompagnatore e improvvisatore durante la proiezione di film muti negli anni della sua giovinezza, ovvero riuscire a trovare un perfetto contraltare musicale agli espedienti tipici della tecnica cinematografica, cioè primi piani, sfondi, campi lunghi, campi ravvicinati, carrellate, zoommate, dissolvenze incrociate e quant'altro faccia parte della tecnica visiva caratteristica del cinema. L'esito di questo esperimento è da ritenersi assolutamente riuscito, da ciò risultando quello che, per l'appunto, definirei, il carattere singolarmente cinematico di questa musica. A riprova di ciò mi rammento di un episodio riguardante il mondo del cinema: per il film di Vittorio De Sica "I sequestrati di Altona", tratto dall'omonimo romanzo di Jean Paul Sartre, uscito nelle sale nel 1959, lo stesso regista, allora iscritto al partito comunista (dopo essere stato ai tempi del fascismo un tipico esponente del cosiddetto "cinema dei telefoni bianchi", beata incoerenza italiota!), aveva scelto come musica per la colonna sonora, proprio la sinfonia n.11 di Shostakovich, praticamente all'epoca ancora fresca di stampa. Senonchè, a causa di problemi di visto con l'Unione Sovietica, pareva che non si riuscisse a ottenere in tempo utile sia la partitura completa, sia gli spartiti relativi alle singole parti strumentali. Per cui fu deciso di commissionare in fretta e furia una partitura al direttore d'orchestra e compositore Franco Ferrara, che venne terminata a tempo di record. Ma quando tutto era già pronto per la registrazione di questa nuova musica, improvvisamente i problemi di visto con l'Unione Sovietica si risolsero, arrivarono sia la partitura che gli spartiti della sinfonia di Shostakovich, venendo quest'ultima alla fine registrata e inserita nel film, mentre la partitura di Ferrara finì con l'essere definitivamente accantonata. Come già menzionato, la sinfonia di Shostakovich fluisce, nella sua progressione, senza pause, iniziando dalla glaciale apertura del 1° movimento, "La piazza del palazzo", passando all'evocazione della rivolta e del suo tragico epilogo nel 2° movimento, "Il 9 gennaio", andando al tono funereo del 3° movimento, "Memoria eterna", fino ad arrivare al 4° movimento, "Allarme. Campane a martello (Tocsin)", dai toni epici e battaglieri, culminante in cataclismatici rintocchi di campane. Questo movimento finale è l'unico, secondo me, che potrebbe recare qualche eco emotiva dei tragici accadimenti in Ungheria. Ma questo brano merita, a mio avviso, un'ulteriore trattazione.
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