Disquizioni intorno alla musica colta, con particolare riferimento alla realtà contemporanea.
mercoledì 8 giugno 2011
I degenerati.
In giro per il mondo esiste un morbo sconosciuto e invisibile alla stragrande maggioranza delle persone, che però continua a mietere silenziosamente delle vittime; mi riferisco alla cosiddetta degenerazione audiofila, che produce sfracelli nelle menti delle persone che ne vengono intaccate, spesso con conseguenze irreversibili. Di questo orrido flagello ne scrisse già nel 1994, Stefano Rama, alla pagina 33(!) del suo bello e prezioso libro "I dischi dell'età dell'oro", edito nell'autunno del '94 dalle edizioni Voltaire, con prefazione di Bebo Moroni, precisamente al paragrafo 12 del 4° capitolo intitolato proprio "L'audiofilo degenerato" che mi permetto di riportare integralmente qui di seguito: "Quali i sintomi della malattia irreversibile, della Grande Degenerazione Audiofila o GDA? Qual'è l'audiofilo degenerato? Chiunque ha un grande impianto? No certamente. Chi cambia spessissimo le sue apparecchiature? Ci avviciniamo, ma non è detto: concediamogli l'attenuante di essere alla ricerca non ancora compiuta di un impianto fatto a misura dei propri gusti. Esiste insomma un segno, un indizio precoce di degenerazione audiofila, utile a fare un'autodiagnosi per chi si trova sull'orlo della voragine? Esiste, esiste. Definizione della malattia: è irreversibilmente degenerato - solo da un punto di vista audiofilo, ammettiamolo - colui che ha perso la capacità di ascoltare serenamente un disco intero. Alle prese col suo impianto, al momento di giudicarlo, il tipico audiofilo 'a rischio' si sente insicuro, alterna momenti di entusiasmo, di vera esaltazione - 'Bello bello bello' a momenti di delusione 'credevo che..', di scoramento 'è inutile. Non riuscirò mai a farlo suonare', di rabbia 'fra un minuto butto via tutto'. Piano piano la ripresa 'proviamo con un altro disco, forse chiarirà le idee'. Poi con un altro pezzetto di disco...... E' trapassato insensibilmente nella Piccola Degenerazione Audiofila o PDA. Ed ora, ora, s'innesta la grande infezione GDA. Sintomi: anche la grande malattia comincia insidiosamente con un piacevole-spiacevole sdoppiamento della capacità di attenzione musicale: '........ e mentre ascolto, vediamo di capire se tutto va bene, anzi che cosa è a non andare bene: le alte frequenze? La messa a fuoco? La profondità? O la dinamica? Che confusione. Voglio provare con quella traccia di quel disco... Non ce l'ho sottomano. E' lo stesso, finalmente capisco qualcosa. Perdo il mirinvengo, non mi raccapezzo più. Non riesco bene a tenere dietro a tutte le componenti che vorrei giudicare, naturalmente non posso permettermi di fare attenzione alla musica, ora, figuriamoci. Quella me la godrò dopo, con calma, quando avrò messo tutto a punto. Vedremo domani che cosa dice il mio amico. Tutto diverso? Forse ha ragione. E che cosa dice quel negoziante esperto? Che non capisco niente? Sarà lui a non capire niente di musica. Ed ora che finalmente so tutto, non posso, non voglio ammettere di essere ancora insicuro. Diverrò sicuro. Ora posso insegnare qualcosa ai negozianti, anche ai recensori delle riviste che non capiscono niente. Ora so tutto per davvero.' (Questo si chiama delirio di onnipotenza, è una turba psichica comune alla psicosi maniacale ed alle ultime fasi della GDA). Gli anni sono passati, le frenesie si sono attenuate. 'Ce l'ho fatta eh a non avere un vero e proprio disgusto per l'alta fedeltà - anche se posso capire i mei amici che hanno venduto tutto e si sono dati alla pesca con la lenza - ma certo sono diventato più saggio, più ponderato, è arrivato il momento di godermi finalmente quella musica in nome della quale ho tanto penato.' 'Perbacco, mi voglio mettere comodissimo con le gambe distese per sentire finalmente dopo anni un disco tutto intero. Ah ah, non mi riesce. Non mi riesce? Mi viene quasi da ridere. Sono un tipo buffo. M'interrompo per mille sciocchezze, una piccola regolazione del bilanciamento, ora uno spostamento della seggiola di circa 5 centimetri. Basta, ora! Mi devo obbligare ad arrivare in fondo al disco. La mia mente però divaga. Porca miseria, ora m'incazzo per davvero: se tengo fermo il culo sulla poltrona, è il cervello che mi scappa via. Che succede? Non m'interessa più la musica? Via, come è possibile?'. Ahimè caro audiofilo, sei degenerato. A te quei bei dischi non possono proprio piacere. Se è per questo, nessun disco ti può piacere, anche per il fatto che non sei mai arrivato alla fine di uno. Puoi guarire - al malato si deve sempre cercare di dire qualcosa di positivo - però devi avere l'onestà, il coraggio di ammettere la tua malattia. "Probabilmente non guarirà più: potremmo provare con l'elettroshock...", lo specialista audiofiliatra allarga le braccia davanti alla moglie e ai figli del paziente, in lacrime. CONCLUSIONI: I DISCHI POSSONO ESSERE APPREZZATI SOLO DAGLI AUDIOFILI SANI DI MENTE, NON DA QUELLI DEGENERATI." Un plauso va all'autore di questo bel libro, che non mi risulta che sia mai stato più ripubblicato, non solo per l'efficacia dell'esposizione, ma anche per l'impagabile ironia, cosa sempre più rara in un popolo di tetri soloni quale siamo da tempo immemorabile! Simile senso dell'umorismo costituisce una merce sempre più rara, ahimè, in un paese muffo, stantio, apatico, mortifero come il nostro, è proprio come una boccata d'aria fresca, in questa cappa asfissiante che attanaglia le nostre esistenze grige! Purtroppo quello che ha scritto allora, non solo è ancora validissimo, ma, nel caso della degenerazione audiofila, si producono ulteriori conseguenze. In effetti il concetto di alta fedeltà avrebbe dovuto avere non solo valenze commerciali, ma anche educative a un corretto ascolto della musica. E invece alla fine quest'ultimo obiettivo è stato sostanzialmente mancato sempre a causa dell'intrinseca stupidità del genere umano, aduso a rovinare e corrompere ogni cosa. Anzi, fra gli appassionati, sembra esserci uno iato incolmabile fra gli audiofili a oltranza e i musicomani sfegatati, quando, a rigor di logica, non vi dovrebbero essere questi compartimenti stagni. Non ci si dovrebbe mai dimenticare, molto banalmente, che il fine ultimo della riproduzione sonora (per non dire audiovisiva) è quello di consentire un ascolto adeguato della musica, che ha tutto da guadagnare da un impianto in grado di renderne con sufficiente attendibilità le sfumature e i contrasti dinamici alla base dell'espressività della medesima. Insomma dovrebbe essere naturale che un musicofilo avverta il desiderio di fruire in maniera adeguata l'oggetto della sua passione, così come un audiofilo dovrebbe sentirsi indotto anch'esso a esplorare a fondo l'universo musicale e a non considerare l'arte dei suoni come un mero pretesto per baloccarsi col suo feticcio stereofonico. In media stat virtus, ovviamente. Purtroppo non è così, avendo avuto modo di constatarlo personalmente in quanto musicofilo/audiofilo, ovvero con la passione per l'alta fedeltà indottami in primis dalla mia infatuazione per la musica. Se penso che, in quanto facente parte dell'attuale generazione di cinquantenni, da giovane squattrinato quale ero, come la stragrande maggioranza dei miei coetanei, riuscivo ad ascoltare la musica da apparecchiature semplicemente atroci, come la fonovaligia stereofonica portatile Europhon, pesantissima e ingombrantissima, o come le fantozziane radioline a transistor con custodia protettiva in similpelle, o anche il registratorino portatile a cassette Panasonic, che già quando in casa finalmente arrivarono la radio Grundig e il famigerato compattone di Selezione dal Readers Digest mi sembrava di toccare il cielo con un dito! Poichè all'epoca la vera alta fedeltà era veramente appannaggio di pochi invidiatissimi eletti, se penso a quanto invidiavo un mio compagno di scuola che possedeva un modestissimo coordinato Akai, composto da giradischi, amplificatore e casse, si era costretti ad ascoltare la beneamata musica con degli ordigni sonicamente atroci in una maniera inimmaginabile oggidì. Il che però ha avuto l'effetto positivo di sviluppare al massimo grado la mia capacità d'introspezione, giacchè veramente ti toccava di lavorare parecchio di fantasia, almeno per riuscire ad intuire una buona parte delle sfumature musicali da quel coacervo di muggiti, crepitii, rimbombi, miagolii e quant'altro producessero quei trogloditici arnesi di cui ci si doveva accontentare in simili frangenti. Al confronto, anche il più modesto apparecchietto di produzione attuale, risulta di livello decisamente stratosferico! Se penso che, persino quando collego le cuffiette al mio telefonino cellulare tutt'altro che costoso e sofisticato, per ascoltare la radio incorporatavi, la qualità della riproduzione sonora riesce a non farmi rimpiangere troppo quella del mio impianto domestico, si evince proprio che ne è passata veramente tanta di acqua sotto i ponti, se si tiene conto che un cellulare non è certo progettato coi criteri vigenti nel campo dell'alta fedeltà. Il progresso è riuscito a rendere sostanzialmente più abbordabile l'alta fedeltà, o quanto meno a garantire una riproduzione sonora più adeguata anche dalle apparecchiature più economiche, giacchè se vogliamo stare a pignolare, come testimonia la storia della riproduzione sonora, una qualità sonica elevata era già ottenibile almeno a partire dagli anni '50 del secolo trascorso, come testimoniano le famose registrazioni delle collane Rca/Living Stero, Mercury/Living Presence, così come da parecchie incisioni Decca, Deutsche Grammophon, Emi, di quel periodo, solo che nemmeno le migliori apparecchiature dell'epoca erano in grado di renderle come si deve. Andando ancora più indietro nel tempo, si pensi al famoso film d'animazione "Fantasia" di Walt Disney, per il quale era stato ideato, per la registrazione della colonna sonora, un sistema denominato "Fantasound" dall'effetto circolare e avvolgente, con un concetto che sembra precorrere gli attuali sistemi multicanali, soltanto che all'epoca, persino negli Stati Uniti, erano pochissime le sale cinematografiche attrezzate come si deve. (Continua....)
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