Intorno ai primissimi anni '70, un ragazzino abitante in una cittadina nei pressi di Bologna, appassionato di musica, un giorno, ascoltando alla radio l'ottetto per fiati di Igor Stravinski, rimane folgorato sulla via Damasco, decidendo all'istante di scrivere una letterina al sommo musicista in cui grosso modo dichiara: "Dopo avere ascoltato il suo ottetto alla radio, io credo che lei sia veramente il più grande compositore vivente, ecc. ecc. ...", indirizzando il tutto a: Igor Stravinski - Hotel Danieli - Venezia e spedendola il giorno successivo. Il bello è che, non solo questa lettera giunge a destinazione, ma il sommo artista si degna persino di inviare una breve lettera di risposta al fanciullo, invitandolo esplicitamente a fargli visita presso l'albergo. Al che, il ragazzino, sventolando trionfante la lettera di Stravinski sotto il naso del padre, chiede a quest'ultimo il permesso di intraprendere il viaggio verso Venezia. Purtroppo per lui, essendo che per il padre il massimo della modernità ammissibile in musica, veniva rappresentato da Ermanno Wolf-Ferrari, suonandogli perciò il nome stesso di Stravinski come anatema, si vide opporre dal genitore, un fermo diniego. Ma l'indomito soggetto non se la dà per inteso, dimodochè alla prima occasione, anzichè recarsi a scuola, prende l'autobus che lo porta alla Stazione ferroviaria di Bologna Centrale, deciso ad incontrare finalmente il suo idolo. Senonchè, una volta fatto il suo ingresso nell'atrio principale, si arresta di botto, poichè gli cade l'occhio sulle locandine dei giornali nei paraggi dell'edicola, che 'strillavano' l'appena avvenuta dipartita del grande compositore. A quel punto al fanciullino non rimane che ritornarsene mestamente a casa, con l'unica consolazione di essere riuscito a possedere una lettera autografa del musicista. Col passare degli anni, lui e la sua famiglia faranno diversi traslochi, cambiando sovente località, nel frattempo la famosa lettera finendo dentro a un grosso baule che, una volta trasferitisi in quel di Genova, viene collocato in cantina. Caratteristica nefasta delle cantine essendo quella di alluvionarsi facilmente, cosa che naturalmente succede anche in questo caso, si può ben immaginare quale sia stato il destino finale di questa lettera. Lo stesso protagonista, ovviamente adulto, raccontò per filo e per segno, questa amena storiellina ai microfoni di Radiotre, anni addietro. / Il giovane Johan Sebastian Bach, ai tempi del suo servizio come musicista di cappella presso la cittadina di Arnstadt, essendo un grande ammiratore di Dietrich Buxtheude, chiese ed ottenne dai suoi datori di lavoro, un permesso di 2 settimane, per andare a incontrare a Lubecca, il suo idolo, che si esibiva all'organo nei cosiddetti "Sonnenkonzerte", facendosi letteralmente a piedi, gli oltre 400 chilometri separanti le 2 città. Una volta giunto al cospetto di Buxtheude, quest'ultimo, già vecchio e stanco, gli dichiarò che volentieri l'avrebbe preso sotto la sua ala protettrice, poichè da tempo voleva lasciare ad altri il suo incarico di organista, ma a patto che Bach accettasse una clausola imposta anche dalla stessa municipalità di Lubecca, ovvero sposare l'orripilante figlia di Buxtheude. Al che Bach, la cui devozione per Buxtheude non arrivava a tanto, si produsse letteralmente nella prima delle sue memorabili fughe, tornandosene ad Arnstadt, dove nel frattempo, essendo passati nel frattempo, la bellezza di 4 mesi dalla sua dipartita, era stato licenziato in tronco dai suoi datori di lavoro, esasperati dalle sue intemperanze. La stessa proposta, ovvero sposare la figlia di Buxtheude, era già stata fatta in precedenza con analogo risultato, anche a Georg Philipp Telemann, successivamente anche Georg Friedrich Haendel e Johan Matheson, declineranno l'offerta. Altro che la figlia di Fantozzi, costei doveva essere veramente un'autentico scherzo di natura, non risultandomi che il suo illustre genitore sia mai riuscito, anche in seguito, a trovare un malcapitato disposto a inghiottire questo rospo (testualmente parlando!). / A proposito di Haendel e Matheson, grandi amici, durante la prima rappresentazione della "Cleopatra" di quest'ultimo, che tra l'altro impersonava anche Antonio sul palcoscenico, era previsto che, una volta che questo personaggio usciva di scena, Matheson avrebbe preso il posto di Haendel, che guidava l'organico strumentale seduto al clavicembalo. Senonchè quest'ultimo, ricacciò via il collega, continuando imperterrito a sedere al cembalo fino al termine dell'opera. Ne seguì una lite furibonda fra i 2, dopo la rappresentazione, sfociante in una sfida a duello. Il giorno convenuto, i 2 contendenti, decisi a sbudellarsi a vicenda, iniziarono la tenzone con gran lena, ma a un certo punto, la spada di Matheson colpì uno dei bottoni metallici della giacca di Haendel, spezzandosi in 2 tronconi. A questo punto, i duellanti, dapprima interdetti, si bloccano di colpo, finendo poi con lo scoppiare in una fragorosa risata reciproca, che li porterà a una subitanea riappacificazione. / Il primo biografo ufficiale di Bach, Thomas Spitta, rintracciò un suo vecchio ex allievo di canto corale alla Thomasschule di Lipsia, chiedendogli quali fossero mai i metodi d'insegnamento del sommo maestro. Al che, questi rispose: "Prima noi cantavamo come cani, dopodichè ci riempiva di ceffoni!". Semplice ed efficace, no?
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