Del malevolo comportamento di coloro che definisco volgarmente ragionieri della musica, posso fornirvi un ulteriore esempio. La sera dell'11 luglio 2012, mi trovavo in piazza Verdi, sempre a Bologna, ad assistere a un concerto all'aperto con l'orchestra del Comunale. Avendo smarrito il programma originale, non ricordo chi fosse il direttore d'orchestra, se non sbaglio però, il breve concerto principiava con un'ouverture di Rossini, 'L'Italiana in Algeri', a cui seguiva un lavoro giovanile di Respighi, ossia il concerto in la min. per pianoforte e orchestra, mentre la conclusione veniva affidata alla quarta sinfonia 'L'Italiana' di Mendelssohn-Bartholdy. Il solista al pianoforte era un certo Almerindo d'Amato, che sinceramente, confesso la mia ignoranza, non avevo mai sentito nominare prima d'ora ed obiettivamente, dopo averlo ascoltato in loco, non me ne meraviglio affatto! Ho per fortuna rintracciato un foglietto, distribuito la sera stessa prima dell'inizio dello spettacolo, recante le note di commento di mano dello stesso pianista, inerenti il brano di Respighi, che veniva eseguito nuovamente a Bologna, per la prima volta, a poco più di 110 anni dalla sua prima esecuzione assoluta, avvenuta proprio a Bologna, l'8 giugno 1902. Il mese prima, ossia nel giugno del 2012, questo stesso brano, con altri interpreti, figurava nel programma di un concerto tenutosi in quel di Brescia. Dico questo per puntualizzare il fatto che, contrariamente a quanto si potrebbe supporre leggendo il foglietto summenzionato, la riscoperta di questo brano non si deve affatto ad Almerindo d'Amato, tanto più che già a metà degli anni '90 ne sono uscite ben 2 edizioni discografiche, una (quella in mio possesso) per la Naxos, col solista Konstantin Sherbakov accompagnato dall'orchestra filarmonica slovacca diretta da Howard Griffits, l'altra per la Chandos, col pianista Geoffrey Tozer e la BBC Philarmonic diretta da Sir Edward Downes. Ecco che il motivo principale di interesse della serata, veniva costituito dal brano di Respighi, in cui però a parte la piacevolezza dell'ascolto, erano ancora scarsamente presenti i tratti tipici personali del suo stile, mentre risultavano evidenti gli innumerevoli debiti stilistici, in primis quelli liztiani. Pur con questi limiti, in ogni caso il brano è in sè più che degno di riproposta, anche se per coloro che non conoscono l'autore ( e sono tantissimi anche qui a Bologna), non dà un'idea precisa della personalità dell'autore. Peccato poi che, quella sera, l'esecuzione proposta, fosse ben lungi dall'essere ottimale, soprattutto per demerito del pianista, che rivelava evidentissimi limiti virtuosistici. Questo forse spiegava in parte gli sfacciati aggiustamenti agogici che il suddetto vistosamente si concedeva nella prima parte, quella più lenta del brano, rischiando in più punti di sfilacciarne la struttura complessiva, cosa che mi ha confermato il riascolto del disco in mio possesso, una volta tornato a casa. Innanzitutto, la durata complessiva del brano, quella sera risultò di 30 minuti, contro i circa 20 del disco in mio possesso e i 22 dell'edizione Chandos, tant'è che mi era sorto il dubbio che al mio disco mancasse qualcosa. E invece no, una volta che l'ho riascoltato mi sono accorto che non mancava un bel niente, solo che nel concerto bolognese, avevano letteralmente stiracchiato la prima parte del brano, facendola durare all'incirca il doppio rispetto al disco, ossia 20 minuti anzichè 10, mentre nella seconda (quella più veloce) i tempi risultavano pressochè coincidenti, rimanendo contenuti in ambo i casi, nell'arco della decina di minuti. Ma guarda caso, operando in maniera così disinvolta, il minutaggio complessivo del lavoro di Respighi nel concerto bolognese (30 minuti), risultava pressochè coincidente con quello del brano seguente, ovvero la sinfonia di Mendelssohn (27 minuti), una casualità? Tanto il pubblico ignorante mica se n ne accorge! Anche all'estero il malvezzo dilaga: ricordo un concerto ascoltato alla radio, in cui il direttore Lorin Maazel faceva durare la sinfonia n.38 di Mozart e la sinfonia n.2 di Schumann, esattamente 36 minuti cadauna, semplicemente eseguendo tutti i ritornelli nella prima ed omettendone alcuni nella seconda. O tempora, o mores!
Nessun commento:
Posta un commento