Rileggendomi le note di commento del pianista Almerindo d'Amato inerenti il lavoro giovanile di Respighi, di cui ho parlato in precedenza, ritengo utile soffermarmi ancora. Contrariamente a quanto affermato dallo stesso nel suo commento, ho già rilevato il fatto che, questa composizione poco ci dica dell'autentica personalità del suo autore, a malapena ravvisabile in certi tratti orchestrali e molto ci dica dei suoi iniziali influssi, quello liztiano essendo il più evidente. Non sono per niente d'accordo quando d'Amato afferma testualmente: "Con una fisionomia propria, marcata e del tutto originale, l'opera appare in naturale sintonia con il ricco strumentalismo rachmaninoviano ed il sinuoso lirismo pucciniano." Potrei essere in accordo tutt'al più riguardo all'influenza di Rachmaninov, avvertibile qui e là, così come si possono trovare labili tracce di influenze scriabiniane e chopiniane, ma sinceramente il sinuoso lirismo pucciniano non l'ho proprio avvertito. Nelle note di commento del disco in mio possesso si accenna anche a Grieg e Schumann, ma questo credo si debba soprattutto al fatto che la tonalità d'impianto del lavoro di Respighi, 'La minore', è la stessa dei 2 analoghi lavori dei summenzionati compositori. Sull'originalità della struttura che, sempre secondo d'Amato sarebbe in: "11 cambi di tempo inglobati in 3 parti fondamentali: 1) un fantasioso Allegro moderato, ... , introdotto in modo originale ed anticonformistico da una spericolata cadenza pianistica; 2) un ... Adagio molto, ......... 3) un ... Presto, includente un ...... Andante ......... ecc. ecc." avrei per l'appunto qualcosa da obiettare, in quanto all'ascolto la sua struttura complessiva non risulta dissimile dagli analoghi lavori liztiani, che pur con diversi cambi d'agogica al loro interno, sono sostanzialmente concepiti come un blocco unico, intervallato al massimo da brevissime pause. Anche Rimski-Korsakov, da cui il giovane Respighi prese lezioni d'orchestrazione, compose un lavoro similare, anch'esso di chiara ascendenza liztiana. Nel caso della composizione di Respighi, prendendo per buona la suddivisione suggerita da d'Amato, l'allegro moderato e l'adagio molto si susseguono senza soluzione di continuità e solo una brevissima pausa precede l'avvio del presto-andante conclusivo. Insomma, qui sostanzialmente Respighi ci fa la figura di un buon epigono e nulla più, pur riconoscendo l'estrema piacevolezza di questa musica, per cui se si fosse fermato a questi livelli, non penso che il suo nome sarebbe assurto a rilevanza internazionale, assicurandogli un posto d'onore nell'ambito della storia della musica, se il suo linguaggio non avesse poi assunto quelle caratteristiche personali che ne tratteggiano l'unicità. Tra l'altro anche il suo contemporaneo Ildebrando Pizzetti, scrisse successivamente un suo concerto per pianoforte e orchestra, classicamente strutturato in 3 movimenti separati, dove i tratti liztiani sono meno preponderanti, per contro quelli personali più evidenti, un lavoro più esteso e di livello superiore del giovanile concerto respighiano, purtroppo immeritatamente pochissimo conosciuto anch'esso. Trattasi dei "Canti dell'alta stagione", per pianoforte e orchestra, di cui per fortuna ne esistono almeno 4 edizioni discografiche. Tornando al lavoro di Respighi, nelle sue note d'Amato indica una durata complessiva di 27 minuti circa, contro i 20-22 delle 2 edizioni discografiche attualmente reperibili e i circa 30 da me rilevati proprio quella fatidica sera dell'11 luglio 2012. Oltretutto proprio quell'arbitrario allargamento di tempi operato nella suddetta esecuzione, oltre a sfilacciare l'architettura complessiva del brano, ne faceva avvertire assai poco i tanti mutamenti di agogica rilevati dallo stesso d'Amato nelle sue note di commento, non rendendogli alla fine adeguata giustizia. Ma guarda caso, a esso seguiva l'Italiana di Mendelssohn, che finiva così per avere, pressappoco, lo stesso minutaggio del brano di Respighi. Magari sarò anche pedante e poi aggiungiamoci gli evidenti limiti tecnici e virtuosistici del solista, più volte in affanno nel corso dell'esecuzione, ma non direi proprio che Bologna renda adeguato merito al suo illustre concittadino. E' anche vero che, conoscendo altri lavori per pianoforte e orchestra di Respighi di epoca più tarda, direi che questi non assurgano mai però agli stessi livelli di originalità toccati nei suoi lavori per violino e orchestra, strumento quest'ultimo di cui, guarda caso, il musicista era virtuoso provetto.
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