mercoledì 8 maggio 2013

Pillole (ma non di saggezza, purtroppo per me!).

Altrochè se gli anni passano, esternamente puoi anche dimostrarne di meno, ma ciò non toglie che la faccenda abbia le sue conseguenze inesorabili e inevitabili. Me ne sono per l'ennesima volta reso conto l'altra sera, quando ogni volta che dovevo posizionare la puntina all'inizio della facciata del disco, mi ci voleva una buona mezz'ora per trovare la posizione giusta e sì che il mio giradischi è dotato di lampada periscopica, così come lo stabilizzatore dinamico della mia testina reca incisa una tacca per il posizionamento della puntina. Ma quando, col passare del tempo, ti si acuiscono i problemi di vista, tipo miopia, astigmatismo, congiuntivite cronica con inizio di cataratta, tanto per non farsi mancare alcunchè, che già ti creano difficoltà anche solo nel poggiare il disco sul piatto, ecco che ringrazi il cielo che sia stato inventato anche il cd, con la sua maggiore comodità operativa. Il giradischi, insomma, è un oggetto per audiofili in perfetta salute, il chè col passare degli anni diventa sempre più difficile. In linea teorica la presenza di eventuali automatismi, potrebbe attenuare il problema, senonchè questi ultimi, per mia esperienza, oltre a degradare sensibilmente il suono, non sono mai del tutto precisi ed affidabili, per cui è comunque giocoforza, nel trascorrere dell'esistenza, ricorrere sempre più alla comodità operativa del dischetto digitale, tantopiù che il suo complessivamente maggiore minutaggio totale, consente di salvaguardare maggiormente la continuità musicale delle composizioni più estese, soprattutto nelle sue evoluzioni tecnologiche da cd a dvd e a bd. Questi sono aspetti non secondari da tenere in considerazione nell'eterna diatriba fra supporti analogici e digitali. Questi ultimi mi sembra anche che 'digeriscano' meglio anche le composizioni per organici vastissimi, mentre mi sembra che, a volte l'analogico manifesti, in questi casi, dei limiti di 'contenimento fisico'. / Le cosiddette stampe speciali su vinile vergine, se vogliamo dirla tutta, celano in sè una mistificazione, poichè in realtà dovrebbero rappresentare la norma per tutte le stampe commerciali. Il fatto è che così operando, si trova il sistema per giustificarne il prezzo più elevato in commercio. I primi dischi microsolco in vinile, introdotti nel 1948 dalla Columbia/CBS in America, avevano un peso di 180 grammi, equivalente alla metà del peso, 360 grammi, dei coevi 78 giri, quindi quello inizialmente era il peso corrente delle stampe dell'epoca. Il concetto di stampa speciale è stato introdotto, mano a mano che, col passare del tempo, le case discografiche assottigliavano sempre più, per motivi biecamente commerciali, le stampe dei loro titoli (come per esempio, nel caso dei famigerati 'Dynaflex' introdotti dalla Rca americana nei primi anni '70, flessibilissimi, sottilissimi come un'ostia, rumorosissimi, ma spacciati come un'innovazione migliorativa!). Ecco che si sono avute ristampe speciali da 210, 200, 180, 150, 125, 90 grammi, di conserva al progressivo alleggerimento e assottigliamento delle stampe commerciali. Inoltre la grammatura, ossia il peso e lo spessore del vinile, non è l'unico fattore a determinarne la qualità, ma anche il fatto che il vinile utilizzato sia interamente vergine, ossia non riciclato da precedenti scarti di lavorazione. Va da sè che, nelle stampe commerciali, col tempo, la percentuale di vinile riciclato fosse progressivamente sempre più superiore a quella di vinile vergine, se a ciò aggiungiamo pure il passaggio dai controlli di qualità manuali a quelli automatici (ovvero disastrosi!), le volute trascuratezze in materia di immagazzinamento, stoccaggio e confezionamento, ci rendiamo conto di quanto siamo stati (e veniamo presi tutt'ora) per i fondelli! E non diamo sempre la colpa alla crisi, anche in questo caso! / Ho rinvenuto degli lp Dg 'italiani', recanti la sigla D.R. con sotto la sigla SIAE,  nel riquadro a sinistra, sull'etichetta; inoltre, ho individuato dei Dg, dalla nazionalità di stampa non identificabile sull'etichetta, recanti in basso la scritta "Polydor International", mah!.....

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