giovedì 21 novembre 2013

Contemporanea all'italiana.

Finalmente, nella serata di domenica scorsa, Radiotresuite si è degnata di trasmettere l'ultimo lavoro teatrale di Giorgio Battistelli, autore anche del libretto, ovvero l'atto unico "Divorzio all'italiana", da lui stesso denominata 'azione musicale per il crepuscolo della famiglia', liberamente tratta dalla prima stesura della sceneggiatura per l'omonimo film di Pietro Germi (come esplicitamente dichiarato dallo stesso compositore in un'intervista telefonica in diretta, che ne ha preceduto la messa in onda),data in prima italiana al Comunale di Bologna e nello stesso allestimento originario commissionato dall'Opéra National de Lorraine - Nancy, registrata l'11 giugno scorso. L'impressione complessiva che ne ho tratto dal semplice ascolto radiofonico non è malvagia, direi che, tutto sommato, il lavoro si lasci ascoltare agevolmente e alla fine concordo col giudizio di una radioascoltatrice, che lo ha definito un buon esempio di opera buffa contemporanea, ma sicuramente non lo definirei un capolavoro assoluto, pur non arrivando a giudizi drasticamente negativi, come mi è capitato di rilevare, facendo una rapida ricerca in rete. In parte, alcune riserve però le condivido, tipo il fatto che l'orchestrazione tende un po' troppo a coprire, soffocare le voci, a tratti (ma in parte ciò potrebbe essere dovuto anche a responsabilità del direttore d'orchestra) e che la musica di Battistelli, pur nella sua piacevolezza, manchi ancora di quelle caratteristiche stilistiche distintive che le associno immediatamente al suo autore, ossia risulti non molto personale e riconoscibile, con sovente la sensazione del 'già sentito' accompagnata da un vago retaggio minimalista; piuttosto, se le orecchie non mi hanno ingannato, mi è parso che l'entrata in scena dei vari personaggi fosse caratterizzata da brevi cellule melodiche a essi singolarmente associate che ne precedevano di pochi attimi l'ingresso. Per esempio, ho notato che ogni volta che  il protagonista, don Sandrino Ferraù, era in scena, veniva regolarmente preceduto, in orchestra, da un breve, veloce inciso di terzine, suonate dagli archi. Altra scelta decisamente singolare l'aver affidato quasi tutti i ruoli femminili (Donna Matilde, Donna Rosalia, Donna Fifidda, Immacolata Patanè) a dei bassi en travesti (secondo quanto dichiarato da Battistelli nell'intervista telefonica, al fine di far risaltare la 'forza virile' del genere femminile), eccettuato quello di Angela (che nel film era interpretata dalla Sandrelli), assegnato a un soprano, mentre la parte dell'ex spasimante di Donna Rosalia, ovvero Carmelo Patanè, viene svolta da un controtenore o falsettista che dir si voglia, semprechè le mie orecchie non abbiano preso un abbaglio! Certamente è vero che, rispetto al film, la trama è stata assai semplificata, con i nomi di alcuni personaggi, a cominciare dal protagonista, mutati (non per niente l'autore ha già messo le mani avanti, dichiarando esplicitamente che trattasi di libero adattamento, basato oltretutto, come lui stesso ha detto nella succitata intervista telefonica, sulla prima versione della sceneggiatura, che prevedeva l'ambientazione della vicenda proprio a Barrafranca), ma è noto che, quando lo stesso soggetto passa da un medium espressivo ad un altro (in questo caso dal cinema al teatro lirico), un certo grado di 'infedeltà' è insito nell'operazione, salvo eccezioni, stante le diverse modalità ed esigenze espressive. Lo stesso compositore faceva giustamente notare, nell'intervista, come i ritmi cinematografici divergano rispetto a quelli più rallentati del melodramma, sia che si voglia inscenare un'azione così come esprimere un concetto, tant'è che per questo suo lavoro ha voluto introdurre il concetto di 'drammaturgia dinamica', ovvero cercare di avvicinare i tempi scenici del teatro lirico a quelli cinematografici, rendendo l'azione più serrata, ritenendo anzi che l'ispirarsi a soggetti di natura cinematografica, possa costituire una nuova linfa vitale per lo sviluppo del teatro d'opera contemporaneo (idea per altro non nuova in assoluto e già tentata da qualche compositore americano). L'esito complessivo, come ho già detto, non è del tutto compiuto, mancando "Divorzio all'italiana" soprattutto del suggello di una maggiore originalità stilistica (e probabilmente lo squilibrio fonico fra voci e orchestra era molto più avvertibile in teatro che in radio), pur tuttavia, nonostante i suoi limiti, degno di essere ascoltato e conosciuto, visto che poi la resa esecutiva di cantanti, coro ed orchestra, mi è parsa complessivamente adeguata, squilibri fonici a parte. Piuttosto, l'ora e venti complessiva di musica, era decisamente poco per riempire adeguatamente un'intera serata; mi chiedo se fosse veramente questa la durata originaria del lavoro quando è stato messo in scena in Francia. Dico questo con ragione, mi ricordo di un'intervista a Marco Tutino, di alcuni anni fa, sempre su Radiotre, il quale disse a proposito della sua opera "Federico II" commissionatagli dalla Germania, che per farla rappresentare in Italia, la dovette accorciare di un bel pò! Noto regolarmente che, nelle sue sempre più rare incursioni nel repertorio lirico che va dal '900 storico al contemporaneo, al Comunale di Bologna si punta regolarmente su lavori in scala ridotta, o come organico complessivo (guardacaso in questi giorni è in scena "The turn of the screw" di Britten), o come durata totale (come nel caso dell'opera di Battistelli), quando non addirittura ambedue ("Jacob Lenz" di Wolfgang Rihm); questo eccesso di prudenza non è affatto un buon segno (sono lontani i tempi de "Le grand macabre" di Ligeti, dato nel 1977 con la direzione di Zoltan Pesko, ma anche di "Vec Makropoulos" di Janàcek con Raina Kabaivanska come protagonista e la direzione di Christian Thielemann, inoltre se penso che in tempi più recenti, un'altra opera da camera, "A midsummer night's dream" di Britten venne cancellata per far posto a "La rondine" di Puccini richiedente un organico ben maggiore, bisogna dire che la coerenza non è mai stata il punto forte dei vertici del Comunale), per cui devo dire che, riguardo al lavoro di Battistelli, proprio per questo mi aspettavo di molto peggio, visto lo scarso coraggio nell'impostazione dei cartelloni di stagione del Comunale, perciò per il momento accontentiamoci. / Ritorno alla base per il sottoscritto, ovvero di nuovo alla mensa dei poveri, anche in questo caso alla faccia della coerenza! Finale scontato, rassegnazione di fronte al fatto di essere uno sconfitto in mezzo ad altri suoi simili, la pancia ha vinto sulla psiche e non poteva essere altrimenti, per il momento sono ancora qui a vomitare facezie su questo blog, ma con un sempre maggior senso di vuoto e inutilità, mitigato da un ritrovamento discografico inatteso, fatto pochi giorni fa in un mercatino parrocchiale, per l'ingente somma di 2 euro! Nonostante la mia fase 'ecologica' (al verde, cioè!) persevero, per la serie 'il lupo perde il pelo ma non il vizio' (e ti pareva!). Saluti da un predestinato alla iella (tantopiù che, a causa del mio pessimo rapporto con telefoni fissi e mobili, temo di aver mancato la possibilità di una borsa lavoro, cosa che contribuisce a incupirmi e a farmi sentire sempre più un condannato all'inevitabilità del proprio miserrimo destino)!

sabato 9 novembre 2013

Lacerti.

Trovo, se possibile, sempre più desolante, il panorama delle attuali uscite video-discografiche, a cominciare dall'ambito della musica classica che, salvo sporadiche eccezioni, sembra ristretto a musicisti vanagloriosi e divetti plasticosi riproponenti stancamente la solita minestra e barocchisti più o meno polverosi e putrescenti, forse lo fanno apposta per me, visto che continuo pervicacemente nella mia fase economicamente 'ecologica', così non mi debbo dolere di non avere più il becco di un quattrino per potermi comprare uno straccio di cd, se è così, ma che carini che sono! (al massimo mi dolgo per i titoli di Maxwell-Davies che escono per la Naxos, o per le incisioni dell'Orchestra Sinfonica di Roma diretta da La Vecchia per quel che concerne il repertorio sinfonico nostrano, o per il ciclo delle sinfonie di Villa-Lobos sempre per la Naxos, ma a parte ciò, non ho rimpianto alcuno, non l'avrei mai immaginato!) / Come al solito, anche quest'anno, le varie ricorrenze musicali o anniversari che dir si voglia, hanno ulteriormente dimostrato la loro sostanziale insulsaggine e inutilità, per esempio sembrerebbe che Benjamin Britten abbia composto soltanto il "Peter Grimes", il "War Requiem", dati fino alla nausea e poco altro (questo mese, in scena al Comunale di Bologna, ci dovrebbe essere anche "The turn of the Screw", tutt'altro che sconosciuto anch'esso), nessuno che abbia inscenato la versione francese dell' "Otello" verdiano, realizzata per Parigi e cantata ovviamente in francese, della quale, talvolta, si ascoltano (oltrechè essere state incise su disco) praticamente solo le danze! E che dire delle 4 versioni del "Tannhaeuser" di Wagner? Poichè quella comunemente detta 'di Dresda' è in realtà una versione successiva, già recante modifiche rispetto alla versione primigenia, rappresentata a Lipsia, mentre quella cosiddetta di Parigi, è in realtà una versione posteriore rappresentata a Vienna, col testo cantato nuovamente in lingua tedesca, poichè quella di Parigi era cantata in francese ed inoltre l'ouverture e la susseguente 'musica del Monte di Venere' (ovverossia il balletto, anche se secondo me questa musica ha assai poco di ballettistico in realtà) erano separate da una breve pausa, anzichè essere riunite in un blocco unico come nella successiva e più nota versione? Perchè non si è fatto qualcosa di simile almeno a quanto fecero ad Essen nel 2004, quando eseguirono in forma di concerto la versione primigenia di "Der Fliegende Hollaender", composta da Wagner a Parigi nel 1841-42 e mai andata in scena, con la storia ambientata in Scozia (e precisamente nelle Isole Orcadi), anzichè in Norvegia, come nelle più note versioni successive e quindi con i nomi di alcuni personaggi differenti rispetto a queste ultime (qui Daland si chiama Donald ed Erik assume il nome di Georg), recita di buon livello complessivo fortunatamente fissata su disco dalla Deutsche Harmonia Mundi in un cofanetto purtroppo attualmente fuori catalogo, tacendo delle differenze riguardo all'orchestrazione e della diversa stesura delle linee vocali, con la ballata di Senta, un tono sopra rispetto alle versioni successive? (Wagner fu costretto successivamente ad abbassarla di un tono, cioè da sol minore a la minore, poichè la cantante da lui prescelta per la parte, dopo averla ascoltata in una recita di "Norma", era Wilhelmine Schroeder-Devrient, che si rivelò non in grado di reggere l'originaria tessitura). Per la cronaca Wagner, se la morte non fosse sopravvenuta, non aveva ancora messo la parola 'fine' nè per il "Tannhaeuser", nè per "Der Fliegende Hollaender", poichè aveva seriamente intenzioni di apportarvi ulteriori ritocchi. Signori sovraintendenti e direttori artistici, vergognatevi (si fa per dire)! Tutto nella norma, come al solito! / Sempre a proposito di Wagner, tempo fa ho ascoltato su Radiotresuite, un'intervista all'attuale direttore artistico del Comunale di Bologna, Nicola Sani, il quale dichiarava, a proposito del "Parsifal" diretto da Roberto Abbado che dovrebbe andare in scena il prossimo 14 gennaio, che la regia teatrale avrà un carattere innovativo, proponentesi di mostrare l'evoluzione della figura di Parsifal, attraverso il passare dei secoli (gulp!), la qual cosa mi fa temere 'registate' a gogò, oltrechè ennesimo spreco di denaro pubblico, speriamo che almeno la parte musicale sia quantomeno all'altezza della situazione! Tra l'altro in quell'occasione, giustamente si rammentava come Bologna sia stata la prima città italiana a rappresentare il "Parsifal", a tamburo battente con lo scadere del veto imposto dallo stesso Wagner che ne confinava le rappresentazioni esclusivamente in quel di Bayreuth, veto che scadeva il 31 dicembre del 1913, cosa che consentì al Comunale di Bologna di rappresentarlo alle ore 15 del 1° gennaio 1914, l'orario insolito dovendosi al fatto di voler battere sul tempo il Teatro Costanzi di Roma (l'attuale 'Teatro dell'Opera di Roma'), la cui rappresentazione della stessa opera era fissata per le 15 e 30 dello stesso giorno, in una delle varie sterili gare usuali fra i teatri nostrani, per poter rivendicare la prima assoluta o la prima italiana di una certa opera (incredibile comunque, proprio nel pomeriggio di Capodanno, ritrovarsi con due rappresentazioni quasi contemporanee del 'Parsifal', cosa impensabile oggidì, nell'attuale era masturbatorio-ipertecnologica), sia pure in versione ritmica italiana e con alcuni tagli, come allora si usava. Non per niente, nel capoluogo felsineo, si erano già avute, in precedenza, le prime italiane di "Lohengrin" (alla quale assistette, da un palco, lo stesso Verdi), di "Tannhaeuser" e di "Der Fliegende Hollaender". Bologna, prima città wagneriana in Italia, avanti a Palermo e Venezia, ma come abbiamo fatto a cadere così in basso? Domanda retorica! / Nel musical "Carousel" del 1946, di Rodgers-Hammerstein, è presente una celebre canzone intitolata "You'll never walk alone", quando se non sbaglio, ad uno dei personaggi principali muore la madre. "You'll never walk alone"? Peccato che la realtà sia ben diversa! Altro che se ti ritrovi a camminare da solo, più che mai, soprattutto quando sei nei guai, ovviamente! / Sempre a proposito di comunicazione, come mai ogni volta che si invia una e-mail a qualcuno, il destinatario, regolarmente, non si sente mai indotto a inviarti a sua volta una qualsivoglia risposta, lasciandoti conseguentemente nel dubbio se l'abbia ricevuta e l'abbia anche letta, salvo il caso che non ti capiti d'incontrarlo di persona, successivamente? Qui facciamo veramente acqua da tutte le parti! / Sul numero di novembre della rivista 'Suono' attualmente in edicola, ennesimo articolo di Pietro Acquafredda concernente gli ennesimi intrallazzi, inciuci, clientelismi e favoritismi, praticati bellamente coi finanziamenti pubblici, all'ombra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia in Roma, chiamanti pesantemente in causa il suo attuale presidente, Bruno Cagli; naturalmente, nulla di nuovo sotto il sole, ma sarò l'unico a provare un soffocante senso di nausea, almeno così mi chiedo? Evviva l'Italia! Certo è che se esiste veramente un Dio, allora lo odio proprio a morte, poichè il ritrovarmi scaraventato mio malgrado in quest'orrido pantano che ancora qualcuno si azzarda a definire il 'Bel Paese', lo considero la peggiore cattiveria che mi si potesse fare! La vita è un dono solo per i furbi, per gli altri è una iattura! / Si complica sempre di più la faccenda relativa alle varie stesure delle sinfonie di Bruckner, di cui mi sono già occupato tempo addietro; scorrendo le recensioni  discografiche degli ultimi 2 numeri della rivista "Gramophone", mi sono accorto che esiste una nuova edizione della 2^ versione del 1877 della sinfonia n.2, realizzata da William Carraghan, che differirebbe in alcuni dettagli dalle precedenti edizioni Haas e Nowak  (questa nuova edizione è incisa in un sacd della Pentatone, con l'Orchestre de la Suisse Romande, diretta da Marek Janowski), mentre dell'8^ sinfonia ne esisterebbe un'ulteriore stesura del 1888, riesumata sempre da Carraghan, quindi cronologicamente intermedia fra le 2 stesure ufficiali, rispettivamente del 1884/87 e del 1887/90, più vicina concettualmente alla prima di queste (questa stesura intermedia è incisa in un doppio cd della Hannsler-Profil, con la Philarmonia Festiva diretta da Gerd Schaller, con in appendice un brano di Otto Kitzler, maestro di composizione dello stesso Bruckner, stimatissimo dal medesimo; trattasi di una 'Trauermusik', composta da Kitzler proprio in occasione dei funerali del suo illustre allievo, una musica funebre orchestrata dallo stesso Schaller). Inoltre, tempo addietro, mi sono accorto che, in un recente cd della Accentus Music, con la Luzerne Festival Orchester diretta da Abbado, contenente la sinfonia n.1, ne viene adottata la 3^ versione, che sospetto in realtà spuria, del 1893, nell'edizione all'epoca curata da Guenther Broesche, erroneamente indicata come la versione di Vienna, analogamente a quanto fecero Chailly e la Radio Sinfonie Orchester Berlin, in un cd Decca uscito nel 1987 (strana comunque la scelta di Abbado, visto che nella precedente integrale realizzata per la Dg con i Wiener Philarmoniker, aveva optato per la consueta 2^ versione, edita da Nowak, quest'ultima erroneamente indicata come versione di Linz, ma in realtà essendo proprio la versione viennese, mentre nell'incisione Decca degli anni '60, aveva scelto sempre quest'ultima versione, ma nell'edizione Haas). Non avendo potuto visionare nè tantomeno ascoltare i dischi summenzionati, per il momento mi limito a questa modesta segnalazione.

Il programma di sala, questo sconosciuto.

Lunedì sera, durante il collegamento con il Teatro alla Scala, per il concerto d'inaugurazione della stagione della Filarmonica, quegli ameni simpaticoni di Radiotresuite discettavano, tra le altre cose, anche della progressiva estinzione dell'utilizzo del classico programma di sala, sempre più sovente sostituito da presentazioni verbali dei brani musicali componenti il programma del concerto, da parte degli stessi interpreti, adducendo come motivo il sempre maggior bisogno del pubblico degli appassionati, di forme di comunicazione più immediate e meno gelide di quelle rappresentate da un programma cartaceo (e giù il solito profluvio di luoghi comuni sul fatto che viviamo in un'era basata sulla comunicazione, provocata dal diffondersi massiccio di tutte queste nuove tecnologie, ecc. ecc.). Io, in casi come questo, mi sento un emulo sbiadito di quello zuzzurellone del ministro della cultura della Germania nazista, rispondente al nome di Goebbels, al quale, come è noto, per sua stessa ammissione, veniva spontaneo il portare la mano alla pistola, ogni qualvolta sentiva pronunciare la parola 'cultura'. Beh, io ho una reazione molto simile ogni qualvolta sento pronunciare la parola 'comunicazione', con la non irrilevante differenza di non possedere alcuna pistola (casomai un miserrimo pistolino, che in tal guisa non serve proprio a un cavolo!), ed ecco il motivo per cui mi sono definito un emulo sbiadito del suddetto. Abbiamo, con questa barbarie generalizzata, letteralmente stuprato, violentato, vilipeso, svilito, il significato autentico di parole come amore, amicizia, sesso, cultura (anche in assenza di personaggi come Goebbels), rivoluzione e per l'appunto comunicazione, svuotandole, con il costante ed indebito abuso, di qualsivoglia essenza, riducendole a banalissime espressioni verbali con le quali ci riempiamo costantemente quell'orrido, immondo orifizio che ancora chiamiamo bocca, ritrovandoci sempre più immersi in un assurdo vuoto pneumatico esistenziale che cerchiamo malamente di riempire di aria fritta, piombando regolarmente in uno stato di convulsione epilettica continua, autocondannandoci a un'esistenza priva del benchè minimo costrutto. Ma quale comunicazione mi posso aspettare in una città di spettri come Bologna, in cui, dopo 11 anni dal mio esservi ritornato, mi ritrovo ancora più solo di quando ci sono arrivato, in cui la sera, aggirandomi per il centro storico, non m'imbatto più in una sola faccia conosciuta, ritrovandomi in mezzo ad individui completamente sconosciuti, peggio che se avessi traslocato altrove e se per caso t'imbatti in un volto conosciuto per pochi, fugacissimi istanti, hai la netta sensazione di aver visto riaffiorare, per un attimo, un qualche spettro riemerso da chissà quali reconditi recessi, un autentico relitto di un passato remotissimo e sbiadito, non ci siamo proprio! Aggiungiamoci la bufala di internet e di tutti i gingilli tecnologici ad essa correlati, coi quali ci masturbiamo e balocchiamo quotidianamente da stupidi bamboccioni quali ci siamo ridotti, ingannando noi stessi coltivando le nostre fallaci, flebili illusioni di credersi al centro dell'universo, rifiutandoci di vederci per ciò che noi siamo realmente, cioè un branco di umanoidi alla deriva, per cui di quale cavolo di comunicazione parliamo se abbiamo perso financo la capacità di salutarci se per caso c'incontriamo fisicamente per strada? Ma fatemi il sacrosanto piacere! Piuttosto, ritornando alla questione del programma di sala, la sua progressiva sparizione non può che essere vista che come un ulteriore segno di degrado e impoverimento culturale, può magari far comodo alle nostre istituzioni musicali, visto che in quella maniera risparmiano un po' di quattrini, stante il fatto che la sua realizzazione comporta ovviamente dei costi dal punto di vista economico, potendo oltretutto far leva sulla naturale pigrizia mentale del pubblico, che non ha la benchè minima voglia di sforzarsi nemmeno di dargli una scorsa, figuriamoci leggerselo per intero, per carità! Al giorno d'oggi si vuole tutto 'cotto e mangiato', il cervello è l'organo del corpo umano più in disuso e disprezzato e con ragione, tanto c'è internet, facebook, twitter e compagnia bella, perchè perdere tempo ed energie a usarlo, dico bene? Non dico affatto di essere contrario in senso assoluto ad una presentazione a viva voce dei brani in programma, ma a patto che non si pretenda di sostituirla in toto a un programma di sala cartaceo, ne deve semmai costituire un'aggiunta, un'integrazione. Una presentazione verbale, per non correre il rischio di risultare prolissa e tediosa, deve per forza di cose essere più sintetica, veloce, superficiale, mentre un programma di sala ben redatto, può a volte costituire un vero e proprio saggio in miniatura, nel quale gli aspetti musicali trattati per ovvie ragioni più superficialmente se non addirittura sorvolati del tutto in una presentazione verbale, possono essere più approfonditi e stimolare la curiosità dell'appassionato in una maniera più compiuta, se poi si aggiunge che in certi casi può essere dotato anche di un corredo iconografico, di rimandi bibliografici  e/o video-discografici, oltrechè di eventuali testi cantati, a volte di difficile reperibilità, con relative traduzioni, ecc. ecc., si capisce che sostituirlo integralmente con una presentazione verbale, non è esattamente la stessa cosa! Io stesso conservo tutt'ora, a distanza di tempo, la stragrande maggioranza dei programmi di sala delle varie esibizioni musicali alle quali ho assistito nel corso degli anni passati, consultandoli periodicamente. E poi non dimentichiamoci del fatto che 'verba volant, ma scripta manent', anche in un'era di chincaglieria tecnologica come l'attuale, teniamolo ben presente, mi raccomando! Va da sè che talvolta ci s'imbatta in programmi di sala sciatti, lacunosi, indecenti persino, ma proprio per questo chi di dovere si proponga eventualmente di migliorarli e non certo di farli sparire definitivamente, per rimediare ad eventuali buchi di bilancio, gli sprechi sono altrove, lo sappiamo bene tutti quanti! Ai miei simili, bipedi implumi, ribadisco che l'organo del corpo umano più importante è il cervello e non quello che vi ritrovate tra le coscie, chiaro? A buon intenditor ...