(Segue). Riguardo al livello interpretativo di questa incisione del capolavoro di Berlioz, è senz'altro buono nel suo complesso, ma non porrei questa edizione, personalmente, ai vertici di una nutritissima e imponente discografia. Il pregio di questa lettura di Paray è senz'altro quello di essere di una classica compostezza, di una chiarezza cartesiana, che se da un lato, evita gli eccessi effettistici, sempre in agguato in una partitura come questa, ne attenua un pò troppo gli aspetti più visionari e audaci, a discapito dell'espressività (tra l'altro, come spesso succede, non vengono neppure rispettate le riesposizioni del 1° e del 4° mov.), inoltre ho l'impressione che ci sia dietro una precisa scelta interpretativa dietro l'eccessiva attenuazione dei contrasti dinamici, il che per una composizione recante in partitura indicazioni dinamiche che vanno da un pianissimo con ben 5 p a un fortissimo con altrettante f, mi sembra proprio il colmo! Forse questa cautela potrebbe essere dovuta al livello virtuosistico dell'orchestra, buono ma non eccelso, con evidenti limiti di precisione del suono e fermezza complessiva; non è ancora l'ottima orchestra che diventerà in seguito sotto la direzione di Antal Dorati. Per giunta, nell'ultimo movimento, il trombone basso che intona il motivo del Dies Irae, mi sembra decisamente fiacco e dall'intonazione periclitante (altrochè parlare, come si fa nel fascicolo interno di suono rauco alla francese da parte dell'orchestra, questo trombone è decisamente sfiatato!). Su questo filone interpretativo per così dire classicheggiante, trovo più riuscite sia l'interpretazione di Jean Claude Casadesus con l'orchestra filarmonica di Lilla, registrata nel giugno '80, per la Harmonia Mundi francese, sia quella di Claudio Abbado con l'orchestra sinfonica di Chicago, registrata nel febbraio '83, per la Dg. Anche in questo caso trattasi di esecuzioni viziate da un eccesso di ritegno espressivo, ma, rispetto a quella in esame, possono vantare delle orchestre migliori e una superiore qualità sonora, il che non è un vantaggio di poco conto. Per la cronaca, Casadesus (uscito nell'81), rispetta la riesposizione del 1° mov., Abbado (uscito nell'84), anche quella del 4°! Almeno quest'ultimo dovrebbe essere ancora reperibile su cd. Tornando all'incisione Mercury, anche stavolta lo stampaggio del vinile non è silenziosissimo, come nel titolo precedente, la qualità sonora è nel complesso molto buona, ma con una dinamica decisamente compressa, anche se in parte, secondo me, dovuta più che ai tecnici del suono, a precisi criteri interpretativi, come già detto in precedenza. Aggiungo che, anche stavolta, il tono generale dei testi corredanti il fascicolo allegato, come in precedenza, pencola pericolosamente verso il banale e il risaputo. (Continua)
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